RASSEGNA STAMPA 30/06/2013 UNICA: APPROVATI 78 CORSI DI LAUREA UNISS: SPARISCE LETTERE CLASSICHE, PROTESTA DEGLI STUDENTI UNISS: DIPARTIMENTI, CLINICHE E AZIENDE VALGONO 300 MILIONI UNICA: NUOVE AZIENDE CRESCONO IN ATENEO DAL 2014 LE UNIVERSITÀ POTRANNO ASSUMERE DI PIÙ KANT? UN INCAPACE PER I NOSTRI ATENEI E LE NOSTRE MEDIANE M.MANCINI: UNIVERSITÀ, SEGNI POSITIVI ORA INTERVENTI ORGANICI UNIVERSITÀ ITALIANA? L'INVINCIBILE COMPLESSO D'INFERIORITÀ» L'OCSE BOCCIA L'ITALIA: «ULTIMA NELLA SPESA PER LA SCUOLA» BORSE DI STUDIO, L'ITALIA RINCORRE L'EUROPA ISTRUZIONE, LO SCANDALO DEI FONDI UE MILANO, MANIFESTO DI TRE RETTORI PER RICHIAMARE STUDENTI DALL'ESTERO PROF STRANIERI TRATTATI DA CLANDESTINI, SUBITO NUOVE REGOLE I LETTORI DI LINGUA STRANIERA A ROMA «ANCHE NOI FACCIAMO DIDATTICA» TOLTI 8,6 MLN AL FONDO PER GLI SCATTI DEI DOCENTI UNIVERSITÀ, È CORSA AL BONUS IL NORD DISCRIMINATO NELL'ACCESSO ALL'UNIVERSITÀ L'ISTRUZIONE USA AL TEMPO DELLA CRISI POCHI INVESTIMENTI SU PERSONE E CONOSCENZA REGIONE: UNA CASTA BIPOLARE GESTISCE IL POTERE SOLTANTO PER POCHI GRECI MAESTRI DI MERITOCRAZIA L'IMPREVEDIBILITÀ DELLA FOLLA AI TEMPI DI TWITTER 2020, IL COMPUTER È INVISIBILE ========================================================= AOUCA: OSPEDALE DEI BAMBINI, TRASLOCO IN DUE TEMPI SARDEGNA: MALATTIE PROFESSIONALI, È EMERGENZA OPPI: NON SONO IL PADRONE DEL SULCIS: È CHE MI PIACE AIUTARE LA GENTE SANITÀ, È L'ORA DEI RISPARMI QUANDO L'INFORMATICA AVVICINA MEDICO E PAZIENTE CORRERE A PIEDI NUDI? SI CONSUMA PIÙ OSSIGENO LODO UNIVERSITÀ-POLICLINICO FINISCE DAVANTI AL GIUDICE DECALOGO DEGLI INFERMIERI PER MIGLIORARE LA SANITA’ LAZIALE UNA SPINTA AL FASCICOLO ELETTRONICO MEDICI IN ANTICIPO CONTRIBUTI VERSATI GIÀ ALL'UNIVERSITÀ SERVE UN PATTO PER LA SANITÀ AMICI VIRUS SONO I GUARDIANI DELL'ECOSISTEMA FECONDAZIONE IN VITRO CON TRE GENITORI PER PREVENIRE MALATTIE POCHI PASTI ABBONDANTI AIUTANO A MANTENERE LA LINEA PERDERE PESO? MEGLIO COLAZIONE E PRANZO DEI SEI SPUNTINI AL GEMELLI UN TRAPIANTO DI FLORA INTESTINALE IN TOSCANA ATTESE UGUALI PER PAGANTI E NON PER I RADIOLOGI IL 30% DELLE RISONANZE LOMBARI SONO INULTILI TAC SUI BAMBINI E IL RISCHIO DI CANCRO I GOOGLE GLASS IN SALA OPERATORIA IDENTIFICATA PROTEINA DIETRO LA DIFFUSIONE DELL’ALZHEIMER SIGARETTA ELETTRONICA,I PRODUTTORI ASSICURANO LA SICUREZZA RENDERE IL CERVELLO “TRASPARENTE” PER POTERLO OSSERVARE MEGLIO ========================================================= _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 27 Giu. ’13 UNICA: APPROVATI 78 CORSI DI LAUREA UNIVERSITÀ. I nuovi indirizzi suddivisi nelle sei facoltà: 38 hanno durata triennale Il ministero promuove l'offerta formativa dell'Ateneo Chi vuole laurearsi nell'Università cittadina ha 78 scelte in più. Tanti sono i nuovi corsi, suddivisi nelle sei facoltà dell'Ateneo, che sono stati accreditati a livello nazionale dal ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza. Nel decreto, si riconosce che la proposta formativa presentata dall'Università cagliaritana ha tutti i requisiti previsti nelle norme. I 78 nuovi corsi sono suddivisi in 38 lauree triennali, 6 lauree magistrali a ciclo unico e 34 lauree magistrali biennali. IL RETTORE La notizia dell'accreditamento è stata accolta con ovvia soddisfazione dal rettore: «L'approvazione dell'offerta formativa», commenta Giovanni Melis, «premia il lavoro svolto sulla qualità dei corsi di laurea nel nostro Ateneo. Riceve un riconoscimento anche l'impegno del personale docente e tecnico-amministrativo per garantire una migliore didattica al servizio degli studenti». Il rettore ha inoltre confermato, anche per il prossimo anno accademico, l'esenzione totale dal pagamento delle tasse universitarie concessa agli studenti che si diplomano con il massimo dei voti e ai figli di lavoratori cassintegrati o che abbiano perso l'occupazione. LA VALUTAZIONE Prima che il ministro Carrozza firmasse il decreto, era stata l'Anvur (Agenzia di valutazione del sistema universitario) a svolgere una sorta di “istruttoria” sul programma formativo proposto dall'Ateneo cagliaritano. È così giunta la certificazione per i 78 corsi di laurea che - così ha stabilito l'organismo di valutazione - «possiedono i requisiti di docenza e i supporti didattici necessari a garantire lo svolgimento dell'attività formativa nel rispetto di rigidi parametri di qualità». Malgrado i vincoli imposti dai tagli ministeriali dovuti alla revisione della spesa da parte del Governo, l'offerta formativa dell'Università cittadina è rimasta invariata rispetto all'anno accademico precedente e consente di coprire tutte le aree scientifico- disciplinari. Agli studenti sardi è dunque garantita un'ampia possibilità di scelta. TEST DI AMMISSIONE Intanto, martedì scorso sono state riaperte le iscrizioni ai test per l'ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina, Odontoiatria e Architettura. Le domande devono essere presentate entro le ore 15 del 18 luglio attraverso il portale Universitaly. Maggiori informazioni all'indirizzo Internet www.unica.it. _____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 26 Giu. ’13 UNISS: SPARISCE LETTERE CLASSICHE, PROTESTA DEGLI STUDENTI UNIVERSITÀ»OFFERTA FORMATIVA Il ministero dell’Istruzione ha rilasciato l’accreditamento per 51 insegnamenti Il rettore Mastino: «L’obiettivo è mantenere alta la qualità della didattica» di Gabriella Grimaldi SASSARI Il numero dei corsi è lo stesso ma c’è stato un “cambio di guardia” e le delusioni non sono mancate. È di alcuni giorni fa il decreto del ministero dell’Istruzione relativo all’accreditamento iniziale dell’offerta formativa dell’università di Sassari. Lo Stato ha approvato la proposta fatta dall’ateneo turritano di attivare 51 corsi per l’anno accademico 2013-2014 ma dall’elenco mancano la laurea in Lettere classiche (che faceva parte di un corso interclasse) e i corsi in Logopedia, Tecnica della riabilitazione psichiatrica e Tecniche audioprotesiche. Per queste ultime, e per tutti gli altri corsi riguardanti le professioni sanitarie, vige un accordo con l’università di Cagliari che prevede l’attivazione dei corsi ad anni alterni. Tuttavia il malumore per la mancata attivazione di alcuni insegnamenti si è fatto sentire. Soprattutto nella seduta del 19 giugno del Senato accademico che ha dovuto recepire la nota di protesta degli studenti del Dipartimento di Storia, scienze dell’uomo e della formazione. Il rettore in quella sede ha espresso il proprio rammarico e ha ricordato gli impegni dei dipartimenti per fare in modo che i corsi non vadano persi. E anche il Senato si è augurato che nel prossimo anno accademico (2014-2015) si proceda alla proposta di riattivazione del curriculum classico del corso di laurea triennale in Lettere, alla riattivazione del corso di laurea interclasse magistrale di Lettere e alla riattivazione del corso di Scienze antropologiche-ambientali e archivistico-librarie. «È assurdo che l’università di Sassari perda un corso come lettere Classiche – dice la studentessa Camilla Sotgiu –. Io frequento il secondo anno della laurea magistrale e quindi sono arrivata al termine degli studi ma chi si iscriverà l’anno prossimo dopo i primi tre anni per laurearsi dovrà migrare verso altri centri. Una spesa che in pochi possono sostenere». A quanto sembra però i corsi che al momento risultano “congelati” non avevano grandi possibilità di essere accreditati quindi i vari Dipartimenti hanno preferito puntare su altre scelte. Oltre ai quarantotto corsi confermati sono stati attivati la laurea magistrale di Architettura che ancora non faceva parte dell’offerta formativa e i corsi di Igiene dentale e Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro. «Nonostante la comprensibile soddisfazione per l’obiettivo raggiunto – afferma il prorettore e responsabile per la didattica Laura Manca – è bene ricordare che il decreto 47 del 2013 (legge Gelmini) non rappresenta un punto d’arrivo ma segna l’avvio di un processo che occorre affrontare con rinnovata consapevolezza». L’ateneo cittadino infatti dovrà rendere conto passo dopo passo del mantenimento dei requisiti richiesti. Anche il rettore Mastino interviene dicendo che «il processo di autovalutazione e accreditamento va avanti con l’obiettivo di assicurare la qualità dei nostri corsi di studio». In questa direzione il Cda e il Senato hanno approvato le linee di indirizzo per il mantenimenti della qualità didattica e della ricerca. _____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 26 Giu. ’13 UNISS: DIPARTIMENTI, CLINICHE E AZIENDE VALGONO 300 MILIONI IMMOBILI-AGENZIE DELLE ENTRATE SASSARI L’Università di Sassari può contare su un patrimonio immobiliare che ammonta a circa 300 milioni di euro, tra uffici, sedi di Dipartimento, aziende agricole e strutture destinate alle cliniche chirurgiche. Lo dice un lavoro concluso a tempo di record svolto dall'Agenzia delle Entrate per la valutazione del patrimonio immobiliare dell'ateneo turritano. In appena cinque mesi, un gruppo di lavoro costituito da undici tecnici dell'Ufficio provinciale di Sassari - Territorio, con il supporto della Direzione regionale della Sardegna, ha completato l'attività di consulenza tecnico-estimativa su commissione della stessa università. E la la valutazione è da lode. L'Agenzia delle Entrate ha messo in campo le proprie competenze su valori immobiliari e mercato degli affitti, attraverso l'applicazione di metodologie di stima adeguate alla particolarità dei fabbricati. Valutati immobili con le più svariate caratteristiche: uffici, sedi di Dipartimento, aziende agricole, immobili destinati alle cliniche chirurgiche, per un valore complessivo di circa 300 milioni di euro. Fondamentale per l’intera operazione è stato il contribuito dell'Università di Sassari, attraverso il prezioso apporto dell'Ufficio patrimonio e dell’Ufficio tecnico, che hanno fornito una dettagliata ricognizione tecnica degli immobili, permettendo all'Agenzia di operare con risparmio di tempo e denaro. L'attività di valutazione è stata messa in campo in seguito all'accordo di collaborazione, siglato tra l’Agenzia e l’ente accademico nel novembre 2012. Un’intesa voluta anche per adempiere agli obblighi derivanti dalla legge 240/2010 di riforma delle Università, in particolare per quel che riguarda l'introduzione della contabilità economico-patrimoniale negli Atenei. _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 27 Giu. ’13 UNICA: NUOVE AZIENDE CRESCONO IN ATENEO UNIVERSITÀ. Anche a Cagliari è stato realizzato il progetto “ContaminationLab” Sta per nascere a Cagliari uno spazio che è una via di mezzo tra un laboratorio universitario e un incubatore di impresa: un luogo di incontro, fisico e virtuale, in cui studenti provenienti da facoltà diverse mettono a confronto le proprie idee con l'obiettivo di creare nuove proposte imprenditoriali. Il progetto si chiama “ContaminationLab Cagliari” ed è stato lanciato dal ministero dello Sviluppo Economico che ha scelto l'università di Cagliari, e altri 9 atenei, come sedi della sperimentazione. Entro domani sul sito www.unica.it sarà pubblicato il bando per la selezione di 72 studenti: il progetto è rivolto a coloro che sono iscritti a un corso di laurea magistrale, quelli che frequentano un dottorato o un master, e i laureati da non più di 12 mesi. Entro luglio si svolgeranno le selezioni attraverso un test online («non occorre avere un progetto di impresa»), quindi a ottobre prenderà il via “ContaminationLab”, e durerà sei mesi. L'INIZIATIVA «Il progetto riguarda la creazione, all'interno dell'università, di uno spazio in cui si incontrano persone provenienti da diverse aree scientifiche con la stessa vocazione di fare impresa», ha spiegato il prorettore Paolo Fadda. «Molto spesso, infatti, affinché un'idea si sviluppi occorrono le competenze di diverse discipline». Compito di “ContaminationLab”, quindi, è quello di avvicinare gli studenti alla cultura imprenditoriale e abituarli all'interazione tra discipline diverse. «Si tratta di una straordinaria opportunità di crescita per gli studenti», ha detto il rettore dell'università di Cagliari Giovanni Melis, «che non soltanto può aiutare i giovani a “trovare” lavoro, ma insegna anche a “creare” occupazione attraverso innovazione e capacità imprenditoriale». LE FASI Il progetto di ContaminationLab è organizzato in tre fasi: una prima, di tipo formativo (durata 6 settimane), volta a sviluppare le prime idee innovative; una seconda (2 settimane) che servirà per imparare a presentare l'idea (ovvero riuscire a raccontare in 5-7 minuti il proprio progetto imprenditoriale a un investitore e convincerlo che si tratti di un'idea vincente); la terza, infine, (4 mesi) in cui si trasforma l'idea in un progetto vero e proprio. A ContaminationLab guardano con favore anche gli industriali «perché» , ha concluso Maurizio De Pascale, presidente di Confindustria Sardegna Meridionale, «contribuisce a creare una nuova mentalità imprenditoriale». Mauro Madeddu _____________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. ’13 DAL 2014 LE UNIVERSITÀ POTRANNO ASSUMERE DI PIÙ Borse di studio per la mobilità sul territorio degli studenti meritevoli Giuseppe Catalano La misura più significativa, per il sistema Università e Ricerca, è l'anticipo al 2014 dell'allentamento del vincolo al turn-over previsto dalla normativa vigente. Dal 1° gennaio 2014, infatti, le istituzioni universitarie e di ricerca potranno effettuare assunzioni nel limite del 50% delle cessazioni (invece dell'attuale 20%). A questo fine, il Fondo per il funzionamento ordinario (Ffo) delle università è incrementato di 21,4 milioni di euro per il 2014 e di 42,7 milioni a decorrere dal 2015; quello degli enti di ricerca di 3,6 nel 2014 e di 7,1 milioni di euro a regime. Queste risorse provengono dai risparmi ottenuti dalle nuove modalità di determinazione dei corrispettivi per i servizi esternalizzati delle scuole, grazie alla nuova convenzione Consip. I risparmi eccedenti la copertura delle più favorevoli disposizioni per il turn-over delle università e degli enti di ricerca saranno destinati al funzionamento delle istituzioni scolastiche e per le supplenze brevi. Si tratta di un importante segnale nella direzione dell'ormai indispensabile rinnovamento del personale del sistema università e ricerca. Il nuovo vincolo alle assunzioni opera singolarmente per ciascun ente di ricerca e a livello complessivo per il sistema universitario. È possibile, quindi, che gli atenei più virtuosi possano assumere in misura superiore al 50% delle proprie cessazioni, avvantaggiandosi della quota non utilizzabile da atenei con problemi di bilancio. Nell'ambito delle opportunità di assunzione, definite annualmente con decreto del Ministro, gli atenei possono decidere autonomamente quali figure reclutare. I numeri relativi ai professori ordinari e ai ricercatori riportati nel comunicato stampa di Palazzo Chigi costituiscono, infatti, un'indicazione di massima dei potenziali assumibili, ma non un vicolo normativo. Canali di finanziamento Il provvedimento prevede anche una semplificazione dei canali di finanziamento statale delle università statali e non statrali, accorpando nel Ffo le risorse già previste a legislazione vigente per il Fondo per la programmazione, per le borse di dottorato e per il Fondo per il sostegno dei giovani. Un'importante innovazione che snellisce le procedure amministrative, al fine di una più tempestiva erogazione delle risorse, e che garantisce al tempo stesso maggiore flessibilità nell'allocazione delle stesse in relazione a necessità e finalità strategiche. Una parte delle risorse incluse nel Ffo sarà comunque attribuita alle università con vincolo di destinazione e, per tale ragione, non sarà presa in considerazione ai fini della determinazione dell'indicatore del limite massimo delle spese fisse per il personale di ruolo. Inoltre, il provvedimento attribuisce all'Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), sottraendole alla Civit (Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche), le competenze della "legge Brunetta", relative al sistema di valutazione delle attività amministrative delle università e degli enti di ricerca. Borse di studio Infine, vengono istituite le borse per la mobilità sul territorio nazionale degli studenti universitari meritevoli per 5 milioni di euro per il 2013 e il 2014, e di 7 milioni per il 2015, riutilizzando le risorse già destinate al Fondo per il merito della "legge Gelmini" e all'istituzione della Fondazione per il merito. In sostanza, sarà possibile attribuire circa mille borse di studio da 5mila euro (anche se la norma rinvia la definizione dell'importo a un successivo decreto) a studenti particolarmente meritevoli nel voto di maturità, per favorirne la mobilità in altre regioni. Non c'è un limite massimo di reddito per l'esclusione dal beneficio della borsa, anche se livelli alti dell'Iseeu comporteranno una penalizzazione nella graduatoria. La distanza tra la residenza dello studente e la sede dell'università comporterà, invece, un punteggio premiale. La disposizione prevede la possibilità di mantenimento della borsa per l'intero percorso universitario, a condizione di conseguire elevati livelli di merito, intesi sia come numero di crediti che di votazione negli esami. Quest' opportunità sembra, però, in parte vanificata dalle risorse attualmente disponibili, poiché la volontà di garantire la continuità nel tempo comporta un incremento proporzionale della dotazione iniziale per i primi cinque anni sino all'entrata a regime dello strumento. Spese di missione e organici Nel disegno di legge "semplificazioni" è prevista una disposizione, molto attesa, che chiarisce che i vincoli vigenti alle spese di missione non si applicano anche alle attività di ricerca finanziate con risorse pubbliche. Con un provvedimento in corso di emanazione, già controfirmato dal Ministro dell'Economia, è stato prorogato al 31 dicembre 2013 il termine per l'utilizzo dei punti organico delle università e per le assunzioni autorizzate per gli enti pubblici di ricerca, che scadeva al 30 giugno 2013. _____________________________________________________________ L’Unità 26 giu. ’13 KANT? UN INCAPACE PER I NOSTRI ATENEI Giovanni Puglisi: perché alle nostre università serve un cambio di rotta L'intervista il rettore della Kore e dello iulm, nonché presidente dell'Unesco Italia, traccia un bilancio amaro: «La conoscenza ormai è stata ridotta a un quiz» SALVO FALLICA «SE EMANUELE KANT TORNASSE AVIVERE E SI PRESENTASSE AD UN CONCORSO PUBBLICO avendo scritto "solo" un capolavoro quale La critica della Ragion Pura, con le attuali regole di valutazione del sistema universitario italiano, non potrebbe vincerlo. Non basta una sola pubblicazione. Se Einstein si presentasse con il celebre scritto sulla teoria della Relatività ristretta, non lo farebbero nemmeno partecipare. È un testo "troppo breve". Sembra assurdo ma è la triste realtà di questo Paese». Sorride con amarezza, Giovanni Puglisi, rettore dell'università Kore di Enna e dello Iulm, presidente dell'Unesco Italia, ed aggiunge: «Può sembrare solo un paradosso provocatorio, eppure è una questione reale. Se oggi Einstein si presentasse con quel testo, che ha cambiato la visione del mondo, non entrerebbe nella griglia delle valutazioni delle mediane, un sistema burocratico, quantitativo ed assurdo. Verrebbe superato da un ricercatore che ha scritto molti testi ed ha avuto parecchie citazioni. È un sistema talmente assurdo che lo stesso ministero della Pubblica istruzione, successivamente alla sua introduzione, ha sottolineato che non necessariamente bisogna tenerne conto in maniera rigorosa. Sa quale sarà il risultato? Un ginepraio di ricorsi giudiziari, alla fine saranno i giudici a doversi esprimere sulla selezione dei docenti». Puglisi esprime con nettezza e chiarezza le sue critiche in questo dialogo con l'Unità, e mette in guardia sul rischio della deriva che incombe sul sistema del sapere italiano, scuola ed università. Ma una speranza la coglie nella visione culturale e nelle prime decisioni ed azioni del nuovo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza. «Ha le idee chiare ed è partita bene. Condivido la sua impostazione culturale sulla valorizzazione del merito e sulla centralità degli studenti nel processo formativo. Ed ha anche la capacità del dialogo costruttivo. Vi è però un limite...» QUALE? «È un limite che non dipende dal ministro Carrozza ma dal programma del governo Letta. In nessun passaggio di quel programma vi è un accenno alla riforma universitaria. Purtroppo Carrozza è costretta a muoversi all'interno di una griglia legislativa che è ancora quella della Gelmini Potrà apportare modifiche innovative, fare riforme specifiche ma per cambiare profondamente occorre mutare quell'impianto strutturale». VI SONO GIÀ ATTI CONCRETI, COME LI GIUDICA? «L'annuncio delle assunzioni dei ricercatori è senz'altro positivo e in controtendenza rispetto ai governi precedenti, ma la vera novità è il fatto di ottenere l'innalzamento dal 20 al 50, in termini percentuali, del tetto necessario per poter dare corso al turnover quando i docenti vanno in pensione. È un risultato di estrema importanza. Le racconto un aneddoto. L'altro giorno, durante l'incontro dei rettori con il ministro dell'Istruzione, un collega ha detto: "Finalmente Saccomanni ha messo la firma sul decreto". Il ministro ha chiosato ironicamente: "Prima la firma l'ha messa Carrozza", rivendicando