RASSEGNA STAMPA 10/07/2011 LE UNIVERSITÀ ITALIANE TRA LE MIGLIORI AL MONDO «RIFORMA DELL'UNIVERSITÀ IL TRAGUARDO È VICINO» ASSEGNI DI RICERCA PIÙ ALTI E FONDI AI VIRTUOSI GUIDA ALLA VALUTAZIONE IDEALE IN ARRIVO LE RISORSE AGLI ATENEI IL 13,5% È ASSEGNATO SUL MERITO L'UNIVERSITÀ DEL FUTURO: PIÙ SOLDI AI MIGLIORI RIVOLUZIONE SAPIENZA, TAGLIATI FACOLTÀ E CORSI CAGLIARI: NUOVO STATUTO, PROTESTA DEGLI UNIVERSITARI SASSARI: UNIVERSITÀ, IN SERVIZIO NOVE DOCENTI ISRAEL: UNIVERSITÀ E MERITO, LA SFIDA DELLA VALUTAZIONE I NIPOTI DI GALILEO SENZA RISORSE CAGLIARI: STUDENTI BEFFATI DA NUOVE TASSE NIENTE PROF PER I PROSSIMI DIECI ANNI LA LAUREA TRIENNALE? UN PIACERE PER POCHI LA METÀ DEI LAUREATI LAVORA. 7 su 10 CONTINUANO GLI STUDI LA LAUREA SI RISCATTA SUL WEB GELMINI FRENA SU ABOLIZIONE DEL VALORE LEGALE DELLA LAUREA BOLOGNA UN REFERENDUM BOCCIA LA GELMINI PA: LA RIVOLUZIONE DIGITALE È MONCA LA SICUREZZA TOTALE E’ UTOP1A IL PRIMO SUPERCOMPUTER ITALIANO E ANCHE ECOLOGICO COME BUTTARE 14 MILIARDI SENZA FARE QUASI NULLA SPRECHI BESTIALI PER BALENE E PIPISTRELLI MA QUALE SPRECO, PER AMBIENTE IN ITALIA SPENDIAMO TROPPO POCO ========================================================= CORTE DEI CONTI 2010: MANCANO I SOLDI DELLO STATO LIORI: SPESA SANITARIA GRAZIE A ME OTTIMO RISULTATO» AOUCA: UN MEDICO PER I FUORI SEDE SAN RAFFAELE: IL VATICANO SALVA DAL FALLIMENTO SAN RAFFAELE: I CONSIGLIERI SI DIMETTONO ED È BUFERA SAN RAFFAELE: MOSSA DI DON VERZÉ «LASCIATEMI TUTTI I POTERI» RIFORMA DELL' ASSISTENZA O TAGLIO DELLE AGEVOLAZIONI PIEMONTE, SANITÀ BRITISH PER RISPARMIARE CRAC POLICLINICI, COLPA DEL MANAGER» DALLA PELLE SI RICREANO I NEURONI ANTI-PARKINSON MASCHI, QUELLA NEOPLASIA CURABILE LA SCATOLA MAGICA CHE RIGENERA I POLMONI UN MEDICO AL GIORNO LEVA I DUBBI DI TORNO TRACHEA ARTIFICIALE: LA PRIMA È ITALIANA A CHE PUNTO SIAMO CON IL FSE? ECCO COME SI CURANO LE FRATTURE VERTEBRALI IL FUTURO DELLA SCIENZA È NELLE IMMAGINI NUOVA TECNICA PER LE NANOIMMAGINI IN 3D CORTISOLO CONTROLLORE NEL RICICLO DELL'ACIDO BILIARE ACIDO FOLICO PER PREVENIRE IL TUMORE DEL COLON CAGLIARI: FONDAZIONE PER LE MALATTIE CRONICHE DELLA PELLE CARAFFE FILTRANTI, PRIMI INDAGATI «PEGGIORANO LA QUALITÀ DELL'ACQUA» ========================================================= ________________________________________________ La Discussione 7 lug. ’11 LE UNIVERSITÀ ITALIANE TRA LE MIGLIORI AL MONDO stato di salute" delle nostre accademie visto dal professor Sergio Brasini DI PASQUALE MARIA SANSONE * Quale è lo stato di salute dell'Università italiana? Ne abbiamo parlato con Sergio Brasini, professore ordinario di Analisi di Mercato nella Facoltà di Scienze Statistiche dell'Alma Mater Studiorum presso l'Università di Bologna, nonché presidente, da tre anni, del corso di Laurea in Finanza, Assicurazioni e Impresa presso la sede di Rimini dell'Ateneo di Bologna. La recente classifica del Times (2008) delle migliori università al mondo include Bologna in 192esima posizione, La Sapienza alla 205esima, il Politecnico di Milano alla 29lesima e l'Università di Padova alla 296esima. Perché l'Accademia italiana non sa essere competitiva? Ritiene che la riforma universitaria possa, in qualche modo, aiutare il nostro Paese in tal senso? Non condivido l'assunto di partenza, ovvero che l'Università italiana non sappia essere competitiva. Secondo il ranking QS World University, che fa riferimento alle 500 Top Universities, il nostro sistema assicura una buona qualità media; una conferma di tale ipotesi si ricava anche esaminando il ranking QS SAFE. Complessivamente il sistema universitario italiano si colloca al decimo posto al mondo e al quinto in Europa, valutazione che costituisce la media tra risultati molto diversi. I dati a nostra disposizione dicono che, nonostante tutti i suoi difetti, l'Accademia italiana si caratterizza per una produzione scientifica e didattica tra le migliori al mondo. Le nazioni che ci precedono sono quei paesi che investono più di noi in questo settore. La riforma purtroppo non potrà aiutare l'Italia a migliorare la sua situazione, perché a fronte di una pretesa opera di razionalizzazione avvalla di fatto un piano epocale di tagli al finanziamento. Tra le cause del presunto abbassamento del livello qualitativo della formazione universitaria c'è l'eccessiva frammentazione e specializzazione dei corsi di laurea e degli atenei. Concorda con questa visione? Di contro, questa riforma fa bene a «rasoiare» il superfluo? Nell'ultimo decennio sono sicuramente sorti elementi di criticità con riferimento all'attivazione di troppi Corsi di studio, anche in sedi decentrate. L'aumento complessivo, in particolare negli anni più recenti, dipende in buona parte dall'avvio generalizzato delle lauree specialistiche che, dall'a.a. 2003-04 all'a.a. 2008-09, passano da circa 1.400 ad oltre 2.700. In ogni caso si può riscontrare che l'aumento negli ultimi anni è stato più modesto. In realtà, in molti Atenei si sta assistendo ad un chiaro processo di razionalizzazione. Infatti, nell'a.a. 2009-10 si è verificata una riduzione di oltre 200 corsi rispetto all'anno precedente. Sono convinto che l'applicazione del D.M. 17/10, in particolare, abbia quale unico e vero obiettivo la contrazione forzata dell'offerta formativa degli Atenei, provocata come conseguenza del semplice mancato rispetto di vincoli puramente quantitativi. Voglio sottolineare, inoltre, una palese contraddizione: il D.M. 17/10 prevede di contare come «forza docente» anche i ricercatori, ovvero persone che secondo la legge non sono obbligate ad essere titolari di insegnamenti. È stato detto più volte che la logica che ha guidato la riforma Gelmini è stata la necessità di rendere sinergici l'Università e il mercato. Questa strategia si basa su una idea di sviluppo che poteva funzionare quando il mercato sembrava in espansione, oppure in quei paesi in cui le grandi imprese investono nell'Università. Ma tradizionalmente la piccola e media impresa italiana non ha l'abitudine ad investire nella ricerca: dunque l'Italia, generalmente, importa tecnologia e brevetti e lascia andare coloro che li producono. Oggi il mercato non è più in espansione, ma in declino. La disoccupazione giovanile è al 30 per cento, la precarietà è garantita per l'85 per cento dei contratti di lavoro ed il mercato è saturo. Secondo fonti autorevoli oggi non servono laureati, ma lavoratori manuali. La sincronia tra Università e mercato non va più nell'ottica di una maggior occupazione, ma di una minore formazione. Riconoscere il merito nelle università è un altro punto intorno al quale si è dibattuto molto. All'Università di Bologna e alla Sapienza gli studenti più bravi non pagheranno le tasse per il primo anno a prescindere dal censo. Quale è il suo punto di vista e cosa fa il suo Ateneo a questo proposito? Pur appartenendo proprio all'Ateneo di Bologna non condivido il provvedimento adottato. La riforma universitaria appartiene a una linea di interventi su educazione e formazione basati su un criterio meritocratico non «promozionale» (ovvero promuovere il merito suscitandolo), quanto piuttosto «constatativo» (cioè riconosce il merito nelle forme già note). Secondo la mia opinione, è essenziale distinguere tra merito noto e merito nuovo, o innovativo. Dovremmo considerare meritevole non tanto chi è già in possesso, per censo o per fortuna, del merito noto, quanto chi cerca e trova, anche grazie all'aiuto di chi ha responsabilità educative, un suo merito, che potrebbe presentarsi in forme innovative. E questo aspetto riguarda in particolare proprio gli studenti diversamente abili (ossia con bisogni speciali). * Dottore Internazionale di Ricerca in Scienze dell'Orientamento ________________________________________________ QN 8 lug. ’11 «RIFORMA DELL'UNIVERSITÀ IL TRAGUARDO È VICINO» La Gelmini annuncia: già firmati 32 dei 38 decreti ROMA IL GROSSO del lavoro è stato fatto». Il ministro Mariastella Gelmini ha tirato le somme, ieri, sull'iter di attuazione della riforma dell'università e sui nuovi provvedimenti in cantiere. Con un obiettivo preciso: lavorare perché la «laurea non sia più solo un pezzo di carta». La legge universitaria prevede 38 provvedimenti di attuazione. Dall'entrata in vigore della normativa, la 240, il governo aveva assunto l'impegno di completare l'emanazione dei decreti entro sei mesi. E ci siamo quasi: 32 provvedimenti (tra decreti legislativi, ministeriali e regolamenti) sono stati emanati; gli ultimi 6 lo saranno a breve. Mancano alcuni dettagli, ma «il più è stato fatto». Non la pensano così alcuni sindacati che smentiscono la Gelmini e accusano il ministero di gravi ritardi. TRA LE NOVITÀ annunciate dal ministro, assegni di ricerca più alti del 20%; aumento dei fondi da distribuire alle università su base meritocratica; riduzione del numero dei corsi di laurea; razionalizzazione dei settori scientifico- disciplinari; certificazione degli atenei; valutazione della qualità della ricerca; nuove procedure per l'abilitazione nazionale; test di medicina in inglese; 106 milioni per i progetti di ricerca Prin. Aumenta di oltre il 20% l'importo minimo degli assegni di ricerca. Entro l'anno saranno sbloccate le nuove procedure di abilitazione scientifica nazionale, prerequisito necessario per l'accesso alla docenza. Per favorire l'internazionalizzazione sono previste procedure semplificate per la chiamata diretta di docenti anche dall'estero. Stabilite nuove regole per la contabilità a cui tutte le università dovranno adeguarsi entro il 2014, per garantire una maggiore trasparenza dei conti. Il decreto prevede anche linee guida e misure che le università a rischio devono seguire per evitare il commissariamento ma «speriamo di non doverci arrivare mai», ha sottolineato il ministro. Tutti i nuovi corsi attivati e le nuove sedi istituite dovranno essere accreditati e certificati. E' stato razionalizzato il numero dei settori disciplinari, che passano da 370 a 180 settori concorsuali. Istituite nuove modalità di selezione per l'attivazione di dottorati di ricerca. In tre anni c'è stata una riduzione del 25% dei corsi di laurea e del 40% dei curricula. I corsi passano da 5.879 a 4.389, mentre i curricula passano da 8.955 a 5.424. Aumenta la percentuale del Fondo di finanziamento ordinario che viene distribuita alle università in base a criteri di qualità e merito. Dal 2009, quando il 7% dei fondi è stato distribuito su base meritocratica, la percentuale è quasi raddoppiata. Si tratta, in valori assoluti, di circa 930 milioni di euro, rispetto ai 720 milioni del 2010. Il Fondo sarà distribuito entro luglio. Selezionati i Progetti di ricerca di interesse nazionale e assegnata una cifra di 106 milioni di euro. Per i corsi di Medicina in inglese, anche il test d'ingresso si svolgerà in lingua (Milano, Roma La Sapienza e Pavia). Silvia Mastrantonio ______________________________________________________________ Corriere della Sera 8 lug. ’11 ASSEGNI DI RICERCA PIÙ ALTI E FONDI AI VIRTUOSI ROMA— Assegni di ricerca da 16 mila a 19.630 euro, riduzione dal 2008 di un quarto dei corsi di laurea passati da 5.879 a 4.389 e (misura ancora da finalizzare entro questo mese) più risorse agli atenei che rispondano a determinati criteri di qualità e merito: rispetto al 2009 la quota passa dal 7 al 13,5%(da 720 a 930 milioni). Secondo il ministro Mariastella Gelmini il grosso del lavoro sulla riforma dell’Università è fatto: 32 decreti attuativi sono pronti e «a breve saranno firmati i restanti 6» . Per esempio il regolamento sul commissariamento delle Università con i conti in rosso, che non rispetteranno le regole sulla contabilità economico-patrimoniale, previste dalla nuova riforma, seppure «un’extrema ratio» , sarà completato per settembre e il sistema «potrebbe partire anche prima del 2014» . Ancora qualche mese per sbloccare le nuove procedure di «abilitazione scientifica nazionale» , prerequisito per diventare professore universitario. Ed è in dirittura d’arrivo il provvedimento che punta a favorire l’internazionalizzazione. Per la prima volta saranno attivati corsi di medicina in inglese, compreso il test di ingresso, all’Università di Milano, alla Sapienza e a Pavia. ________________________________________________ Le Scienze 7 lug. ’11 GUIDA ALLA VALUTAZIONE IDEALE Ricerca, tecnologia e medicina dai laboratori di tutto il mondo POLITICHE DELLA RICERCA La European Science Foundation specifica i criteri per una corretta peer review La peer review è una forma di valutazione della ricerca scientifica effettuata da un gruppo di «pari», cioè di esperti indipendenti, che può essere usata per decidere la pubblicazione dei risultati di uno studio su una rivista specializzata oppure da un'istituzione per valutare la qualità di un progetto di ricerca e quindi decidere se portarlo avanti. La European Science Foundation (ESF) ha effettuato uno studio sullo stato della peer review analizzando le pratiche e le linee guida di 30 tra le decine di agenzie di finanziamento della ricerca che ne fanno parte: per l'Italia, il CNR e l'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN). La ESF ha quindi pubblicato la European peer review guide, che si propone di aiutare le organizzazioni che finanziano la ricerca a migliorare i propri processi di peer review. Al centro vi sono alcuni principi di base: imparzialità, ricerca dell'eccellenza, trasparenza, velocità ed efficienza. Per prevenire i conflitti di interesse bisogna tenere conto di tutti i possibili problemi, e non solo di quelli percepiti dal revisore: per esempio, essere stati in passato i supervisori di uno dei proponenti. Eppure ora l'88 per cento delle organizzazioni consultate dalla ESF si basa solo sulle dichiarazioni degli esperti, senza alcun controllo indipendente. Anche l'anonimato è importante. In Europa coesistono modelli diversi; in alcuni casi gli esperti conoscono il nome di chi propone il progetto (ma non viceversa), in altri l'anonimato è completo, e nel nord dell'Europa non sono rari casi in cui tutto il processo è trasparente. In ogni caso chi valuta un progetto dovrebbe sottoscrivere un impegno a mantenere il segreto su tutte le informazioni ricevute. Più di un terzo delle organizzazioni interpellate non usa mai esperti internazionali. Invece la guida raccomanda di selezionare persone provenienti anche da paesi extraeuropei e di favorire la diversità bilanciando non solo le nazionalità ma anche il genere e l'appartenenza accademica dei revisori. E per scegliere gli esperti non ci si dovrebbe basare solo su conoscenze «interne» come invece accade ora: il 50 per cento delle organizzazioni si basa su suggerimenti del proprio staffe un altro 20 per cento cerca tra i nomi di chi in passato ha usufruito di finanziamenti. Secondo l'ESF bisogna invece fare ricerche incrociate su database internazionali in modo da basarsi sul livello di pubblicazioni scientifiche dei possibili esperti. Infine, tra gli altri consigli, I'ESF propone di dare al proponente il diritto di replica, cioè la possibilità di rispondere alle valutazioni ricevute nel processo di peer review e quindi, in certi casi, la possibilità di riconsiderare una bocciatura. Alessandro Delfanti ________________________________________________ Il Sole24Ore 8 lug. ’11 IN ARRIVO LE RISORSE AGLI ATENEI IL 13,5% È ASSEGNATO SUL MERITO Il ministro Gelmini: mancano 500 milioni ROMA Test di medicina in inglese, nuove regole per rendere i bilanci più trasparenti e una sforbiciata a corsi di laurea e settori scientifico- disciplinari Mariastella Gelmini ha scelto ieri palazzo Chigi per parlare di novità e fare il punto sullo stato di attuazione della riforma entrata in vigore lo scorso 29 gennaio. Dei 38 provvedimenti attuativi previsti, 32 sono stati già firmati e a breve saranno emanati i restanti sei. Sette saranno approvati in via definitiva entro luglio e gli altri entro fine settembre: «Il grosso del lavoro è stato completato», ha commentato soddisfatta il ministro. Gelmini ha annunciato che entro luglio verrà distribuito alle università il Fondo di finanziamento ordinario 2011. Si tratta di 6,9 miliardi, di cui 93o milioni, il 13,5%, saranno assegnati su base meritocratica. Dal 2009 quando 117% dei fondi è stato distribuito agli atenei migliori, la percentuale è quasi raddoppiata. «Ma nel 2012 rischia di sparire», ha attaccato il presidente della Crui, Marco Mancini, che ha ricordato come il prossimo anno il Fondo scenderà a quota 6,5 miliardi. «Se non si recuperano al più presto 5oo milioni -ha detto -gli atenei rischiano di non riuscire a pagare nemmeno le spese fisse, cioè gli stipendi». Già operativa invece la norma che aumenta l'importo degli assegni di ricerca, da 16mila a 19.630 curo, e abolisce il "tetto". «Il ministro, però, non dice quanti saranno gli assegni di ricerca a disposizione, e cioè che caleranno rispetto agli altri anni», ha rilanciato Antonio Rusconi del Pd. Gli atenei dovranno evitare di avere i conti in rosso: in caso di dissesto scatterà il commissaria- mento, «ma come extrema ratio», ha precisato Gelmini. Entro l'anno saranno sbloccate le procedure per l'abilitazione scientifica nazionale, prerequisito per l'accesso alla docenza e in dirittura d'arrivo è il provvedimento che punta a favorire l'internazionalizzazione degli atenei, con la possibilità di "arruolare" ricercatori, italiani e stranieri, che hanno vinto progetti di ricerca internazionali. Per la riduzione dei settori scientifico-disciplinari si è già intervenuti - da 370 sono diventati 18o - e sono stati razionalizzati pure corsi e curricula: in tre anni, dal 2007-2008, i corsi sono passati da 5.879 a 4.389 e i curricula da 8.955a 5-424. Novità infine sui test d'ingresso in inglese a medicina: si faranno negli atenei di Milano, Pavia e alla «Sapienza» di Ro ma, dove sono attivati corsi di Medicina in inglese. Il test sarà elaborato in collaborazione con l'università di Cambridge e si svolgerà, il 9 settembre, contestualmente alle università di Londra e Cambridge ________________________________________________ Il Giornale 8 lug. ’11 L'UNIVERSITÀ DEL FUTURO: PIÙ SOLDI AI MIGLIORI RIFORMA GELMIN Regole e investimenti La ricetta del ministro per avere atenei più competitivi: a disposizione 930 milioni. Salgono gli stipendi dei ricercatori Francesca Angeli Commissariamento per gli atenei con i bilanci in rosso da un lato e dall'altro 930 milioni di euro di fondi premiali da distribuire alle università con le migliori performance. Cancellati centinaia di corsi di laurea inutili e incrementato l'importo degli assegni di ricerca. Ridotti i settori disciplinari e fissate nuove regole di accesso alla docenza. Tra le novità che interessano direttamente gli studenti quest'anno per la prima volta il test di ingresso per il corso in Medicina (nelle Università dove sono già attivati i corsi in inglese come Milano e La Sapienza di Roma) si svolgerà in lingua inglese in collaborazione con l'Università di Cambridge. La riforma dell'Università comincia ad entrare nella fase operativa. Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, annuncia che 32 dei 38 provvedimenti necessari all'attuazione della riforma, tra decreti e regolamenti, sono già pronti e gli ultimi lo saranno al massimo entro fine settembre. I tagli sono quelli annunciati ma il rigore dei conti è affiancato dalla volontà di premiare chi lavora meglio e con maggiore impegno. Soltanto così, è la convinzione del ministro Gelmini, gli atenei italiani precipitati in fondo a tutte le classifiche internazionali potranno risalire la china. Entro settembre verranno definite le regole sul commissaria- mento delle università che non risaneranno i propri bilanci. «Il sistema partirà immediatamente -precisa la Gelmini- É ovvio comunque che il commissariamento resta la scelta finale, l'extrema ratio che speriamo di non dover mai applicare visto che gli atenei hanno a disposizione molti strumenti per evitare "il cartellino rosso", come la fusione e la federazione tra università e il taglio dei corsi doppione o poco frequentati». Tra i provvedimenti già definiti l'aumento degli assegni di ricerca che salgono da 16.000 euro a 19.630, il tetto massimo poi è stato abolito. La Gelmini ha ricordato pure che negli ultimi tre anni, dall'anno accademico 2007/2008 i corsi di laurea si sono ridotti del 25 per cento passando da 5.879 a 4.389. Diminuiti del 40 per cento anche i curricula (ovvero le specializzazioni all'interno dei corsi) scesi da 8.955 a 5.424. Aumenta invece la percentuale del Fondo di finanziamento ordinario che viene distribuita agli Atenei sulla base dei risultati raggiunti. Nel 2007 la percentuale era del 7 per cento, salita nel 2010 al 10 per cento. Per quest'anno la percentuale è stata ulteriormente incrementata salendo al 13,5 pari a oltre 930 milioni di euro, erano 720 nel 2010. «Entro luglio distribuiremo i fondi -precisa la Gelmini- I criteri di assegnazione terranno conto della qualità della ricerca e del merito ma sono stati anche introdotti criteri perequativi per quegli atenei che operano in contesti particolarmente disagiati da un punto di vista sociale». Grande attesa per il via libera ai concorsi di accesso alla docenza. Le regole sono state ridefinite cancellando i concorsi locali che troppo spesso rappresentavano una porta aperta per piazzare amici e parenti. Con la riforma soltanto attraverso l'abilitazione nazionale si potrà essere iscritti all'unica lista di idonei alla quale le singole università dovranno fare riferimento quando bandiranno le procedure di selezione. Il concorso nazionale verrà indetto ogni anno nel mese di ottobre, la commissione sarà composta da 5 membri scelti per sorteggio in un elenco di 30 nomi già selezionati in base al loro profilo professionale. Un ruolo chiave nella riforma viene assegnato all'Anvur, la nuova agenzia di valutazione degli Atenei, che dovrà valutare sia il lavoro delle singole università sia quello degli enti di ricerca per decidere poi come assegnare i fondi. Sette i membri del consiglio direttivo in carica per 4 anni per un solo mandato. ________________________________________________ La Repubblica 9 lug. ’11 RIVOLUZIONE SAPIENZA, TAGLIATI FACOLTÀ E CORSI Crescono del 50% le lauree a numero chiuso. A Medicina una magistrale in inglese VIOLA GIANNOLI DIMINUISCONO i corsi di studi, aumentano quelli a numero chiuso e la facoltà di Medicina guadagna una laurea magistrale tutta in inglese. Dopo l'autunno dell'università italiana sconvolta dalla riforma Gelmini e attraversata dalle proteste di studenti, ricercatori e docenti, La Sapienza pensa al prossimo anno accademico che verrà presentato dal 19 a12 1 luglio a "Porte aperte", la tre giorni di orientamento nella cittadella universitaria. Se già da alcuni anni il primo ateneo capitolino ha avviato una riorganizzazione, la riduzione delle facoltà da 23 a 11 varata nel novembre scorso porterà anche quest'anno a una sforbiciata di 27 corsi che passeranno così da 318 a 291 (circa il 10 per cento in meno), divisi tra 165 lauree triennali, 113 magistrali, 13 a ciclo unico e 272 master. «Abbiamo accorpato alcune materie per carenza di iscritti o perché totalmente sganciate dal mondo del lavoro — spiega il rettore Luigi Frati —Ma il taglio maggiore riguarda "corsi doppione" diventati inutili dopo la riunificazione delle facoltà». E le cattedre? Che fine faranno i docenti cui è stato soppresso il corso? «L'eccedenza di professori è un falso problema perché la legge Gelmini ci costringe al blocco del turn over: semmai servirebbero nuove assunzioni» attacca Frati. Il sistema- università, insomma, si è riorganizzato al suo interno, differenziando i moduli di studio o coprendo le cattedre svuotate dai prepensionamenti. Mentre è sul fronte della ricerca che proseguono le polemiche, con il Coordinamento precari dell'università che denuncia: «Dal sito della Sapienza risulta che diversi dipartimenti hanno continuato a pubblicare bandi per attività di ricerca destinati a co.co.co. cui la legge Gelmini preclude questa possibilità, invece di ritagliarli per ricercatori ed assegnisti mettendo un po' d'ordine nella giungla del precariato». L'altro fronte caldo resta quello dell'aumento dei corsi di laurea a numero chiuso, deciso per far fronte alle numerose richieste di iscrizione e agli altrettanti tagli ai finanziamenti da parte del Miur. Oltre a Medicina, Ingegneria edile, Architettura e Professioni sanitarie, il cui accesso programmato è stabilito su scala nazionale, tante saranno le prove selettive locali. I test riguarderanno ben 157 corsi, più de150 per cento del totale. A finire per la prima volta sotto la tagliola dei quiz saranno, ad esempio, gli aspiranti sociologi o le future matricole della magistrale in "Editoria e scrittura" di Lettere. Per tutti gli altri ci saranno comunque verifiche della preparazione non vincolanti. Tra le novità, infine, la graduatoria unica di accesso alle tre facoltà mediche. Gli studenti avranno più scelta e maggiori chance in uno dei tre canali, anche se magari non sarà il preferito. ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 7 lug. ’11 CAGLIARI: NUOVO STATUTO, PROTESTA DEGLI UNIVERSITARI Pronta la prima bozza del documento che dovrà regolare la vita dell’ateneo Corsa a ostacoli per dare più voce agli iscritti Il rappresentante degli studenti Marco Meloni: «Non siamo presenti negli organismi che contano veramente» BETTINA CAMEDDA CAGLIARI. «Lo statuto deve rispettare le esigenze degli studenti», sottolinea Marco Meloni, rappresentante degli universitari nella commissione apposita. A pochi mesi dall’inizio del nuovo anno accademico, la bozza del nuovo documento è pronta ma non soddisfa. La commissione Statuto, insediata il 21 febbraio, presenta la bozza del nuovo Statuto dell’Università degli Studi di Cagliari. «Stiamo ultimando i lavori - spiega Meloni - martedì prossimo è previsto l’ultimo incontro». Una prima stesura della normativa d’ateneo che dovrà essere sottoposta al vaglio del Senato accademico e del consiglio d’amministrazione ed approvata entro il 29 luglio o, con richiesta di una proroga, entro il 29 ottobre. Tuttavia per tanti, a partire dagli studenti universitari, il nuovo modello presenta ancora diversi punti deboli. «È stato un lavoro estenuante per conquistare ogni singola virgola e qualcosa l’abbiamo ottenuta attraverso una serie di emendamenti e grazie al gruppo Unica 2.0 - afferma Marco Meloni - anche se avremmo preferito un altro modello di statuto in grado di garantire e tutelare la partecipazione degli studenti nel processo decisionale dell’Università». Se l’anello debole rischia di essere ancora una volta l’inclusione degli universitari, alcuni risultati sembra siano stati ottenuti. «In questi mesi siamo riusciti a fare inserire le paritetiche, ovvero le commissioni composte da studenti e docenti in eguale numero, sia nelle facoltà che nei consigli di corso - spiega Meloni - abbiamo lavorato affinché lo statuto garantisse il necessario supporto che l’Università deve dare agli studenti a partire da strutture e risorse e abbiamo cercato di includere in tutti i punti le rappresentanze. Ma non siamo riusciti, nostro malgrado, a convincere il Rettore Giovanni Melis a inserire una rappresentanza di studenti nei dipartimenti». Nota dolente perché dipartimenti e Cda restano gli organi decisionali più importanti. Le parole del Magnifico affermano gli studenti, mancano di coerenza. ______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 6 lug. ’11 SASSARI: UNIVERSITÀ, IN SERVIZIO NOVE DOCENTI I nuovi professori ordinari sono risultati idonei nei concorsi del 2010 SASSARI. Il Consiglio di amministrazione e il Senato accademico dell’Università hanno deliberato la chiamata in servizio, a partire da oggi, di nove professori ordinari risultati idonei in seguito a concorsi che si sono svolti durante il 2010. Tre dei nove docenti selezionati provengono dalla facoltà di Medicina e Chirurgia. Si tratta di Maurizio Conti per la cattedra di Diagnostica per Immagini e Radioterapia, Eugenia Tognotti per Storia della Medicina e Francesco Cucca per Genetica medica. Due ordinari prenderanno servizio alla facoltà di Giurisprudenza: Claudio Colombo e Giovanni Maria Uda, entrambi docenti di Diritto privato. Manlio Brusatin insegnerà invece Disegno industriale alla facoltà di Architettura, con sede ad Alghero. Giovanni Nieddu sarà ordinario di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree alla facoltà di Agraria. Mentre Alberto Mario Mura presterà servizio a Lettere e Filosofia per la cattedra di Logica e filosofia della scienza. Ludovico Marinò, proveniente dell’Università Bocconi di Milano, sarà ordinario di Economia aziendale alla facoltà di Economia. Il 20 luglio il Senato Accademico darà il via libera alle prese di servizio di una decina di professori associati e bandirà 24 concorsi per ricercatori triennali a favore di tutte le Facoltà, recuperando circa il 50 per cento del turn-over dei docenti andati in pensione. Sono previsti anche alcuni concorsi per personale tecnico, amministrativo e bibliotecario. ______________________________________________________________ Metro 6 lug. ’11 CAGLIARI: STUDENTI BEFFATI DA NUOVE TASSE Università Giovedì scorso il rettore Giovanni Melis ha ufficializzato il nuovo manifesto degli studi dell’Università di Cagliari. Pochi giorni dopo arrivano le critiche da parte degli studenti: “Eliminare le tasse inutili”. “Il nuovo manifesto continua a prevedere delle tasse ingiuste per gli studenti universitari”. Lo affermano Roberto Mura e Silvia Caria del gruppo di rappresentanza Uniti e Liberi: “Ci sono degli inutili balzelli che continuano ad incidere in maniera pesante e non rispettano nemmeno il rapporto tassa/servizio erogato che dovrebbe giustificarle. Hanno l’unico obiettivo di punire gli studenti fuori corso e non premiano il merito”. In particolare le ingiustizie più evidenti riguarderebbero alcune sovrattasse: “Una tassa per il passaggio di corso che può andare dai 400 ai 1000 euro, un’altra di 50 euro per ogni semestre di inattività se gli studenti non danno esami”. An. De. ________________________________________________ Il Messaggero 10 lug. ’11 ISRAEL: UNIVERSITÀ E MERITO, LA SFIDA DELLA VALUTAZIONE SULLA RICERCA di GIORGIO ISRAEL IL RACCONTO di un'esperienza personale può introdurre l'argomento meglio di molti discorsi generali. Una ventina di anni fa, nel corso di una ricerca sulla storia delle applicazioni della matematica all'economia tra fine Settecento e inizio Ottocento, mi imbattei nel demografo Emmanuel Duvillard de Durand, noto solo per le sue tavole di mortalità usate dalle compagnie di assicurazioni. Scopersi che aveva tentato di entrare nella prestigiosa Accademia delle Scienze di Parigi, mancando per pochissimi voti la competizione con scienziati famosi. La cosa mi intrigò e quando scopersi migliaia di pagine di suoi manoscritti inediti si profilò la figura di uno scienziato di grande livello stroncato da potentati accademici. Riuscii a selezionare il manoscritto della sua opera più originale. Assieme a un collega sviluppammo un complesso lavoro di analisi e inquadramento storico. Alla fine l'inedito, corredato da un nostro lungo saggio, è stato pubblicato in un volume dell'Institut des Études Démographiques di Parigi. Quando, come ormai d'uso, immisi i dati della pubblicazione nel database universitario mi trovai di fronte a una difficoltà. Non si incasellava in alcun modo negli schemi predisposti. Classificarla come monografia? No, perché conteneva l'opera di un altro. Come articolo in volume? No, perché così spariva ogni riferimento all'inedito e al lavoro enorme. Restava la classifica come curatela (volume «a cura di»). Ma questo sviliva in modo inaccettabile il nostro la- • voro: le curatele sono valutate come pubblicazioni di terz'ordine. In fin dei conti, negli algoritmi di valutazione correnti quel lavoro finiva per contare meno di un articolo di rivista, persino meno di un libretto divulgativo. Un tempo questi problemi non si ponevano: si davano esclusivamente giudizi di merito. Oggi si capisce che, in presenza di una produzione scientifica che cresce esponenzialmente, si imponga il ricorso a metodi automatici per compiere un primo setaccio sulla base di parametri standard come primo passo per valutare professori e ricercatori universitari. È altresì comprensibile che si voglia sbarrare la strada a chi non pubblica da anni. Ma anche qui bisogna stare attenti: conosco il caso di uno scienziato italiano in predi-cato di Nobel finito in coda a una graduatoria perché non pubblicava da tre anni, a dispetto del fatto che chi lavora su grandi questioni ha bisogno di tempi lunghi. Insomma, una scrematura è accettabile se il setaccio è ragionevole e non oscura il valore effettivo della ricerca che soltanto un'analisi di merito può attestare. A livello internazionale si sono da tempo affermate tecniche di valutazione bíbliometrica, consistenti nel conteggio del numero di citazioni di un articolo, impact factor, e parametri come h-index, rn- index, g-index e altri in arrivo. Una letteratura sempre più copiosa e autorevole ha messo in luce le assurdità e distorsioni di queSte tecniche, mostrando che esse inducono vere e proprie forme di corruzione della probità scientifica. È comprensibile che esse siano difese dalle multinazionali private che le hanno inventate, e che con esse cercano di controllare il mercato dell'editoria accademica. È incomprensibile che scienziati e uomini di cultura facciano orecchie da mercante e introducano a testa bassa metodologie al centro di una contestazione diffusa. In Italia arriviamo per ultimi nella valutazione istituzionale della ricerca e dobbiamo definire i requisiti minimi nelle idoneità nazionali per diventare professore universitario, come previsto dalla nuova legge di riforma. Dovrebbe essere l'occasione per procedere con i piedi di piombo. È quel che ha fatto il Consiglio universitario nazionale (Cun) in un documento molto apprezzabile che, pur con qualche squilibrio tra i vari settori, avanza proposte argomentate con serietà culturale. Invece, l'Agenzia per la valutazione dell'università e della ricerca (Anvur) di recente istituzione ha prodotto un documento modesto. Esso alza una barriera tra settori scientifici e umanistici. Ai primi riserva la più piatta ortodossia bibliometrica, senza tenere in alcun conto le forti critiche che provengono proprio da questi settori. Per le scienze umane, trattate come una riserva indiana, si avanzano proposte imbarazzanti. Per esempio, si introduce l'assurda categoria degli editori internazionali e nazionali• una mono-grafia pubblicata presso i primi vale tre volte una monografia pubblicata presso i secondi. Ma cos'è un editore internazionale? In realtà la domanda è retorica: sappiamo bene che, in conformità a un consolidato provincialismo all'italiana, internazionale vuoi dire estero, e nazionale italiano. Per cui, un libro pubblicato presso un'infima casa editrice estera vale assai di più di un libro pubblicato da un prestigioso editore italiano. Nella prolusione all'anno accademico dell'Università di Bologna, il professor Tommaso Ruggeri, per sottolineare i rischi della bibliometria ricordò la vicenda del matematico italiano Ennio De Giorgi