RASSEGNA 13/02/2011 IL MILLEPROROGHE BLOCCA IL RICAMBIO DEI DOCENTI - NIENTE SCONTO PER GLI ATENEI: NESSUNA ASSUNZIONE - ATENEI, ENTRO IL 15/3 L'OFFERTA FORMATIVA - VALUTARE LA RICERCA: QUI CI VUOLE L'AGENZIA - LA SFIDA IMPOSSIBILE DEL MERITO IN CLASSE - GLI ANTI-GELMINI SALGONO NEL PARLAMENTINO - SULL'UNIVERSITÀ UNA RIFORMA PER GLI STUDENTI - TROPPI STUDENTI FUORI CORSO: "DOPO 4 ANNI BASTA ESAMI" - FRATI: FC -È UNA SCELTA SBAGLIATA NON SIAMO UN BUSINESS - ADDIO MERITOCRAZIA LA RICERCA GENETICA È SENZA UN EURO - L’ANTICA RACCOMANDAZIONE INQUINA IL NUOVO CONCORSO - PROF, NON GUARDATE GLI ALTRI VOTI - IL PRESIDE: NON FATEVI INFLUENZARE DAI VOTI SUI LIBRETTI - IO NON GUARDO IL LIBRETTO: OGNI ESAME FA STORIA A SÉ - IO INVECE LO SBIRCIO SEMPRE MI AIUTA A NON SBAGLIARE - ADDIO ALLA DISCUSSIONE DI LAUREA - CAGLIARI: MARCIA VERSO LA NUOVA UNIVERSITÀ - ONNIS: «CHIEDIAMO MAGGIORE DEMOCRAZIA» - CAGLIARI:PRIMI NOMI PER LA COMMISSIONE CHE RISCRIVERÀ CAGLIARI: INTERNAZIONALIZZAZIONE E ALLOGGI - CAGLIARI: RITARDI SULLE NOMINE DELL'ERSU, ATTIVITÀ BLOCCATA - CAGLIARI ERSU: IL DIRITTO ALLO STUDIO DIMENTICATO - LA STUDENTESSA: «POCA ATTENZIONE AI NOSTRI PROBLEMI» - SASSARI: I MAGISTRATI SETACCIANO 10 ANNI DI ATTIVITÀ - SASSARI: UN BLOG DI DISCUSSIONE SULLO STATUTO DI ATENEO - SASSARI: RICERCA UNIVERSITARIA, 44 BORSE DI DOTTORATO - SARA TOMMASI: "LA MIA LAUREA ALLA BOCCONI? PER VENDERMI MEGLIO" - CERN: DIALOGHI E CHIACCHIERE INTORNO ALL'ACCELERATORE - COMMENT LES CHERCHEURS SUIVENT LA LOI DE MOORE - IN TROPPI AL CONCORSO, UNA LOTTERIA DECIDE CHI POTRÀ FARE I TEST - ========================================================= STUDI CLINICI E PROBLEMI ETICI - PESSIMISTI O OTTIMISTI PER DNA? FORSE, MA NON DIVENTI UN ALIBI - CLINICA MACCIOTTA: INFERMIERI E NEONATO BLOCCATI IN ASCENSORE - BUFERA SUI CERTIFICATI ON LINE - MAZZATA SULLA ASL DI NUORO, NO DEL TAR AI PRIVATI - INFLUENZA: MALATI VENTI SARDI SU MILLE - SASSARI: AL CUP DIPENDENTI SOTTOPAGATI E INSULTATI - SASSARI: LA PRIORITÀ: I PAZIENTI ONCOLOGICI - SASSARI: UNA RISONANZA? RICHIAMI TRA UN ANNO» - SASSARI: ASL1: «TAGLIEREMO LE LISTE D’ATTESA» - SASSARI: TUTTO CONFERMATO CARTA JUNIOR SUBENTRA A CARTA SENIOR - INTESA STATO-REGIONI PER IL FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO - ATTIVO L'OSSERVATORIO UNIVERSITARIO DELLE PROFESSIONI SANITARIE - SCOPRI IL GRASSO CHE C'È IN TE - BANCOMAT: LAVATEVI BENE LE MANI DOPO L'USO - FAI PALESTRA CON IL TUO CERVELLO - UN PRELIEVO SEGNALA IL TUMORE AL POLMONE - A OGNI PROTEINA UN'ACROBAZIA - MALATI DI TIROIDE, L'ULTIMA FRONTIERA TIROIDE: STANCHEZZA E DISTURBI DELL'UMORE - ECCO LE NUOVE ARMI ANTIDOLORE - FUMATORI, L’AMERICA NEGA LE ASSUNZIONI - LA CURA DELLA SCLEROSI MULTIPLA CHE RICORDA IL CASO DI BELLA - E IL CERVELLO IMPARÒ LA REGOLA DELLE FANFOLE - MORTO BOLLEA, MONDO SCIENTIFICO IN LUTTO - GLI EFFETTI DELETERI DELLO SMOG SULLA SALUTE DEI DENTI - GLI EFFETTI PRODOTTI DALL'INALAZIONE DEL FUMO DI LEGNA - LA MENTE (POCO) ALLENATA DEGLI ADOLESCENTI - IL DIETROFRONT SULLE STAMINALI DA CELLULE ADULTE: A RISCHIO CANCRO - «STROKE», IL COLPO: AL CERVELLO - ========================================================= ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 13 feb. ’11 IL MILLEPROROGHE BLOCCA IL RICAMBIO DEI DOCENTI CAGLIARI. Allarme da parte dei ricercatori. Nel decreto «Milleproroghe» non viene infatti confermato quello che era stato promesso: lo sconto che veniva fatto alle università per