giustamente, in un quadro di armonico confronto, l'autonomia del suo ruolo, che invece è apparso subalterno nei governi precedenti. Non solo la Gelmini si è fatta dettare la linea da Tremonti, ma anche Profumo ha seguito la linea Monti-Grilli. Vorrei aggiungere che in quei casi vi è stato anche un prevalere del potere della burocrazia del ministero dell'Economia rispetto al potere politico. Ha fatto bene il ministro Saccomanni a cambiare i vertici, non ne metto in dubbio la loro bravura, ma in democrazia vanno fatte delle rotazioni, è fisiologico oltre che razionale. Chi arriva ha uno spirito nuovo, guarda le cose in maniera diversa». QUALI SONO I LIMITI DELL'UNIVERSITÀ ITALIANA? «Purtroppo negli ultimi 20 anni vi è stato un progressivo peggioramento, una moltiplicazione di ruoli che ha avuto un effetto finanziario disastroso. In nome dell'autonomia sono avvenuti fenomeni di dequalificazione, rettori e presidi per ingraziarsi l'elettorato hanno aggregato, a volte, persone diciamo di non alto profilo. Spesso i concorsi sono avvenuti in coincidenza di elezioni di rettori e presidi. Questo è accaduto finché la vacca, munta eccessivamente, non si è spenta. In questo sistema impazzito, si è andata ad incardinare la riforma Gelmini con le sue forme di reclutamento, che oggettivamente le debbo dire, qualche novità l'hanno apportata, ma le novità si stanno dimostrando delle negatività. Abbiamo già citato il paradosso di Einstein». QUALI SONO GLI ALTRI PUNTI DEBOLI? «Parliamo delle abilitazioni. Ebbene qui la pseudo novità consiste nel fatto che occorrono 4 voti su cinque, invece di tre su cinque. Sa cosa vuol dire? Basta che uno dei membri della commissione ne convince un altro e la minoranza può ricattare la maggioranza. E per evitare la paralisi, si potranno verificare molti casi di abilitazioni dei docenti con l'unanimità dei voti. Ciò vuol dire che i commissari dovranno spesso trovare una mediazione per evitare l'impasse. Per non parlare delle abilitazioni prima delle sedi, che potranno portare ad abilitati di serie A con le sedi, altri senza. Conoscendo l'Italia non è difficile immaginare che resteranno fuori i migliori». RETTORE, IL METODO QUANTITATIVO DALL'UNIVERSITÀ È GIUNTO ANCHE ALLE SCUOLE MEDIE INFERIORI E SUPERIORI. CHE NE PENSA DELLA CULTURA DEI QUIZ? «Il metodo quantitativo è semplicemente una boiata. La cultura dei quiz è ancora peggio, è una sottocultura. La dobbiamo smettere di valutare la storia, la letteratura, la filosofia con gli stessi metodi dell'ingegneria, della clinica e della matematica. Così si finisce per uccidere l'area umanistica. Alcuni insistono sulla necessità di regole. Ma la regola non vuol dire omologazione. E servilismo culturale ed esterofilo attingere a modelli di quiz pensati per altre realtà e calarle in contesti diversi. Senza neanche delle opportune modifiche». Sui media sono state pubblicate notizie sulle domande dei quiz del concorsone per i docenti della scuola. Vi erano anche domande sulla cucina e sulla moda. Dunque un insegnante che non sa queste nozioni non può insegnare? «Vede, la moda e la cucina sono cose che hanno una loro valenza culturale, ma non necessariamente debbono far parte del bagaglio di conoscenze di un insegnante di lettere. Ma ancor più grave è la medesima concezione dei quiz, oppure i testi brevi di risposta agli scritti, magari ispirati da una visione didattico-scolastica contraria all'originalità interpretativa, all'approfondimento intelligente. In questo modo non si selezionano i migliori, ma quelli che hanno alcune nozioni in più, oppure sono semplicemente più fortunati. Siamo dinanzi a una crisi storica del modello di valutazione, ormai simile ad una forma di sorteggio. Con questi metodi non si coglie la qualità, la preparazione autentica, la capacità di scrittura e di analisi critica. Il metodo quantitativo porta la scuola italiana ad essere più debole rispetto agli altri grandi Paesi. Si uccide la peculiarità della nostra storia». Professore, in Germania dove convivono armonicamente cultura umanistica e scientifica, in parecchie scuole elementari studiano anche la filosofia... «In Italia invece ai professori nei concorsi pubblici chiedono qualcosa sul taglio e cucito. Magari alcuni burocrati hanno sbagliato la taglia dei vestiti, dimenticando le taglie grosse. Fuor di metafora, parlo di burocrati, perché non penso che questa cultura dei quiz sia il frutto della Minerva dell'ex ministro Profumo. Ho troppo rispetto per la sua intelligenza, credo che sia stato mal consigliato da qualche burocrate o esperto». Vi è qualche possibilità di uscire da questo impasse? «Come dicevo prima ho fiducia intellettuale nelle qualità del nuovo ministro Carrozza, però avrà molte difficoltà ad intervenire in maniera efficace su questi aspetti. L'omologazione verso la cultura dei quiz, il metodo quantitativo applicato a tutto ed in maniera indistinta è ormai una moda. Vi è una deriva pericolosa, se non la si ferma ed inverte avremo un ulteriore decadimento del sistema del sapere ed anche una opinione pubblica peggiore. Serve un nuovo metodo formativo e valutativo che recuperi i valori della cultura e li coniughi con le innovazioni, lo spirito scientifico e tecnologico. Ma il tutto deve avvenire in maniera critica, sì alla multidisciplinarità, non alla distruzione delle specificità e delle differenze». Il dibattito è aperto... _____________________________________________________________ L’Unità 30 Giu. ’13 MARCO MANCINI: UNIVERSITÀ, SEGNI POSITIVI ORA INTERVENTI ORGANICI Presidente Conferenza Rettori L'UNIVERSITÀ STA TIMIDAMENTE RIPARTENDO. MA DA DOVE? E VERSO COSA? Do- ve ci troviamo ora lo ha ribadito da ultimo il Rapporto 2013 dell'Ocse sull'istruzione («Education at a Glance») appena pubblicato. Cifre a tutti note, ripetute infinite volte da associazioni, organismi nazionali, sindacati, privati cittadini; cifre che ora appaiono confermate da uno degli osservatori più autorevoli sul mondo dell'istruzione. Non ne usciamo bene. Sugli indici finanziari l'Italia è tra gli ultimi per spese universitarie rispetto al Pil (30° su 33), per risorse tagliate nel periodo 2008-2010 (secondi dietro l'Ungheria), ultimi per spesa pubblica complessiva per istruzione sul Pil (32° su 32 paesi), per rapporto docenti/studenti (19° su 26). Andiamo ancora peggio sull'efficienza nella produzione di laureati e sul relativo tasso di occupazione: quanto a laureati tra i 25 e i 34 anni, siamo all'ultimo posto in Europa (21% contro 39% della media Ocse) e quanto a tasso di occupazione siamo al 79% a fonte di una media Ocse dell'84%. Sono tutti numeri che confermano lo stato di crisi gravissima nel quale versa il sistema delle Università italiane dopo un decennio buio, durante il quale il diagramma dei finanziamenti, degli organici e quello inevitabilmente connesso delle immatricolazioni è precipitato a livelli insostenibili provocando uno spread con i Paesi più avanzati che, di fatto, ci colloca fuori dall'Europa. Lo stesso Presidente della Repubblica - caparbiamente come solo lui sa fare - in occasione della festa per i 90 anni del Cnr è tornato a chiedere attenzione per la ricerca e lo sviluppo e, soprattutto, per le carriere dei giovani ricercatori. Dove andremo? I primi interventi pubblici del ministro Maria Chiara Carrozza lasciano bene sperare. Il ministro, nell'audizione tenuta alle commissioni Istruzione in seduta comune, è stata esplicita. Al primo posto la certezza delle risorse: «Per l'università - ha detto - le risorse che il Paese deve mettere a disposizione non possono essere regolarmente oggetto di tagli e incertezze; quello che serve è un orizzonte temporale pluriennale in cui il budget su cui sviluppare il sistema deve essere coerente con le politiche e le strategie che il Paese si impegna a perseguire». Parole che per anni il mondo universitario ha ripetuto invano. Le linee d'intervento sono due: una forte semplificazione normativa da un canto e una rinnovata attenzione per gli studenti dall'altra. I primissimi provvedimenti nel Decreto per il «fare» (D.L. 69/2013) vanno in questa direzione: riduzione dei vincoli del turn-over per favorire il reclutamento (bloccato da cinque anni e con il ceto docente più vecchio d'Europa), ampia delega per il riordino del sistema dei finanziamenti alla ricerca, unificazione delle procedure burocratiche per la valutazione (oggi distribuite tra l'Agenzia per la Valutazione e la Commissione per la trasparenza della Legge Brunetta) e, infine, provvedimenti per gli studenti in mobilità interregionale e per i tirocini presso il mondo del lavoro (nel Decreto sull'occupazione appena passato in Consiglio dei Ministri). Il tutto in attesa di un indispensabile colpo d'ala che riformi e rifinanzi il diritto allo studio oggi a percentuali grottesche quanto a copertura degli aventi diritto. Tuttavia questi interventi rischiano di venire svuotati e depotenziati se non sono inseriti in un nuovo disegno e in una nuova strategia per il futuro delle Università. Occorre evitare la tentazione della semplice «manutenzione» che nella storia normativa di questo Paese vuol dire stratificazione incoerente delle micro-leggi, degli emendamenti agli emendamenti. Con il risultato di un impercettibile ma inesorabile spostamento di rotta politica che produce modelli ibridi e inefficaci di Università: né pubblica né privata, né autonoma né centralista, né campanilista né europea. Non di manutenzione abbiamo bisogno, ma di revisione coordinata delle leggi volta a una loro drastica semplificazione. Qualcuno ha scritto che questo governo non fa ma «disfa». Bene: si disfi la giungla legislativa che regge le Università italiane! Sarebbe già un risultato eccellente. E se si vuole disfare, si persegua un chiaro indirizzo di «alleggerimento», magari smontando anche pezzi di leggi esistenti. Semplificare ex ante; valutare ex post. Evitare norme che dettino regole troppo complesse lasciando, viceversa, agli atenei la necessaria responsabilità di azione; codificare in maniera precisa la valutazione sugli output di queste attività, correlandola alla distribuzione delle risorse. Un nuovo Testo Unico, un alleggerimento di leggi e leggine, una semplificazione delle norme di valutazione ex ante dell'Anvur (incluse quelle che hanno a che vedere con le abilitazioni nazionali) sono ricette tutto sommato semplici ma farebbero ripartire con rinnovata fiducia le autonomie universitarie. Ripeto: dal ministro segnali positivi in questa direzione. Ora l'auspicio è che s'intervenga quanto prima in materia _____________________________________________________________ Libero 30 Giu. ’13 IL PROBLEMA DELL'UNIVERSITÀ ITALIANA? L'INVINCIBILE COMPLESSO D'INFERIORITÀ» La rassegnazione all'incompetenza, il marketing, i figli dei ricchi che "devono" studiare all'estero: in «Lettera aperta» un prof spiega agli studenti perché la nostra scuola è, nonostante tutto, la migliore SIMONE PALIAGA L'università è un luogo d'avanguardia, una postazione da cui si guarda con sospetto il mondo e il modo in cui si vive. Un'università come si deve è una lezione d'indisciplina, tempo diligentemente dedicato alla definizione di un metodo adeguato per spaccare le regole esistenti e sostituirle con altre, possibilmente più convincenti. Ciò di cui parlo non è arbitrio, irrisione, abbandono sfrenato alle proprie voglie. La vera Indisciplina è rigore, e si presenta come il frutto di una grande disciplina interiore. Vuoi cambiare il mondo? Cerca prima di capire come è fatto». Parole stentoree e senza appello ma parole d'amore rivolte a un giovane che si trova dinnanzi anno dei primi grandi bivi della propria vita: la scelta del corso universitario da intraprendere. Ma sono anche parole d'amore rivolte all'università come istituzione, alla sua funzione e al suo ruolo: quello di preparare una nuova schiera di cittadini capaci di valutare e decidere (e di sognare) sulle sorti della propria vita e magari anche sulle sorti del luogo in cui si trovano a vivere. A pronunciarle è un economista controcorrente che insegna in Calabria, autore di diversi saggi sull'idolatria del pil e sulle perversioni della finanza per prestigiose case editrici accademiche e specializzate in cose economiche. È Pierluigi Dacrema l'autore della Lettera aperta a uno studente universitario (1aca Book, pp. 160, euro 10). Rinunciando a soffiare sul fuoco delle polemiche che scuotono il nostro sistema universitario, Dacrema ha deciso che sia necessario imboccare un'altra via. Troppo facile, ricorda al suo studente ideale, scaricare responsabilità su professori indolenti, corsi desueti, magri finanziamenti... “se tu avessi» ricorda l'economista e docente «l'impressione che l'istituzione non ti procura l'armamentario necessario, non rinunciare al tuo statuto, quello di universitario. Piuttosto, provvedi in qualche modo, compensa, rimedia da qualche altra parte il pezzo che manca all'università uffici ale». La responsabilità individuale, la sete di sapere, il desiderio di realizzare un sogno dovrebbero spingere lo studente a ingegnarsi per sopperire alle mancanze del sistema d'insegnamento superiore. Qui sta il carattere dell'autentico studente universitario, votato al sapere ma anche dotato di quell'autonomia e intraprendenza che gli permettono di prepararsi al meglio per realizzare la propria vita. Spesso ci si fa abbindolare dalle operazioni di marketing che esaltano il valore di università ubicate in città importanti. Dacrema mette sull'avviso i futuri studenti per evitare che soccombono alle seduzioni alcinesche della pubblicità. «Non devi lasciarti convincere» ammonisce «solo dalla rassicurante tradizione di un ateneo, anche perché un'ottima reputazione può consumarsi ancor più rapidamente della tua determinazione a continuare e a terminare gli studi; non basta essere disposti a pagare tasse proibitive e trovarsi a costante contatto con professori lautamente remunerati per esser certi di avere a che fare con un'università di primo piano». Anche università piccole e periferiche possono garantire un alto livello di preparazione. La fregola che spinge chi ne ha la possibilità a studiare Oltreoceano non sempre è ricambiata dal valore dell'università. «È da almeno trent'anni che i figli dei ricchi vanno a studiare in America. Con quale effetto sulla qualità della classe dirigente? Scarso, si direbbe, non rilevante, o non sufficientemente consistente perché ce ne si accorga». È sorprendente questa minorità nei confronti delle università americane ma non casuale: la subaltemità è indotta dall'alto, dalle stesse università italiane che si percepiscono inferiori... La Bocconi per esempio pensa che solo il riconoscimento di riviste anglofone potrebbe fornire un sigillo di autorevolezza e di preparazione dei propri docenti. Perché questa sudditanza, si chiede Dacrema? Dovremmo invece di piegare il capo di fronte e correnti di studi che questa crisi ha dimostrato fallimentari, investire risorse per allestire anche noi riviste dello stesso livello. Le risorse intellettuali ci sono. «Da noi non ci sono i campus» ribadisce l'autore « da noi c'è dell'altro. E dovrebbe essere abbastanza per riuscire a non soffrire di complessi d'inferiorità poco giustificabili». Tenendo sempre ben chiaro che il ragazzo non «studia per poi poter funzionare come il più docile strumento del demone vincente della tecnica? Al suo posto non mi lascerei guidare da uno scopo che non fosse molto personale, curato e amato come un fiore del proprio giardino». _____________________________________________________________ Avvenire 26 giu. ’13 L'OCSE BOCCIA L'ITALIA: «ULTIMA NELLA SPESA PER LA SCUOLA» DA MILANO ENRICO LENZA Tempo di esami anche per l'intera scuola italiana a livello europeo. E la pagella che l'Ocse consegna al nostro sistema formativo nel suo Rapporto «Education at a glance» mostra diversi voti negativi. Un ulteriore motivo di preoccupazione per il ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza, il cui dicastero in questi giorni è impegnato nello svolgimento dell'esame di maturità. E l'eco delle polemiche e delle sottolineature a commento del Rapporto Ocse, non sembrano affatto coinvolgere il quasi mezzo milione di studenti che a partire da domani inizieranno l'ultima fase della maturità: il colloquio orale e la trattazione della tesina preparata per l'occasione. In «palio» 30 punti che andranno a sommarsi al punteggio ottenuto nei tre scritti e al credito scolastico maturato nel corso del triennio. Diverso , invece, l'approccio che sindacati e mondo politico hanno avuto nei confronti del Rapporto Ocse, che evidenzia come nell'ultimo quindicennio il nostro Paese è «l'unico dell'area Ocse che non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e quella secondaria». Un indicatore negativo, anche se, sempre secondo il Rapporto, «questo non avrebbe influito sui risultati complessivi degli studenti italiani in ambito internazionale». A dire il vero i risultati di queste ultime indagini, negli scorsi anni, hanno dimostrato una scuola italiana a due velocità, con forti differenze tra le Regioni, anche se nel corso delle rilevazioni qualche miglioramento si è registrato negli apprendimenti Ocse-Pisa sulla matematica e le scienze. Situazione differente in campo universitario dove, secondo l'indagine dell'organismo internazionale, la spesa complessiva per studente è aumentata rispetto alla media Ocse, ma «questo risultato è ampiamente riconducibile a un incremento non dei fondi pubblici, bensì di quelli privati». Altro capitolo critico è quello dei docenti: più anziani rispetto ai loro colleghi di altri Paesi, e decisamente meno pagati. Criticità note, che anche indagini e rapporti nazionali hanno messo in evidenza in questi anni. La «bacchettata» dell'Ocse, dunque, non giunge inaspettata. Lo riconosce anche il sottosegretario all'Istruzione Marco Rossi Doria, che però rivendica come «le linee programmatiche del ministro Carrozza vanno proprio nella direzione di risolvere le criticità sottolineate dall'Ocse». Il Rapporto, presentato ieri a Parigi, spinge il fronte sindacale a chiedere «un'inversione di rotta al governo e al ministero», in particolare sui fondi e sull'investimento nei docenti. «Siamo stanchi di parole» fa sapere il leader della Flc-Cgil Domenico Pantaleo, mentre il suo collega della Uil-scuola, Massimo Di Menna invita il governo «a prendere atto della situazione e assumere con responsabilità delle scelte». «Stiamo pagando un conto salatissimo — aggiunge da parte sua Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola e i quadri — iniziato con il taglio degli organici, che ha cancellato 200mila posti in sei anni, è continuato con il blocco del turn over e si è concluso con lo stop al rinnovo degli scatti e degli stipendi». _____________________________________________________________ Il Messaggero 28 giu. ’13 BORSE DI STUDIO, L'ITALIA RINCORRE L'EUROPA NEGLI ALTRI PAESI UE SI AUMENTANO I FONDI IN GERMANIA UNO STUDENTE SU TRE RICEVE UN AIUTO DA NOI UNO SU 14 In arrivo 5 mila euro di sussidio, ma soltanto per mille studenti ROMA "Idoneo non benificiario". Una formula burocratica, dietro la quale c'è un'ingiustizia frequente tra gli universitari meritevoli. Idoneo non benificiario è quello studente che pur avendo diritto ad una borsa di studio non la riceve. In tutto sono circa 45 mila ragazzi. Nel 2010-2011 su 181.312 ragazzi che potevano accedere ad un aiuto per proseguire con gli studi universitari solo 136.222 hanno avuto una agevolazione economica. Circa 45mila, appunto, no. E più della metà degli aventi diritto, e che sono rimasti esclusi, sono residenti al sud. È il nodo del diritto allo studio. Un problema annoso per l'Italia. Un diritto che dovrebbe essere garantito dalla Costituzione (all'articolo 34). E che così non è. Un diritto mancato che sembra allontanarci dal resto dell'Europa. Basta mettere qualche dato a confronto. Solo il 7% degli studenti nel nostro Paese ottiene una borsa di studio, uno su quattordici. I fondi pubblici stanziati sono 258 milioni di euro. In Francia i giovani che hanno aiuti economici per proseguire con gli studi sono uno su quattro, il 25,6% (1,6 miliardi lo stanziamento). Sono quasi uno su tre, il 30%, in Germania, dove i fondi messi a disposizione sono 2 miliardi. Ci batte anche la Spagna nonostante la sua drammatica crisi economica: il 18% degli universitari ottiene un sostegno, con uno stanziamento di 943 milioni di euro. La questione del diritto allo studio è stata più volte presente anche nella parole del capo dello Stato. Nei giorni scorsi è stata affrontata dal ministro Maria Chiara Carrozza intervenuta al Forum europeo del Diritto allo studio. In Italia negli ultimi cinque anni lo stanziamento è sceso dell'11,2%. In Spagna è cresciuto del 39%, in Francia del 25,9%, in Germania del 18,6%. IL DECRETO DEL FARE Borse di studio sono state istituite dal "decreto del fare" (all'articolo 59) appena varato dal governo guidato da Enrico Letta. Sono state pensate per favorire la mobilità sul territorio nazionale degli studenti universitari. Cinque milioni di euro è l'importo previsto per il 2013 e il 2014. Che sale a sette per il 2015. Cifre modeste, ma importanti in una realtà così trascurata. Gli studenti che potranno usufruirne saranno circa mille per un importo che dovrebbe essere di 5.000 euro (anche se la quota esatta sarà indicata in un successivo provvedimento). Potranno beneficiarne studenti che si sono particolarmente distinti alla maturità. Il finanziamento