uno dei massimi matematici del Nove-cento — che, nel 1957, risolse prima e meglio di John Nash (reso celebre dal film «Beautiful Mind») il difficilissimo 19' problema di Hilbert. Il suo lavoro fu pubblicato nelle «Memorie» dell'Accademia delle scienze di Torino, in italiano come tutti i lavori di De Giorgi. Un professore del Courant Institute di New York, nel segnalare il lavoro di De Giorgi, definì le «Memorie» — ovvero la rivista in cui pubblicava Lagrange, uno dei più grandi matematici di tutti i tempi — come «Cittadino» - > «Riscatti Laurea» per poter dunque giungere alla modulistica di sua competenza. Come già accennato sopra infatti, potranno presentare la domanda di riscatto della propria laurea sia i soggetti non iscritti ad alcuna forma previdenziale che abbiano concluso il loro corso di studi, sia i soggetti classificati come occupati e dunque già appartenenti a una forma previdenziale obbligatoria tra quelle citate sopra. Rivolgendo inizialmente l'attenzione a coloro che non hanno ancora un'occupazione, possiamo dire che il servizio consente la possibilità di simulare il calcolo dell'onere del riscatto laurea. Una volta infatti inserite telematicamente le informazioni necessarie quali il tipo di laurea, il corso di studi, l'università, la durata legale e l'anno di iscrizione, la simulazione fornirà come risultato l'onere complessivo da pagare oltre che l'indicazione dell'importo di ciascuna rata considerando una rateizzazione massima di 120 rate (senza l'applicazione di interessi). Vi è anche la possibilità di effettuare un ricalcolo della simulazione dell'onere, personalizzando il numero delle rate e la durata del periodo che si intende riscattare. Una volta impostata la simulazione, l'utente, acconsentite tutte le dichiarazioni di responsabilità, dovrà compilare il modulo pro-posto dalla procedura i cui dati anagrafici sono impostati e non modificabili. Andrà invece specificata la sede Inps, almeno un recapito tra quelli proposti ed alcuni dati relativi al corso di studi allegando, inoltre, il proprio documento d'identità (in formato elettronico), il certificato di laurea o, alternativamente, una dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante tipologia del titolo, data di conseguimento, università che lo ha rilasciato e durata legale degli studi (con specifica dei periodi in corso e non). Una volta inserite tutte le suddette informazioni, l'utente potrà inviare la domanda per poi ricevere, telematicamente, una ricevuta in pdf con relativo numero di protocollo. Veniamo ora alla trattazione di chi voglia riscattare la propria laurea ed abbia già un'occupazione. Il sistema telematico consente il riscatto automatico del corso di laurea a tutti coloro i quali abbiano versato i propri contributi in un unico fondo e, allo stesso tempo, presentino la domanda in uno dei seguenti fondi di gestione previdenziale: fondo gestione separata, fondo lavoratori dipendenti e fondi equiparati, fondo gestione artigiani, fondo gestione commercianti, fondo gestione coltivatori mezzadri, fondo gestione coltivatori diretti. Coloro dunque che abbiano versato in più fondi gestione o che abbiano versato in un unico fondo anche se diverso da quelli elencati, non potranno utilizzare il canale telematico ma dovranno richiedere un appuntamento in sede con un consulente Inps. Ciò detto, anche in tale domanda, le fasi da dover seguire possono essere riassunte in tre: una prima in cui l'utente, come nel caso precedente, dovrà acconsentire a tutte le dichiarazioni di responsabilità indicate per accedere alla fase successiva. Si dovrà poi compilare il modulo della domanda proposto dalla procedura e composto sia da campi preimpostati e non modificabili sia da campi di inserimento (tipo di corso, durata, università, modalità di pagamento numero rate ecc.). Anche in tale domanda, così come precedentemente specificato, sarà obbligatorio allegare alla pratica telematica il certificato di laurea o la dichiarazione sostitutiva oltre che la fotocopia del documento di identità scansionati. Arrivati a tal punto, si potrà provvedere all'invio della domanda ottenendo in tempo reale una ricevuta telematica protocollata. Differenti modalità di pagamento. La circolare Inps elenca cinque differenti modalità di pagamento con riferimento al riscatto del proprio corso di laurea a prescindere da chi intenda porlo in essere. Il bollettino Mav presso una qualunque banca e presso tutti gli uffici postali, la modalità online sul sito internet dell'Inps nella sezione «servizi online» utilizzando la carta di credito per perfezionare il pagamento, la telefonata al numero verde gratuito presente sul sito e mediante utilizzo della propria carta di credito, l'adesione al circuito «Reti Amiche» mediante il codice fiscale del titolare della pratica ed il numero della stessa od, infine, il servizio di autorizzazione permanente di addebito su conto corrente bancario (Rid). ________________________________________________ Il Riformista 9 lug. ’11 GELMINI FRENA SU ABOLIZIONE DEL VALORE LEGALE DELLA LAUREA UNIVERSITÀ. In Italia si torna a discutere del tema ed è scontro tra favorevoli e contrari. La commissione Cultura al Senato è già al lavoro da settimane, ma il ministro dell'Istruzione ricorda che serviranno ancora anni per adeguare il sistema italiano. DI ALESSANDRO D'AMICO ? Da qualche settimana in Italia si parla nuovamente di abolire il valore legale del titolo di studio, ma, nonostante la proposta arrivi dalla stessa maggioranza, il governo frena. È già in corso al Senato un'indagine conoscitiva sugli effetti connessi all'eventuale abolizione e, dal mese di maggio ad oggi, la commissione per l'Istruzione pubblica e i Beni culturali ha tenuto nove audizioni proprio per ascoltare il parere delle parti chiamate in causa. Nell'ultima seduta, quella del 5 luglio, a parlare è stato il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, che, pur essendo da sempre favorevole all'idea, ha detto sostanzialmente che i tempi non sono ancora pronti e che serviranno vari anni affinché il sistema italiano si adegui agli standard europei e sia possibile una simile riforma. Il concetto era già stato messo nero su bianco nel piano per l'occupazione dei giovani "Italia 2020", presentato lo scorso autunno insieme al ministro del Lavoro Sacconi, in cui si legge che «al valore legale del titolo deve gradualmente sostituirsi la logica dell'accreditamento dei corsi, valutati per la loro capacità di offrire una preparazione di alto livello qualitativo». Insomma, il "grande passo" si farà, ma bisogna ancora aspettare. La schiera dei favorevoli lo chiama così perché lo considera un positivo superamento del vecchio sistema accademico e un'apertura verso la liberalizzazione dell'educazione e della formazione. Primo firmatario della proposta di legge presentata un anno fa è l'onorevole del Pdl Fabio Caragnani. L'ex ministro della Salute Girolamo Sirchia ha poi riacceso la discussione un mese fa, schierandosi a favore durante un seminario di fronte ad alcune associazioni sindacali dei medici. L'idea, lanciata per la prima volta dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nel '59, piace anche ad alcuni del Pd, come il sindaco di Firenze Renzi, al Movimento a cinque stelle di Grillo, ai Radicali, oltre che a diversi accademici e intellettuali. D'accordo anche il mondo imprenditoriale e Confindustria: Claudio Gentili, direttore del settore Education, spiega che l'abolizione del valore legale della laurea «permetterebbe a chiunque di istituire un'università, lasciando che il mercato faccia da regolatore del valore, sostanziale e non formale, dei titoli rilasciati. E, inoltre consentirebbe l'accesso ai concorsi pubblici a chiunque, indipendentemente dagli studi compiuti, o che chiunque potrebbe sostenere l'esame di abilitazione alle professioni di avvocato, ingegnere o medico senza essere laureato in giurisprudenza, ingegneria o medicina». Parole queste che hanno suscitato l'ira di sindacati e di numerose associazioni che raggruppano docenti, studenti e ricercatori universitari e anche dei vari ordini professionali. Il timore principale è quello che una liberalizzazione selvaggia non solo abbassi la qualità della formazione, ma aumenti anche le disuguaglianze sociali ed economiche. Più moderata la posizione del Crui, l'associazione che riunisce i rettori delle università italiane, che non esclude l'ipotesi, ma ritiene che servano delle «precondizioni per effettuare una transazione morbida». ________________________________________________ Il Manifesto 4 lug. ’11 BOLOGNA UN REFERENDUM BOCCIA LA GELMINI Un referendum autoconvocato dalle organizzazioni sindacali e da quelle dei docenti "preoccupati" (studiosamo,it/docenti-preoccupati) ha bocciato il nuovo statuto dell'università di Bologna. Duemila e duecentocinquantasei docenti, studenti, precari della ricerca e amministrativi, hanno rifiutato i pilastri dello statuto che adotterà la riforma dell'università targata Gelmini. Il Consiglio di amministrazione non dev'essere composto da membri (compresi tre "esterni" o privati) nominati dal Rettore, è poreferibile una rappresentanza paritetica di genere e quella di tutte le categorie (precari compresi). Le elezioni dei presidi delle facoltà e dei direttori dei dipartimenti dev'essere democratica e questo modello dev'essere esteso anche alle elezioni del rettore che al momento escludono il personale tecnico-amministrativo. L'esperimento bolognese è il primo tentativo di consultazione su una riforma che verrà introdotta negli atenei italiani senza ascoltare la comunità accademica. ________________________________________________ Italia Oggi 7 lug. ’11 IL VENETO SCIPPA LE BORSE DI STUDIO La Donazzan chiede ai rettori di anticipare i soldi stanziati dallo stato e spesi dagli assessori La regione fa finanza creativa con 5 milioni degli studenti Cari rettori, potreste anticipare voi questi cinque milioni per le borse di studio che ci siamo già spesi? Pare che alla riunione convocata d'urgenze dall'assessore veneto al Diritto allo studio, Elena Donazzan, i magnifici degli atenei della regione abbiano strabuzzato gli occhi alla candida proposta. Il padovano Giuseppe Zaccaria, il veronese Alessandro Mazzucco e i veneziani Carlo Carraro e Amerigo Restucci, rispettivamente di Ca' Foscari e Iuav di Venezia, non avevano tocco ed ermellino ma, una volta superato lo smarrimento iniziale, sembra abbiano risposto marzialmente, come un sol uomo: «No»! I rettori hanno delineato una vera e propria linea del Piave che passa ora dal sestiere di Dorsoduro a Venezia, sede della Regione: quei soldi, stanziati dal ministero dell'Istruzione appositamente per le borse di studio degli studenti degli atenei veneti e impiegati dal governo regionale in altro modo, dovranno uscir fuori dalle medesime casse. Ci voleva la faccia tosta della bassanese Donazzan, 39 anni, pidiellina in quota An, già militante del Fronte della gioventù, con un sito personale pieno di citazioni di Condreanu, Evola, Pound, padri del pensiero post-fascista, per presentare agli accademici una richiesta tanto balzana che, stante i suoi riferimenti culturali, poteva suonare quasi come un «Me ne frego». Il diritto allo studio è infatti materia di stretta competenza regionale, come nella serata di ieri i rettori hanno ricordato, con un secco comunicato congiunto. Richiesta che la stessa assessora ha mascherato diffondendo, nelle stesse ore, una nota stampa edulcorante: «Ho riscontrato da parte dei rettori del Veneto non solo una riconfermata volontà di coinvolgere la Regione nello strategico progetto di Univeneto (progetto di un superateneo regionale, ndr), ma un atteggiamento propositivo per risolvere alcune problematiche, in primis quella relativa ai problemi di cassa dovuti al Patto di Stabilità». Per la Regione Veneto non rimane che la via al ricorso al finanziamento bancario per rimediare, di cui a settembre, alla finanza creativa dei propri assessorati. ________________________________________________ Italia Oggi 7 lug. ’11 LA RIVOLUZIONE DIGITALE È MONCA Nonostante il grande impegno di Renato Brunetta, che è l'unico a essersi dato da fare sul serio Volete comunicare col comune di Roma? Lasciate perdere DI SERENA GANA CAVALLO L’ingresso tardivo delle amministrazioni pubbliche italiane nell'era moderna digitale, annunciato per decenni, inizia con un minimo di concretezza nel giugno 2003 con l'istituzione del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (Cnipa) in sostituzione ed assemblaggio di due precedenti istituzioni che poco avevano prodotto nei decenni precedenti. Ministro per l'innovazione, all'epoca, Lucio Stanca, già presidente Ibm e ministro della la pubblica amministrazione. Luigi Mazzella, in precedenza avvocato generale dello Stato e successivamente passato alla Corte Costituzionale: due delle «meteore tecniche» d'alta scuola su cui puntava il Silvio Berlusconi innovatore. Nel 2006 arriva Romano Prodi e con lui, all'Innovazione e alla Funzione Pubblica, ci va il ministro Luigi Nicolais, ingegnere ed eccelso esperto nelle tecnologie dei polimeri e materiali compositi, e passa rapidamente, come il governo di cui fa parte, senza lasciare tracce o progressi sia nell'innovazione che nella pubblica amministrazione. Nel 2008 arriva il vulcano Renato Brunetta che inizia a promuovere, con indirizzi draconiani, la tanto attesa riforma della pubblica amministrazione e dà un deciso impulso , con la precisazione di compiti, finalità e modalità di funzionamento del Dipartimento perla digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica che, tra l'altro, con piani e controlli triennali, dovrà operare nei confronti di amministrazioni pubbliche, cittadini ed imprese per lo sviluppo della digitalizzazione delle attività degli uffici. Un cardine di questa innovazione è la posta elettronica certificata, attraverso la quale cittadini e amministrazioni varie possono comunicare con lo stesso valore di missive raccomandate. Una casella di posta elettronica certificata viene messa a disposizione gratuitamente di ogni cittadino ne faccia richiesta e, ovviamente, sul versante opposto, deve esserci un indirizzo cui scrivere. Naturalmente c'è anche un indirizzario consultabile, sia pure un po' macchinosamente, dove troverete la casella magica in cui riversare richieste, eventualmente proteste, magari apprezzamenti o suggerimenti. Consultando l'indirizzario si apprende che tutte le città capoluogo di regione, o quasi, oltre a innumerevoli grandi e piccoli comuni hanno un indirizzo di posta certificata a disposizione dei cittadini. Si apprende anche che a Torino il sindaco è ancora Sergio Chiamparino, che a Napoli responsabile della casella non è il sindaco attuale né quello precedente, ma tale Elvira Capecelatro che su google risulta come Director dello Sports Activity Promotion Service della City of Naples, indirizzo San Paolo Stadium - Tribuna Posillipo, via Claudio. Si apprende, sempre dall'indirizzario, che l'unico sindaco di città capoluogo di regione in tutta Italia che metta a disposizione dei cittadini, oltre alla sua, anche delle caselle di posta per la Polizia Municipale, la direzione del Consiglio comunale, la Direzione generale del Comune e il Segretario generale, è Matteo Renzi, sindaco di Firenze e, alla luce dei fatti, personaggio eccezionale. A lui fanno da contraltare il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il comune da lui amministrato, con i quali in nessun modo potrete mettervi in contatto perché la posta certificata ancora non hanno scoperto cosa sia, ma forse è un modo per sottolineare quanto Roma sia speciale ed unica. Si apprende infine che la rivoluzione informatica brunettiana è ancora più vernice che sostanza, perché, se scrivete a una qualche struttura, nel caso specifico che possiamo citare, ad Arpalazio, agenzia regionale per l'ambiente, passate due settimane ancora non vi rispondono. L'Italia è la grande incompiuta e tale resta. ________________________________________________ La Stampa 7 lug. ’11 LA SICUREZZA TOTALE E’ UTOP1A BRUNO RUFFILI Non è facile capire cosa sia davvero nascosto nei file che LulzStorm ha messo on line, distribuendoli sui canali di BitTorrent e su vari siti. Quello che riguarda Torino, ad esempio, è brevissimo, appena 13 nomi, con relative mail e numeri di telefono, mentre quello della Bocconi raccoglie i dati di migliaia di studenti e docenti. Le password ci sono, alcune certamente funzioneranno, e c'è già chi ha provato a usarle anche su Facebook o altrove, pare con successo (molti adoperano sempre le stesse, per evitare di mandarne a memoria decine). In tempi di tagli a stipendi e finanziamenti, gli atenei sono spesso costretti a risparmiare sulle spese per garantire la protezione di dati riservati. Che secondo gli hacker rimangono tali solo perché a nessuno viene in mente di accedervi. Non è un'operazione alla por tata di chiunque, ma nemmeno una manovra da «Wargames», anche se, proprio come nel film, basta trovare il punto debole del sistema per accedervi. E allora - grazie a LulzStorm - si scopre che i dati sono conservati in chiaro, mentre un'elementare cautela suggerirebbe di criptarli con una codifica che impedisca di usarli così come sono. Che poi login e password siano aggiornati e siano davvero utilizzabili per sostituirsi a qualche Magnifico Rettore e mandare mail false, è tutto da provare, però intanto sorge il dubbio che altre istituzioni siano vulnerabili come le università. Il sito delle Poste, ad esempio, fu violato nell'ottobre di due anni fa, sia pure senza danni per la sicurezza, ma non è detto che domani non tocchi a una banca o a un ministero. Non c'è computer collegato a Internet che non sia in qualche modo accessibile all'esterno: difendersi è possibile, ma richiede investimenti e professionalità. E magari un minimo di astuzia anche da parte degli utenti: non si può usare «Passwordl» come password. ____________________________________________________________ ICTBUSINESS.IT 06-07-2011 IL PRIMO SUPERCOMPUTER ITALIANO E ANCHE ECOLOGICO Il PLX del CINECA si aggiudica il primo posto per potenza tra i supercomputer presenti in Italia, e il primo posto in europa per efficienza energetica. Tutto grazie alla combinazione di cluster IBM con GPU Nvidia. Il Supercomputer più veloce d'Italia è il PLX di Cineca, il Consorzio Interuniversitario senza scopo di lucro, e SCS (SuperComputing Solutions). La sua potenza di calcolo lo colloca inoltre al 54esimo posto della classifica globale e al quinto posto assoluto (primo in Europa) nella classifica Green500 che raccoglie i calcolatori con più alto grado di efficienza energetica a livello mondiale. PLX Cineca Il PLX sarà usato per svariate attività di ricerca, nei campi della fluidodinamica, della geofisica, delle scienze della vita e dei materiali e altri. Oltre ai ricercatori italiani, vi potranno accedere anche quelli europei grazie al programma di collaborazione PRACE. Basato su 274 nodi IBM iDataPlex M3, ciascuno dei quali equipaggiato con 2 GPU NVIDIA Tesla M2070, 2 socket Intel Westmere e 48 GB di memoria di sistema, il cluster PLX si avvale anche di ulteriori 10 nodi IBM iDataPlex M3 (anche questi dotati di GPU NVIDIA Tesla), che sono preposti alle operazioni di indirizzamento e visualizzazione remota dei task. Compatti e altamente scalabili, gli IBM iDataPlex sono stati scelti anche in virtù dei loro contenuti consumi energetici e delle limitate emissioni di calore. "Grazie allutilizzo delle GPU Tesla, il PLX è in grado di raggiungere gli obiettivi più ambiziosi non solo sul piano delle prestazioni, ma anche per quanto riguarda i consumi energetici", ha commentato Ddmondo Orlotti, HPC Business Development Manager Education & Research Sud Europa di NVIDIA. Marco Briscolini di IBM Italia spiega che "Il PLX è in grado di fornire complessivamente una potenza pari a 142TFLOP". Cineca è un Consorzio Interuniversitario senza scopo di lucro formato da 50 Università italiane, l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS il Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR e il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - Miur. Oggi è il maggiore centro di calcolo in Italia. SCS è invece una partnership tra il Cineca e partner privati, ed ha l'obiettivo di fornire servizi a valore aggiunto e attività di trasferimento tecnologico nel campo del calcolo ad alte prestazioni. ________________________________________________ Corriere della Sera 5 lug. ’11 COME BUTTARE 14 MILIARDI SENZA FARE QUASI NULLA di SERGIO RIZZO Sono passati più di dieci anni da quando Silvio Berlusconi disegnò a Porta a Porta il grande piano infrastrutturale che avrebbe dovuto modernizzare l'Italia. Per fare un paragone storico, nel decennio compreso fra il 1861 e il 1872 vennero costruiti in Italia circa 5 mila chilometri di ferrovie. Ma senza andare tanto a ritroso, la realizzazione dei 754 chilometri dell'Autostrada del sole, fra il 1956 e il 1964, richiese appena otto anni di lavori. A un ritmo di 94 chilometri l'arino il Paese cambiò faccia. Non siamo nell'Ottocento e nemmeno negli armi del boom, d'accordo. Resta il fatto che dal 2001 a oggi è cambiato poco o nulla. Tranne qualche eccezione, come il Passante di Mestre (fatto in regime di commissariamento e tuttora commissariato) quelle infrastrutture del sogno berlusconiano sono rimaste segni di pennarello nero su un foglio bianco. A dispetto delle promesse e delle favole che ci vengono frequentemente raccontate. Il io dicembre 2010 il presidente del Consiglio ha detto: «Nei prossimi due armi di legislatura apriremo cantieri e ne completeremo per 55 miliardi di euro». Due mesi dopo ha ammesso che in Italia «c'è il 50% in meno di infrastrutture rispetto a Francia e Germania», aggiungendo che è colpa tante del nostro enorme debito pubblico quante degli «ecologisti di sinistra». Difficile dire se i protagonisti degli scontri con la polizia in Val di Susa siano qualificabili come «ecologisti di sinistra». Di solito quando si sconfina nel codice penale la passione politica c'entra poco. Che però spesso un pregiudizio radicale, travestito da malinteso e ottuso ambientalismo, abbia complicato la vita a ferrovie e autostrade, è innegabile. Ma la paralisi delle infrastrutture e il conseguente rischio di perdere anche cospicui finanziamenti europei (come nel caso, appunto della Tav in Val di Susa) non possono essere naturalmente addebitati solo alle pressioni ecologiste. Indipendentemente dalle ragioni, in molti casi legittime, di chi si oppone per motivi ambientali, l'Italia si è trasformata nel «Paese del non fare». Non fare, naturalmente, le infrastrutture: perché in questi ultimi dieci anni abbiamo comunque consumato territorio a una velocità, accusa Salvatore Settis in Paesaggio Costituzione Cemento, di 161 ettari al giorno, pari a 251 campi di calcio. Si continua ad allagare le nostre pianure con orrendi capannoni industriali e centri commerciali e a distruggere il paesaggio con colate di costruzioni abusive o legali, mentre è diventato quasi impossibile fare un'autostrada o una ferrovia. Per le opere pubbliche: non ci sono i soldi, è il ritornello. Ma un bel contributo lo dà anche il nostro curioso federalismo al contrario, con le sue competenze polverizzate fra miriadi di enti locali e le Regioni che a colpi di ricorsi al Tar o alla Corte costituzionale sono in grado di bloccare tutto. Senza citare il colpevole principale: l'assenza della politica. Perché un conto sono le promesse da campagna elettorale e le dichiarazioni per finire sui titoli dei giornali, un altro impegnarsi a far marciare i cantieri. Emblematico è il caso del controverso Ponte sullo Stretto di Messina: ci sono i costruttori pronti, i denari per cominciare e il progetto definitivo. Ma non c'è la volontà politica ed è tutto fermo. Il risultato di questa situazione è sotto gli occhi di tutti. Nel 1970 l'Italia era il Paese con la maggiore dotazione autostradale d'Europa, seconda soltanto alla Germania. Oggi è in fondo alla lista. I nostri 6.588 chilometri sono circa metà degli 11.400 della Spagna, Paese che nel 1970 ne aveva appena 387. L'Italia è oggi al top della congestione europea, con 6 mila autoveicoli per ogni chilometro di autostrada, contro i 2.300 della Spagna e i 3.300 della Francia. Per tacere delle ferrovie (rispetto al 1970 la rete è aumentata di appena i14% mentre i passeggeri sono aumentati del 50%) e della condizione angosciante nella quale un Paese con 8 mila chilometri di coste abbandona infrastrutture strategiche come i propri porti. E si continua così, complice anche lo stato malandato delle nostre finanze pubbliche. L'Ance denuncia che il governo non ha previsto alcun contributo per gli investimenti dell'Anas e ha tagliato di 922 milioni i fondi destinati alle ferrovie. Uno studio condotto da Agici-finanza d'impresa (di cui è partner l'Associazione dei costruttori) ha calcolato che soltanto negli ultimi due anni il costo per il Paese della «ritardata realizzazione delle infrastrutture programmate» avrebbe toccato 14,7 miliardi di euro. Un terzo della manovra che ci apprestiamo a digerire. ________________________________________________ Il Giornale 8 lug. ’11 SPRECHI BESTIALI PER BALENE E PIPISTRELLI Le strane spese del ministero dell'Ambiente. Quanti soldi buttati pure sui binari morti inchiesta a cura di Gian Maria De Francesco Attenzione! Rischiamo di perdere il Santuario dei mammiferi marini, altrimenti detto dei cetacei. L'allarme è stato lanciato nel maggio scorso dagli assessorati all'Ambiente di Liguria e Toscana perché il segretariato esecutivo dell'organizzazione si sta trasferendo a Montecarlo. L'appello è rivolto al ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, già incalzata più e più volte sul tema da Legambiente. Eppure ben a guardare lo stato di previsione 2011 del ministero non si può dire che l'Italia non faccia niente. Ci sono oltre 119mila euro per questo capitolo. 94mila euro perla sua attuazione e 25mila euro perii comitato di pilotaggio. D'altronde si tratta dell'esecuzione di un accordo internazionale per preservare lo spazio marittimo compreso tra Sardegna, Toscana, Liguria, Costa Azzurra, Provenza e Principato di Monaco. L'area più densa di cetacei del Mediterraneo: delfini, capodogli e similari E il ministro è così sensibile che l'anno scorso ha pure bloccato una competizione motonautica in Toscana per evitare che il rumore delle imbarcazioni disturbasse i mammiferi marini Pacta sunt servanda, dicevano gli antichi romani «Gli accordi si devono rispettare». Come l'accordo Eurobats che all'Ambiente costa altri 45mila euro. Cos'è Eurobats? Lo dice la parola stessa: è l'accordo europeo perla tutela elo studio dei chirotteri, cioè dei pipistrelli. Sapevate che in Italia cene sono 34 specie? Dal Molosso di Cestoni all'Orecchione sardo. Grazie a Eurobats, ai ricercatori e ai volontari italiani lo sappiamo. D'altronde, gli obblighi connessi alla sottoscrizione di accordi internazionali pesano per circa 48 milioni di euro. Non sarà certo Eurobats a mandare in rovina i conti pubblici. Siamo un Paese ambientalista, lo hanno dimostrato i referendum sul nucleare. Quindi cosa importano i 32 milioni di partecipazione al Fondo per il protocollo di Kyoto o gli 1,5 milioni per le campagne di informazione e sensibilizzazione sull'accordo per la biodiversità di Rio de Janeiro? E poi non sono proprio pochi 163mila euro per il trattato sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori? Conservare la natura ha il suo costo. Che non è poi così eccessivo. I contributi agli enti parco ammontano a poco più di 12 milioni di euro.I1Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise riceve 2,3 milioni ché la tutela dell' orso marsicano e del lupo è un fiore all'occhiello dell' ambientalismo «made in Italy». Ma tra gli enti che ricevono sovvenzioni c'è anche il Parco geominerario del Sulcis-Iglesiente, una sorta di memoria storica delle miniere dismesse. Tra le prime delibere del 2011 del commissario straordinario dell'istituzione 3Mila euro per il Terzo torneo nazionale di balestra antica, 5mila euro al comune di Orani per la partenza della tappa del Giro di Sardegna e l'acquisto di 100 copie del volume Le laverie delle miniere di Monteponi dal 1960 al 1965 per 2.028 euro Iva compresa. Alla fine sembra quasi un ingiustizia che all'Ente geopaleontologico di Pietraroja, provincia di Benevento, vadano solo 243mila euro. Infondo, si deve preservare «Ciro», il nomignolo affibbiato al fossile dello Scipionyx Samniticus, un piccolo dinosauro morto dopo poche settimane di vita e uno dei pochi resti al mondo visibile nelle sue parti molli. Altro che balestre! Ambiente vuol dire anche mobilità sostenibile. E mobilità sostenibile vuol dire recupero delle tratte ferroviarie dismesse, una «genialata» dell'ultima Finanziaria del governo Prodi che trovò 2milioni per dodici tratte ferroviarie di- smesse compresala Gioa del Colle-Palagiano e la Lagonegro-Castrovillari. In cassa risultano 500mila euro e in quattro anni risulta avviato il recupero ciclopedonale della Voghera-Varzi. Altra eredità dei tempi di Pecoraro Scanio è il fondo per la potabilizzazione delle acque di rubinetto. Lo stanziamento 2011 è di un milione: servirebbe per bere meno acqua imbottigliata e inquinare meno. Infatti si finanzia in parte con un contributo di 0,005 euro su ogni bottiglia di materiale plastico. La tecnologia delle celle combustibili, rivoluzione «verde» del futuro? A disposizione un milione di euro che sono meno dei7milioniperilfondo rotativo per la riduzione delle emissioni di gas serra, ma bisogna pur accontentarsi. Non sono grandi cifre ma sono pur sempre significative. Il fondo per la mobilità sostenibile nelle aree urbane, invece, vale 40 milioni di euro. Con questi si possono promuovere il car sharing, il bike sharing, l'utilizzo di veicoli a basso impianto ambientale e anche le piste ciclabili e la pedonalizzazione di alcune strade. Poi ci sono 24 milioni circa per l'efficienza energetica dei quali 20 milioni destinati al solare termodinamico Conflitto questo d’affare bisogna anche pianificare gli interventi. Infatti ben 1;8 milioni sono destinati agli studi e alle ricerche per la riduzione dell'inquinamento e 1,7 milioni alla «progettazione di interventi ambientali e promozione di figure professionali». E poi c'è l'Ispra, l'istituto che per conto del ministero si occupa delle tematiche ambientali. Costa circa 78 milioni di euro e lo ha creato la manovra triennale tremontiana del 2008 accorpando tre enti e dunque risparmiando Si occupa di tutto ciò che ambiente: dal bollettino dei pollini alla cartografia alle certificazioni ambientali europee (Emas ed Ecolabel). E c'è pure un Comitato ecolabel ed ecoaudit per il quale sono stanziati 300mila euro. D'altronde, adeguarsi alle normative europee ha un costo. E poi quell'1,35 milioni per l'Agenzia per la sicurezza nucleare in cassa non saranno spesi tutti. Magari si recupererà qualcosa per altri capitoli come corsi di formazione e convegni attualmente a quota 341 mila euro o per rifinanziare l'attività del Magistrato alle acque di Venezia per quanto riguarda Garda e Mincio (883mila euro). Anche se volendo si potrebbero trovare un po' di risorse per i musei sommersi di Baia e La Gaiola nelle acque napoletane. Con gli attuali 235mila euro non si può certo scialare. ________________________________________________ Il Giornale 9 lug. ’11 MA QUALE SPRECO, PER AMBIENTE IN ITALIA SPENDIAMO ANCORA TROPPO POCO di Stefania Prestigiacomo Caro Dirèttore, l'articolo «Sprechi bestiali per balene e pipistrelli» sulle «strane spese» del ministero dell'Ambiente mi sembra non bene informato sulla qualità dell'attività del ministero. Il vostro pezzo tuttavia un merito ce l'ha: quello di aver spiegato a vostri lettori che, nonostante la scarsezza di risorse, ci occupiamo della natura e della sua protezione, della lotta all'inquinamento, della mobilità sostenibile nelle nostre città e delle energie pulite, che sono poi i compiti istituzionali del ministero dell'Ambiente. Ci addebitate che sperperiamo risorse per il per il «Santuario dei Cetacei» del Tirreno. Sono spese, che come si rileva peraltro nell'articolo, discendono da un trattato internazionale per preservare un eccezionale «giacimento» di fauna marina. Potremmo, naturalmente, fregarcene dei cetacei o degli uccelli migratori e, in generale, della qualità del nostro mare e della nostra natura, risparmiando i pochi fondi destinati per queste finalità. Ma io credo che l'ambiente non sia una risorsa residuale e minore per il nostro Paese, ma una delle sue principali attrattive, per le quali non si spende troppo, ma semmai troppo poco. Stesso discorso, anche se si può prestare a facili ironie, per l'accordo «Eurobats», l'intesa europea per la protezione dei pipistrelli, una specie classificata in via d'estinzione nei protocolli internazionali e che svolge una funzione importante nell'ecosistema sia in agricoltura, cibandosi di molte specie di insetti nocivi per le colture, che nell'ambiente urbano rappresenta un antidoto «naturale» alla proliferazione delle zanzare. Il Protocollo di Kyoto è un impegno nell'ambito di una convenzione Onu che va quindi attuato a pena sanzioni e, in ogni caso, gli investimenti per incentivare la ricerca, le rinnovabili e l'efficienza energetica sono di valore strategico e ricchi di prospettive di sviluppo, anche occupazionale. Ma se vengono considerate sprechi le spese per le convenzioni internazionali, potremmo uscire dal' Onu. Risparmieremo di più... E le risorse per la biodiversità rappresentano briciole in rapporto al valore della sfida. «Biodiversity is business» dicono gli anglosassoni sostenendo che le straordinarie oasi di biodiversità del nostro Paese (aree verdi, fiumi, laghi, zone umide) oltre ad avere un ruolo decisivo nell'equilibrio dell'ecosistema e a fornire «servizi» al territorio, basti pensare al regime delle acque e alla difesa dal dissesto idrogeologico, possono rappresentare straordinarie fonti di sviluppo turistico sostenibile. (...)La realtà, caro direttore, è che gli sprechi non abitano da noi perché non appartengono alla nostra cultura ed al nostro modo di gestire la cosa pubblica. Seminai il ministero ha dimostrato straordinaria efficienza contenendo le spese e facendo fronte ai propri compiti istituzionali: basti pensare alle 800 autorizzazioni Via e Aia che hanno rimesso in moto opere pubbliche ferme da anni. Invitiamo anzi il Giornale ad aprirsi, senza pregiudizi, ai temi della difesa dell'ambiente. Una sensibilità che non nasce a sinistra ma nei circoli moderati europei e poi, negli ultimi decenni è stata «acquisita» dalla sinistra con tutti gli eccessi che l'hanno spesso resa invisa: dalla politica dei «no» dell'ecologismo ideologico dei verdi nostrani, al recente squadrismo violento di settori dei «No Tav» in Val di Susa. Caro Direttore, per noi ambiente significa città più vivibili, mare pulito, una moderna industria sostenibile; significa coniugare sviluppo economico e tutela della salute e del territorio. Senza ideologismi, senza pregiudizi, senza bandiere politiche perché l'ambiente è di tutti. Questa è la nostra battaglia, ci piacerebbe avere il Giornale fra i