servirà a favorire la mobilità da una regione all'altra. E sarà proprio questo uno dei criteri per l'assegnazione. Perché non ci sarà un limite massimo di reddito per l'esclusione dal beneficio della borsa, ma nel punteggio per l'assegnazione conterà (con un punteggio aggiuntivo) la distanza tra la regione in cui si ha la residenza e la sede della facoltà che si è scelto di frequentare. Il decreto prevede anche la possibilità di mantenere la borsa per tutta la durata degli studi universitari. Ma sarà necessaria una media degli esami e dei crediti sempre lodevole. Una possibilità che, tuttavia, dipenderà dall'incremento dello stanziamento nel tempo. È chiaro che aumentando gli alunni, la dotazione iniziale non potrà non tenerne conto. Le risorse per queste borse di studio vengono prese dal Fondo per il merito della legge Gelmini. La parola-chiave, "mobilità", è quella che ricorre spesso nel linguaggio europeo sugli stanziamenti. E ha anche mosso uno stanziamento di cui il mondo della scuola e dell' università ha molto bisogno. Alessia Campione _____________________________________________________________ Corriere della Sera 25 giu. ’13 ISTRUZIONE, LO SCANDALO DEI FONDI UE Roma Inchiesta per corruzione. II ministro Carrozza: «Trasparenza e disponibilità, ho fiducia nella giustizia» Dirottavano finanziamenti verso imprese amiche. Funzionari indagati ROMA — «Da anni opera al ministero della Ricerca un'ampia associazione tra persone che, in concorso fra loro, violano e forzano le norme per convenienze personali, proprie o di imprese collegate. Leggete e fate giustizia». Così iniziava il dossier anonimo (firmato da un gruppo di lavoratori dell'Idi, l'ospedale al centro di un'inchiesta per bancarotta) che ora ha portato, indirettamente, alla scoperta di una nuova «cricca». Un pugno di funzionari e imprenditori che, con un piede nelle istituzioni e l'altro nel mondo delle consulenze aziendali, dirotta fondi comunitari su poche (e paganti) imprese fortunate. Un sistema quasi altrettanto «gelatinoso» di quello che per un decennio lucrò sulle grandi opere dall'interno del Provveditorato stesso (al tempo guidato da Angelo Balducci) e che oggi sta arricchendo funzionari ministeriali contornati da consulenti e imprenditori navigati. Nel dossier oltre ai nomi e ai singoli curricula, sono indicati anche i progetti «inquinati» eppure premiati. Si legge così che denaro destinato alle aree disagiate finisce nelle disponibilità di cooperative venete e imprese romane. Le prime iscrizioni sul registro degli indagati sono già state notificate dal pm Roberto Felici (lo stesso che ha lavorato alle vicende della cricca di Balducci) che lo scorso dicembre aveva indagato per truffa Ilaria Sbressa, autrice di un programma multimediale copiato online ma «premiato» dal ministero con 73o mila euro di finanziamento. E se il contenuto del dossier fosse interamente confermato, allora gli indagati per reati che vanno dalla truffa all'abuso d'ufficio e alla corruzione salirebbero a oltre una decina. In qualche caso si tratta di consulenti eternamente sulla breccia a dispetto di altre inchieste. Gli investigatori stanno approfondendo, per esempio, il ruolo di una cooperativa di Vibo Valentia che ha svolto un ruolo nella truffa delle bonifiche fantasma a Grado (su cui ha indagato la procura locale) e in seguito ha gestito per ridi un finanziamento ministeriale in odore di raggiro (tanto che il ministero ha già inviato una lettera per la restituzione di circa cinque milioni di euro erogati). Anche qui si tratterebbe di un gioco di sponda fra funzionari pubblici e imprenditori con l'aiuto di consulenti esterni. Un livello intermedio di funzionari ministeriali che, negli anni, ha acquisito pratica e competenze nella richiesta di accesso ai fondi europei (la prassi per accedere ai cosiddetti piani operativi nazionali è tradizionalmente complessa) e ora è in grado di compilare i formulari ed eventualmente «aggiustarli». La svolta degli investigatori coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Caporale arriva 6 mesi dopo lo scandalo del ministero dell'Agricoltura, dove un pugno di funzionari infedeli, d'accordo con consulenti e imprenditori disposti a pagare opportune «dazioni» aveva inquinato il sistema di accesso «alla spesa pubblica». L'ex ministro Francesco Profumo aveva annunciato un'inchiesta interna su quei funzionari inamovibili che da anni si occupano di un settore delicato e strategico come i bandi per l'assegnazione dei fondi europei. Ieri l'attuale ministro Maria Chiara Carrozza ha annunciato «massima trasparenza e disponibilità, ho fiducia nella giustizia». Ilaria Sacchettoni isacchettoni@res.it _____________________________________________________________ Il Messaggero 27 giu. ’13 MILANO, MANIFESTO DI TRE RETTORI PER RICHIAMARE STUDENTI DALL'ESTERO MILANO Un manifesto in 10 punti per chiedere disposizioni che mettano l'Università italiana in condizioni di competere con quelle degli altri Paesi Ocse. Lo hanno annunciato i rettori di tre università milanesi, Andrea Sironi della Bocconi, Gianluca Vago dell'Università Statale e Giovanni Azzone del Politecnico. Per i tre rettori il problema non è la fuga dei cervelli, quanto la mancata attrazione di studenti o di docenti stranieri. Nel 2010 sono stati 59.024 (dati Ocse) gli italiani iscritti a una facoltà all'estero, una vera esplosione migratoria pari al 40% in più rispetto al 2008. Ma sempre nel 2010, sono stati più di 4,1 milioni gli studenti di tutto il mondo iscritti in un'università estera. E se gli Usa hanno ne attratto il 17%, il Regno Unito il 13, Francia e Germania il 6, l'Italia solo l'1,7%. Tra gli altri, c'è il problema del merito: «È normale che le persone con talento vogliono vivere in Paesi dove la corruzione è minima e vigono sistemi competitivi - spiegano i rettori -. Questa è la sfida con gli altri grandi Paesi dove invece la mobilità culturale cresce. Dobbiamo essere competitivi con programmi, borse di dottorato, strutture. Molte università straniere, per attrarre un docente di alto livello, procurano offerte di lavoro anche al coniuge». _____________________________________________________________ Corriere della Sera 27 giu. ’13 «PROF STRANIERI TRATTATI DA CLANDESTINI, SUBITO NUOVE REGOLE» Università Italia fanalino di coda: il decalogo di tre rettori milanesi (Bocconi, Statale e Politecnico) per attrarre studenti e docenti dall'estero MILANO — Attirare studenti e professori di qualità dall'estero. È la sfida che l'università italiana deve affrontare entro i prossimi anni: a dirlo sono i rettori di Bocconi, Statale e Politecnico, i tre atenei milanesi presenti ieri al convegno «Il sapere di Milano nel mondo: l'internazionalizzazione delle università». L'obiettivo è così urgente che i tre dirigenti — Andrea Sironi (Bocconi), Giovanni Azzone (Politecnico) e Gianluca Vago (Università Statale) — lo metteranno presto per iscritto in un manifesto: dieci punti in cui riassumeranno le misure che servono agli atenei italiani per diventare competitivi nell'area Ocse. Altro che «fuga dei cervelli», quindi: secondo i tre «magnifici» milanesi il problema dell'università italiana è la scarsa attrattività per i talenti stranieri. Se nel 2010 sono stati più di 4,1 milioni gli studenti di tutto il mondo iscritti in un'università esterna al loro Paese dì provenienza (dati Ocse), l'Italia ne ha richiamato solo l'1,7%, contro il 17% attirato dagli Stati Uniti, il 13% dal Regno Unito e il 6% da Francia e Germania. Eppure, a detta dei rettori, l'internazionalizzazione è una leva fondamentale per l'economia nazionale: «L'apertura a iscritti e a insegnanti stranieri non migliora solo la didattica ma contribuisce a rilanciare la crescita del Paese», dicono. A puntualizzare il ragionamento ci pensa Andrea Sironi (Bocconi): «La crescita viene dalla produttività e la produttività viene dall'innovazione: per avere innovazione gli atenei devono attirare talenti di ogni nazionalità». Come? «Offrendo corsi di laurea internazionali e competitivi, che si possano aggiornare di continuo — continua Sironi —, garantendo borse di studio allettanti per gli studenti e condizioni vantaggiose per i professori e le loro famiglie. In altri Paesi gli atenei trovano lavoro anche ai coniugi dei docenti che arrivano da fuori, dobbiamo farlo anche qui». Non è un caso che i tre rettori stiano pensando di creare a Milano una serie di servizi dedicati agli studenti e ai docenti in arrivo dall'estero, allargabili anche alle loro famiglie. Il documento con le proposte verrà presentato tra luglio e agosto alla Camera di commercio cittadina, individuata come un possibile alleato nello sforzo verso l'internazionalizzazione delle università locali. Sforzo che oggi è reso difficile da «un sistema rigido e impresentabile», come lo definisce il rettore dell'Università Statale Gianluca Vago: «I docenti stranieri sono trattati alla stregua di immigrati clandestini, per avere i visti dobbiamo controllare che non siano dei delinquenti. Operazioni complicatissime che le università straniere non capiscono e che ci fanno perdere attrattività. Ma non finisce qui: la burocrazia è talmente lenta che non possiamo nemmeno promuovere i nostri corsi internazionali all'estero, perché l'accreditamento del ministero ci arriva a lezioni già iniziate». Giovanni Azzone del Politecnico rincara la dose: «Milano e l'Italia devono svegliarsi: diamo per scontato che tutti conoscano il nostro patrimonio culturale, ma non è vero. Dobbiamo promuoverci». Alessandra Dal Monte _____________________________________________________________ Gazzetta del Mezzogiorno 28 giu. ’13 I LETTORI DI LINGUA STRANIERA A ROMA «ANCHE NOI FACCIAMO DIDATTICA» I lettori di madre lingue pugliesi in trasferta a Roma, per reclamare dignità e diritti. C'era anche un gruppo proveniente dagli atenei di Bari e Lecce, ieri nella capitale, alla manifestazione degli esperti linguistici delle accademie italiane, organizzata dalla Flc Cgil. Davanti alla sede del ministero per l'Università, i lettori hanno portato i temi caldi del momento: dalla chiusura dei centri linguistici e l'affidamento delle attività a privati, ai lettori licenziati a Cas sino (poi reintegrati dal giudice del lavoro), dalla riduzione degli stipendi a Siena, Lecce e Catania, fino ai tagli alla spesa per l'apprendimento delle lingue. Ma soprattutto, i manifestanti hanno riproposto il vecchio e mai risolto tema del loro status giuridico e, conseguentemente, del trattamento economico. Inseriti dalle università, nelle file del personale tecnico ed amministrativo, con uno stipendio di 900 euro al mese (meno di una borsa da dottorando di ricerca), di fatto i lettori svolgono attività didattiche fondamentali per gli studenti che preparano gli esami di lingua straniera. Non c'è studente, nell'Ateneo barese, che non ricordi il ruolo determinante svolto dai lettori nella preparazione alla dura prova di inglese. Sul punto, la categoria rivendica il rispetto della legge 63/2004, che definisce l'orario di lavoro e il trattamento economico. I lettori di madre lingua hanno chiamato in causa il ministro Maria Chiara Carrozza, professore ordinario di Bioingegneria industriale, fino al febbraio scorso rettore della scuola superiore «Sant'Anna» di Pisa, che ben conosce i problemi della categoria. Una delegazione dei manifestanti è stata ricevuta dal capo di gabinetto del ministro e ha ottenuto una promessa a studiare un intervento legislativo risolutore. Ma senza un supporto politico, la vertenza rischia arenarsi. [lu. tu] _____________________________________________________________ Italia Oggi 27 giu. ’13 TOLTI 8,6 MLN AL FONDO PER GLI SCATTI DEI DOCENTI Il decreto del lavoro toglie 8,6 milioni al fondo per il lavoro degli insegnanti. A leggere il decreto in entrata al consiglio dei ministri, non è chiaro quale nuovo intervento andranno a finanziare: i percorsi di formazione e istruzione tecnica oppure nuove assunzioni presso il ministero dell'istruzione. L'unica cosa certa è che i sindacati sono subito scesi in campo per dire che le retribuzioni dei docenti non si toccano e che se la norma non sarà stralciata la pax con il ministro dell'istruzione, Maria Chiara Carrozza, può già dirsi finita. L'articolo incriminato prevede al primo con una che il Fondo per l'istruzione e la formazione professionale tecnica superiore è incrementato per il 2014 di 5 milioni di curo. Per garantire la maggiore flessibilità dei percorsi, e per renderli più corrispondenti anche alle richieste del mondo del lavoro e del territorio, si possono modificare i programmi entro il 25% dell'orario obbligatorio. L'articolo si occupa anche dell'assunzione di nuovi ispettori necessari alle funzioni di monitoraggio e valutazione: copertura necessaria pari a 2,4 milioni di euro per il 2013 e 8,6 milioni di curo dal 2014. Al comma 5 si stabilisce che per la copertura dell'intervento «del comma 1 si provvede mediante riduzione del fondo di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112... per euro 2,4 milioni nell'anno 2013 e 8,6 milioni a decorrere dall'anno 2014». Refusi a parte, si attinge al fondo che, utilizzando la quota parte dei risparmi di spesa fatti nella scuola con la manovra Tremonti, circa 8 miliardi di curo di tagli, paga la professionalità dei docenti. Si tratta dei cosiddetti scatti, l'unica progressione stipendiale esistente per i circa 700 mila docenti in servizio. «Se il taglio fosse confermato, si aprirebbe un contrasto forte tra mondo della scuola e governo», attacca il numero uno della Uil scuola, Massimo Di Menna, «ci troveremmo infatti di fronte ad una decisione che, ancora una volta, riduce le risorse agli insegnanti mentre se ne loda la centralità». Parla di «scippo inaccettabile ai danni degli insegnanti», il segretario della Cisl scuola, Francesco Scrima, «non era questo il nuovo corso che attendevamo». _____________________________________________________________ Italia Oggi 25 giu. ’13 UNIVERSITÀ, È CORSA AL BONUS Impazzano i calcoli dei maturandi per il superpunteggio DI EMANUELA Micucci Giro di boa per la maturità. Con la calcolatrice in mano. Dopo la terza prova di ieri, per i maturandi sono le ore dell'ultimo ripasso e dei punteggi sia per il voto finale sia per l'accesso alle facoltà universitarie a numero chiuso. Da oggi, infatti, fino al 18 luglio è possibile iscriversi online ai test d'ammissione. Ma il voto dell'esame di stato è ridotto a un calcolo matematico: prendo i punti di credito del triennio, li sommo a quelli delle 3 prove scritte di maturità, aggiungo quelli del colloquio orale. E l'integrazione fino a 5 punti del bonus che la commissione d'esame può assegnare, per motivati criteri, .a coloro che hanno iniziato l'esame con almeno 15 punti di credito e hanno conseguito almeno 70 punti nei 3 scritti più l'orale. Calcolatrice alla mano, uno studente con la media nel triennio inferiore a 6,5 ha già 15 punti di credito e gli basterebbe fare un esame discreto da 7/10 per sperare nel bonus, che farà impennare il suo voto finale di maturità da 85 a 90/100. Certo, quest'anno sulla votazione peserà lo scritto d'italiano che ha spiazzato gli studenti con tracce fuori programma, dall'analisi del testo di Magris all'economia dei Paesi emergenti Bircs. Ma da anni i maturandi confermano che i prof gli anticipano le materie della terza prova, il quizzone temutissimo dal 54% dei ragazzi. Dunque, un pareggio. Neo diplomati, se vogliono proseguire gli studi in una facoltà universitaria a numero chiuso dovranno continuare a fare di conto. Con il bonus maturità, cioè il voto di diploma convertito in punteggio per il test d'accesso all'ateneo dei propri sogni. Come stabilito a fine aprile dall'allora ministro dell'istruzione Francesco Profumo, che prevedeva anche l'anticipazione dei test da inizio settembre a fine luglio, subito dopo la maturità. Generalizzata la fuga dalle facoltà a numero chiuso con crolli di iscritti, per la prima volta a medicina, ma anche ad architettura, con -50%, e ingegneria. A mitigare le criticità un nuovo decreto del ministro Carrozza, il 12 giungo: test d'ammissione spostati a settembre e bonus maturità, da 1 a 10 punti, attribuito esclusivamente ai candidati che all'esame hanno ottenuto un voto almeno pari a 80/100 e non inferiore all'80esimo percentile della distribuzione dei voti della propria commissione d'esame nell'attuale anno scolastico. Calcolatrice alla mano, il nostro neodiplomato avrebbe un bonus maturità di 2 punti, se avesse ottenuto 85/100 alla maturità, che però raddoppierebbe a 4 punti se il suo voto fosse salito a 90/100 grazie al bonus assegnato dalla commissione. Ancora una questione di numeri. Sul sito del Miur è possibile consultare la tabella di corrispondenza tra voto dell'esame e bonus maturità, in attesa che i voti riferiti all'80esimo percentile di riferimento siano pubblicati sul portale www. universitaly.it entro agosto. Dal 2014 cambierà tutto grazie a una Commissione che formulerà a settembre una nuova proposta per l'ammissione ai corsi universitari a numero programmato, «necessari — spiega Carrozza — perché l'accesso ad alcune professioni va contingentato rispetto ai bisogni del Paese e perché il numero chiuso è legato alla disponibilità di attrezzature. Per il 2014 — annuncia — stiamo lavorando su un'ipotesi di anticipazione dei test d'accesso ad aprile. Come già accade con medicina in inglese. In questo caso, il voto di maturità non può avere valore visto che l'esame deve ancora essere affrontato». Una prospettiva che riaprirà il dibattito sul valore del titolo di studio, almeno per il diploma di scuola superiore. _____________________________________________________________ La Padania 27 giu. ’13 IL NORD DISCRIMINATO NELL'ACCESSO ALL'UNIVERSITÀ Invernizzi: «Il bonus maturità va sospeso in attesa della definizione di un sistema più equo» Il voto di maturità rischia di creare disparità tra gli studenti del Nord e quelli del Sud anche nell'accesso alle facoltà universitarie a numero chiuso. Un tema che diventa caldissimo a pochi giorni dai test di ammissione. Per questo il deputato della Lega Nord Cristian Invernici ha chiesto al ministro Maria Chiara Carrozza «se non ritenga opportuno, in attesa dell'individuazione di un meccanismo che garantisca omogeneità di valutazione ed attuazione della riforma universitaria, che preveda la rideterminazione del numero dei posti disponibili nei corsi di laurea in medicina e chirurgia, sospendere il bonus maturità in attesa di fare questi importanti adempimenti». «Per la definizione delle modalità di accesso ai corsi a numero programmato per i futuri anni accademici - ha replicato il ministro dell'Università - una commissione appositamente costituita individuerà delle proposte per garantire un sistema di accesso che sia in grado di valorizzare al meglio le potenzialità dei candidati, anche con interventi di modifica alla normativa». Per il Carroccio però «ci sono due ordini di problemi che dovrebbero essere affrontati con urgenza. Innanzitutto il voto dell'esame di maturità rischia di essere falsato e inattendibile, perché potrebbe essere influenzato da svariati fattori. Inoltre il decreto ministeriale ha optato per una graduatoria a livello nazionale. II che significa che se uno studente non rientra nel numero dei posti previsti per l'ateneo in cui sostiene l'esame, ma col suo punteggio rientra nel numero dei posti totali a livello nazionale, si prenota per un posto in un altro ateneo. Noi così - ha concluso Invernizzi - togliamo la speranza anche alle famiglie di vedere magari il proprio figlio frequentare il corso di studi per il quale ha una vocazione e che viene paradossalmente penalizzato per aver frequentato una scuola nella quale vengono richiesti standard più alti, cosicché è più preparato ma meno valutato». _____________________________________________________________ Corriere della Sera 28 giu. ’13 L'ISTRUZIONE USA AL TEMPO DELLA CRISI Attenti, le condizioni che hanno consentito all'istruzione universitaria americana di diventare un modello per il mondo sono venute meno• sono cambiate l'economia, la società, la composizione demografica e, soprattutto, la tecnologia. Con la diffusione di quelle digitali, all'istruzione sta succedendo quello che è già capitato al giornalismo, all'industria della musica, al cinema. Appena pubblicato negli Usa, College (Un)bound, un saggio di Jeff Selingo, un giornalista che studia le problematiche del mondo della scuola, fa discutere non tanto per l'originalità delle sue tesi quanto perché contiene analisi e dà voce a domande sulle quali molti americani hanno cominciato da tempo a riflettere, anche se ne parlano poco in pubblico temendo di essere accusati di sacrilegio: il «pezzo di carta» serve ancora? A parte le poche accademie dell'eccellenza, quelle che godono di un prestigio mondiale, ha ancora senso spendere decine o centinaia di migliaia di dollari per conseguire una laurea che non solo non garantisce un impiego, ma non procura nemmeno gli skill professionali richiesti da un mercato del lavoro in continua evoluzione? Il libro alla fine dà una risposta positiva, ma tra mille riserve. Il dubbio rimane e non riguarda solo l'università «made in Usa», visto che l'esigenza di un aggiornamento post-universitario continuo è la stessa in tutto il mondo. Ma quello americano resta il laboratorio più interessante da osservare, e non solo per le dimensioni del suo sistema accademico: 7.000 college e università che ogni anno incassano 147 