nostri, attenti e critici, alleati. *Ministro dell'Ambiente, Tutela del territorio e del mare Onorevole Ministro, le Sue preoccupazioni sono condivisibili, ma esiste la possibilità di rimodulare la spesa e di chiedere il sostegno dei privati anche per onorare gli impegni inderogabili derivanti dai trattati internazionali. Con stima. ========================================================= ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 9 lug. ’11 CORTE DEI CONTI 2010: MANCANO I SOLDI DELLO STATO CORTE DEI CONTI. Il giudizio sul rendiconto della Regione per il 2010 Bilancio, pesano i mancati trasferimenti da Roma Per la prima volta nel triennio in Regione calano residui passivi e disavanzo, ma resta alto l'indebitamento. Sono le note positive emerse durante l'udienza a sezioni riunite della Corte dei Conti, chiamata a dare il giudizio di parificazione del rendiconto regionale 2010. Da una parte il presidente della Corte, Mario Scano, dall'altra il capo della sezione controllo, Anna Maria Carbone Prosperetti, e il viceprocuratore generale Donata Marras, hanno fotografato lo stato di salute e le criticità del bilancio. LA VERTENZA ENTRATE Complessivamente migliora la salute dei conti: l'esercizio 2010 si è chiuso con un disavanzo di 1344 milioni di euro (38,47% in meno rispetto a quello registrato a dicembre del 2009). I residui passivi finali si sono ridotti a 6.750 milioni di euro, scesi dell'8,58% rispetto al 2008 e del 13,81% nei confronti dell'esercizio successivo. Nonostante i tentativi di contenere l'indebitamento (- 7.70% rispetto all'anno prima), i magistrati hanno ritenuto ancora troppo elevati i debiti regionali, pari a 2.152 milioni di euro. A pesare sono i mancati trasferimenti dello Stato: appena 7,06% delle entrate, con una riduzione dal 2008 del 74,07%. A questo riguardo, la Corte si è augurata una definizione rapida della vertenza con lo Stato. Da monitorare i fondi destinati a società miste, enti partecipati, fondazioni e quant'altro: i magistrati contabili hanno chiesto più controlli, soprattutto su come vengono spese le risorse. È il caso della Teatro Lirico di Cagliari (9 milioni di euro): i giudici pretendono, vista la difficoltà finanziaria dell'ente, un'attenta verifica sull'attività svolta e sulla gestione. Stesso discorso per le università: 25 milioni di euro per gli Atenei, coi magistrati che spronano su un'attenta verifica del loro utilizzo. I FONDI Tra le voci critiche quelle sull'utilizzo dei fondi Por (a cinque anni dall'avvio del Programma risulta impegnato appena il 22 % delle risorse) e la crescita della spesa sanitaria, in particolare quella farmaceutica salita del 19 % nel quinquennio 2006/2010. LE REAZIONI «La Corte conti annuncia un intervento della procura per danno all'erario», denuncia Marco Espa, Pd, «ne prendiamo atto come segnale di una situazione grave». Soddisfatto del parere dei giudici contabili il vicepresidente della Regione, Giorgio La Spisa: «Certamente permangono delle criticità, ma la positiva conclusione del giudizio di parificazione ci sprona a proseguire sulla strada intrapresa». Di diverso avviso Francesca Barracciu, (Pd): «Calo del disavanzo e dei residui passivi è ben poca cosa se non si definisce immediatamente la vertenza sulle entrate». A lei ha replicato Mario Diana (Pdl): «Cerca di attaccare la maggioranza per nascondere la fallimentare gestione della giunta di centrosinistra, certificata dalla Corte», mentre Carlo Sanjust (Pdl) ha riassunto con una battuta: «Niente luci e ombre, ma aspetti positivi e meno positivi». Francesco Pinna ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 9 lug. ’11 LIORI: SPESA SANITARIA GRAZIE A ME OTTIMO RISULTATO» «Come in altre occasioni, appena spuntano i numeri della spesa sanitaria che sovrappongono la gestione Dirindin con la mia, l'opposizione rispolvera i soliti comunicati di attacco e di richiesta di dimissioni, assolutamente irricevibili», dice l'assessore alla Sanità, Antonello Liori (Pdl), che difende il suo operato: «Nel 2010 la spesa è stata in perfetta media nazionale: 2,2%, il migliore risultato degli ultimi dieci anni. Il dato biennale del 4,3% scaturisce dall'andamento negativo del 2009, durante il quale fino a settembre hanno governato i direttori generali dell'era Dirindin con una percentuale di spesa ben oltre il 5%, come peraltro giá era accaduto negli anni precedenti della giunta Soru» Per Liori «i commissari delle Aziende sanitarie, nominati dalla giunta Cappellacci, in poco piú di tre mesi hanno potuto esclusivamente gestire la programmazione fatta dai predecessori, cercando di contenere la spesa senza poter ancora dare un impronta alla loro gestione». ( f. p. ) ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 4 lug. ’11 AOUCA: UN MEDICO PER I FUORI SEDE Accordo tra i vertici di Ersu e Azienda mista Agli studenti non residenti in città verrà garantita l'assistenza sanitaria Per ora devono tornare al loro paese per farsi fare le ricette, oppure quando stanno male sono costretti a rivolgersi alle guardie mediche o ai medici del Pronto soccorso. Ma stanno per finire i disagi legati al medico di famiglia dei 18 mila studenti universitari fuori sede che vivono nel capoluogo, pur continuando ad avere il domicilio sanitario nel Comune di residenza. L'ACCORDO Già nei prossimi giorni, l'Ersu potrebbe chiudere un accordo di programma con l'Azienda universitaria-ospedaliera per garantire il supporto sanitario ai fuori sede. «È da tanto che lo chiediamo», ha detto Alice Marras, 23 anni, di San Gavino, delegata degli studenti nel consiglio di amministrazione dell'Ersu e in quello della facoltà di Filosofia. «Quest'anno risultano iscritti 18 mila fuori sede e per tutti c'è sempre stato lo stesso problema. Non avere in città un medico di riferimento, avendo quello di famiglia nei Comuni di provenienza. Per tutto, dunque, dobbiamo rivolgerci alle guardie mediche o ai Pronto soccorso, dove però bisogna pagare per quelle che non sono urgenze. Stesso discorso per le ricette, le impegnative indispensabili per le visite specialistiche e i certificati medici per la pratica sportiva. Tutto a pagamento. C'è anche chi ha deciso di cambiare medico, ma poi quando per le vacanze torna a casa si trova comunque “scoperto”». LE RICHIESTE Punto cardine del programma della lista Unica 2.0, da tempo i delegati studenteschi hanno chiesto all'Ersu che venisse trovata un modo per archiviare i disagi. E la soluzione, almeno secondo le indiscrezioni filtrate, sarebbe stata trovata dalla presidente dell'ente per il diritto allo studio, Daniela Noli, che sarebbe in procinto di siglare un accordo col Policlinico universitario e con l'ospedale San Giovanni di Dio (entrambi sotto il controllo dell'Azienda mista- universitaria). Gli ospedali fornirebbero così l'assistenza sanitaria ai ragazzi, evitando lunghe e impegnative trasferte anche solo per una semplice ricetta. «In questi anni c'è chi si è arrangiato», ha proseguito la portavoce degli studenti, «anche perché non tutte le guardie mediche accettano di firmare le ricette. Impossibile, poi, ottenere l'impegnativa per una visita specialistica se non dal medico curante. Allora molti di noi si sono rivolti ai privati, ma tutti sappiamo quanto costa una visita specialistica per chi non è convenzionato». Sollevata la questione anche col rettore dell'Università, Giovanni Melis, nelle prossime ore potrebbe arrivare l'annuncio dell'accordo che consentirà una copertura sanitaria completa per migliaia di studenti, soprattutto per quelli che arrivano da fuori provincia e vivono nella Casa dello studente o nelle camere affittate. Francesco Pinna ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 7 lug. ’11 IL VATICANO SALVA DAL FALLIMENTO IL SAN RAFFAELE MILANO Il Vaticano salva il San Raffaele dal fallimento. Un super- finanziamento toglierà dai guai la fondazione di don Luigi Verzè e il suo ospedale, fiore all'occhiello della sanità italiana. Il consiglio di amministrazione si riunirà domani per nominare il nuovo Cda . Del nuovo board, presieduto dal fondatore don Luigi Verzè, faranno parte quattro consiglieri, la maggioranza del consiglio, designati dalla Santa Sede: si tratta di Giuseppe Profiti, del presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, di Vittorio Malacalza e di Giovanni Maria Flick. Con l'ingresso dei rappresentanti della Santa Sede all'interno del consiglio d'amministrazione del San Raffaele si schiarisce quindi il futuro del gruppo ospedaliero milanese stritolato da quasi un miliardo di debiti (oltre 900 mln a fine 2010). Il piano che lo Ior sta mettendo a punto con le banche (Intesa SanPaolo e UniCredit capofila) si aggirerebbe intorno ai 350 e i 400 milioni di euro, ovvero di più di quanto messo sul piatto dal patron del gruppo San Donato, Giuseppe Rotelli, che era intenzionato a investire circa 250 milioni. Più da vicino l'Istituto presieduto da Ettore Gotti Tedeschi dovrebbe garantire circa 200 milioni, mentre la restante parte verrà sostenuta dalle banche. Il consiglio di domani potrebbe già fornire delle prime indicazioni sul piano di salvataggio. Secondo le previsioni dovrebbe coinvolgere anche una charity estera che secondo voci sarebbe riconducibile al magnate americano George Soros. In occasione dell'ultimo Cda i vertici del San Raffaele guidati da Don Luigi Verzè si erano detti fiduciosi di chiudere il tutto entro metà luglio. «Occorre fare l'impossibile» per salvare l'ospedale San Raffaele», ha commentato l senatore del Pdl, Cesare Cursi, a margine di un incontro sui danni del fumo. . Per il senatore del Pd, Ignazio Marino «Qualunque intervento non può non tenere conto del fatto che un'università, un centro di ricerca, un'accademia, deve essere libera e non condizionata dagli interessi di imprenditori». ______________________________________________________________ Corriere della Sera 7 lug. ’11 SAN RAFFAELE I CONSIGLIERI SI DIMETTONO ED È BUFERA Giornata convulsa per il San Raffaele, il colosso milanese della sanità gravato da quasi un miliardo di debiti. Una lettera dei banchieri Ennio Doris e Carlo Salvatori, consiglieri indipendenti della Fondazione Monte Tabor che governa l' impero sanitario, accusa don Luigi Verzé sulla gestione della crisi. Ieri, intanto, colpo di acceleratore al ricambio del consiglio di amministrazione. Quattro consiglieri (su sette totali) indicati dalla Santa Sede entrano nel consiglio della Fondazione Monte Tabor. Tra questi anche Gotti Tedeschi dello Ior e l' ex ministro Flick. ______________________________________________________________ Corriere della Sera 9 lug. ’11 SAN RAFFAELE, MOSSA DI DON VERZÉ «LASCIATEMI TUTTI I POTERI» Il prete manager chiede due posti in più per i suoi fedelissimi MILANO — È alla resa dei conti, ma don Luigi Verzé s’arrende a fatica. Il fondatore del San Raffaele, il colosso sanitario di Milano travolto da quasi un miliardo di debiti, spera di riuscire a non farsi scavalcare (troppo) dagli uomini che, in nome della Santa Sede e di una charity internazionale, sono chiamati a traghettare l’ospedale fuori dalla crisi economica. Il prete manager tenta fino all’ultimo di mantenere i poteri, con al fianco almeno due delle fedelissime, Gianna Maria Zoppei (sovrintendente sanitario) e Raffaella Voltolini (direttore generale dell’Università Vita Salute). È quanto trapela dal consiglio di amministrazione di ieri dell’Associazione Monte Tabor, vero centro di potere della galassia San Raffaele perché è qui che vengono nominati i consiglieri della Fondazione, quella, per intendersi, dove sono destinati ad entrare i quattro rappresentanti del Vaticano: il presidente dell’ospedale Bambin Gesù Giuseppe Profiti, il presidente dello Ior (la banca vaticana) Ettore Gotti Tedeschi, l’imprenditore Vittorio Malacalza e il giurista Giovanni Maria Flick. Al loro fianco ci saranno i due consiglieri dell’ente non profit internazionale finanziatore di un miliardo di dollari in tre/cinque anni: il preside dell’ateneo Vita Salute Massimo Clementi e il docente di accounting della Bocconi Maurizio Pini. Il settimo consigliere resta, ovvio, don Verzé. E il prete manager non vuole, a quanto pare, mollare completamente la presa. Solo indiscrezioni, nulla di ufficiale. Ma, dicono i ben informati, dalla riunione di ieri dell’Associazione Monte Tabor sono uscite due raccomandazioni per il nuovo cda della Fondazione. Lasciare i poteri di firma a don Verzé e portare il numero dei consiglieri d’amministrazione da sette a nove. Un aumento di poltrone che permetterebbe al sacerdote di non rinunciare alle sue due fedelissime. Inutile sorprendersi. È il 14 marzo 2008 quando don Luigi Verzé, nel giorno del suo 88esimo compleanno, festeggiava la posa dell’Arcangelo San Raffaele, una statua di 8 metri per 32 quintali, destinata a svettare sopra i tetti di Milano: «Nel cielo, va’, San Raffaele e grida: "Tutto è possibile a chi crede in Dio, Padre e nel suo figlio, Verbo di Dio e nostro Signore Gesù Cristo"» . Tre anni dopo e con l’ospedale sommerso dai debiti, lo spirito del fondatore del San Raffaele resta lo stesso. Le raccomandazioni trapelate ieri non hanno, comunque, valore vincolante, anche se dell’Associazione rappresenta la cerchia ristretta dei collaboratori di don Verzé (conosciuti anche come Sigilli). «Tutti i consiglieri durano in carica tre anni — si legge in un documento riservato dell’Associazione, creata il 5 agosto del 1958 —. Il Fondatore Sac. Prof. Luigi M. Verzé è presidente a vita» . Il suo cda è composto da undici fedelissimi, sui nomi dei quali viene mantenuta una riservatezza maniacale. Da un verbale datato 27 maggio 2010 è possibile, però, risalire ai loro nomi. Oltre a don Verzé, compaiono Giuseppina Rossi (vicepresidente), Gaetano Ingui, don Paolo Natta, monsignor Giuseppe Pellegrini, ragionier Enrico Pian, Mariarosa Rocca, Raffaella Voltolini, Gianna Zoppei, Laura Ziller e Mario Cal (il braccio destro storico di don Verzé, interrogato già due volte negli ultimi giorni dalla Procura). Gli undici fedelissimi rappresentano i depositari dell’Opera San Raffaele, ovvero i soci ordinari e i soci dedicati (questi ultimi sono i più potenti). Adesso la partita è aggiornata al 15 luglio, data del prossimo cda della Fondazione. All’ordine del giorno, le comunicazioni di don Verzé, la nomina del vicepresidente, i poteri di firma, il piano di ristrutturazione e varie ed eventuali. Mario Gerevini Simona Ravizza ______________________________________________________________ Corriere della Sera 7 lug. ’11 «RIFORMA DELL' ASSISTENZA O TAGLIO DELLE AGEVOLAZIONI» Non c' è e non c' è mai stato nella manovra il blocco del turn over per i dipendenti della Sanità Ferruccio Fazio, ministro della Salute Tremonti e il decreto. Napolitano firma: ma da solo non basta ROMA - Sorpresa: anche la delega per la riforma fiscale e dell' assistenza contribuirà alla riduzione del deficit pubblico. Ed in modo consistente, perché da lì dovranno uscire 17 miliardi di euro, 2 nel 2013 e 15 l' anno successivo, sugli oltre 60 necessari nei prossimi tre anni per far quadrare i conti. «Se devi fare quelle cifre lì non le puoi fare sull' esistente, non puoi stare nel sistema che ha prodotto il deficit» spiega il ministro dell' Economia, Giulio Tremonti. Il suo piano è recuperare le risorse necessarie al pareggio di bilancio con una revisione e un riordino profondo di tutte le prestazioni assistenziali, «da concentrare a favore di chi ha realmente bisogno» dice. Prontissimo «a sostenere la battaglia politica sull' assistenza in campagna elettorale», ma anche a blindare la manovra di risanamento, che per lui resta prioritaria, con una «clausola di salvaguardia». E il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha firmato il decreto delle manovra che è stato pubblicato ieri sera stesso sulla «Gazzetta Ufficiale». In una nota il Quirinale «rileva altresì che il decreto-legge prevede gran parte della manovra necessaria per raggiungere il pareggio del bilancio entro il 2014; per la restante parte si dovrà procedere con gli ordinari strumenti di bilancio relativi al triennio 2012-2014 e i relativi disegni di legge collegati». Come dire che il decreto, da solo, non basta. Ma torniamo ai conti. Il Tesoro ha stabilito un principio: se per qualsiasi motivo il governo non dovesse riuscire a portare a casa la riforma dell' assistenza, nel 2013 e nel 2014 scatterebbe automaticamente un taglio del 15% di tutte le detrazioni, deduzioni e agevolazioni fiscali, una sforbiciata che porterebbe in cassa i 17 miliardi necessari. La blindatura effettiva della manovra antideficit avverrà nei fatti solo a settembre, quando i 17 miliardi di risparmi attesi (dall' uno o dall' altro fronte) saranno formalmente iscritti nella Legge di Stabilità del prossimo triennio. Se dovesse scattare la clausola di salvaguardia, in ogni caso si ridurrebbero i margini per la riduzione delle aliquote fiscali, che si immaginava di finanziare ricorrendo in buona parte proprio allo sfoltimento della giungla degli sconti fiscali, che sono 460 e si mangiano ogni anno 170 miliardi. Così, se si farà la riforma dell' assistenza, resterà anche lo spazio per l' abbattimento delle tasse. Altrimenti non si farà né l' una né l' altra cosa. A meno di non proporre una strada diversa per centrare gli obiettivi europei. «Chi non crede nella delega nel 2013 dovrà comunque presentare proposte alternative» dice il ministro, rivolto indirettamente all' opposizione. Che tanto bene non l' ha presa. «Dire che con la delega si fanno 17 miliardi e che se non sarà così si taglieranno proporzionalmente le detrazioni e le agevolazioni fiscali è inaccettabile. È una manovra elettorale da Dottor Stranamore» dice il segretario del Pd, Pierluigi Bersani. «Non si dica che il governo sta rinviando al futuro il risanamento» sottolinea dal canto suo Tremonti. «Noi ci prendiamo la responsabilità politica e l' impegno di riformare l' assistenza e lo facciamo subito» aggiunge. Convinto che proprio in quel filone della spesa pubblica, dove negli anni si sono scaricati favori e compiacenze politiche, ci siano da risparmiare moltissimi sprechi. «È ora che il fisco faccia il fisco, e finanzi il bilancio con tre soli regimi speciali per giovani, lavoro e natalità. Ed è ora che l' assistenza faccia l' assistenza, concentrandosi dove c' è effettivo bisogno» dice il ministro. Tra le prestazioni erogate dall' Inps e quelle impropriamente svolte dal fisco, oggi «non solo è possibile, ma è doveroso tagliare», dice Tremonti, che anche nella conferenza stampa di ieri, insieme a molti colleghi ministri, ha sottolineato come la spesa per le prestazioni di invalidità sia esplosa in quattro anni, passando da 6 a 16 miliardi di euro l' anno, «senza che in Italia, in quello stesso periodo, sia accaduto qualcosa di particolare». Il ministro ha difeso l' impianto della manovra, «che ci porterà al pareggio di bilancio e che è uscita dal Consiglio dei ministri esattamente come l' avevamo in mente. Ho letto di discussioni complicate, di mie dimissioni. Non c' è stato alcun cambiamento fondamentale ed il testo è stato condiviso» ha detto Tremonti, disposto a ragionare in Parlamento su eventuali modifiche, in particolare per quanto riguarda le pensioni e l' aumento delle tasse sul «deposito titoli», dal quale arriverebbero circa 9 miliardi nel triennio. «Ogni proposta può essere oggetto di valutazione, purché garantisca saldi invariati», cioè lo stesso risultato in termini finanziari. «Se ci sono proposte noi siamo ben lieti, ma per esperienza posso dire che si tratta più di una speranza che di una certezza». Mario Sensini RIPRODUZIONE RISERVATA **** 51,1 miliardi in quattro anni: il valore del decreto Sensini Mario ______________________________________________________________ Corriere della Sera 7 lug. ’11 PIEMONTE, SANITÀ BRITISH PER RISPARMIARE REGIONE IL GOVERNATORE COTA OGGI ANNUNCIA «IL PRIMO TENTATIVO AL NORD DI RIDURRE LA SPESA». L' OBIETTIVO È DI AZZERARE IL DEFICIT (GIÀ DIMINUITO) IN 5 ANNI Il piano: da 54 ospedali a 6 grandi strutture. I piccoli riconvertiti MILANO - Il governatore Roberto Cota mette in fila i numeri della sanità piemontese: «Una macchina da 8,4 miliardi di euro al servizio di 4,5 milioni di cittadini; un sistema che è cresciuto al ritmo del 6% annuo. «Ecco», mette qui il punto il presidente: «Per la prima volta dopo dieci anni la spesa invece di salire è scesa: 18 milioni nel 1° trimestre 2011 sul 1° 2010, 45 se il raffronto lo si fa con gli ultimi tre mesi dello scorso anno». Punto d' arrivo: «Se la si legge dalla prospettiva del piano di rientro». Punto di partenza: «Se la si vede come startup della riforma che stiamo mettendo a punto con la messa in rete dei 54 ospedali che faranno capo a sei grandi aziende ospedaliere». Oggi in Consiglio regionale approderanno sia i numeri del risparmio sia il primo esempio di quella che sarà la sanità piemontese dal 2012. Una partita impegnativa per il Piemonte così come per tutte le Regioni alle prese con una spesa sanitaria che aumenta con la crescita dell' età della popolazione e assorbe in media il 75% della spesa corrente (113,5 miliardi nel 2010, il 7,3% del Pil). In molte ci stanno provando, in poche ci stanno riuscendo (anche tra le virtuose) a far quadrare i conti. Al Nord quello del Piemonte, dice Cota, «è il primo tentativo di ridurre e non solo frenare la spesa». Questa volta è il direttore della sanità piemontese Paolo Monferrino a confrontare i dati: «Due miliardi e 155 milioni di euro spesi nel 1° trimestre 2011, rispettivamente 2 miliardi e 200 e 2 miliardi e 173 nel 4° e nel 1° trimestre 2010». E sia chiaro: «Giusto per rispondere a chi sostiene il contrario: solo 8 milioni sono stati risparmiati con "tagli" (in realtà persone a fine carriera non sostituite) al personale». Per il resto si è agito su «acquisti», «farmaceutica» e «rapporti con il privato». «L' obiettivo - continua il governatore leghista - è di risparmiare 150 milioni nel 2011, quindi 50 nel 2012 e altrettanti nel 2013. Per arrivare in cinque anni ad azzerare, o quasi, il nostro disavanzo». Quei 400 milioni che la Regione ha dovuto aggiungere di tasca propria agli 8 miliardi trasferiti dallo Stato. I primi tagli, benché tra parentesi, non sono passati in modo indolore. Così come i primi passi della riforma: dal Verbano Cusio Ossola alla Val di Susa (vedi Avigliana) ci sono proteste: «Il punto - affonda Cota - è che ciascuno vuole il proprio ospedale sotto casa senza capire che è diseconomico ma anche pericoloso: per certe cose meglio farsi curare dove si fanno due o mille interventi l' anno?». Quindi: «Quasi tutte le strutture resteranno. Pochissime le cancellazioni». Mentre una parte sarà riconvertita in strutture per lungo-degenza, riabilitazione o l' Alzheimer. Il modello è quello inglese. «Quello che prende il nome dall' economista Beveridge», spiega Monferrino. Oggi ci sono 21 aziende sanitarie e 54 ospedali, tra aziende e territoriali. «Con la riforma gli ospedali saranno scorporati dalle Asl e raggruppati in sei grandi aziende: sei ospedali "di riferimento" in rete con altri "cardine" e "di territorio"». La mappa: tre per Torino, una per Asti e Alessandria, una per Cuneo e una per Novara, Verbano Cusio Ossola, Biella e Vercelli. «Completa il quadro il potenziamento del 118 (uno dei migliori in Italia), dei centri di assistenza primaria e delle strutture territoriali che dovranno indirizzare il malato all' assistenza più idonea». E i fondi? «Saranno distribuiti alle undici aziende territoriali che compreranno prestazioni direttamente dalle aziende ospedaliere - continua Cota -. Per evitare duplicazioni, sprechi e migliorare il servizio». Già, perché ciascuna struttura dovrà rispondere a livelli standard di qualità: «Oggi fatto cento il livello ottimale c' è chi tra gli ospedali non arriva a 40 e chi sfiora il 90». È il caso dell' ospedale di Novara. «Ecco - dice Monferrino - portando tutti al livello, non dico più alto, ma medio (oltre a quelle del ministero sono previste "pagelle" da parte delle associazioni di cittadini) si risparmierebbero altri 200-300 milioni». Alessandra Mangiarotti RIPRODUZIONE RISERVATA TORINO MOLINETTE GIOVANNI BOSCO SAN LUIGI CUNEO SANTA CROCE E CARLE ASTI ALESSANDRIA CARDINAL MASSAIA SS. ANTONIO E BIAGIO E CESARE ARRIGO NOVARA VERBANO CUSIO OSSOLA BIELLA VERCELLI MAGGIORE DELLA CARTA Mangiarotti Alessandra ______________________________________________________________ Corriere della Sera 7 lug. ’11 VISITE SPECIALISTICHE, TORNA IL TICKET DI 10 EURO Arrivano i ticket sulle visite specialistiche e diagnostiche: la manovra ne esenta il pagamento solo fino a dicembre con uno stanziamento da 486,5 milioni per il secondo semestre 2001. Poi dal 2011 dovrebbe entrare in vigore quanto previsto dalla Finanziaria 2007, che ha stabilito una «tassa» da 10 euro. Inoltre dal 2014 la manovra introduce «misure di compartecipazione - come si legge nel testo - sull' assistenza farmaceutica e sulle altre prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale». Insomma, nuovi ticket che dovrebbero garantire il 40% dei risparmi programmati. Il testo spiega che si tratta di «misure aggiuntive rispetto a quelle eventualmente già disposte dalle Regioni e sono finalizzate ad assicurare, nel rispetto del principio di equilibrio finanziario, l' appropriatezza, l' efficacia e l' economicità delle prestazioni». Alle Regioni resta però la facoltà di «adottare provvedimenti di riduzione delle misure di compartecipazione, purché assicurino comunque, con misure alternative, l' equilibrio economico finanziario». Un' eventualità che appare difficile se si considerano i conti in rosso delle Regioni, con la voce sanità che è già tra le più pesanti. E il quadro tracciato dai risultati del primo anno del progetto «Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali» di Censis e Unipol mostra un futuro in cui aumenterà il ricorso a prestazioni sanitarie totalmente private: se il 19,4% delle famiglie ne ha potuto fare a meno, più del 70% invece ha acquistato medicinali a prezzo pieno, più del 40% è ricorso a sedute odontoiatriche, quasi il 35% a visite specialistiche. Lo studio ha stimato un costo medio a famiglia di 958 euro, che arriva fino a 1.418 euro nel caso di cure dentistiche. Cifra destinata a salire con i nuovi ticket. Francesca Basso RIPRODUZIONE RISERVATA Basso Francesca ________________________________________________ Il Giornale di Napoli 6 lug. ’11 «CRAC POLICLINICI, COLPA DEL MANAGER» di Enzo Musella Il rischio di un crac finanziario per le due Aziende ospedaliere della Federico II e della Sun, è dietro l'angolo. Dopo la bocciatura, arriva l'ok dal ministero ai protocolli d'intesa tra Regione Università per la gestione dei due Policlinici napoletani. Dal documento è stata cancellata la voce che riguarda il ripianamento del maxideficit accumulato dal 2008 (circa 500milioni di euro). A coprire il buco, infatti, non sarà Roma, ma dovranno vedersela Palazzo Santa Lucia e gli Atenei che, però, non hanno soldi. Su questa vicenda parla Giovanni Persico, Preside della Facoltà di Medicina della Federico II. Preside, che ne pensa dei nuovi protocolli d'intesa Università-Regione siglati lo scorso giugno a Roma? «È un pessimo protocollo d'intesa quello che abbiamo ricevuto da Roma. Perché è in contrasto con tutti i protocolli vigenti in quasi tutte le regioni d'Italia, sia dal punto sostanziale che formale, ed è fortemente punitivo sia per la Facoltà di medicina della Sun che della Federico II, in cui il ruolo della Facoltà è praticamente inesistente, mentre è dominante il ruolo dei direttori generali delle aziende ospedaliera universitarie». Chi si farà carico del ripianamento dei debiti accumulati dai Poli clinici dal 2008 al 2010? «Secondo me è un problema di Alfredo Siani e Giocarmi Canfora, i due direttori generali dei Policlinici. I protocolli verranno firmati e non cambierà nulla. Cambia però un aspetto. Se oggi i due manager sono poco virtuosi perché fanno debiti, dopo diventano virtuosi spendendo la stessa cifra, senza fare debiti e garantendosi una nuova poltrona, le cose funzionano così». I rettori firmeranno i nuovi protocolli d'intesa? E perché il ripianamento dei debiti è un problema di Canfora e Siani? «I rettori firmeranno i protocolli d'intesa solo dopo aver fatto una ricognizione della massa debitoria che hanno accumulato i direttori generali. Però è meglio chiarire un aspetto. I due rettori non c'entrano nulla con i debiti accumulati dal 2008 dai dirigenti dei due Policlinici, che non hanno mai chiesto l'autorizzazione ai rettori prima di affidare a terzi consulenze d'oro o spendere denaro per questo o quel progetto. Ora mi spieghi lei, perché i due rettori dovrebbero pagare i debiti fatti di qualcuno senza saperne nulla». Ma come si esce da questa impasse? «Premetto che sono uno dei cinque consulenti del Ministro dell'Università. Si tratta di un gruppo di esperti che sta elaborando, d'intesa con il Ministero della Salute, un modello di protocollo unico Regioni-Università in Italia. Il modello base di accordo deve essere unico, con le dovute specificità Regione per Regione. Comunque, l'ultimo protocollo d'intesa non è stato fatto né dalle Università, né tanto meno dalla Facoltà di Medicina, ma solo da un burocrate dell'Arsan, e la cosa a me non piace. Io non ho nessuna fiducia nella politica, tanto meno negli attuali direttori generali e non mi riferisco solo a quelli delle cliniche universitarie, ma a tutti i manager dei grandi ospedali di Napoli. Fino a quando a nominare il leader di un ospedale è la politica non c'è nulla da fare. Le graduatorie in cui sono inseriti i papa- bili dirigenti ospedalieri non sono redatte per meritocrazia. Bisogna azzerare tutto e mettere a capo delle aziende sanitarie veri leaders e soprattutto non politicizzati. È questo il punto dal quale si deve partire se vogliamo risanare la Sanità pubblica in Campania». Ma cosa accadrà alla Facoltà di medicina della Federico II se il protocollo non verrà firmato? «Nulla. Staremo peggio, ma certo non si bloccheranno né gli esami né la didattica. Altrimenti saremo soggetti ad un procedimento penale per interruzione di pubblico servizio. Insomma continueremo a formare i nostri giovani, ma peggio, e certo non è colpa nostra visto che la Regione non capisce che la formazione medica è fondamentale, non solo per il futuro della nuova classe medica napoletana, ma per l'intero Paese». Il preside della Sun è stato chiaro, senza protocolli ad ottobre si blocca tutto. «Spesso i miei colleghi minacciano di chiudere le Facoltà, è solo un modo per farsi ascoltare. Sono convinto che ad ottobre non accadrà nulla». ________________________________________________ Repubblica 5 lug. ’11 DALLA PELLE SI RICREANO I NEURONI ANTI-PARKINSON Neuroni umani dopaminergici prodotti direttamente dalla pelle: una tecnica innovativa che potrebbe significare molto nella lotta al Parkinson. È su Nature che è stato pubblicato il lavoro di collaborazione tra San Raffaele di Milano, Sissa di Trieste, Istituto italiano di tecnologia di Genova che illustra come sia stato possibile "convertire" fibroplasti di pelle umana odi topo in neuroni del cervello che producono dopamina, uno sviluppo della tecnologia di Riprogrammazione genetica proposta da Shinya Yamanaka di Kyoto per la generazione di cellule staminali riprogrammate (iPS), ma senza la generazione di cellule staminali (potenzialmente tumorali) e quindi può essere da subito utilizzato in studi pre-clinici della malattia. La nuova tecnica si basa sull'attivazione di soli 3 geni. La malattia di Parkinson colpisce solo in Italia 200.000 persone. I sintomi iniziali causano disturbi motori di varia natura causati dalla degenerazione dei neuroni dopaminergici della sostanza nera mesencefalica e dalla perdita della dopamina, il neurotrasmettitore da loro prodotto. ________________________________________________ Repubblica 5 lug. ’11 MASCHI, QUELLA NEOPLASIA CURABILE Ormoni e albi inquinanti nei cibi Stanno moltiplicando i casi di cancro ai testicoli Ora grazie ai progressi della ricerca si possono affrontare. Ma l'importante è prevenire con l'autopalpazione per individuare i noduli nella ghiandola ALDO FRANCO D E ROSE * Ogni tumefazione del testicolo che non regredisca con le cure mediche deve essere considerata sospetta e suggerire una ecografia scrotale e il dosaggio dei marker perché ci può essere un tumore. Il suo esordio infatti può simulare patologie non gravi come una orchite- epididimite o un idrocele. Per questo si raccomanda l' autopalpazione periodica soprattutto a coloro che hanno una storia di testicolo ritenuto (criptorchidosmo): il loro rischio tumore è venti volte superiore rispetto al resto della popolazione. Sono queste le raccomandazioni del XXI Congresso di urologia oncologica, svoltosi a Napoli. In Italia questa neoplasia colpisce cinque maschi ogni centomila abitanti, costituendo la prima neoplasia dai 15 ai 35 anni. «Attualmente però — precisa Giario Conti, incoming president Siuro e direttore dell'Urologia di Corno —l'incidenza sembrain costante aumento, in tutte le fasce di età e aree geografiche, con una crescita molto significativa anche tra gli under 50, fra i quali si concentrano i 2/3 dei casi diagnosticati». Tra le cause, oltre al testicolo ritenuto, si ipotizza un ruolo degli ormoni femminili (estrogeni), contenuti principalmente nella carne di allevamento e altri elementi tossici presenti nell'ambiente, a cominciare dai pesticidi. «Oggi di tumore al testicolo si guarisce di più — rassicura Giu seppe Martorana, presidente della Siuro e direttore della Clinica urologica di Bologna — nel 1970 il 90% dei pazienti con cancro testicolare moriva, mentre dagli anni Novanta, grazie a nuovi farmaci, la situazione si è invertita, e oggi il 92% per cento degli uomini con cancro diffuso possono essere curati. Inoltre, negli ultimi dieci anni, la mortalità si è dimezzata passando dall'a% al 4%». Percentuali di guarigioni molto elevate perché si è trovata una simbiosi tra chirurgia, radio- terapia e chemioterapia, con ottimi risultati anche quando la neoplasia ha già fatto metastasi. In questo tipo di patologia è sempre indicata l'asportazione del testicolo, qualunque sia il tipo di tumore e indipendentemente dallo stadio di malattia, perché serve a determinare una diagnosi precisa. Infatti l'esame istologico e i marker tumorali guideranno i successivi passi: vigile attesa in assenza di metastasi o radioterapia per i tumori seminomatosi; asportazione di linfonodi intorno ad aorta e vena cava associati a cicli di chemioterapia nel caso di tumori non seminomatosi. La complicanza più temibile delle terapie è rappresentata dall'infertilità maschile, ma anche questa, con la crioconservazione degli spermatozoi prima di qualsiasi trattamento o con l' ausilio delle tecniche di prelievo di spermatozoi direttamente dai testicoli (TESA) e di fecondazione assistita, in molti casi, è risolvibile. *Specialista urologo e andrologo, Osp. San Martino ________________________________________________ La Stampa 6 lug. ’11 LA SCATOLA MAGICA CHE RIGENERA I POLMONI Alle Molinette curati due organi "inservibili" La storia MARCO ACCOSSATO Grazie a una «scatola magica» in grado di rigenerare i polmoni malati, i