miliardi di quote d'iscrizione dagli studenti. Gli Stati Uniti sono la culla di Intemei, con la sua capacità di rivoluzionare tutto, anche l'istruzione, e sono anche il Paese nel quale vengono tentate esperienze nuove come l'Institute di Peter Thiel. ll miliardario cofondatore di PayPal offre 100 mila dollari a ragazzi di talento che rinunciano ai classici 4 anni spesi in un campus universitario e accettano la sfida di un percorso a cavallo tra studio e apprendistato nel quale vengono incoraggiati a trasformare le loro idee in start up. Un progetto audace, per pochi «eletti», che offre gli insegnamenti del «saper fare», la capacità di risolvere problemi, ma li priva di gran parte della formazione di base. E che dà loro la possibilità di fare una vera esperienza lavorativa di 1-2 anni in una grossa azienda in luogo del solito stage di tre o quattro mesi che finisce quando il giovane ha cominciato ad ambientarsi e l'azienda ha cominciato a fidarsi di lui. Thiel è un pioniere, ma il suo non è un caso isolato: dalla Mycelium School all'UnCollege di Dale Stephens, alle «start up artigiane» della Saxifrage School di Pittsburgh, al «social network» Zero Tuition College di Blake Boles, sono molte le iniziative che stanno nascendo per bypassare con esperienze di vario tipo un'università percepita come troppo costosa e priva di senso pratico. Accettata fin quando garantiva comunque uno sbocco lavorativo e aveva costi sostenibili, viene messa in discussione ora che la disoccupazione è alta anche tra i laureati. Che, per di più, entrano nel mondo del lavoro con un debito di studio di 100- 200 mila dollari da ripagare. massimo.gaggi _____________________________________________________________ Corriere della Sera 28 giu. ’13 POCHI INVESTIMENTI SU PERSONE E CONOSCENZA ECCO IL VERO FRENO A UNA RIPRESA SOSTENIBILE Il motore della crescita americana? La grande offerta di capitale umano e formazione L'idea — molto amata in Italia — che la crisi si possa superare semplicemente spendendo dì più esce ridimensionata da uno studio della società di consulenza McKinsey, preparato per i vertici dei Paesi del G8, che sarà pubblicato oggi a livello internazionale. Quello che conta veramente — stabilisce l'analisi basata su nuovi sistemi di misurazione — è avere in essere le condizioni affinché si mobiliti una quantità elevata di cosiddetto «capitale di, innovazione»: tra il 1995 e il 2007, infatti, esso è stato responsabile del 53% della crescita della produttività del lavoro nei 16 Paesi presi in considerazione dallo studio. Il problema dell'Italia è che questo innovation capital ha pesato, dal 1995 in poi, solo per il 25% del prodotto interno lordo: poco più del 23% della Russia ma meno di tutti gli altri Paesi, per esempio la Germania con il 34%, la Francia con il 35, la Gran Bretagna con il 4o, gli Stati Uniti con il 51%. «L'Italia è un Paese che non investe nel futuro», sostiene Leonardo Totaro, managing director di McKinsey per i Paesi del Mediterraneo. Per colmare il differenziale, occorrono riforme profonde. Sono tre le grandi aree che vanno a comporre il capitale di innovazione. Quello fisico che rappresenta il 16% del complesso degli investimenti in innovazione: si tratta di denaro pubblico e privato destinato a infrastrutture di alta tecnologia. Il capitale di conoscenza, che pesa per il 60% del totale: ricerca e sviluppo, software e database, esplorazioni minerarie, intrattenimento, architettura e design, ricerca in pubblicità e marketing, innovazione finanziaria, venture capitai. Infine, il capitale umano, pari al 24% dell'innovazione: istruzione universitaria, training e formazione d'impresa, investimenti per migliorare le organizzazioni. Questo complesso di denaro destinato all'innovazione e all'economia intangibile ha una dimensione di 14 mila miliardi di dollari nei 16 Paesi analizzati: è il 42% dei loro Pil e dal 1995 è cresciuto del 4,6% l'anno. Dei tre tipi di capitale di innovazione, quello che dà i ritorni maggiori — le imprese italiane farebbero bene a prenderne nota — è il terzo, il capitale umano: un ritorno del 40% superiore a quello del capitale di conoscenza. «Gran parte delle politiche attuali — dice Totaro — è pensata per un mondo in cui il capitale fisico è preponderante. In realtà, nelle economie moderne è cresciuto in misura esponenziale il ruolo degli attivi intangibili. Sono queste le aree di crescita ed è in questa direzione che vanno redistribuite le risorse». Serve creare le condizioni affinché i capitali vadano verso quei settori e business dove l'economia «ha il turbo» e corre. «Le scommesse — sostiene il capo italiano della McKinsey — si fanno su settori, prodotti e geografie che crescono: è più importante questo che essere bravi in un settore che non cresce». L'avere investito poco in innovation capital ha significato per l'Italia aumentare la produttività dello 0,5% l'anno tra il 1995 e il 2007, contro 1'1,7% della Germania, 1'1,8% della Francia, il 2,8% di Gran Bretagna e Stati Uniti. I gap maggiori — dice la ricerca — sono la scarsa digitalizzazione del Paese, l'insufficiente istruzione di qualità e il basso investimento in ricerca e sviluppo dovuto in buona misura alle scarse dimensioni delle imprese italiane. «Alla nostra economia — commenta Totaro — non serve si diano pesci, occorre insegnarle a pescare, metterla in condizioni di fare ricerca». Secondo McKinsey, dunque, l'Italia dovrebbe avviare riforme radicali ma non impossibili. Abbattere le barriere agli investimenti, aumentare gli incentivi alla ricerca, creare sistemi di protezione dei diritti di proprietà intellettuale per dare efficienza e garanzie ai brevetti. Poi, incoraggiare l'imprenditorialità semplificando la burocrazia e facilitando l'accesso al capitale; favorire la diffusione dei talenti attraverso la mobilità lavorativa, l'omogeneizzazione delle normative sul lavoro e il bilanciamento delle competenze tra domanda e offerta; favorire la collaborazione tra imprese, università, amministrazione pubblica. Lo Stato, infine, può svolgere un ruolo importante adottando tecnologie avanzate alle quali il settore privato dovrebbe poi adeguarsi. Il denaro a pioggia è sprecato. Dando Taino _____________________________________________________________ Sardegna Quotidiano 25 Giu. ’13 REGIONE: UNA CASTA BIPOLARE GESTISCE IL POTERE SOLTANTO PER POCHI di ANDREA PUBUSA Il Consiglio regionale insieme all’amministrazione sono le cause principali del malessere della società sarda. Se non ci fossero le cose andrebbero meglio o non peggio. Il primo è sempre impegnato in beghe e liti prive di qualsiasi senso. Ora è impegnato in una discussione su una legge elettorale, nella quale l’unica preoccupazione è far sparire, con sbarramenti assurdi e sproporzionati la sovranità popolare. E dire che molti costituzionalisti ritengono che le leggi elettorali in vigore non rispettino il diritto di tutti i cittadini di eleggere rappresentanze “a suffragio universale e diretto” (Cost. art. 56, c.1), cioè di poter esprimere preferenze nell’elezione dei candidati, fatto questo che è una causa prioritaria della crisi della politica. Con le liste bloccate in coalizioni coatte in senso maggioritario bipolare si è svuotata la rappresentanza parlamentare di buona parte della sua legittimazione democratica, della sua funzione istituzionale e della sua credibilità. Si è creata così una casta bipolare che vorrebbe assicurare la governabilità, gestendo il potere per pochi, in contrasto con la democrazia parlamentare costituzionale, che tutela l’interesse della maggioranza, ma tale sistema bipolare che dura ormai da molti anni, non ha risolto i problemi, li ha solo aggravati. Inoltre per far prevalere la governabilità di pochi, contrapposta alle rappresentanze plurali e unitarie di culture e situazioni sociali diffuse, la legge elettorale impone soglie di sbarramento delle minoranze ed un premio di maggioranza talmente sproporzionati da stravolgere il principio costituzionale del diritto di uguaglianza di tutti i cittadini di “associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (Cost. art. 48). Anche questo contribuisce alla crisi della politica della sua credibilità, della difficoltà a riconoscerla come servizio, passione, competenza. Se non si ritorna nella sostanza la forma di stato e di governo realmente coerenti con i principi di uguaglianza e libertà indicati dalla Costituzione, viene rimesso in discussione anche il concetto di repubblica democratica fondata sul lavoro e la sovranità non appartiene più al popolo, ma viene commissariata ai poteri forti della globalizzazione. È così che lavoro, democrazia del lavoro, diritti, bene comune, ambiente vengono espunte dall’orizzonte istituzionale anziché costituire le basi per proposte condivise unitarie e plurali: in alternativa alla politica subalterna ai poteri forti. Soltanto l’integrazione tra democrazia partecipativa e rappresentativa, tra Sardegna reale e forze consiliari può ridare dignità alla politica e alle istituzioni regionali. In questo quadro un ruolo fondamentale gioca l’amministrazione, oggi una delle cause del blocco di qualunque attività. In Sardegna non si può ristrutturare (non costruire ex novo) uno stadio, non si possono tenere dei punti di ristoro in spiagge di grande frequentazione, non si può avere una istituzione musicale, non si può far nulla senza incorrere nel blocco amministrativo, di solito supportato da quello giudiziario. E non c’è destra o sinistra che tenga. Floris o Zedda uguali sono. So che qualcuno obietterà che è l’interesse pubblico a richiedere tutto questo. In realtà, a Monaco di Baviera è stato costruito un nuovo stadio senza arresti e intoppi. La ragione? C’è un’amministrazione chiara e competente che dice appropriatamente i propri si e i dovuti no, e le procure non hanno spazio per le loro azioni. Da noi, quando ci si deve rivolgere all’amministrazione, si entra in una terra di nessuno, come quando nei tempi remoti s’iniziava un lungo viaggio in terre insicure, fra banditi ed osti fedifraghi. Ma una buona amministrazione può esistere solo se c’è una buona classe politica. La Sardegna è più stato delle banane. Docente di Diritto amministrativo all’Università di Cagliari _____________________________________________________________ Il Sole24Ore 30 Giu. ’13 GRECI MAESTRI DI MERITOCRAZIA Gorgia e Protagora furono professionisti culturali che si facevano pagare in relazione al risultato. La ricchezza era commisurata al merito Dorella Cianci Una cultura dell'axios, un'axiocrazia, per azzardare un termine greco dimenticato rispetto al ben più noto "meritocrazia", sostrato di una cultura che smuove l'economia, una questione tutta mediterranea e di matrice greca. Già i sofisti, ampiamente riabilitati all'interno del pensiero filosofico da Diels fino agli studi degli anni '80 del Novecento, in particolare quelli di Mazzara, ma anche Mourelatos, Casertano, Trabattoni e Bonazzi (nomi di primissimo livello nel panorama della filosofia antica), concedevano il loro sapere "a pagamento", anzi Protagora proponeva una regola del "soddisfatti o rimborsati": gli scolari pagavano solo in caso di lezioni soddisfacenti. I poeti, prima dei sofisti, si battevano per l'axiocrazia, per una cultura che riconoscesse ampio valore alla loro professionalità, al loro essere artigiani del verso. Il mercato del sapere, però, potrebbe esser nato coi sofisti. Gorgia era un professionista della comunicazione, un intellettuale di tale grandezza da aver subito un processo di allusione retorica alla maniera di Cicerone: si diceva infatti "fare il Gorgia", fare cioè l'oratore alla maniera di Gorgia, coniugando retorica e poesia, come già affermato da Roland Barthes. Platone e Senofonte dissero che Socrate si esprimeva alla maniera gorgiana e addirittura Filostrato affermò che Aspasia (prima, e forse unica, sofistessa, secondo il lessico Suda) formò il suo compagno Pericle "alla maniera di Gorgia". Il sofista, campione di comunicazione e di periautologia (autopubblicità per dirla in termini più attuali), era un buon filosofo e un buon avvocato capace di difendere l'impossibile, come la femme fatale Elena e il traditore Palamede, mettendo un prezzo alla sua sophia: probabilmente 100 mine a lezione e Platone ricorda che Protagora era pagato ancor più di Gorgia, forse anche più dello scultore Fidia. Il Gorgia comunicatore fu un maestro di spot di lancio, come nel caso del suo discorso in difesa del logos: «un potente dinasta, che con corpo piccolo ed invisibilissimo, compie azioni veramente divine; può infatti far cessare il timore, togliere il dolore, produrre gioia e accrescere la compassione», un farmaco capace di risolvere tutto. Gorgia fu anche un cultore della civiltà delle immagini da farsi costruire una statua a Delfi (o a Olimpia secondo altre fonti), mostrando di essere anche lui succube della «dolce malattia per gli occhi», «di quel godimento prodotto da dipinti e statue». Un godimento che poteva permettersi in quanto, secondo Isocrate, era davvero molto ricco, anzi probabilmente «dedicò gran parte della sua vita ad arricchirsi, non abitando in nessuna città stabilmente e non versando imposte», non perché fosse un evasore, ma perché il professionismo culturale, nell'antica Grecia, aveva ancora un valore e un'utilità sociale riconosciuta. E la ricchezza era tanto più consistente a seconda del merito. Socrate, nell'Ippia Maggiore di Platone, si fa un po' commercialista dei sofisti e di Gorgia ricorda: «venne qui e davanti al popolo ottenne gran fama con i suoi ottimi discorsi e in privato, tenendo conferenze con i giovani, guadagnò e ricavò molti soldi da questa città». I Greci fondavano la loro società sulla meritocrazia (quella del corpo, per gli atleti e quella della mente, talvolta anche in competizione fra loro). Pitagora sceglieva in base al merito: «Specificamente egli credeva necessario indirizzare gli sforzi verso le scienze e gli studi e stabilire, per i suoi discepoli, prove svariatissime e castighi... Prove, premi e castighi da imporre all'anima col massimo rigore». (Sulle professionalità e sulla comunicazione rimando agli studi di De Martino per i tipi di Levante, in part. quelli sulla pubblicità nel mondo antico e alla nota pubblicazione su Poesia e pubblico nella Grecia antica di Gentili). Da ultimo segnalo la pubblicazione di Stefania Giombini, presentata durante la sessione Eleatica 2013, che offre uno sguardo complessivo e riassuntivo sul Gorgia epidittico, inserendo un denso commento filosofico a margine. Un commento che ci permette di orientarci meglio nella complessa figura del sofista, fra i professioni più pagati per il suo axios (merito), insieme a Prodico e Ippia, come ricorda Platone. _____________________________________________________________ Le Scienze 29 Giu. ’13 L'IMPREVEDIBILITÀ DELLA FOLLA AI TEMPI DI TWITTER La recente rivolta in Turchia, che ha messo in discussione la credibilità di un governo che si pensava godesse di un vastissimo consenso popolare, ha mostrato che una volta che le persone sono connesse in misura molto elevata possono verificarsi fenomeni del tutto imprevedibili. Una conclusione dimostrata anche da studi sperimentali di Ozgun Atasoy • Prima dello scorso giugno, il partito politico al potere in Turchia e il suo leader sembravano invincibili. Considerati gli artefici di un decennio di boom economico, sembrava godessero dell'incrollabile sostegno dell'opinione pubblica. Questa immagine è andata in pezzi in meno di una settimana, e da un momento all'altro sono stati descritti come incompetenti e con un futuro politico incerto. Venerdì 31 maggio, un piccolo gruppo di persone si è riunito in un parco nel centro di Istanbul per protestare contro la decisione del governo di sostituire l'area verde con un complesso residenziale e un centro commerciale. La polizia ha attaccato il gruppo con gas lacrimogeni, spray al pepe e cannoni ad acqua. La brutalità della polizia non era una novità, ma la successiva reazione del pubblico non aveva precedenti. Decine di migliaia di persone hanno marciato verso il parco nonostante le continue violenze della polizia. Sabato 1 giugno, le forze di polizia hanno dovuto ritirarsi e i manifestanti hanno occupato Gezi Park e l'adiacente piazza Taksim. La rivolta si è diffusa rapidamente in tutto il paese trasformandosi in una rivolta contro il partito al governo e l'agenda islamista del suo leader autocratico. Twitter è diventato il principale strumento di comunicazione fra i manifestanti, persone in precedenza non attive politicamente e che si sono automobilitate: la rivolta ha colto di sorpresa la maggior parte degli osservatori. Questi tre elementi possono essere correlati. Si sta iniziando a comprendere il rapporto tra connessione e decisioni collettive. Come ci si poteva aspettare, quando le persone sono meglio connesse fra loro, di fronte a decisioni che le coinvolgono tendono a unirsi. Ma le ricerche suggeriscono anche che la connessione sociale - favorita da Twitter, per esempio - rende le folle anche fondamentalmente meno prevedibili. Con i social media che collegano le persone ad un livello senza precedenti, è possibile che l'improvvisa comparsa di inattese azioni collettive divenga una caratteristica definitoria della nostra epoca. In Turchia i social media sono diventati il principale mezzo di comunicazione anche perché i media tradizionali, controllati dal governo, non coprivano gli eventi. La gente ha condiviso le informazioni su ciò che stava accadendo e le loro opinioni sugli eventi in siti di protesta. Il governo ha bloccato i mezzi di trasporto verso piazza Taksim, così la gente ha coperto a piedi anche lunghe distanze pur di arrivarvi. Tutti hanno twittato senza sosta per comunicare la loro posizione e organizzare la marcia. Quando i medici volontari sono arrivati a piazza Taksim e nelle zone circostanti per aiutare i manifestanti feriti, i medici hanno twittato i loro indirizzi e numeri di cellulare. Gli avvocati volontari hanno fatto lo stesso quando erano diretti alle stazioni di polizia per assistere gli arrestati. Twitter era stato utilizzato anche nella rivoluzione egiziana del 2011, ma ci sono delle differenze. Durante la rivoluzione egiziana, è stato usato principalmente verso l'esterno dell'Egitto, per informare il resto del mondo. Nel caso della Turchia, i tweet provenienti dall'interno della Turchia sono stati usati per facilitare la comunicazione tra i manifestanti. Anche l'enorme volume di tweet fa della Turchia un caso unico. Il premier turco si è presto reso conto del ruolo critico dei social media. Nel corso di una intervista del 2 giugno, ha chiamato i social media una "minaccia per la società". Poco dopo i suoi commenti, decine di utenti di Twitter sono stati arrestati. Matthew Salganik, Peter Dodds e Duncan Watts hanno condotto esperimenti su larga scala per indagare l'effetto dell'influenza sociale sull'azione collettiva. Per esempio, hanno fornito una lista di brani inediti di band musicali sconosciute a persone che potevano ascoltare i brani e, se volevano. scaricarli. In una situazione sperimentale, le persone non vedevano le scelte altrui. Nella situazione “di influenza sociale”, vedevano invece quante volte ogni canzone era stata scaricata da altri. I risultati nella condizione di influenza sociale sono stati maggiormente disuguali: le scelte popolari erano molto più popolari quando vi era l'influenza sociale. Quando i ricercatori hanno aumentato l'intensità dell'influenza sociale, visualizzando le canzoni in una tabella in ordine di popolarità, il risultato collettivo è diventato ancora più disuguale. Cci sono stati diversi tentativi di spiegare perché si sono prodotti gli eventi di Gezi Park. Retrospettivamente, sembrano inevitabili, ma la verità è che molte persone non sapevano che stata avvenendo una rivolta. Ma era possibile saperlo? In altre parole, un osservatore sofisticato può prevedere con precisione gli eventi? Salganik, Dodds, e Watts hanno esaminato gli esiti collettivi in otto diversi "mondi": otto gruppi separati di persone hanno scaricato le canzoni sotto l'influenza sociale. I risultati collettivi nei diversi "mondi" sono stati però diversi. Anche se le persone nei vari "mondi" erano indistinguibili e hanno eseguito la stessa operazione e nelle stesse condizioni, i risultati collettivi sono stati differenti. E quando i ricercatori hanno aumentato l'intensità dell'influenza sociale, il risultato collettivo è diventato ancora più imprevedibile. Ossia, la differenza tra i livelli di popolarità di un certo brano nei diversi "mondi" aumentava via via che aumentava l'intensità dell'influenza sociale. A quanto pare, nelle decisioni collettive c'è una imprevedibilità intrinseca che non può essere risolta con un attento esame delle condizioni iniziali e dei decisori. Una maggiore influenza sociale genera una maggiore imprevedibilità. In tutto il mondo, le persone sono connesse sempre più strettamente. Nonostante la censura, i cinesi sono ben collegati attraverso i social media e questo sta già formando il comportamento collettivo. Il numero di utenti Internet in Iran sta aumentando molto rapidamente. Nei paesi più sviluppati, le persone sono già ben collegate e neppure questi paesi sono immuni da disordini sociali. Spagna, Italia e Grecia hanno sperimentato una diminuzione dei redditi e un'alta disoccupazione giovanile. Negli Stati Uniti, invece, la struttura sociale è diventata così rigida che salire di classe partendo da umili origini è diventato più difficile che in molti altri paesi. Naturalmente, si potrebbe pensare che la manifestazione di un analogo disagio sociale diffuso non possa mai avvenire qui. Eppure la recente rivolta in Turchia è stata guidata dai giovani, che dagli anni settanta non avevano mostrato alcuna significativa inclinazione all'attività politica. In effetti, spesso sono stati descritti come una generazione con uno scarso interesse per la politica. Considerata la natura imprevedibile dell'azione collettiva, dovremmo aspettarci di essere sorpresi dalle folle. (La versione originale di questo articolo è stata pubblicata su scientificamerican.com il 18 giugno 2013. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati) _____________________________________________________________ Il Sole24Ore 30 Giu. ’13 2020, IL COMPUTER È INVISIBILE Secondo David Johnson, il futurologo della Intel, con la miniaturizzazione avremo un chip dentro a ogni oggetto. «Bisogna decidere ora cosa farci» «La legge di Moore sarà ancora viva e vegeta fra dieci anni». Poi toccherà al quantum computing Marco Magrini Ma cosa fa di mestiere un futurologo aziendale? «Tanto per cominciare, non faccio previsioni per il lungo periodo. Semmai, mi occupo di disegnare il futuro», risponde Brian David Johnson, che sul biglietto da visita esibisce l'ambizioso titolo di Intel futurist. «Il futuro è sempre incerto. Però è finita l'era in cui ci chiedevamo: cosa si può fare con questa tecnologia? Da oggi, la domanda è: cosa vogliamo farci?». In altre parole, secondo il futurologo della Intel (in italiano il futurista è un esponente del futurismo, come Tommaso Marinetti) l'evoluzione tecnologica sta cancellando le limitazioni del passato, per spalancare una nuova era. «Entro il 2020 – dice – le dimensioni fisiche di calcolo si avvicineranno allo zero». Traduzione: i chip continueranno nella corsa verso la miniaturizzazione, fino quasi a scomparire. «Costeranno così poco e saranno così piccoli che, in teoria, potranno essere impiantati in qualsiasi oggetto di uso comune: una giacca, una finestra, un frigorifero. In questo modo, l'intelligenza sarà pervasiva, ci avvolgerà». La scalata esponenziale della capacità di calcolo, prevista dal cofondatore della Intel, Gordon Moore, ha reso possibile questo incredibile passaggio dai mainframe degli anni '60 che occupavano una stanza, ai potenti smartphone che abbiamo in tasca. Ma per quanto sarà ancora valida? «La Legge di Moore non è una legge di natura, come quelle della termodinamica», risponde Johnson. «Peraltro, sappiamo bene che nulla può raddoppiare per sempre. La Legge di Moore è solo un'aspirazione, un obiettivo che ci ha guidati fin qui. Però posso dire che adesso sto studiando le tecnologie del 2021 e che, allora, sarà ancora valida». Se i microprocessori si apprestano a diventare ubiqui, spiega ancora il futurist, è perché la capacità di calcolo è cresciuta così tanto da diventare irrilevante. «Ma per le applicazioni dove sarà sempre rilevante, ci aspettiamo che il quantum computing cambi radicalmente lo scenario», sfruttando le incredibili proprietà della meccanica quantistica che governa il nanomondo. Sì, ma il quantum computing è ancora lontano da essere realtà. Non c'è il rischio che la Legge di Moore vada a sbattere contro i confini fisici del silicio, ben prima di allora? «In teoria, sì. Ma si potranno trovare delle tecnologie ibride per coprire quell'eventuale divario. Su Nature è di recente uscito un articolo di scienziati che sono riusciti a inserire un qubit (il bit quantistico) in un apparato di silicio». Anche se, a detta di Johnson, ci sono altre prospettive entusiasmanti. «Penso alle opportunità della biologia sintetica», dice. Sempre di recente, «alcuni scienziati hanno codificato nel Dna di un batterio un sonetto di Shakespeare e il celebre "I have a dream" di Martin Luther King. Poi lo hanno sintetizzato al contrario e il testo era di nuovo leggibile. È un po' come se quel batterio fosse un hard-disk. Senza contare che si autoproduce l'energia necessaria a mantenere i dati». Ma la singolarità tecnologica? Che ne pensa dell'idea dell'inventore Ray Kurzweil che, proiettando la Legge di Moore a metà secolo, sostiene che la capacità di calcolo supererà quella di tutti i cervelli umani di tutto il mondo? «Beh, in realtà quell'idea è di Vernor Vinge, un mio amico, autore di un celebre paper sulla singolarità scritto per la Nasa. Personalmente, credo che il futuro sarà più complesso di quel che prevede Kurzweil. Però insisto: cosa vogliamo dalla tecnologia del futuro? Dobbiamo deciderlo noi, oggi. Come possiamo trasferire nella tecnologia i valori umani, i nostri sogni, la nostra etica? Questo, secondo me, è il vero tema». È proprio questo, il mestiere del futurologo dell'azienda che ha lanciato la rivoluzione dei semiconduttori. «Mi avvalgo delle scienze sociali, della statistica, del l'economia per capire anticipatamente quale direzione prendere. Perché non è stata la Legge di Moore a stabilire l'evoluzione tecnologica: sono stati gli esseri umani. Allo stesso modo, gli sviluppi futuri non dipendono dalla tecnologia in sé, ma da quello di cui hanno bisogno gli esseri umani». C'è chi ancora discute se la Intel sia un'azienda ancorata all'era del Pc, se sia adeguata o meno alla nuova era del computing mobile, oppure se sia dopotutto una internet company. «Noi produciamo capacità di calcolo – taglia corto Johnson – e quindi intelligenza. La domanda cruciale è: quali effetti vogliamo trarre da questa intelligenza? E poi agire di conseguenza». Quando la giacca controllerà la temperatura corporea, la finestra registrerà i dati ambientali e il frigorifero segnalerà che le uova sono scadute, vivremo in un oceano di dati. Appena dieci anni fa, non esistevano gli smartphone, le app o il cloud computing. Non c'è futurologo al mondo in grado di predire con precisione cosa vedremo fra altri dieci anni. «So soltanto che arriverà», dice Johnson, ridendo. «Oggi, è il momento giusto per disegnarlo». ========================================================= _____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 25 Giu. ’13 OSPEDALE DEI BAMBINI, TRASLOCO IN DUE TEMPI Assessore e manager della Asl 8 hanno chiarito il percorso da fare e i problemi Il pronto soccorso per ora resta al Brotzu, attivo anche il punto alla Macciotta CAGLIARI Stavolta il percorso è chiaro: ancora uno o due mesi per trasferire la clinica pediatrica e la neuropsichiatria infantile all’ospedale Microcitemico e ancora qualche mese per finire i lavori che in questo momento fanno sembrare gli ultimi piani del Microcitemico ancora un cantiere, come spesso denunciato nei mesi scorsi dai dipendenti delle varie strutture coinvolte nel futuro trasloco. Per ora pediatria e neuropsichiatria infantile continuano a funzionare alla vecchia clinica Macciotta e qui devono andare i genitori con bambini che hanno superato la fase neonatale. Sabato scorso al convegno della Società italiana di pediatria dove si è insediato il nuovo presidente per la Sardegna Giuseppe Masnata, l’assessore regionale De Francisci e il direttore generale dell’Asl 8 hanno indicato lo stato del progetto ospedale dei bambini. Col trasferimento della pediatria e della neuropsichiatria e della chirurgia non sarà ancora completo, c’è una parte dei soldi per continuare a costruire i locali che servono, si lavorerà a un’altra variante del project financing originario. Si punta ad avere un pronto soccorso perfettamente adeguato alla normativa per superare la fase attuale dove la cura dei bambini è frammentata in tanti presidi quasi nessuno adeguato. Finché non ci sarà il pronto soccorso pensato per 22 mila accessi l’anno, funzionerà il punto di primo soccorso da sempre attivo nella clinica Macciotta e il pronto soccorso di riferimento resterà quello del Brotzu. I tecnici spiegano che qui la situazione è di ottimo livello sul piano dell’assistenza erogata ma risente di molte carenze fra cui, forse quella principale, che il pronto soccorso del Brotzu per i bambini, a differenza di quanto esiste per gli adulti, non ha personale dedicato solo a questo. In altre parole i pediatri e gli infermieri del reparto del Brotzu si adattano ai turni per garantire l’accoglienza 24 ore al giorno dei bambini di mezza Sardegna. Un compito che certo spaventa strutture diverse come il Microcitemico che assicurano un’assistenza organizzata per sua natura in modo diverso. Ancora per un tempo indefinito il Microcitemico ospedale dei bambini non sarà travolto dal lavoro necessario per garantire un pronto soccorso efficiente, ma è una carenza che sarà fra le prime a essere colmata.«Per quanto attiene il futuro – si spiega in una nota della Asl 8 – , il progetto più ampio riguarderà la creazione all’interno del polo pediatrico Microcitemico di un Pronto Soccorso pediatrico che verrà strutturato secondo le caratteristiche e gli accreditamenti previsti dalla normativa e che potrà avvalersi di tutte le funzioni e le risorse di cui il presidio Microcitemico sarà dotato». _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 26 Giu. ’13 SARDEGNA: MALATTIE PROFESSIONALI, È EMERGENZA Le malattie professionali aumentano in Sardegna ma soprattutto a Nuoro. Nel 2011 l'incremento è del 16,2 per cento a livello regionale, qui è più del doppio e raggiunge il 38,8 per cento. Per l'Inail il fenomeno è legato alle numerose iniziative di sensibilizzazione promosse dall'Istituto, con il coinvolgimento di sindacati e medici di famiglia, per far emergere le malattie nascoste, ma anche alle nuove tabelle che inseriscono molte patologie, specie dell'apparato muscolo-scheletrico, che prima non erano considerate tali. L'argomento sarà al centro del convegno promosso dall'Associazione degli industriali e dall'Inail e in programma venerdì alle 10 nella sala convegni di via Veneto. LE PATOLOGIE Dai dati raccolti dall'Inail emerge a livello regionale un notevole cambiamento sulle malattie denunciate. Se prima il maggior numero era legato alla sordità da rumore, ora prevalgono in modo netto le malattie osteoarticolari che costituiscono oltre il 74 per cento. In crescita anche le malattie tumorali, passate da 34 casi a 50. Il quadro più dettagliato a livello provinciale verrà illustrato venerdì nell'ultima tappa degli itinerari sulla sicurezza promossi da Confindustria. L'INCONTRO Ad aprire il convegno saranno l'assessore regionale alla Sanità Simona De Francisci e il presidente della Provincia Roberto Deriu. Seguiranno gli interventi della direttrice regionale dell'Inail, Daniela Petrucci, e del presidente di Confindustria della Sardegna centrale, Roberto Bornioli. Parteciperanno Michele Meloni, consigliere del direttivo regionale della Società italiana di medicina del lavoro, Emilio Biselli del servizio di Prevenzione Spresal della Asl di Nuoro, il segretario provinciale della Cisl Michele Fele, il responsabile della direzione territoriale del Lavoro, Eugenio Annichiarico, e Luigi Arru, il presidente dell'Ordine provinciale dei medici. Nel corso della mattinata, sarà inoltre consegnato il premio “Impresa sicura” a chi si è distinto per l'attenzione dedicata a una corretta politica della sicurezza in azienda. Seguiranno alcune testimonianze aziendali. _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 Giu. ’13 OPPI: NON SONO IL PADRONE DEL SULCIS: È CHE MI PIACE AIUTARE LA GENTE di GIORGIO PISANO Il bello di Giorgio Oppi, eminenza protodemocristiana in Consiglio regionale, è che non recita: si mostra per quello che è, un fuoriclasse della clientela, senza rossori. Ovviamente non adopera termini così brutali: «Io non faccio clientelismo, aiuto la gente». E quando si sente dire che all'ospedale Santa Barbara di Iglesias è lui a decidere anche gli spostamenti degli infermieri, inarca il labbro in un ghigno di stupore e giura: «Non conto niente nella sanità». Lo dice serio, mica gli viene da ridere. L'unica fragilità, davvero singolare in un'intelligenza politica come la sua, è il tormento dell'anagrafe: «Dobbiamo proprio parlare della mia età?» Over settanta, comunque. Geologo, capitano di lunghissimo corso in Regione, collezionista di legislature («navigo nella quinta abbondante», ma in realtà è alla sesta), è il segretario dell'Udc sarda. Del leader nazionale, Pierfurby Casini, confessa che «porta sfiga, elettoralmente parlando». Meglio, quindi, che il suo nome non compaia nelle liste. Si dichiara un guerriero e pronto a non ricandidarsi alle prossime Regionali «a patto che non mi provochino. Altrimenti resto». Dicono abbia una memoria formidabile che gli serve per far rispettare il contratto a vita stipulato coi suoi elettori. La politica è pura contabilità di voti? «Mannò, è passione. Da ragazzino ho fatto sport, correvo i quattrocento metri, e questo mi è servito quando mi sono avvicinato alla Dc». Ora si è specializzato nella maratona. «In politica mi considero un mezzofondista». Esiste davvero il quaderno dove annota favori e cortesie? «Macché. Una volta ricordavo tutto, sapevo per esempio - Comune per Comune - quanti amici avevo. Favori? Li ho fatti e li faccio senza guardare l'appartenenza politica. Anche se poi non si chiamano sempre nello stesso modo». Cioè? «Se un favore me lo chiede un collega della sinistra si chiama solidarietà, altrimenti è clientelismo». Lei ha rapporti col mondo, Mesina compreso. «Altra favola. Non ho mai cenato con lui al Pepero di Porto Cervo, come è stato scritto: non c'ero. L'ho conosciuto a Oliena durante un'assemblea, è venuto a complimentarsi dicendo che ero un uomo con gli attributi. Io ho semplicemente convinto un amico imprenditore, visto che Grazianeddu ce lo chiedeva, a regalare un camion di granito per la costruzione d'una chiesetta intitolata alla beata Antonia Mesina». La definiscono un gangster della politica. «Credo d'essere esattamente il contrario. Ho fatto rinunce per dimostrare che sono una persona seria». Però se ha un obiettivo da raggiungere, va dritto al bersaglio. «Sicuramente: questo vuol dire essere un gangster della politica?» Lei è stato assessore a tutto. «Nossignore. Sono stato solo il più longevo assessore alla Sanità e, dopo, all'Ambiente. Basta, per una decina d'anni sono rimasto senza incarichi. Sul mio conto corrono molte leggende». Candidato alle ultime Politiche, è stato trombato. Cosa non ha funzionato? «L'alleanza con Mario Monti. È stata una débâcle. Ero contrario, non ho mai creduto a questa coalizione. Ho cortesemente accettato di candidarmi per portare consenso, l'ho fatto per il partito». Ma non è andata. Un segno del declino di Giorgio Oppi? «Normalmente nella mia città io rastrello circa tremila voti. In quella occasione ne abbiamo preso milletrecento. Qualcuno ha creduto davvero che fosse un segno di declino. A distanza di tre mesi, alle Comunali di Iglesias, siamo arrivati al 35,6 per cento». Quanto pesate elettoralmente? «In campo nazionale il 2 per cento, in quello regionale arriviamo, a mio parere, al sette». Com'è possibile che un partito così piccolo abbia uomini dappertutto? Una specie di piovra. «Grazie al tipo di lavoro che facciamo, alle nostre idee insomma. Nonostante il partito nazionale, abbiamo una straordinaria capacità dinamica». E un segretario nazionale, Lorenzo Cesa, condannato per corruzione. Reato poi prescritto. «Sì, Cesa ha avuto qualche problema con la giustizia. Noi siamo un'altra cosa. Siamo autonomi. Autonomi sul serio». Avete uomini all'Igea, al Consorzio industriale, alla Asl 8, alla Carbosulcis: è questa la politica? «Normali spartizioni. Prima di noi in molti di questi enti c'erano militanti del centrosinistra. Eppoi, credetemi, alcune sono scatole vuote». Non la Asl 8 di Cagliari. «Vi spiego com'è successo. Quando abbiamo vinto le elezioni regionali del 2009 ci spettava la presidenza del Consiglio. Io ho deciso di rinunciarci in cambio di una prima scelta: la Asl. Tutto qui». Perché dicono che lei è il padrone del Sulcis? «Chiacchiere. Per quanto riguarda la sanità, non contiamo. Appartiene ai Riformatori. E dove ci sono i Riformatori non possiamo esserci noi». Eppure, in fondo, sono vostri fratellastri. «Lo so. Hanno avuto la sfacciataggine di dire che l'avevo rovinata io la sanità nel Sulcis. Io? Ma se la gente vorrebbe che tornassi». Era assessore all'Ambiente quando i cantieri forestali del Sulcis hanno ricevuto più contributi di tutti. «E allora? Ho sfruttato un provvedimento che metteva a disposizione risorse per creare posti di lavoro. È vero che il Sulcis ha avuto la fetta più grossa ma solo perché conta molti Comuni». Quante assunzioni ha ottenuto? «Assunzioni no, ho aiutato molta gente». Lei è considerato un genio del clientelismo. «Errore, non so cosa sia. Non l'ho mai praticato». Non crede che lo slogan “Io c'entro” sia perlomeno imbarazzante? «Solo perché mi sono procurato la stima e la simpatia di tanti?». Mai scivolato in un avviso di garanzia? «Quando occupi posti di responsabilità è inevitabile. Ho ricevuto una comunicazione giudiziaria per la realizzazione di un capannone: prosciolto». Ha pianto molto per il divorzio da Scelta civica? «Per niente. Casini ha clamorosamente sbagliato ad allearsi con Monti». Ugo Cappellacci è stato un buon presidente di Regione? «Poteva fare di più. Ha commesso qualche errore nella fase iniziale, adesso si sta muovendo freneticamente perché è già in campagna elettorale. Il suo vero problema è che non è circondato dalle persone giuste». Sveliamo un mistero: perché si è dimesso da assessore all'Ambiente? «Stress. Sono stato poco bene e siccome la processione dietro la mia porta continuava ad esserci, ho preferito fare una pausa». Oltre che sistemare amici, che ha fatto? «Credo di aver fatto varare molte leggi. Quand'ero deputato sono riuscito a far passare la legge sugli handicappati, ho risolto il problema degli invalidi civili, favorito i bisogni degli ospedali. E potrei fare un esempio calzante». Sentiamolo. «Sono stato ricoverato in Nefrologia al Brotzu. Un giorno ho scoperto che avevano un sogno: gli serviva un robot per poter fare certi interventi chirurgici d'avanguardia ma non c'erano i soldi per acquistarlo. Allora cosa ho fatto io? Appena mi hanno dimesso, sono andato in Commissione sanità e ho perorato la causa fino a quando non sono riuscito a ottenere quello che volevo. Il robot è costato più di tre milioni di euro ma ha consentito finora di svolgere ottocento interventi. Capito perché mi vogliono bene?» Ingrati. «Per tanti anni non ne ho conosciuto neppure uno. Ho ricevuto affetto che mi ha riempito il cuore e più del cuore. Solo di recente ho scoperto che qualcuno si era dimenticato di quello che avevo fatto per lui. Nomi? Non è elegante farlo ma so molto bene chi sarebbe pronto a pugnalarmi alle spalle». pisano@unionesarda.it _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 28 Giu. ’13 SANITÀ, È L'ORA DEI RISPARMI La Cisl: tagli al personale? De Francisci: «Nessun licenziamento, ma basta sprechi» Sulla razionalizzazione della spesa sanitaria è polemica tra la Cisl e la Regione. Davide Paderi, responsabile della Funzione pubblica per il sindacato di Bonanni, ha denunciato possibili «tagli al piano di assunzioni e al personale della sanità» senza farli precedere «dal necessario confronto», attaccando l'assessorato che ieri ha proposto all'approvazione della Giunta, ottenendola, la delibera di revisione dei costi. Atto che, per l'assessore Simona De Francisci, dovrebbe portare un beneficio «di alcune centinaia di milioni in un triennio senza tagliare i servizi ai cittadini». LA POLEMICA Di più. La replica alle accuse della Cisl è sferzante: «Il sindacalista Paderi, prima di rilasciare certe affermazioni prive di fondamento, dovrebbe leggere con attenzione i documenti. Scoprirebbe così che mai la parola tagli è stata utilizzata relativamente al piano del personale. Infatti, è un piano triennale di assunzioni, e non di licenziamenti, in cui si parla semmai di ottimizzazione dell'impiego del personale». LA DELIBERA Nella delibera approvata ieri sono previste sei nuove azioni di “risparmio”, anche sul versante delle assunzioni nelle Asl, oggetto di richiamo da parte della Corte dei Conti. Nel dettaglio, le nuove azioni sono sei e riguardano l'ottimizzazione dell'utilizzo dei posti letto per acuti; l'ottimizzazione dell'impiego del personale con la richiesta del piano triennale delle assunzioni; l'ottimizzazione dell'organizzazione dei servizi; della gestione delle procedure di gara; della qualità dei flussi informativi e la definizione delle procedure per l'approvazione degli atti aziendali. De Francisci ha ricordato che, ben prima del rendiconto della sezione di controllo, aveva inviato una lettera a tutti i direttori generali delle Aziende sanitarie e ospedaliero-universitarie per raccomandare «la razionalizzazione della spesa sanitaria e il contenimento delle assunzioni di personale nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza». Ancora l'assessore: «Nella lettera avevo chiesto ai manager di rivolgere particolare attenzione alle assunzioni di personale, a qualsiasi titolo, se non giustificate da inderogabili esigenze di tutela della salute dei pazienti, in ogni caso debitamente e formalmente motivate, privilegiando la mobilità in ambito interaziendale». IL SINDACATO Per Paderi, tuttavia, se fosse confermata, l'eventualità dei tagli del personale rappresenterebbe una «risposta in termini sbagliati alle sollecitazioni della Corte dei Conti». E sollecita «un forte cambio di rotta nelle relazioni sindacali, tenuto conto anche della recente lettera ai manager Asl che imponeva il blocco delle assunzioni». La Funzione pubblica condanna l'idea di «colpire in termini lineari e solo sui pesci piccoli: finché la scure si abbatterà sempre e solo sui lavoratori e sui servizi nel territorio e non su sprechi, diseconomie reali e strutturali, sugli appalti e acquisti, sulle consulenze e sulle bandierine del potere, si farà solo del male a un sistema da ripensare e rivedere, con le parti sociali e i territori e non con scelte isolate e poco efficaci». Quanto alla mancanza di confronto, De Francisci precisa: «Continuerò a incontrare i sindacati nel rispetto di ruoli e competenze». LOTTA AL FUOCO Sempre ieri, su proposta dell'assessore De Francisci, d'intesa con gli assessori agli Enti Locali Nicola Rassu e all'Ambiente Andrea Biancareddu, la Giunta ha destinato oltre 770 mila euro alle compagnie barracellari, alle Province e, dove previsto, per loro tramite, alle organizzazioni di volontariato e di protezione civile che svolgono attività operativa antincendio per il rimborso delle spese sostenute per le visite sanitarie e gli accertamenti obbligatori di idoneità. Intanto sulla lotta agli incendi è intervenuto il deputato Salvatore Cicu, che ha portato l'emergenza sul tavolo del ministro dell'Interno Angelino Alfano: «Lo Stato faccia la sua parte», ha detto Cicu. Lorenzo Piras _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 26 Giu. ’13 QUANDO L'INFORMATICA AVVICINA MEDICO E PAZIENTE INTERNET. Arriva una piattaforma web per il supporto dell'attività professionale VEDI LA FOTO Solo la metà dei pazienti che esce dallo studio del medico pensa di aver capito quello gli è stato detto. Come se non bastasse, anche per quelli che pensano di aver compreso, in realtà, non è detto che sia effettivamente così. Tanto che se interrogati, solo la metà dimostra di avere un'idea chiara della sua situazione di salute. Migliorare il rapporto medico-paziente è quindi una sorta di obbligo, e la moderna tecnologia informatica può essere d'aiuto a questo scopo. LA PIATTAFORMA È questa la ricetta che sta dietro Univadis, una rete di servizi che Msd propone ai medici per il supporto all'attività professionale e l'aggiornamento costante attraverso l'informatica. Sia chiaro: nessuno verrà curato dal dottor computer, ma è certo che l'utilizzo intelligente delle potenzialità offerte dal web può favorire una miglior gestione della sanità.