cardiochirurghi delle Molinette hanno trapiantato venerdì scorso su una donna salernitana di 42 anni - per la prima volta in Italia - due organi fatti guarire sotto vetro con una speciale soluzione liquida anti-edema e anti-batterica. I polmoni - prelevati da un donatore biellese di 51 anni morto per asfissia - non sarebbero, stati utilizzabili per salvare la donna, affetta da fibrosi cistica, se a Torino non fosse stata perfezionata e utilizzata una tecnica rivoluzionaria nata per scopi di ricerca quindici anni fa al Toronto Generai Hospital, centro universitario col quale i chirurghi torinesi collaborano da tempo. L'intervento, eseguito da Massimo Boffini e Lorenzo Del Sorbo, ha richiesto cinque ore soltanto per rigenerare i polmoni con lo speciale liquido. Ora la paziente è ricoverata in terapia intensiva, nel reparto del professor Marco Ranieri, direttore del dipartimento universitario di Anestesia e rianimazione delle Molinette. La tecnica si chiama Evlp, Ex Vivo Lung Perfusion System. La «scatola magica» è un contenitore sterile in plexiglass in grado di mantenere temperatura e umidità costanti e controllate, mentre grazie a canule trasparenti da sala operatoria una macchina perfonde artificialmente i polmoni da far rinascere. L'intervento «è perfettamente riuscito», e l'annuncio apre immediatamente nuove prospettive nel campo dei trapianti: «il polmone - spiega il professor Mauro Rinaldi, direttore della Cardiochirurgia universitaria dov'è stato eseguito il trapianto - è un organo che, diversamente dagli altri, degenera rapidamente in caso di morte cerebrale o per le conseguenze di infezioni legate alla ventilazione artificiale prolungata». Mantenere i polmoni «vivi» il più a lungo possibile è l'unica possibilità di donarli. Ma il metodo utilizzato nei giorni scorsi alle Molinette va oltre, perché è addirittura in grado di cancellare un edema e annientare quasi completamente anche le infezioni prodotte in genere dall'intubazione prolungata: «La tecnica permette di incrementare significativamente, fino a raddoppiare, la quota di polmoni idonei al trapianto, attraverso la rigenerazione di organi cosiddetti "marginali" o addirittura giudicati inizialmente non idonei al trapianto». Secondo i chirurghi torinesi, la «scatola magica» potrebbe essere in grado anche di bloccare il cosiddetto danno da perfusione che colpisce dal 5 al 10 per cento dei polmoni trapiantati, nel momento in cui riprende la funzionalità spontanea. «L'esperienza di Torino - commenta il professor Ranieri - dimostra che si possono recuperare i polmoni edematosi e, se si procederà con questa tecnica, anche quelli infetti, da trattare con soluzioni anti-batteriche. Oggi possiamo affermare che le possibilità teoriche di un cambiamento di rotta che dia più speranze ai malati ci sono davvero, ma è chiaro che occorre investire, sia in termini economici sia di ricerca». ________________________________________________ Il Sole24Ore 8 lug. ’11 UN MEDICO AL GIORNO LEVA I DUBBI DI TORNO VISITE FISCALI PER GIUDICI E PROFESSORI Ci sono misure che hanno un limitato impatto sui conti ma un fortissimo valore simbolico. Danno l'idea ai cittadini e alle imprese chiamati ai maggior' sacrifici dalla manovra e dal decreto fiscale che la legge non fa eccezioni. La norma che adesso rende obbligatoria la visita fiscale al primo giorno di malattia di magistrati e professori universitari va in questa direzione. E chiaro che non ci sono fiumane di giudici assenteisti e nessuno ha visto orde di professori universitari che bigiano le lezioni con la scusa di qualche linea di febbre. Ma se la regola della visita fiscale domiciliare vale per tutti i dipendenti pubblici, allora anche quelli di fascia più alta, anzi loro per primi, devono esserne destinatari. Senza eccezioni. La legge è uguale per tutti sta scritto proprio nelle aule dei tribunali. Restano due perplessità: la prima sull'applicazione pratica della norma, per il pubblico impiego nel suo complesso, non certo per magistrati e professori universitari. Ci saranno medici sufficienti per tutte le visite in tempo utile o basterà solo l'effetto deterrente? La seconda: se l'esempio deve venire dall'alto, perché tanta timidezza nei tagli ai costi della politica? ________________________________________________ La Stampa 9 lug. ’11 TRACHEA ARTIFICIALE: LA PRIMA È ITALIANA Il trapianto realizzato a Stoccolma da Paolo Macchiarini "Ricoperta con le cellule staminali, è antirigetto" VALENTINAARCOVIO Quando lo scorso anno ha effettuato il primo trapianto in Italia di trachea «anti-rigetto» all'ospedale Careggi di Firenze si intuiva già che avremmo sentito parlare ancora di Paolo Macchiarini. Certo, non così presto e soprattutto non da un istituto di un altro Paese, visto che lo scienziato italiano non ha mai nascosto di voler continuare la sua carriera ìn Italia. Eppure, è successo: Macchiarini ha effettuato per la prima volta al mondo un trapianto di trachea artificiale, coordinando un gruppo di chirurghi dell'Istituto Karolinska di Stoccolma. L'intervento risale al 9 giugno ed è avvenuto su un paziente di 36 anni all'ultimo stadio di un tumore tracheale. Per l'uomo non c'erano altre speranze se non l'impianto di una trachea sintetica, ricoperta delle sue stesse cellule staminali. «L'organo - spiega il chirurgo italiano - è stato interamente ricostruito in laboratorio utilizzando materiali nano- tecnologici, come polimeri sintetici ultra piccoli, e cellule staminali che hanno riprodotto i tessuti di rivestimento». Il team di Macchiarini, insieme ad Alexander Seifalian della University College di Londra, ha disegnato e costruito la trachea artificiale. La struttura dell'organo ha la forma di una «Y» ed è stata realizzata con un materiale polimerico «nano composito», fatto di minuscoli blocchetti costituitivi. I ricercatori dell'Istituto Harvard Bioscience han-no invece creato uno speciale «bioreattore», posto nella trachea, per favorire la crescita delle staminali del paziente. Dopo soli due giorni l'organo era pronto per l'intervento. «E' una pietra miliare nella medicina rigenerativa», ha commentato Seifalian. «Poiché le cellule usate per rigenerare la trachea erano le stesse del paziente, non c'è stato alcun rigetto e il paziente al momento non sta assumendo farmaci immunosoppressori», fanno sapere i medici. La convalescenza del paziente, uno studente africano che risiede in Islanda, prosegue con successo, tant'è che dovrebbe esser stato dimesso proprio ieri. Questo straordinario lavoro ora potrebbe salvare la vita ad un bimbo coreano di 9 mesi che è nato con una trachea malformata. In effetti, si pensa che questo nuova procedura medica rigenerativa possa giovare soprattutto i pazienti più piccoli, per i quali la disponibilità di donatori è molto più bassa. «E' un importante risultato, ma che rappresenta solo una tappa intermedia», dice Macchiarini, riferendosi alla sua attività di ricerca, quella che di fatto le è stata preclusa in Italia non avendo la possibilità di ricoprire alcun ruolo accademico. «Continuerò a venire in Italia, ma senza un lavoro all'università non ci rimarrò mai stabilmente. L'obiettivo finale - aggiunge - sarà quello di arrivare a rigenerare completamente la maggior parte degli organi, come i polmoni». L'impressione è che questa non sarà l'ultima volta che sentiremo il nome dí questo cervello italiano in fuga. Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Laureato in medicina a Pisa Macchiarini ha studiato negli Usa e lavora al Karolinska Institute ________________________________________________ Corriere Della Sera 10 lug. ’11 A CHE PUNTO SIAMO CON IL FSE? Sento parlare e leggo da tanto tempo del Fascicolo Sanitario Elettronico che, se non ho capito male, dovrebbe contenere tutti i dati relativi alla salute di ogni singola persona. Ma a che punto siamo con la sua realizzazione concreta? E che cosa esattamente potrà contenere questo Fascicolo? Mi chiedo, inoltre, come sarà possibile tutelare la nostra privacy una volta che i dati cosiddetti "sensibili" di ciascuno saranno immessi nella «rete», anche se dentro il proprio Fascicolo Sanitario. Le mie preoccupazioni sono forse eccessive? Risponde Ing. Giuseppe De Pietro Resp. Istituto Calcolo e Reti ad Alte Prestazioni del CNR, Napoli Allo stato attuale, circa il 90% delle Regioni e Province autonome ha avviato progetti inerenti la realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (Fse), sia in maniera autonoma sia in ambito di tavoli istituzionali come il Tavolo nazionale per la Sanità Elettronica (Tse). Lo stato di realizzazione del Fse a livello locale è al momento piuttosto variegato. Ci sono realtà regionali nelle quali lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche è in fase molto avanzata e si forni scono già molteplici servizi ai cittadini e agli operatori del settore sanitario. In altre regioni, invece, si è ancora in una fase propedeutica ad una reale sperimentazione sul territorio. Questo sviluppo «a macchia di leopardo», oltre a costituire una oggettività disparità nel garantire ai cittadini l'utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico, potrebbe porre problemi di «interoperabilità» delle soluzioni già sviluppate dalle singole regioni. Tuttavia, recentemente vi è stato un forte impulso da parte del Ministero per la Pubblica amministrazione e l'Innovazione e del Ministero della Salute a sostegno del processi di realizzazione ed integrazione del Fse a livello nazionale. Il Ministero della Salute, inoltre, ha recentemente redatto le "Linee guida nazionali del Fse", nelle quali è elencato un nucleo "minimo" di documenti socio-sanitari costituenti il Fse, nucleo che comprende referti, verbali di pronto soccorso, lettere di dimissione, ed il Profilo Sanitario Sintetico (patient summary) che riassume la storia clinica del paziente e la sua situazione corrente. E prevista, inoltre, la presenza di documenti integrativi (prescrizioni, piani terapeutici, certificati, etc) in grado di estendere le funzionalità di utilizzo del Fse a garanzia della continuità assistenziale. Chiaramente, poiché la maggior parte dei documenti conterrà dati "sensibili", il loro trattamento deve avvenire in accordo con il Dlg 196/2003 sulla protezione dei dati personali; inoltre nel 2009 l'Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha emanato le «Linee guida in tema di Fascicolo sanitario elettronico (Fse) e di dossier sanitario», nelle quali viene imposta l'adozione di specifici accorgimenti tecnici per assicurare idonei livelli di sicurezza e privacy. Come ulteriore iniziativa a supporto dell'interoperabilità e sicurezza in rete, per ciò che concerne l'infrastruttura tecnologica e la codifica dei dati, il Dipartimento per la Digitalizzazione della Pubblica amministrazione l'Innovazione Tecnologica della presidenza del Consiglio dei ministri ha affidato al Consiglio Nazionale delle Ricerche lo studio delle soluzioni più idonee per la predisposizione delle conseguenti Linee guida. ________________________________________________ Il Giornale 10 lug. ’11 ECCO COME SI CURANO LE FRATTURE VERTEBRALI Un'efficace chirurgia non traumatica: Luisa Romagnoni Nel trattamento delle patologie vertebrali, la chirurgia mininvasiva, si sta rivelando una opzione terapeutica sempre più efficace e sicura. A confermare questa tesi è anche la pubblicazione di recenti studi clinici (Free e Save) che dimostrano, da un lato la superiorità della cifoplastica con palloncino rispetto al trattamento conservativo (si è visto un miglioramento più marcato della qualità della vita, con recupero più rapido della funzionalità e della mobilità ed una maggiore riduzione del dolore, con benefici che si sono mantenuti costanti nell'arco di 24 mesi), in pazienti con fratture vertebrali da compressione, dall'altro il maggior tasso di sopravvivenza (del 60,5 per cento) dei soggetti trattati con tecniche chirurgiche minimamente invasive, rispetto a coloro (il 50 per cento) trattati con approccio non chirurgico. Le fratture vertebrali da compressione (oltre 100mila quelle registrate ogni anno in Italia, causate principalmente da osteoporosi), hanno una prevalenza stimata tra il 35 perii 50 per cento nelle donne oltre i 50 anni. Uno studio canadese ed uno giapponese hanno messo in evidenza che la sopravvivenza a 10 anni si riduce del 20%negliuomini e nelle donne sopra i 70 anni, con fratture alla colonna. Tuttavia, ancora oggi, solo il 25-30 per cento di queste patologie arriva alla diagnosi e quindi ad un trattamento adeguato. «Quando la frattura vertebrale non viene diagnosticata nel modo corretto e in tempi rapidi, si adotta l'approccio terapeutico conservativo: analgesici, busto ortopedico, fisioterapia, riposo a letto», spiega Giovanni Carlo Anselmetti, responsabile della radiologia interventistica presso 1'IRCC Candiolo di Torino, precisando che da oltre un ventennio sono state introdotte procedure chirurgiche minimamente invasive sicure ed efficaci. Le più utilizzate sono la vertebroplastica e la cifoplastica con palloncino. Entrambe consistono nell'iniezione di cemento all'interno del corpo vertebrale per stabilizzare la frattura, riducendo rapidamente la sintomatologia dolorosa. ______________________________________________________________ Corriere della Sera 8 lug. ’11 IL FUTURO DELLA SCIENZA È NELLE IMMAGINI Barrow: «La grafica computerizzata aiuta a comprendere meglio l’universo» di JOHN D. BARROW A miamo le immagini. Sono le prime cose che vediamo. La nostra mente non è stata fatta per i numeri, le lettere, i libri contabili, gli spartiti musicali o le equazioni matematiche — tutto questo è solo un’appendice aggiunta alla storia umana. I nostri sensi si sono evoluti in un ambiente che abbiamo imparato a capire e ricordare in forma di immagine. Da questi umili primi passi abbiamo ereditato una predilezione per le raffigurazioni. Le troviamo divertenti, educative, memorabili ed evocative. I primi reperti di antropologia culturale ci mostrano figure incredibilmente sofisticate, come quelle delle grotte di Lascaux, che sarebbero considerate opere d’arte anche secondo gli standard attuali. Le immagini hanno avuto un ruolo nel fornire alle società primitive legami utili per la loro sopravvivenza, hanno connotato interi periodi della storia umana con il loro stile e i loro soggetti e hanno mantenuto in vita tradizioni e memorie comuni per lunghi periodi di tempo. Sono state un riferimento per la contemplazione religiosa e ci hanno innocentemente usato come soggetti. In tutte queste occasioni le immagini cercano di rappresentare e racchiudere qualche aspetto della realtà in una forma che abbia un impatto immediato: qualcosa che sia memorabile senza bisogno cha la si ricordi. Ogni ramo dell’attività umana ha le sue icone. Tutti ne conosciamo molte nei campi dell’arte e del design. Dalla Gioconda all’Alhambra, alla mappa della metropolitana di Londra, alcune immagini si impongono nel tempo ed esercitano una grande influenza. Danno forma alla nostra percezione e concezione del mondo. Lo stesso accade nella scienza. Alcune immagini hanno accompagnato i nostri progressi nella comprensione dell’universo, altre si sono dimostrate così efficaci nel comunicare la natura della realtà da entrare a far parte del processo stesso del pensiero, come i numeri o le lettere dell’alfabeto. Altre ancora, altrettanto autorevoli, ci sono diventate così familiari da passare inosservate nella pratica scientifica, sono entrate a far parte del vocabolario della scienza che usiamo senza pensarci. Le immagini e le figure hanno avuto un ruolo fondamentale nel plasmare la nostra visione scientifica del mondo. Alcune sono così poco evidenti da determinare il nostro modo di fare scienza o di descrivere la realtà senza che ce ne accorgiamo. Altre sono icone onnipresenti e dominano la presentazione di interi rami della scienza o della sua storia. Altre ancora sono di natura estetica, ma con un substrato scientifico che le rende importanti per la nostra storia. L’uso di diagrammi e figure nella scienza e nella sua esposizione è un’attività che non ha più un imperativo artistico. A volte gli scienziati che creano una nuova forma di rappresentazione visiva tracciano loro stessi quelle immagini, ma più spesso la versione finale viene eseguita da altri. Un disegnatore tecnico (o anche un programma di computer) produrrà dai loro schizzi una versione più gradevole. Quale vero artista seguirebbe questa via? Gli scienziati cercano di presentare le informazioni in modo immediatamente riconoscibile, ma a volte accade che i loro sforzi acquistino una durata e un’autorità maggiori di quanto avessero mai immaginato. Nel fare queste considerazioni, notiamo un potente stimolo tecnologico che fornisce agli scienziati nuovi modi di utilizzare le immagini. Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una delle più grandi rivoluzioni della storia umana. La creazione e la rapida diffusione di Internet e del World Wide Web hanno radicalmente mutato il nostro modo di pensare e di raccogliere informazioni, superando la capacità biologica dei singoli individui e consentendo il reperimento e lo scambio istantaneo di immagini. L’intero sviluppo della scienza moderna, peraltro, è accompagnato da un aspetto fortemente visuale. L’avvento di computer piccoli e poco costosi, dotati di una grafica superba, ha cambiato il modo in cui molte scienze operano, e in cui tutte le scienze presentano i risultati di esperimenti e calcoli. Molto tempo fa, i computer erano enormi e tremendamente costosi, ed erano appannaggio di grandi gruppi di ricerca ben finanziati, che studiavano questioni di grande portata. Costruivano bombe, predicevano il tempo, o cercavano di comprendere il funzionamento delle stelle. La rivoluzione del personal computer ha cambiato tutto. Ha permesso che si diffondessero studi su argomenti come il caos e la complessità. La matematica è diventata una disciplina sperimentale. Singoli individui possono seguire problemi prima inaffrontabili, semplicemente guardando quello che succede quando vengono elaborati dal programma di un personal computer. Il risultato, il più delle volte, è una sequenza di immagini o filmati dello sviluppo e del compiersi di un processo complesso. Non esiste una formula semplice che ci dica come le galassie assumano le forme e le dimensioni che vediamo, o che tipo di drammatica turbolenza risulti dalla serie di rapide attraversate da un fiume che scorre velocemente. Questi problemi sono troppo complessi per essere risolti con precisione usando solo carta e matita. Ma le immagini e i filmati riescono a mostrare i punti cruciali di questi fenomeni, trasformando le equazioni matematiche che controllano il loro comportamento in immagini. Il rapido sviluppo di una grafica spettacolare ha permesso a chiunque di presentare le sue conclusioni in un modo più visivamente sofisticato di quanto il cinema sapesse fare appena vent’anni fa. La rivoluzione del Pc ha reso la scienza più visiva e immediata. Ha migliorato la capacità intuitiva della mente umana di cogliere attraverso l’esperienza l’andamento di modelli complessi, creando film di esperienze immaginarie di mondi matematici. Gli ultimi dieci anni hanno anche visto una crescente accentuazione della visualità in molte aree della cultura. I film sono sempre più contrassegnati dalla presenza di effetti speciali visivi. La gara a inserire sempre più immagini di catastrofi rende quasi superflua la trama. Il teatro sperimentale porta sul palcoscenico nuove sfide tecniche che amplificano l’esperienza visiva. La musica popolare è accompagnata dall’onnipresente video o Dvd, il suono non è più sufficiente. I film d’animazione hanno raggiunto nuovi livelli di sofisticazione, e persino i libri hanno i loro siti web. Le parole non bastano più. In questo clima, la sfida è quella di pensare al ruolo delle immagini nella scienza, non solo oggi, ma nell’arco di molte centinaia di anni. Ci sono immagini, grafici, figure e mappe che hanno un ruolo chiave nell’ampliare la nostra comprensione del mondo. Nel mio libro Le immagini della scienza ho raccolto una selezione personale di queste icone speciali. Molte di queste immagini figurerebbero nella galleria scientifica della maggior parte di noi, mentre altre sono state scelte con criteri più soggettivi, dato che la loro importanza non è immediatamente evidente o il loro significato non è stato riconosciuto prima. Le immagini scientifiche spesso non riguardano solo la scienza. Possono essere interessanti perché sono di origine scientifica, ma hanno comunque un’innegabile natura estetica. Oppure possono essere state in primo luogo opere d’arte e possedere anche un messaggio scientifico. Ciascuna immagine ha una storia. A volte ci parla dell’autore, a volte dell’intuizione scientifica che ne scaturisce o della tecnica di rappresentazione, a volte succede che l’immagine in sé assuma un’importanza imprevista che stimola una linea di pensiero del tutto nuova, altre volte, infine, è semplicemente una rivelazione dell’inatteso. (Traduzione di Maria Sepa) ______________________________________________________________ Sanità News 6 lug. ’11 NUOVA TECNICA PER LE NANOIMMAGINI IN 3D Nanoimmagini in tre dimensioni possibili grazie a scansioni piu' rapide fino a 60 volte e piu' precise di quelle ottenute finora: sara' possibile, spiegano i ricercatori australiani dell'University of Melbourne in uno studio pubblicato su Nature Photonics, grazie all'utilizzo dell'intero spettro di colori della luce del sincrotrone (tipo di acceleratore di particelle), con il quale e' possibile aumentare la nitidezza delle immagini dei campioni biologici scansionati, aprendo la strada a tecniche di imaging e nanoimaging in 3D piu' precise. ''Normalmente per ottenere immagini migliori i ricercatori hanno bisogno di convertire i campioni analizzati in cristalli, ma questo non e' possibile per tutti i campioni - spiegano i ricercatori dell'ARC Centre of Excellence for Coherent X-ray Science (CXS) dell'University of Melbourne -. Poter utilizzare il sincrotrone per aumentare la precisione e la velocita' della scansione e' una scoperta che ha un grande potenziale in questo campo''. (Sn) ______________________________________________________________ Le Scienze 8 lug. ’11 CORTISOLO CONTROLLORE NEL RICICLO DELL'ACIDO BILIARE Sulla rivista Cell Metabolism La ricerca ha chiarito il ruolo di questo ormone sia in topi ingegnerizzati sia in soggetti umani affetti dalla malattia di Addison, in cui il sistema immunitario distrugge la ghiandola surrenale Il ruolo del cortisolo nel sistema di riciclo dell'acido biliare è stato scoperto da un gruppo di ricercatori della Divisione per il controllo metabolico molecolare, un dipartimento di ricerca congiunto del German Cancer Research Center (DKFZ), del Center for Molecular Biology (ZMBH) dell'Università di Heidelberg e della Clinica universitaria di Heidelberg. Un sistema di regolazione attentamente calibrato assicura che nella cistifellea vi sia esattamente la corretta quantità di bile: quando abbiamo fame, il nostro organismo rilascia cortisolo, che arrivato alle cellule del fegato segnala, mediante specifici recettori, l'imminente introito di cibo. In risposta, le cellule riempiono la cistifellea di bile, secreta dall'intestino, che contiene l'acido biliare necessario per la digestione dei grassi. Dal contenuto dell'intestino, il nostro organismo recupera il 95 per cento dell'acido biliare, che poi viene riassorbito dalle cellule della mucosa intestinale e riportato verso il fegato attraverso il sangue. “Ciò che abbiamo trovato è che questo processo di riciclo è controllato dal cortisolo”, ha spiegato Stephan Herzig, primo autore dello studio apparso sulla rivista Cell Metabolism. Per ottenere la prova che il cortisolo riveste questo ruolo cruciale nel riciclo dell'acido biliare, gli studiosi hanno utilizzato topi in cui le cellule epatiche specificamente mancano del recettore del cortisolo e che di conseguenza non possono ricevere segnalazioni per questa via. Quando gli animali sono affamati, la loro bile contiene molto meno acido biliare rispetto al normale: ciò riduce anche la solubilità del colesterolo nella cistifellea, aumentando il rischio di formazione di calcoli. In confronto con gli animali normali, inoltre, quelli ingegnerizzati perdevano peso, poiché espellevano i grassi con le feci senza digerirli. Nel corso della ricerca si è anche trovato ciò che causa la riduzione dell'acido biliare: nei topi geneticamente modificati le proteine di trasporto utilizzate dalle cellule epatiche per recuperare gli acidi biliari dal sangue hanno una ridotta funzionalità. Per stabilire il ruolo del cortisolo anche nell'essere umano, i ricercatori hanno poi studiato alcuni soggetti affetti dalla malattia di Addison, una rara patologia nella quale il sistema immunitario distrugge la ghiandola surrenale, che produce cortisolo. I pazienti soffrono quindi di un deficit di questo ormone e nei loro campioni di sangue, presi prima e dopo i pasti, sono state trovate le prove che il riciclo dell'acido biliare nel fegato è deficitario. (fc ______________________________________________________________ Le Scienze 6 lug. ’11 ACIDO FOLICO PER PREVENIRE IL TUMORE DEL COLON Gastroenterology I risultati dello studio si aggiungono alle diverse evidenze scientifiche raccolte recentemente sui benefici del consumo di folato L'assunzione di alti livelli di folato - o acido folico, che si trova naturalmente in molti cibi - può ridurre il rischio di tumore del colon- retto: è quanto afferma un articolo apparso sulla rivistaGastroenterology, organo ufficiale dell'American Gastroenterological Association (AGA) Institute. “Ciò che abbiamo trovato è che tutte le forme di folato e tutte le fonti alimentari di questa vitamina sono associate a un minor rischio di carcinoma colorettale”, ha sottolineato Victoria Stevens, membro dell'American Cancer Society e primo autore dello studio. “La correlazione più forte è stata trovata con l'introito totale di folati, che quindi rappresenta la migliore misura per definire l'esposizione a questo nutriente poiché comprende tutte le sue possibili forme, da quelle che si trovano nei cibi naturali a quelle degli alimenti addizionati fino alle formulazioni in compresse per la supplementazione dietetica". Il gruppo di ricerca ha analizzato l'associazione tra introito di folato e tumore del colon retto in 99.523 soggetti arruolati nell'ambito del Cancer Prevention Study II Nutrition Cohort; di questi, 1023 hanno ricevuto una diagnosi di tumore tra il 1999 e il 2007. Nel primo periodo di follow-up, dal 1999 al 2001, non è stato rilevato né un rischio più alto né più basso, mentre è stato riscontrata una proporzionalità inversa tra introito e rischio statisticamente significativa per il periodo 2001- 2007. I risultati dello studio si aggiungono alle diverse evidenze scientifiche raccolte recentemente sulla riduzione dell'incidenza del tumore del colon-retto indotta dal consumo di folato. Una differenza importante è che i precedenti studi hanno valutato separatamente il folato naturale da quello assunto con la supplementazione dietetica, mentre in questo caso si è badato solo alla forma chimica. Sembrano così fugati i dubbi sollevati recentemente sulla possibilità di un effetto negativo dell'elevato consumo di alimenti addizionati con acido folico che si registra nei paesi occidentali e in particolare negli Stati Uniti. (fc ______________________________________________________________ Sardi News Giu. ’11 NASCERÀ A CAGLIARI UNA FONDAZIONE NAZIONALE PER COMBATTERE LE MALATTIE CRONICHE DELLA PELLE Primo congresso nazionale Inversa Onlus al palazzo Regio sull'idrosadenite suppurativa di Elisa Salis È necessario creare una Fondazione che si occupi delle malattie croniche dermatologiche: proposta fatta alcune settimane fa a Cagliari durante il primo congresso sull’idrosadenite suppurativa, patologia genetica che si sta diffondendo anche nel nostro Paese. “Questa Fondazione potrà essere di aiuto ai pazienti”, hanno detto gli organizzatori. Tutto nasce sei mesi fa a Cagliari, con Inversa Onlus, prima associazione dei pazienti affetti da idrosadenite suppurativa, anche chiamata malattia di Verneuil. Questa patologia colpisce circa l’1 per cento della popolazione nazionale e anche quella sarda. Il numero esatto di pazienti è però difficilmente calcolabile per la diffusa disinformazione. Si manifesta con ascessi, cisti e fistole, prevalentemente nelle zone delle pieghe del corpo (ascelle, inguine, seno e zona perianale) ma non disdegna anche altri parti come l’addome e il cuoio capelluto. Le più colpite sono le donne, in particolare nel periodo della pubertà e lo stress risulta il primo fattore scatenante. Le terapie sono poche ma soprattutto poco utili: cortisone, retinoidi e antibiotici sembrano non funzionare e i farmaci biologici, costosissimi, non vengono riconosciuti ufficialmente per la cura di questa malattia. L’utilizzo dei laser, un lusso per pochi: il costo di una seduta non è inferiore ai 1500 euro. Il Dapzone, farmaco particolarmente adatto al miglioramento progressivo, non è presente nel mercato italiano e i pazienti si trovano costretti ad acquistarlo all’estero, facendo fronte ancora una volta a una spesa notevole. Non godono di esenzioni né riconoscimenti e spesso, costretti ad arrendersi davanti alle difficoltà, non si presentano più neanche in ospedale. I disagi e i problemi che questa malattia comporta li spinge persino a nascondere la propria infermità. Ma c’è anche chi non si arrende. Giusi Pintori, 41 anni, impiegata in uno studio medico, fonda l’associazione con lo scopo di promuovere una campagna d’informazione. “Gli stessi medici non riconoscono la patologia quando se la trovano davanti - afferma la Pintori – proprio per questo l’avvio di studi e ricerche risulta fondamentale”. È proprio lei l’organizzatrice del primo convegno nazionale sull’idrosadenite. Svolto a Cagliari a Palazzo Regio il 3 giugno scorso, ha visto partecipazioni importanti quali il coordinatore del comitato scientifico Vincenzo Bettoli e Alessandro Brocchi e Mauro Barbareschi, rispettivamente degli ospedali di Ferrara e Milano. Di particolare rilevanza la presenza di Patrizio Sedona, prossimo presidente dei dermatologi italiani. “Dall’ambiente locale, grande delusione”. Laura Atzori (che ha svolto una relazione dal titolo: patogenesi dell’idrosadenite suppurativa) è stata l’unica a rappresentare la medicina sarda (è ricercatrice nelle clinica dermatologica dell’ateneo cagliaritano, era presente il direttore Nicola Aste) . Emanuele Armeni ha rappresentato la Provincia. Sono intervenuti anche Luigi Naldi (Bergamo) e Mauro Picardo (Roma). La Regione, ancora una volta ha dimostrato poco interesse per una causa così importante ma evidentemente poco conveniente. “Un grande ringraziamento va però al presidente Graziano Milia che ha messo a disposizione l’aula della giunta per la mostra di opere di 25 artisti. Tra questi, grandi nomi quali Pinuccio Sciola e Maria Lai, particolarmente interessati alla causa”. Gli obiettivi futuri dell’associazione sono la fondazione di una federazione nazionale delle malattie dermatologiche croniche, la promozione di un libretto informativo a diffusione nazionale e l’incontro periodico con le Onlus straniere con lo scopo di dare rilevanza europea alle diverse cause. “La risposta mediatica è stata più che positiva. – conclude la Pintori – è proprio ai giornalisti che mi rivolgo. Solo la stampa può aiutarci a promuovere questa campagna, in modo che il maggior numero di persone possa dare il proprio contributo. Idee, proposte, aiuti e collaborazioni saranno accolte con entusiasmo e gratitudine”. ______________________________________________________________ Corriere della Sera 9 lug. ’11 CARAFFE FILTRANTI, PRIMI INDAGATI «PEGGIORANO LA QUALITÀ DELL'ACQUA» EMERSE ANOMALIE DOPO LE ANALISI DEI NAS: PIÙ POVERE DI CALCIO E ALTRI SALI NECESSARI Accuse della Procura di Roma. I produttori: nessun rischio. Problema del deterioramento del filtro ROMA - Sulla guerra per l'acqua potabile (minerale o filtrata?) che ormai investe una decina di procure - da Torino a Sassari, passando per Terni, Velletri e Santa Maria di Capua Vetere - la prima iniziativa viene da Roma. Tre mesi dopo la denuncia di Mineracqua contro i marchi di caraffe filtranti Brita, Auchan e Viviverde (Coop), i magistrati romani hanno deciso l'iscrizione nel registro degli indagati dei produttori del filtro di ultima generazione, una sorta di depuratore in dotazione alle ormai popolari brocche filtranti che, dalla Germania dove sono nate, hanno ampliato la loro fetta di mercato. Malgrado la discreta fama di qualità delle acque di rubinetto nostrane, finora avrebbero venduto circa un milione di esemplari complice un design accattivante e prezzi popolari. L'iniziativa del pm Mario Dovinola è supportata da una perizia eseguita dal nucleo antisofisticazione dei carabinieri il cui contenuto resta al momento segreto. La decisione assieme all'annuncio che per il momento non ci sono altri provvedimenti annunciati «non abbiamo previsto sequestro») si annuncia tuttavia controversa. Sia perché i produttori del filtro potrebbero essere più d'uno (quanti?) e non solo la tedesca Brita leader del settore ma anche perché tra i reati ipotizzati inizialmente - commercio di sostanze dannose alla salute, violazione della normativa sullo smaltimento dei rifiuti, frode in commercio - quella di violazione delle norme sugli alimenti sembrava solo una fra le tante e neppure, forse, la più probabile. Esempio: dalla perizia commissionata qualche mese fa dal pm torinese Raffaele Guariniello risulterebbe altro. Che cioè il filtro delle caraffe non migliorerebbe la qualità dell'acqua di per sé potabile. Al contrario la impoverirebbe di calcio (ad esempio) e altri sali ai quali siamo abituati o che ci sono necessari. Dalle prove effettuate fra settembre e novembre 2010 dai ricercatori dell'università La Sapienza di Roma, affiorava poi il problema del deterioramento progressivo del filtro. Inutile o addirittura dannoso? Inefficace o veicolo di colture batteriologiche? Insomma la questione è complessa. Intanto, alla notizia di un primo indagato per le caraffe filtranti Ettore Fortuna il presidente di Mineracqua, chiamata a difendere un business di circa 194 litri pro capite all'anno (l'Italia è in vetta ai Paesi consumatori di minerale) dice: «Evidentemente il nostro esposto è fondato su analisi serie». Assistito dal suo legale Giovanna Corrias, Fortuna segue l'evoluzione delle indagini anche in altre procure d'Italia (alcune delle quali hanno commissionato analisi approfondite al Cnr). Nei giorni scorsi Brita aveva reso noto di aver ricevuto l'autorizzazione alla divulgazione del parere del Consiglio superiore di sanità. Parere «che non rileva nessun rischio per la salute a seguito dell'utilizzo delle caraffe filtranti» si legge nel comunicato. I filtri delle caraffe, si era difesa Brita mesi fa, «dispongono delle autorizzazioni ministeriali di Germania e Austria». Ma a questo punto la vera preoccupazione è un'altra: l'iniziativa dei magistrati romani condizionerà le decisioni di altre procure? Ilaria Sacchettoni