«Le piattaforme web offrono grandi opportunità nella vita professionale dei medici, a patto che rispondano ai suoi bisogni», spiega Paolo Spriano, medico di medicina generale a Milano. «È importante avere un contesto web strutturato, con informazioni, documenti e strumenti di utilità pensati ad hoc per aiutare il medico nella gestione della sue priorità quotidiane, prima di tutto, quella di non perdere tempo nella ricerca di informazioni certificate e di alta qualità». SCHEDE Ciò che più conta, in ogni caso, è utilizzare il web anche per migliorare il rapporto tra medico e malato. Per questo scopo servizi informatici mirati possono essere un ausilio utile. «Almeno due modi diversi - commenta Spriano- per poter dare in mano ai pazienti delle schede scritte con linguaggio semplice dove viene illustrata la patologia o gli stili di vita che si devono seguire per contrastare lo sviluppo di una malattia diventa fondamentale. I pazienti le portano a casa e le leggono con calma». INFORMATI Sempre più di sovente, poi, il paziente arriva dal medico già informato. O meglio, sulla base dei sintomi che ha, o di una diagnosi fornita da un esame clinico, si è già premunito di cercare informazioni attraverso i canali che frequenta. Bisogna però guidare i malati alla ricerca di informazioni di qualità e non rimanere passivi davanti al loro bisogno di sapere. È qui che entra in gioco il medico. «Grazie agli strumenti multimediali messi a loro disposizione i medici sono maggiormente informati e formati, possono migliorare il loro rapporto con i pazienti, e dialogare fra loro formando network di competenze», precisa Pierluigi Antonelli, presidente di Msd Italia.«I pazienti, dall'altra parte, grazie alla rete e i social network, possono guadagnare consapevolezza a proposito della tutela della loro salute e diventare soggetti attivi del percorso di cura. C'è una cosa però che non cambia: la fiducia che il paziente vuole porre nel medico e nelle terapie. Per questo Msd è al fianco dei medici per aiutarli a gestire al meglio gli strumenti digitali, che devono rappresentare un terreno di dialogo con i malati, e al fianco dei cittadini, impegnandosi in una comunicazione multicanale di qualità». (fe.me) _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 26 Giu. ’13 CORRERE A PIEDI NUDI? SI CONSUMA PIÙ OSSIGENO Correre scalzi o con le scarpe minimaliste a cinque dita è meglio? La questione è controversa e continua a dividere gli esperti mentre dall'America, che alla fine dello scorso decennio aveva lanciato la moda, arriva adesso una brusca frenata. Nuovi studi, presentati al convegno dell'American College of Sport Medicine e riportati sul New York Times, suggeriscono ad alteti e aspiranti jogger che è meglio restare con le scarpe tradizionali, quelle che favoriscono un “atterraggio” ammortizzato del piede sul tallone. Chi corre a piedi scalzi o con le famose FiveFingers appoggia invece prima la punta del piede: uno stile di corsa risultato di gran lunga meno economicamente fisiologico nella ricerca presentata da studiosi della University of Massachusetts a Amherst. Atterrare di tacco, secondo i risultati dello studio, porta a un consumo minore di ossigeno rispetto a chi corre alla stessa velocità appoggiando prima la punta. Ma cosa sono le FiveFingers? Nient'altro che guanti da piede. Che permettono di riscoprire l'esaltante esperienza di camminare a piedi nudi ma con un livello di sicurezza ottimale. O così sembrava sino a queste nuove ricerche. Infatti, secondo lo studio, la maggior parte dei corridori ha bruciato meno carboidrati atterrando sul tallone piuttosto mentre il coro organismo consumava più grassi e altre fonti di energia. La limitata scorta di carboidrati è ritenuta responsabile della sensazione di “sbattere contro un muro” (hit the wall), il temuto momento di ogni maratoneta al trentaduesimo chilometro, quando le forze sembrano abbandonare l'atleta. «I risultati dimostrano che gli atleti “sbattono contro il muro” prima se atterranno di punta anzichè di tacco», ha detto Allison Gruber, una delle responsabili della ricerca. Altrettanto negative le novità in fatto di prevenzione degli infortuni: secondo ricercatori di Brigham Young non è necessariamente vero che la corsa a piedi scalzi rafforza l'arco del piede - uno dei punti di forza dei sostenitori del “barefoot running” - prevenendo lesioni alla pianta e al tallone. Altri ricercatori hanno semplicemente chiesto a un gruppo di 566 joggers se avevano provato le scarpe “minimaliste” e quale era il loro giudizio: su un terzo dei corridori che avevano sperimentato il nuovo stile un 32 per cento si è lamentato di aver subito infortuni attribuiti alle nuove calzature e molti hanno deciso di tornare alla scarpa tradizionale. _____________________________________________________________ Gazzetta del Mezzogiorno 28 giu. ’13 IL LODO UNIVERSITÀ-POLICLINICO FINISCE DAVANTI AL GIUDICE La facoltà di Medicina, all'interno del Policlinico: i dipendenti tecnici e amministrativi dichiarano guerra al «lodo» tra ateneo e ospedale Dopo le proteste, lo scontro frontale. Un centinaio di dipendenti tecnici ed amministrativi dell'Università si ritroveranno presto in tribunale contro il proprio datore di lavoro, per cercare di recuperare una grossa fetta dello stipendio, che è stato tagliato loro a partire da settembre scorso. Sotto accusa è il lodo arbitrale, depositato ad aprile 2012, con il quale sembrava che fosse stato archiviato un contenzioso ultradecennale tra l'Ateneo e il Policlinico. Accolto come un successo storico dalle due amministrazioni, il lodo, che ha valore di sentenza, è stato impugnato dai lavoratori in Corte d'Appello e sarà discusso nell'udienza del 30 novembre prossimo. Il pomo della discordia sono le integrazioni stipendiali che venivano riconosciute ai dipendenti tecnici ed amministrativi universitari che prestano servizio, in convenzione con il servizio sanitario, presso il Policlinico. Per lungo tempo, questi lavoratori hanno ricevuto le indennità, che servivano, come prevedono le norme di riferimento, ad equiparare gli stipendi degli universitari a quelli dei dipendenti ospedalieri con identica posizione. Le somme sono dovute dall'ospedale, ma negli anni l'Università le ha anticipate ai propri dipendenti, per poi richiederne il risarcimento al Policlinico. A causa delle differenti interpretazioni delle norme in materia, però, l'ospedale ha sempre contestato i conteggi dell'Università e, dopo anni di tira e molla, le due amministrazioni hanno deciso di affidarsi ad un arbitro. È stato nominato per questo incarico il professor Luigi Volpe, docente dell'Ateneo, noto esperto in materia amministrativa. Tra gli effetti del lodo emesso da Volpe, c'è stata la sospensione delle anticipazioni. Questo equivale ad un taglio di circa 800 euro lordi, 500 netti a dipendente, ogni mese. Nell'atto di opposizione al lodo, i professori Aldo ed Isabella Loiodice, con l'avvocato Luciano Patruno, sostengono una tesi: per loro il pronunciamento di Volpe è contro legge, in quanto ha deciso su una materia, quella di lavoro, che può essere devoluta ad un arbitro solo se questa possibilità è espressamente prevista dalla legge o dai contratti collettivi nazionali di lavoro. In questo caso, sostengono i legali dei dipendenti universitari, né la legge né il contratto di categoria lo prevedevano, per cui il lodo è nullo. Se la Corte d'Appello dovesse dar ragione ai ricorrenti, a questi spetterebbe il pagamento degli arretrati ed un risarcimento danni. «Senza contare lo spreco di denaro pubblico - precisa Rocco Campobasso, dipendente universitario, sindacalista del Cisapuni». Sotto accusa è il compenso di Volpe per il lodo, 126mila euro più altri 14mila per la sua segretaria. Una vicenda simile a quella del lodo Pavoncelli Bis, la grande galleria incompiuta dell'acquedotto pugliese, emesso da un collegio arbitrale di cui Volpe ha fatto parte e i cui compensi sono stati contestati, perché ritenuti eccessivi, dall'Avvocatura dello Stato. «E poi - aggiunge Campobasso - sarà stata una scelta giusta, considerato che Volpe è docente dell'Ateneo ed è stato consulente legale dell'azienda ospedaliera?». Per l'Università, la scelta del lodo è stata corretta. «Ci difenderemo in giudizio - commenta il direttore generale dell'Ateneo, Nuccio Prudente -, come farà anche il Policlinico. A malincuore per i nostri dipendenti - conclude - noi sosteniamo la convenienza e la fondatezza del lodo». [tu. bal L'accordo ha «tagliato» gli stipendi di un centinaio di dipendenti tecnici e amministrativi Sotto accusa la decisione dell'«arbitro»: per i lavoratori sarebbe nulla _____________________________________________________________ Sanità News 27 Giu. ’13 PRESENTATO IL DECALOGO DEGLI INFERMIERI PER MIGLIORARE LA SANITA’ LAZIALE I Collegi Ipasvi del Lazio riuniti nel coordinamento regionale, in rappresentanza di oltre 43.000 mila infermieri iscritti, innanzitutto ribadiscono pieno sostegno al carattere pubblico e universalistico del Servizio sanitario regionale e ad ogni azione che favorisca l’integrazione fra strutture pubbliche e convenzionate per garantire ai cittadini prestazioni sanitarie di qualità e in tempi certi. Tale scenario, tuttavia, è oggi fortemente a rischio per la permanenza e l’aggravamento dei problemi che affliggono il comparto infermieristico nella nostra Regione e si ripercuotono negativamente sulla sicurezza dei cittadini e sul diritto a ricevere cure e assistenza adeguate. Con spirito propositivo e sulla base dell’esperienza maturata quotidianamente sul campo, la comunità infermieristica regionale segnala all’amministrazione regionale le dieci criticità più urgenti da affrontare e le relative azioni da intraprendere. - Emergenza personale - In molte strutture sanitarie di Roma e del Lazio permane una complessa emergenza dovuta alla carenza degli organici infermieristici. Non si tiene conto degli standard minimi assistenziali e non vengono garantite le sostituzioni per maternità, ferie, malattie, ecc. La mancanza cronica di infermieri, acuita dal perdurante blocco del turn-over e dagli ulteriori tagli della spending review sanitaria, costringe i pochi professionisti in servizio a sobbarcarsi condizioni di lavoro inaccettabili e rischiose per loro stessi e per i pazienti. E’ indispensabile e urgente ripristinare un rapporto fra operatori sanitari e prestazioni richieste adeguato agli standard di sicurezza e di qualità. - Disoccupazione - Il fenomeno crescente della disoccupazione infermieristica è legato strettamente al blocco delle assunzioni perpetrato negli ultimi anni. Ne scaturisce una paradossale situazione che costringe le Asl e le Aziende Ospedaliere a chiudere servizi e reparti per mancanza di personale e nel contempocentinaia di giovani infermieri non trovano occupazione. Si chiede un impegno perentorio della Regione Lazio per un rapido sblocco delle assunzioni attraverso lo svolgimento dei relativi avvisi e concorsi. - Precarietà - Lo spettro della precarietà ha investito pesantemente la comunità infermieristica regionale e messo a durissima prova migliaia di famiglie. Cresce sempre più il ricorso alla esternalizzazione dei servizi utilizzando professionisti gestiti da società di diversa natura, da cooperative e agenzie che in molti casi comportano uno scadimento del controllo della qualità assistenziale oltre che diseconomie di sistema. Non mancano esempi di precarietà ormai ultraventennale, un vero controsenso specie se riferito ad un ambito cruciale come quello sanitario. Si chiede pertanto il superamento di tale assurda condizione e la regolamentazione dei contratti diversi da quelli classici, imponendo minimi contrattuali comuni a tutti i professionisti per scongiurare il fenomeno avvilente della sperequazione di trattamento tra colleghi, spesso con retribuzioni al di sotto della decenza. - Crisi aziendali - Sono molte le strutture sanitarie in grave sofferenza anche a causa dei crediti non liquidati dalla Regione. In particolare, gli infermieri chiedono che venga affrontata con la massima urgenza e determinazione la condizione drammatica degli ospedali classificati, religiosi e convenzionati di Roma, che più di altri soffrono per la carenza di liquidità che si ripercuote in modo inaccettabile sui lavoratori, in alcuni casi con stipendi arretrati ormai da mesi. Una circostanza che coinvolge anche prestigiose strutture sanitarie d’eccellenza e pregiudica la continuità assistenziale dovuta ai pazienti. Da ultimo, il consistente taglio retroattivo dei rimborsi alle strutture private convenzionate ha prodotto difficili vertenze aziendali e acuito l’incertezza sul futuro di altre migliaia di infermieri. - Assistenza Territoriale - Al di là di sporadiche quanto positive sperimentazioni, i programmi di incentivazione e sviluppo delle cure primarie e dell’assistenza territoriale non sono decollati. Così anche per la figura dell’Infermiere di Famiglia, preziosa ad esempio, per superare l’ingolfamento dei Pronto Soccorso e delle corsie ospedaliere, che non ha avuto ancora opportunità concrete di operare. Gli infermieri chiedono di compiere un drastico cambio di rotta fissando alcuni passaggi essenziali: riconoscimento della governance infermieristica sugli eventi avversi e il risk management nelle strutture residenziali; potenziamento dei servizi con prestazioni infermieristiche e di educazione sanitaria sul territorio e a domicilio; identificazione della rete dei servizi con piano assistenziale individuale gestito da “case manager di rete” infermieristico; home nursing nelle RSA a gestione infermieristica; sviluppo del ruolo infermieristico come referente dell’équipe assistenziale; riconoscimento di una competenza specialistica per l’assistenza all’anziano; promozione e sviluppo sul territorio regionale degli Ambulatori Infermieristici; trasformazione delle strutture attualmente inutilizzate o dei piccoli ospedali in fase di riconversione, in unità di assistenza a gestione Infermieristica. - Posizioni Organizzative - Il drastico ridimensionamento delle Posizioni Organizzative e di Coordinamento (previsto dal Decreto Commissariale 49/2010 in attuazione dei criteri di cui al Decreto 34/2010) comporta una profonda alterazione dei livelli funzionali di assistenza e del governo stesso delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere. In particolare, il ruolo dei Coordinatori di Servizi/UU.OO. merita un’attenta riflessione in virtù della funzione che queste figure svolgono in ordine alla programmazione, alla formazione, al coordinamento e al controllo delle attività infermieristiche, tecniche e ausiliarie di carattere professionale, assistenziale e domestico-alberghiero. Ai Coordinatori sono demandate, in via esclusiva e con le responsabilità professionali del caso, funzioni delicatissime e assolutamente centrali per l’assistenza alla persona malata, ma anche per il perseguimento degli obiettivi aziendali. Si rende dunque necessaria un’azione forte di valorizzazione e potenziamento di tali figure. - Dirigenza Infermieristica - Nell’ultimo triennio molte direzioni dei Dipartimenti/Servizi di assistenza infermieristica e delle professioni sanitarie sono stati ridimensionati per funzioni e per ruoli. Molti contratti dei Dirigenti Infermieristici non sono stati rinnovati né si è proceduto all’emanazione di bandi di concorso per l’arruolamento dei Dirigenti unici delle professioni sanitarie (Legge 43/2006 - DPCM 25/1/08). L’assenza di tali strutture all’interno delle Direzioni Strategiche comporta una grave omissione e crea preoccupanti vuoti di competenze professionali specifiche, con ripercussioni negative sui processi organizzativi e sui percorsi assistenziali. Le evidenze scientifiche nazionali ed internazionali dimostrano come il governo delle attività professionali sanitarie e tecniche garantiscono una razionalizzazione dei servizi, una migliore qualità assistenziale, una maggiore sicurezza con la conseguente riduzione dei costi. Si chiede quindi alla Regione Lazio di arrestare il progressivo smantellamento di questi dipartimenti che contrasta fortemente con la dichiarata volontà delle autorità sanitarie di razionalizzare i servizi e ridurre i costi. - Formazione Universitaria - I dati OCSE confermano ancora che l’Italia è fanalino di coda per il rapporto infermieri cittadini (stanno peggio di noi solo i greci). Eppure il nostro è un paese tra i più vecchi del pianeta e, come tutti sanno, la cronicità e le multi-patologie sono caratteristiche delle fasce di popolazione più anziana. In questo quadro epidemiologico risulta evidente che già adesso ma ancora di più nel prossimo futuro, la figura infermieristica rappresenta la professione maggiormente necessaria per rispondere ai bisogni assistenziali della popolazione. La disoccupazione presente non deve indurre a commettere il grave errore di ridimensionare l’offerta formativa . Va invece sostenuta e migliorata la qualità della formazione mettendo a disposizione delle sedi formative risorse mirate per rendere disponibili tutti quei servizi e sussidi necessari (biblioteche, accesso alle banche dati informatiche, manichini e simulatori ecc.), per formare un professionista competente ed affidabile. Bisogna anche investire sulla formazione e sull’aggiornamento dei colleghi che seguono gli studenti in tirocinio ai quali vanno poi riconosciute le funzioni di tutorato. Programma ECM - Poche professioni sanitarie hanno dimostrato di saper cogliere la sfida dell’ECM (Educazione continua in medicina) quanto quella infermieristica, che svolge un ruolo di primo piano in seno alla Commissione Regionale per l’ECM. Ma l’impegno che la categoria profonde nel campo dell’aggiornamento ricade per intero sulle spalle e sulle tasche degli infermieri, costretti a sopportare gravi disagi logistici, economici e di orario per frequentare i corsi. Da tempo i Collegi IPASVI del Lazio sollecitano l’attivazione di programmi di formazione aziendale a cura e a spese di queste, utilizzando personale docente interno per contenere i costi e ritagliare l’offerta formativa sulle specifiche esigenze dell’azienda sanitaria stessa. E’ importante inoltre sostenere quei professionisti che intendono frequentare corsi di specializzazione, master, lauree magistrali e dare impulso alla formazione complementare finanziando corsi specialistici per rispondere all’esigenza formativa post-diploma e di progressione della carriera (professionisti specialisti art. 6l. 43/06). - Il ruolo degli OSS - L’utilizzo non corretto delle figure professionali di supporto all’attività infermieristica, come nel caso degli Operatori Socio Sanitari, può rivelarsi assai pericoloso. Il miglioramento dell’assistenza non può infatti realizzarsi in base a criteri quantitativi piuttosto che qualitativi. Gli OSS possono coadiuvare gli infermieri, supportarli nella loro azione, ma non certo sostituirli. E’ dunque sciagurato pensare di poter arginare l’emergenza infermieristica ricorrendo a tali figure professionali. Alla Regione si chiede di offrire garanzie precise su questo aspetto. Occorre inoltre rivalutare la programmazione del fabbisogno di OSS coinvolgendo in primis la professione infermieristica nelle scelte da assumere e nella gestione del personale. Infine la formazione degli Operatori Socio Sanitari non può essere affidata a strutture che non dispongano di strumenti adeguati ai migliori standard formativi. La formazione degli OSS deve avvenire nelle sedi in cui sono attivati i corsi di laurea in Infermieristica e devono essere diretti da infermieri in possesso della laurea magistrale in scienze infermieristiche. Ciò al fine di evitare confusione e pericolose sovrapposizioni di competenze. Sulla base di tali proposte, la comunità infermieristica del Lazio auspica vivamente un concreto coinvolgimento del gruppo professionale rappresentato dai Collegi IPASVI di Roma e delle Province nella programmazione del riordino del Servizio sanitario Rregionale. Seguono le firme dei vari presidenti provinciali: Gennaro Rocc presidente del Coordinamento dei Collegi Provinciali Ipasvi del Lazio e presidente del collegio Ipasvi di Roma, Mario Curzi presidente di Viterbo, Paolo Masi presidente di Frosinone,.MaurizioVargiu presidente di Latina, Felicia Stagno presidente del di Rieti. _____________________________________________________________ Il Sole24Ore 26 Giu. ’13 UNA SPINTA AL FASCICOLO ELETTRONICO Marcello Tarabusi Giovanni Trombetta Con alcune modifiche all'articolo 12 del Dl 179/2012, che detta la disciplina generale del fascicolo sanitario elettronico (Fse), si punta ad accelerarne e uniformarne l'attuazione in tutte le regioni. Il Fse è lo strumento informatico che raccoglie la storia clinica di ciascun cittadino, attraverso l'aggregazione e la condivisione dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati durante l'intera vita nell'interazione con le strutture dell'intero servizio sanitario, con funzione di: eprevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; rstudio e ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico; tprogrammazione sanitaria, verifica delle qualità delle cure e valutazione dell'assistenza sanitaria. Nell'ambito del progetto epSOS (Smart Open Services for European Patients), al quale partecipa anche l'Italia, è in corso una sperimentazione su scala europea per il coordinamento del cosiddetto patient summary, che contiene una sintesi delle informazioni sanitarie essenziali sul paziente, e della prescrizione elettronica (e- prescription). Ciò che manca ancora nel disegno del Fse sono, invece, le informazioni sul follow-up terapeutico e sui consumi di medicinali pagati dal cittadino, non presenti sui database del sistema sanitario, che possono invece essere rese disponibili dalla rete delle farmacie attraverso il cosiddetto registro farmaceutico e terapeutico del paziente (Rftp) nell'ambito dei servizi disciplinati dal decreto legislativo 153/2009. Le linee guida nazionali predisposte dal tavolo tecnico presso il ministero della Salute (approvate dalla Conferenza Stato-Regioni e pubblicate sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 50 del 2 marzo 2011) definiscono le caratteristiche del Fse e del patient summary, gli aspetti infrastrutturali, gli standard tecnologici e i livelli di sicurezza e di protezione dei dati, nel rispetto della normativa vigente in materia di privacy. L'articolo 17 del decreto "del fare" fissa il termine del 31 dicembre 2014 per l'istituzione del Fse in tutte le regioni e provincie autonome. Dovrà essere creata un'infrastruttura tecnologica centrale, realizzata dalla Sogei e resa disponibile in modalità cloud computing dall'agenzia per l'Italia digitale. Entro fine anno ciascuna regione dovrà presentare il proprio piano di progetto per la realizzazione del Fse, che verrà valutato e approvato entro 60 giorni dall'agenzia e dal ministero della Salute, i quali successivamente ne monitoreranno la realizzazione in conformità ai piani così approvati. L'Agenzia digitale curerà quindi la progettazione e la realizzazione, a opera di Sogei, dell'infrastruttura centrale per il Fse, sulla base delle esigenze avanzate dalle regioni nell'ambito dei rispettivi piani di progetto. Il budget di spesa assegnato per la realizzazione sarà definito su base annua dal Mef, su proposta dell'Agenzia per l'Italia digitale, entro il limite massimo di 10 milioni di euro per il 2014 e di 5 milioni di euro a decorrere dal 2015. _____________________________________________________________ Libero 30 Giu. ’13 MEDICI IN ANTICIPO CONTRIBUTI VERSATI GIÀ ALL'UNIVERSITÀ Debutta già sui banchi dell'università il "welfare fai da te". L'idea è dell'Ente di previdenza dei medici (Enpam). O meglio del vulcanico presidente Alberto Oliveti. Per garantire ai giovani un'adeguata pensione si sta concretizzando la possibilità di far iscrivere alla cassa anche agli studenti a partire dal quinto anno di medicina. «Ciò che noi vogliamo fare», spiega Oliveti, «è includerli precocemente nel sistema Enpam in modo che abbiano fin da subito le nostre tutele e possano cominciare a costruirsi una storia pensionistica. Stiamo parlando di studenti che, dopo aver superato gli esami di ammissione e gli ostacoli dei primi anni, sicuramente diventeranno medici». Il costo di questa pre- iscrizio - ne? Quasi simbolico, si ipotiz - za un contributo di circa 2/300 euro l'anno integrato da un apporto di solidarietà da parte dell'Enpam. Con un avanzo di gestione 2012 di 1,29 miliardi di euro (patrimonio salito a 13,8 miliardi, + 10,3%) la categoria può anche permettersi uno sforzo di solidarietà generazionale. _____________________________________________________________ Il Sole24Ore 26 Giu. ’13 SERVE UN PATTO PER LA SANITÀ» Necessario cambiare la spending review e abolire i tagli lineari per non penalizzare i servizi eccellenti ROMA Cambiare la spending review, abbandonare la strada fallimentare dei tagli lineari, rivedere i modelli di gestione e di organizzazione del sistema, dare spazio ai fondi integrativi. E trovare un nuovo rapporto tra pubblico e privato, riconoscendo e valorizzando in pieno il ruolo delle industrie della filiera della salute. Tra welfare che cambia e risorse che sempre più vanno riducendosi, la sfida della sostenibilità è per la sanità pubblica ormai ineludibile. Tanto più ai tempi della grande crisi che sempre più induce le famiglie a ritardare o addirittura a rinunciare del tutto alle cure. Su questi temi, e sulle mille ricette possibili per salvare il salvabile della sanità pubblica, si è svolto ieri a Roma il secondo «Health care summit» del gruppo Sole 24 Ore. Un nutrito panel di esperti e di operatori al massimo livello della sanità italiana, ha contribuito ad affrontare tutti i problemi sul tappeto per il Servizio sanitario nazionale e per un sistema che, considerando l'intera filiera della salute, vale l'11,2% del pil. Come dire, la quarta, se non addirittura la terza industria italiana, tra qualità ed eccellenze sanitarie non sempre riconosciute e valorizzate come meritano, ma anche la presenza di isole non esattamente felici, a partire dal Sud. «È tempo di pensare ad altre forme di coinvolgimento del privato», ha rilanciato Alberto De Negri di Kpmg. Anche perché, ha ricordato Antonio Irione di Ernst&Young Italia, «il privato è una risorsa per sistema pubblico». Un apporto da calibrare con attenzione, ha detto Carla Collicelli, vice direttore del Censis, anche perché se 9 milioni di italiani rinviano le cure, almeno in 12 milioni ricorrono alle cure private sia per ridurre le liste d'attesa sia perché ormai spesso costa di più rivolgersi al sistema pubblico. La questione della sostenibilità del welfare sanitario, insomma, non è solo, o tanto, di carattere finanziario, ma anche di carattere sociale, ha riconosciuto il presidente del'Agenas, Giovanni Bissoni. Non senza mettere in guardia: «Dove il pubblico funziona, anche il privato è più efficiente». E viceversa. E in ogni caso va abbandonata del tutto la strada dei tagli lineari, ha aggiunto Guido Riva, presidente del «Comitato Sanità» di Confindustria, battendo tutte le strade possibili per sconfiggere «sprechi e illegalità». Ma senza fare delle imprese «un bancomat» per finanziare con le varie manovre i tagli alla spesa, ha messo in guardia Daniel Lapeyre, vice presidente di Farmindustria. Tante tessere da sistemare in un puzzle sempre più complicato, insomma. Che forse troverà una cornice entro luglio col nuovo «Patto per la salute» tra Governo e regioni, ha promesso il direttore generale della programmazione del ministero della Salute, Francesco Bevere. Un «Patto» per la sostenibilità ora tutto da riempire di contenuti. R. Tu. _____________________________________________________________ Unità Sera 28 giu. ’13 AMICI VIRUS SONO I GUARDIANI DELL'ECOSISTEMA CRISTIANA PULCINELLI E se a darci una mano per salvare questo povero pianeta dagli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici fossero i virus? Già, i virus, proprio quelli che fino a pochi anni fa erano generalmente considerati come una componente negativa della vita sulla Terra, una potenziale minaccia alla salute umana, oggi vengono riabilitati dagli studi ambientali. Questa semplice forma di vita, infatti, ha dimostrato negli ultimi anni di avere anche un ruolo cruciale nel mantenimento dell'equilibrio dell'ecosistema marino e nel controllo delle capacità di assorbimento dell'anidride carbonica (CO2). A portare alla luce questa nuova caratteristica di un vecchio conoscente sono stati anche gli studi condotti da Roberto Danovaro, professore di Biologia ed Ecologia Marina all'Università Politecnica delle Marche, che per questo motivo si è aggiudicato il premio Eni «Protezione dell'ambiente». Professor Danovaro, perché i virus sono così importanti per il clima? «Partiamo da un fatto: la CO2 presente in atmosfera viene assorbita dalle foreste, e questo lo sanno tutti, ma anche dagli oceani, e questo forse è meno risaputo. Se non ci fossero gli oceani, oggi le nostre condizioni climatiche sarebbero senz'altro più estreme. Gli oceani, infatti, producono una molecola di ossigeno ogni due che respiriamo. Ed è stato stimato che, a partire dalla seconda industrializzazione, gli oceani siano stati in grado di sequestrare approssimativamente il 50% della CO2 emessa dalle attività umane. Quello che nelle foreste fanno le grandi piante, negli oceani lo fanno gli organismi vegetali marini, soprattutto quelli microscopici distribuiti a miliardi di miliardi in tutti i mari. La CO2 viene utilizzata sia dalle microalghe sia dai batteri fotosintetizzanti. Ma i virus marini controllano la vita e la morte di tutti questi organismi. In che senso? «Le indagini condotte durante l'ultimo decennio hanno rivelato che i virus rappresentano le entità biologiche più abbondanti del pianeta: ce ne sono di più delle stelle in cielo, visto che si stima che nei mari ne esistano tra 1030 e 103'. E una cifra enorme: un 10 seguito da 30 zeri. E il 90% vive negli oceani profondi e nei fondali marini. I virus sono in grado di infettare tutte le forme di vita, controllandone l'abbondanza e lo sviluppo: sono infatti i principali predatori di tutti i micro- organismi, essendo in grado di ucciderne fino a oltre il 90%. Dunque, possiamo dire che regolano i processi di produzione e sequestro di CO2 negli oceani». Le vostre ricerche però hanno evidenziato anche un altro ruolo dei virus. Ci vuole raccontare quale? «Nelle nostre ricerche abbiamo visto che alcuni organismi marini infettati dai virus possono rilasciare sostanze organiche nell'aerosol che viene immesso nell'atmosfera. Queste particelle microscopiche che giungono nell'atmosfera, insieme ai virus stessi, possono diventare i nuclei di condensazione del vapore acqueo, quelli attorno ai quali si formano le nubi. In questo modo quindi i virus possono influenzare, tramite la formazione della copertura nuvolosa, anche il meccanismo di regolazione della quantità di radiazioni che arrivano sulla 'l'erra. Un'altra funzione importante perché dagli scenari fatti fino al 2100 si è visto che, anche se riducessimo le emissioni di CO2, avremmo comunque un cambiamento del clima e quindi è interessante capire i meccanismi alla base della regolazione delle radiazioni. Insomma, i virus influenzano il clima. Ma è vero anche il contrario, ovvero i cambiamenti climatici possono avere un impatto sui virus marini? «Sì tutto nella biosfera è correlato ed interdipendente. Da alcuni casi di studio ed analisi storiche in che abbiamo analizzato in Mediterraneo ed in altre regioni del globo, abbiamo visto che l'effetto dell'aumento della temperatura degli oceani sui virus sarà significativo: potrà portare ad un forte aumento dell'abbondanza di virus ed influenzerà il metabolismo e l'efficienza con cui crescono alghe e batteri. In questo modo altererà i cicli vitali dei virus stessi ed i processi biogeochimici globali. Sembra però che gli effetti non saranno uguali ovunque: ad esempio, l'aumento di temperatura potrebbe favorire la componente virale, aumentano il loro impatto alle alte latitudini e invece indebolirla ai Tropici. Poiché i cambiamenti ambientali si prevede siano diversi in diverse regioni, è importante continuare a svolgere queste ricerche in modo da affrontare l'impatto dei cambiamenti climatici a scala sia regionale che globale». Insomma, tutto è interconnesso? «Sì, questo appare sempre più evidente. È una conferma dell'ipotesi Gaia formulata dallo scienziato inglese James Lovelock nel 1979: la Terra sarebbe un superorganismo che si autoregola. L'ipotesi si basa sull'assunto che gli oceani, i mari, l'atmosfera, la crosta terrestre e tutte le altre componenti geofisiche del pianeta terra si mantengano in condizioni idonee alla presenza della vita proprio grazie al comportamento e all'azione degli organismi viventi, vegetali e animali. La componente biologica, in questo caso, regola l'assorbimento della CO2 fornendo un ruolo benefico: una specie di tampone che blocca processi che altrimenti sarebbero devastanti. E da oggi possiamo aggiungere a pieno titolo tra gli attori principali di questi meccanismi di regolazione anche i virus marini». Si può pensare di interagire con questi processi cercando di portarli dove vogliamo noi? «Questo non mi sembra attuabile al momento ma se vogliamo pensare in grande ed avessimo a disposizione mezzi illimitati in futuro non mi sento di escludere nulla. Già oggi siamo in grado di mettere al servizio dell'uomo molti batteri "amici" che sono in grado di disinquinare l'ambiente o svolgere altri servizi. Tuttavia, allo stato attuale queste ricerche hanno anche un altro diverso: servono ad accendere la luce laddove c'era il buio. Ovvero, oggi non possiamo prevedere molte cose, nella scienza come nell'economia, perché non abbiamo una chiara comprensione dei processi di regolazione. Queste scoperte ci permettono di fare un po' di luce proprio su alcuni di questi processi. Serve a camminare evitando i pericoli più grossi e facendo previsioni più precise su dove stiamo andando. Quest'ultima capacità ci permetterebbe di pianificare misure di adattamento ai cambiamenti climatici che ci aspettano. Dobbiamo prepararci ai cambiamenti ed adattarci ad essi. Per la mitigazione invece non c'è che da rispettare i patti sottoscritti da tanti Paesi nel protocollo di Kyoto e dare una vera priorità all'ambiente. Altrimenti i costi complessivi dovuti ai danni delle emergenze climatiche potrebbero essere da 2 a 10 volte superiori rispetto agli investimenti per la riduzione delle emissioni dei gas serra ed adattamento ai cambiamenti climatici globali». INTERVISTA CON IL BIOLOGO ROBERTO DANOVARO VINCITORE DI UNO DEGLI ENI AWARD: «NEL MARE QUESTI SEMPLICI ORGANISMI ABBATTONO LA CO2» ENERGIA E AMBIENTE *• Ogni anno vengono valorizzati gli studi più interessanti e innovativi sulla sostenibilità _____________________________________________________________ Corriere della Sera 29 giu. ’13 FECONDAZIONE IN VITRO CON TRE GENITORI PER PREVENIRE MALATTIE Londra Annuncio del consigliere del governo per la sanità Tecnica pronta, il Parlamento dovrà regolarla DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Un bambino, tre genitori biologici. Per quanto la sintesi giornalistica rischi di essere esagerata ciò che ha annunciato Dame Sally Davies, la «chief medicai officer» del governo britannico, è un passo decisivo verso il pieno controllo e la manipolazione a fini di guarigione dell'eredità genetica. La scienza è pronta, ha annunciato la ricercatrice che occupa la posizione di consigliere-capo di Downing Street per le questioni mediche, adesso tocca al parlamento dare un quadro giuridico alla sperimentazione condotta dall'università di Newcastle. E ciò avverrà entro un anno e mezzo, ha promesso Dame Sally Davies, facendo del Regno Unito il Paese che taglia per primo il traguardo nella produzione di una nuova, quanto controversa, tecnica di fecondazione artificiale. Lo scopo di questa metodologia è di eliminare i difetti mitocondriali e di creare in provetta una cellula sana. In sostanza, se il Dna di origine materna presenta alterazioni che prefigurano malattie cardiache o epatiche o distrofia muscolare è possibile intervenire con un «pezzetto» di Dna estratto da un donatore sano così da produrre un embrione al riparo da lacune e malformazioni strutturali. Fecondazione in tre passaggi: dalla cellula materna con il mitocondrio ammalato si estrae il nucleo sano e lo si impianta in provetta nella cellula del donatore. Questa cellula, a sua volta e sempre in provetta, viene fecondata dallo sperma del padre e infine impiantata nell'utero materno. Una vita che nasce «in vitro» con il concorso di tre patrimoni genetici, i due genitori naturali e il terzo genitore acquisito ma rigorosamente anonimo «e non tracciabile» per prevenire la malattia del bambino. «Mi pare più che corretto e comprensibile che si introduca un trattamento del genere. E un modo di salvare migliaia di vite», ha spiegato Dame Sally Davies, lei stessa ricercatrice e segnalata dalla Bbc come una delle sei donne più influenti del Regno Unito. A supporto della sua posizione la dottoressa ha cìtato una consultazione effettuata nei mesi scorsi dall'autorità di vigilanza sulle questioni di fecondazione, la Human Fertilisation and Embriology Authority, che ha ottenuto «generale approvazione» da parte delle persone interpellate sulla tecnica messa a punto a Newcastle, pur nel riconoscimento delle ricadute etiche e morali. Sono state sviluppate due diverse procedure per intervenire a correzione dei patrimoni genetici segnati dalla malattia e in entrambi i casi il contributo del Dna del donatore non supera lo 0,2% dell'intero tesoro cellulare. «E una notizia eccellente. Offre a chi è portatrice di difetti mitocondriali la possibilità di una gravidanza libera dal pericolo di future gravi patologie», ha certificato Doug Turnbull che ha diretto il team di Newcastle. Tema delicato. Il dibattito è aperto. La domande di fondo sono: si superano i confini posti fino a oggi dalla bioetica? Ci sono rischi di alterazioni secondarie e non desiderate? Le modificazioni embrionali quali ricadute avranno nelle generazioni future? Ha risposto Dame Sally Davies: «Ora si tratta di definirne la regolamentazione, di allargare la consultazione e di portarla al Parlamento dove, spero in fretta, potrà essere approvata. Se tutto andrà bene saremo i primi a garantire questa tecnica sicura di fecondazione e di riparazione di geni ammalati. Sinceramente vi sono problematiche estremamente sensibili e non dobbiamo aggirarle ma l'obiettivo è salvare la vita del neonato e se si mettono paletti giuridici chiari è un grande successo per la scienza e per le famiglie che desiderano figli sani». Figli di tre genitori biologici. Fabio Cavalera @fcavalera _____________________________________________________________ Sanità News 27 Giu. ’13 POCHI PASTI ABBONDANTI AIUTANO A MANTENERE LA LINEA Un nuovo studio presentato al meeting dell’American diabetes association (Ada) a Chicago dimostra che fare una colazione ed un pranzo abbondanti, al posto dei canonici 6 piccoli pasti raccomandati generalmente a chi sta a dieta, assicura un calo maggiore dell’indice di massa corporea, la misurazione del grasso rispetto all’altezza ed al peso. Lo studio, condotto all’istituto di medicina sperimentale di Praga, Repubblica Ceca, col supporto del Ministero della salute Ceco, è stato effettuato su 52 persone affette da diabete di tipo 2 e in sovrappeso, divise in due gruppi. A parita’ di calorie introdotte nella giornata, un gruppo le ha consumate a colazione e a pranzo, il secondo suddividendole in 6 spuntini divisi nella giornata. Le diete sono durate 12 settimane e quelli che avevano mangiato tutto a colazione e a pranzo hanno perso una media di 1.23 punti dell’Indice di massa corporea, mentre gli altri lo 0,82. ”I nostri risultati supportano il detto antico ‘mangia a colazione come un re, a pranzo come un principe e a cena come un povero’ per vivere a lungo - ha dichiarato Hana Kahleova, direttrice della indagine -. La frequenza dei pasti e’ importante e gli orari migliori sono fare una colazione fra le 6 e la 10 del mattino ed un pranzo fra le 12 e le 16. Due pasti al giorno portano ad una calo di grasso nel fegato e ad un incremento della sensibilita’ all’insulina maggiore rispetto a quando si spezzano i pasti e si diluiscono nell’arco della giornata”, precisa la ricercatrice. ”Saltare la colazione e mangiare di piu’ nella giornata e’ sbagliato anche perche’ il deposito dei grassi e’ maggiore nel pomeriggio e alla sera dopo la cena, il segreto e’ invertire l’ordine e consumare i cibi soprattutto al mattino e a pranzo”. _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 25 Giu. ’13 PERDERE PESO? MEGLIO COLAZIONE E PRANZO DEI SEI SPUNTINI Un nuovo studio presentato al meeting dell'American diabetes association (Ada) svolto a Chicago dimostra che fare una colazione ed un pranzo abbondanti, al posto dei canonici 6 piccoli pasti raccomandati generalmente a chi sta a dieta, assicura un calo maggiore dell'indice di massa corporea, la misurazione del grasso rispetto all'altezza ed al peso. Lo studio, condotto all'istituto di medicina sperimentale di Praga, è stato effettuato su 52 persone affette da diabete di tipo 2 e in sovrappeso, divise in due gruppi. A parità di calorie introdotte nella giornata, un gruppo le ha consumate a colazione e a pranzo, il secondo suddividendole in 6 spuntini divisi nella giornata. Le diete sono durate 12 settimane e quelli che avevano mangiato tutto a colazione e a pranzo hanno perso una media di 1.23 punti dell'indice di massa corporea, mentre gli altri lo 0,82. I risultati supportano il detto antico “mangia a colazione come un re, a pranzo come un principe e a cena come un povero” per vivere a lungo. _____________________________________________________________ Sanità News 27 Giu. ’13 AL GEMELLI UN TRAPIANTO DI FLORA INTESTINALE Un eccezionale trapianto di flora batterica intestinale è stato effettuato al Policlinico Gemelli di Roma su un paziente affetto da un’infezione intestinale altrimenti non curabile. All’uomo, che aveva un’infezione da Clostridium resistente agli antibiotici, è stata iniettata la flora batterica, tramite sondino, prelevata da un parente e successivamente purificata. Il microbiota trapiantato nel suo intestino, dal team coordinato dal professor Antonio Gasbarrini, è riuscito a sconfiggere l’infezione batterica e l’uomo è completamente guarito. Questa tipologia di trapianti, relativamente nuova nel nostro Paese (si tratta del secondo caso), apre la strada alla cura di moltissime patologie tra cui l’obesità e il diabete. Dagli esperimenti finora condotti su modello animale è emerso che trapiantando la flora batterica dall’intestino di un topo magro a quello di un topo grasso, quest’ultimo dimagriva. Compiendo l’operazione inversa invece, il topolino magro tendeva ad ingrassare.La flora batterica intestinale svolge un ruolo delicatissimo ed importantissimo nel nostro organismo. Si forma nei primi di anni di vita ed è costituita da miliardi di batteri che vivono in simbiosi con noi, aiutandoci a compiere i processi digestivi e rafforzando le nostre difese immunitarie. _____________________________________________________________ Sanità News 25 Giu. ’13 IN TOSCANA ATTESE UGUALI PER PAGANTI E NON Le attese ospedaliere, in Toscana, da oggi in poi saranno uguali per tutti. Nessuna preferenza per chi paga, per chi conosce tale medico o per chi può permettersi il primario invece del praticante, ognuno avrà quel che la situazione offre in quel determinato momento. Non ci saranno più privilegi per l’Intramoenia, gli interventi a pagamento che normalmente passano avanti a quelli gratuiti saltando liste di attesa lunghe anche diversi mesi. Il ricorso effettuato da alcuni sindacati dei medici contro la Regione è stato bocciato dal TAR: la legge è valida, accettabile e va messa in atto. Saranno controllati da ora in poi tutti gli atteggiamenti dei medici nelle varie ASL regionali e si provvederà affinchè tutti rispettino la decisione. Un cambiamento che deve far scuola in tutta Italia, dove ogni cittadino deve spendere enormi cifre per non dover attendere una operazione anche per un anno. Da ora in poi, le attese verranno contenute entro i 60 giorni, con slittamento a 90 o anticipo ai 30 giorni in base alla gravità della malattia. I casi a pagamento dovranno venire in secondo luogo dopo quelli gratuiti, se persiste una ragionevole gravità. E mentre i sindacati dei medici annunciano ricorsi, i cittadini tirano un sospiro di sollievo e si sentono, forse per la prima volta, tutelati. _____________________________________________________________ Sanità News 25 Giu. ’13 PER I RADIOLOGI IL 30% DELLE RISONANZE LOMBARI SONO INULTILI Quasi il 30% delle risonanze magnetiche lombari prescritte ai pazienti non sono necessarie, con ripercussioni notevoli sul corretto funzionamento del sistema sanitario e un aggravio ulteriore di costi per la collettività. A denunciarlo è la Società Italiana di Radiologia Medica, una delle più antiche associazioni di categoria del settore medico e, nello specifico, dei professionisti di radiologia, che ha rilanciato l`allarme contenuto in un recente studio internazionale pubblicato sulla rivista specializzata European Journal of Radiology e presentato nella sede del Consiglio Nazionale dei Medici Spagnoli. “Se si considera che il costo per ogni esame è di circa 244 euro e che in Spagna ogni anno se ne fanno circa un milione, si può immaginare quanto ci perda lo Stato”, tuonava qualche giorno fa El Pais, il primo quotidiano iberico, riportando le conclusioni del dottor Francisco Kovacs, principale autore dello studio, secondo cui “prescrivere risonanze inutili aumenta del 400% il rischio di essere operato inutilmente”. Carlo Faletti, primario di radiologia al CTO di Torino e Presidente della SIRM, rispetto all’esubero di risonanze magnetiche, spiega: “Le cifre non sono molto dissimili. Il numero di risonanze magnetiche è sicuramente elevato e altrettanto il rischio di inappropriatezza, in particolare proprio per la risonanza magnetica del rachide lombosacrale, come per quelle encefaliche e del ginocchio”. I motivi alla base di questi errori, secondo quanto evidenziato dallo studio europeo, sono fondamentalmente due: da un lato vi sono i medici che esercitano la medicina di compiacenza, ovvero quella che dà ragione alle richieste del paziente, dall`altro quelli che praticano la medicina difensiva, ovvero per coprirsi le spalle dal punto di vista legale; da ultimo, c`è anche la medicina privata che ottiene rimborsi economici per fare risonanze magnetiche e operare. Di qui la proposta di dare maggior potere ai radiologi, in modo che possano rifiutarsi di fare gli esami, o almeno dar loro la possibilità di parlare con i medici che li hanno prescritti per analizzare più accuratamente il caso. “Più che dare maggior potere ai radiologi – commenta Faletti – si tratterebbe di dar loro maggiore ascolto perché, per quanto riguarda l`Italia, a suo tempo furono codificate le linee guida per la risonanza magnetica che rapportano con precisione il criterio di priorità all`idea di appropriatezza. Purtroppo tali regole, per quanto chiarissime, sono puntualmente disattese. Se ci fosse una maggiore attenzione al rispetto delle linee guida, non ci sarebbe niente da riscrivere e niente da inventare. Basterebbe semplicemente applicare quello che è già stato codificato”. Altra proposta per contenere il fenomeno è quella di pianificare programmi di educazione sanitaria per i pazienti in modo che siano coscienti del fatto che le risonanze magnetiche sono utili solo in alcuni casi. “Questo è un compito – conclude il Presidente della SIRM – che spetta in primis alle varie associazioni scientifiche: ognuno deve fare la sua parte. Dal momento che esistono le linee guida, si possono isolare magari alcune di queste prestazioni e su di esse fare dei gruppi di studio per poi dare la giusta visibilità ai risultati a livello della popolazione, non a livello scientifico, poiché su quest`ultimo piano tutto quello che stiamo dicendo è già noto”. _____________________________________________________________ Corriere della Sera 30 Giu. ’13 TAC SUI BAMBINI E IL RISCHIO DI CANCRO Stima dei tumori che potrebbero essere causati da radiazioni dovute a tomografie computerizzate fatte sotto i 15 anni MILANO - Uno studio americano da poco pubblicato sulla rivistaJama Pediatrics lancia l’allarme: il numero crescente di Tac eseguite sui bambini fa temere agli esperti il pericolo di tumori legato alle radiazioni ionizzanti. I ricercatori dell'università della California Davis guidati da Diana Miglioretti hanno così esaminato i dati relativi a 744 Tac effettuate su bambini e ragazzi sotto i 15 anni tra il 2001 e il 2011, calcolando le dosi di radiazioni ricevute dai pazienti e stimando il relativo pericolo di sviluppare una forma di cancro. LO STUDIO USA - La tomografia computerizzata (indicata con l'acronimo TC o CT, dall’inglese computed tomography) è una metodica diagnostica per immagini, che sfrutta radiazioni ionizzanti (ovvero raggi X) e consente di riprodurre sezioni o strati corporei del paziente ed effettuare elaborazioni tridimensionali. «La quantità di radiazioni assorbita dai pazienti è estremamente variabile anche in base all’organo che è sottoposto all’esame - concludono gli autori - e il pericolo di ammalarsi è risultato maggiore nei bambini sotto i cinque anni. Negli Stati Uniti si eseguono circa quattro milioni di tomografie pediatriche ogni anno, per lo più su testa, addome e pelvi, torace e colonna vertebrale, potrebbero causare in futuro circa cinquemila casi di tumore. Bisogna limitare l’uso di questi esami ai casi davvero necessari e ridurre, ogni volta possibile, la dose di radiazioni: così si potrebbe evitare ben il 43 per cento delle possibili neoplasie». IL COMMENTO DELL'ESPERTO - «La TC è uno strumento diagnostico di indubbia validità per il corretto inquadramento diagnostico di molte situazioni cliniche - commenta Franco Locatelli, Direttore del Dipartimento di Oncoematologia Pediatrica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma -. Ma basandosi sull’impiego di radiazioni ionizzanti (che promuovono lo sviluppo di mutazioni a carico di geni che favoriscono la trasformazione neoplastica o la sua progressione), l’indicazione all’uso deve essere attentamente valutata, anche considerando indagini diagnostiche alternative di assoluta innocuità, quale per esempio l’ecografia per indagini sul distretto addominale e pelvico. Deve anche essere sottolineato che lo studio americano si basa su stime teoriche e non su dati reali di incidenza. Ciò detto, questo articolo deve servire da riflessione per evitare, quando possibile e indicato, indagini inutili che potrebbero favorire soprattutto lo sviluppo di tumori solidi più che di neoplasie ematologiche». Vera Martinella (Fondazione Veronesi) _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 25 Giu. ’13 I GOOGLE GLASS IN SALA OPERATORIA Realtà aumentata: primo esperimento Dei Google Glass se ne parla da mesi, sia in termini di funzionalità che di privacy, ancora prima che approdino sul mercato. E dagli Stati Uniti arriva una notizia di un altro possibile impiego: un medico ha indossato gli occhiali a realtà aumentata in una sala operatoria per un intervento di chirurgia allo stomaco e ha documentato il tutto in tempo reale sul suo blog. Il medico si chiama Rafael Grossmann e lavora all'Eastern Maine Medical Center. «Volevo dimostrare - aggiunge il medico - che questo è uno strumento intuitivo con grandi potenzialità per la salute, in modo particolare per la chirurgia. Potrebbe migliorare le consultazioni all'interno di una equipe, favorire il parere di esperti dall'esterno, ma anche rivelarsi un utile strumento didattico». _____________________________________________________________ La Stampa 27 Giu. ’13 IDENTIFICATA PROTEINA DIETRO LA DIFFUSIONE DELL’ALZHEIMER I ricercatori della Columbia University Medical Center (CUMC) hanno identificato una proteina chiamata caspasi-2 quale regolatore chiave di una via di segnalazione che porta al declino cognitivo nella malattia di Alzheimer LM&SDP Dietro alla malattia di Alzheimer, una devastante condizione che intacca le capacità cerebrali e cognitive delle persone, potrebbe esserci una proteina chiamata “caspasi-2” (o caspase-2). Secondo un nuovo studio condotto su modello animale dai ricercatori del Columbia University Medical Center (CUMC), l’inibizione di questa proteina potrebbe impedire il danno neuronale e successivo declino cognitivo associato alla malattia. L’intervento avverrebbe nei confronti dell’interruzione delle sinapsi nel cervello (connessioni o punti di contatto tra due neuroni), evento che può portare alla morte neuronale. Il professor Michael Shelanski e colleghi del Department of Pathology and Cell Biology presso il CUMC, hanno osservato come la presenza e l’attività di questa proteina fosse determinante nel decorso della malattia. In precedenti studi, lo stesso Shelanski aveva scoperto che caspase-2 svolgeva un ruolo critico nella morte dei neuroni quando si era in presenza di beta amiloide, la proteina che si è riscontrata accumularsi nei neuroni dei malati di Alzheimer. Altre ricerche, tra l’altro, avevano suggerito che questa stessa proteina contribuisce al mantenimento delle normali funzioni sinaptiche. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla versione online di Nature Communications, e indicano che la caspasi-2 svolge dunque un ruolo fondamentale nei processi cerebrali sottesi alle funzioni cognitive e che un’aberrante attivazione di questa può causare modifiche cruciali alle sinapsi, quando vi sia la malattia di Alzheimer. «Abbiamo dimostrato che la rimozione di caspasi-2 dai topi J20 ha contrastato i disturbi della memoria, senza cambiamenti significativi nel livello di beta amiloide solubile – ha spiegato il dottor Roger Lefort, coautore delle studio – Questo implica che se si può inibire una o tutte queste molecole, soprattutto nelle prime fasi del morbo di Alzheimer, si potrebbe essere in grado di proteggere i neuroni e rallentare gli effetti cognitivi della malattia». _____________________________________________________________ La Stampa 26 Giu. ’13 SIGARETTA ELETTRONICA, TRA LE POLEMICHE I PRODUTTORI ASSICURANO LA SICUREZZA La diatriba sulle e-cigarettes, le sigarette elettroniche, non si smorza e, tra battiti e ribattiti, i produttori tengono a far sapere che i liquidi utilizzati sono sicuri ed esenti da metalli pesanti cancerogeni, come sostenuto da più parti. Per aiutare a far chiarezza tra i consumatori esce anche un libro con molte risposte alle domande che ognuno di noi potrebbe porsi in merito LM&SDP Non se n’è mai parlato così tanto di un fenomeno di così larga portata. Nemmeno del tabacco stesso e dei danni derivanti dal fumo: sono le sigarette elettroniche, il fenomeno più eclatante degli ultimi anni. Fenomeno alimentato probabilmente dal grande successo riscosso e, altrettanto probabilmente, da tutto l’enorme mercato e giro di miliardi che c’è dietro al vizio del fumo. In mezzo all’ormai solito accapigliarsi, chi ne esce con le ossa rotte, alla fine, è sempre il cittandino/consumatore. Sigaretta elettronica sì, sigaretta elettronica no. Dopo la decisione del Consiglio dei Ministri della Salute europei di considerare le “e-cig” con oltre 1 mg di nicotina come medicinali e mentre attendiamo le decisioni definitive delle autorità sanitarie, in soccorso dei milioni di italiani che hanno optato per l’e-smoke, ma che possono essere stati turbati dalla notizia che i liquidi utilizzati in queste sigarette elettroniche potessero contenere metalli pesanti cancerogeni, interviene l’Amministratore Delegato di New Smoke Network Srl (Smokie’s), Stefano Pozzi, il quale afferma: «Equiparazione ai farmaci o meno, ribadiamo la sicurezza dei nostri liquidi». A supportare i dati circa la sicurezza dei liquidi sarebbe uno studio italiano. «I risultati dell’analisi svolta dal laboratorio indipendente milanese “Laboconsult” su quattro diversi marchi di liquidi per e-cig (Old Cigar, Mental 4 Smoke, Tuscan e T-Fumo), pubblicati di recente da un noto settimanale italiano – spiega Pozzi – hanno escluso la presenza di sostanze cancerogene, quali idrocarburi policiclici aromatici, nonché di metalli pesanti, rinvenendo solo una debole presenza di solventi industriali contenuti anche nella nicotina pura e definiti dal responsabile del laboratorio, il professor Ferri, come “non preoccupanti”». Se dunque da un lato si tende a utilizzare toni sensazionalistici, al fine di gettare benzina sul fuoco, dall’altro c’è chi tende a minimizzare: il risultato tuttavia è una sempre maggiore confusione nella testa dei consumatori. Per chi invece vuole provare a capire qualcosa di più o vuole trovare delle risposte, è uscito un libro curato da Cosimo Colasanto, giornalista di Salute24, dal titolo “Come smettere di fumare con la sigaretta elettronica” (Editori Internazionali Riuniti, 12 euro). Tra le diverse domande cui Colasanto tenta di dare una risposta vi sono: “Che cos’è la sigaretta elettronica?”, “Come funziona?”, “Può davvero aiutare a smettere di fumare? E come?, “A quanti tiri di sigaretta elettronica corrisponde una vecchia sigaretta di tabacco?”, oppure “Sostituirà la vecchia bionda?”, “Cosa produce il vapore sintetico?”, “Quali le promesse delle e-cig e di chi le vende?”. Tutte domande lecite, a cui ogni fumatore pentito vorrebbe poter avere una risposta. Un manuale pratico, inno al fai-da-te, che svela un mondo sconosciuto ai più, fatto da “un tubetto di plastica che somiglia vagamente a una stilografica kitsch, ma che potrebbe salvare milioni di vite in tutto il mondo”. Tanti dunque gli interessati, visto che secondo i dati dell’Associazione nazionale fumo elettronico gli italiani fumatori sono circa 11 milioni, di cui oltre 400mila già convertiti alla sigaretta elettronica. Forse anziché concentrarsi sulle polemiche, spesso alimentate dai piromani delle discussioni, ci si dovrebbe concentrare sul problema principale: il fumo fa male, molto male. Per cui qualsiasi mezzo, che non faccia ovviamente male a sua volta, possa aiutare le persone a smettere dovrebbe essere sostenuto e incentivato. Il professor Michael Siegel, della Boston University, in una chiosa che dovrebbe mettere la parola fine alle polemiche ha affermato: «Se in decenni le campagne antifumo non hanno prodotto niente, perché non tentare con un dispositivo che è 1.000 volte meno nocivo?». A ognuno il proprio commento. _____________________________________________________________ La Stampa 25 Giu. ’13 RENDERE IL CERVELLO “TRASPARENTE” PER POTERLO OSSERVARE MEGLIO Scienziati giapponesi sviluppano una soluzione zuccherina in grado di rendere trasparenti i tessuti organici. Questo semplice ed economico metodo permette di ottenere immagini dettagliate come non mai al fine di analizzare l’organo per scopi scientifici e diagnosi mediche LM&SDP Benché gli strumenti diagnostici siano sempre più evoluti ed efficienti – come per esempio la risonanza magnetica per immagini – non permettono ancora di ottenere immagini davvero dettagliate nei minimi particolari, al fine di osservare nelle condizioni migliori gli eventuali problemi che può presentare un determinato organo, come nel caso del cervello. Ora, un team di scienziati giapponesi ha sviluppato una semplice, quanto economica, soluzione zuccherina che in soli tre giorni rende “trasparenti” i tessuti. Questa soluzione acquosa non disturberebbe la natura e la composizione chimica dei campioni di tessuto organico ma, se utilizzata in combinazione con la microscopia a fluorescenza, permette di ottenere immagini dettagliate. I primi test di questa soluzione zuccherina sono stati condotti su modello animale dal team del Centro RIKEN di Biologia, utilizzando del tessuto cerebrale. I risultati dei test e dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature Neuroscience, e mostrano come i ricercatori giapponesi siano riusciti ad andare oltre nel riuscire a osservare in profondità le strutture biologiche come il cervello, laddove precedenti ricercatori non erano riusciti, nell’intento di rendere trasparenti i campioni biologici. «Tuttavia, queste [precedenti] tecniche di compensazione – spiega il Dott. Takeshi Imai, autore principale dello studio – hanno dei limiti perché causano dei danni chimici e morfologici nei campioni biologici e richiedono lunghe procedure in termini di tempo». La nuova soluzione zuccherina sviluppata da Imai con i colleghi Meng-Tsen Ke e Satoshi Fujimoto è stata battezzata “SeeDB”, ed è composta da acqua e fruttosio. SeeDB supera le limitazioni imposte dalle precedenti procedure, sottolineano i ricercatori. Utilizzando la soluzione zuccherina, il team del dottor Imai è riuscito a rendere trasparenti gli embrioni di topo e i cervelli in soli tre giorni, senza danneggiare le delicate strutture dei campioni, o le tinture fluorescenti che avevano iniettato in essi. In questo modo, sotto un microscopio a fluorescenza, gli scienziati possono visualizzare i circuiti neuronali nel dettaglio utilizzando soltanto una piccola parte per il tutto, senza sezionare parti del cervello. Un altro vantaggio di questo sistema è la possibilità di visualizzare le parti del cervello in 3D: in questo specifico caso i ricercatori hanno osservato i circuiti e le cellule nel bulbo olfattivo dei modelli arrivando al dettaglio di ogni più piccola fibra. «Poiché SeeDB è poco costoso, veloce, facile e sicuro da usare, e non richiede attrezzature speciali, si rivelerà utile per una vasta gamma di studi, tra cui lo studio dei circuiti neuronali in campioni umani», concludono gli autori. Il cervello potrebbe dunque non avere più segreti – per lo meno, a livello fisiologico; la mente è probabile rimanga invece un mistero per ancora molti anni a venire.