il colcolo delle spese del personale (legato ad alcune categorie e agli aumenti periodici di stipendio). Il tam tam della protesta è stato lanciato dalla «Rete 29 aprile». E il mancato «sconto» non è di poco conto in quanto proprio grazie a questo gli atenei riuscivano a stare al di sotto del 90 per cento del Fondo di finanziamento rodinario (Ffo). In apparenza una questione burocratica e amministrativa. Di fatto un problema vitale per le università, compresa quella di Cagliari. Secondo le attuali norme, infatti, chi supera la soglia del 90 per cento non può fare nuove assunzioni, nè le promozioni interne per per gli idonei ai posti di professore associato e ordinario. E se si considera che sono diversi i docenti che stanno andando in pensione, l’ateneo si troverà del tutto sguarnito. Così «moriranno centinaia di corsi di laurea - si legge nel comunicato della “Rete 29 aprile” - alcune sedi saranno tecnicamente fallite (le uscite superano le entrate). I giovani ricercatori, quelli per i quali il ciglio del ministro si inumidisce a comando, non diventeranno mai ricercatori a tempo determinato» perché le risorse per qesti provvedimenti non ci saranno. «Allo stesso modo, le migliaia di precari che sono stati illusi sugli effetti salvifici di questa legge, avranno la conferma, nel caso ce ne fosse bisogno, che si trattava di un bluff fatto sulla loro pelle». (r.p.) ____________________________________________________________________ L’Unità 12 feb. ’11 NIENTE SCONTO PER GLI ATENEI: NESSUNA ASSUNZIONE La rete 29 Aprile il governo vuole la morte dell'Università Consulta: aggirata la sentenza, congelate le graduatorie territoriali A scuola punteggio nordista. Con la nuova mannaia sugli atenei si bloccheranno le assunzioni e chiuderanno molti corsi di laurea. Nelle scuole graduatorie congelate sino al 2012 per scoraggiare la mobilità dal sud al nord. JOLANDA BUFALINI ROMA jbufalini@unita.it «L' Università deve morire», non il titolo di un film ma la reale intenzione del governo e del ministro Gelmini. Questa la convinzione della Rete 29 aprile, il movimento di ricercatori che ha dato vita alla protesta in difesa dell' università pubblica. Il decreto «milleproroghe» non contiene lo «sconto» che veniva fatto alle università sul budget per le spese del personale. Lo sconto, spiega la Rete, non era un regalo: un terzo delle spese delle strutture ospedaliere, infatti, era a carico del servizio sanitario e, certamente, il servizio svolto dai policlinici per la cura e l’ assistenza vale molto più di quel terzo a carico della sanità. Altre due voci dello sconto erano legate agli aumenti periodici previsti dai contratti nazionali e alle convenzioni che gli atenei hanno con enti e istituzioni. Ma, in questo modo, molti atenei sfonderanno il limite del 90% della spesa per il personale con la conseguenza del divieto di fare nuove assunzioni. Così, una misura originariamente concepita per indurre comportamenti virtuosi si trasforma in una mannaia: niente promozioni interne per gli idonei a professore associato o ordinario, niente risorse per i giovani ricercatori che avrebbero dovuto avere un contratto a temo determinato, niente per le migliaia di precari. E, dopo i tagli agli stipendi, dicono i ricercatori, «si colpisce al cuore il sistema decretando la morte degli atenei, bene o male amministrati». Qualche esempio? Saranno 35 gli atenei che sfonderanno il limite del 90%, a Roma Tor Vergata e La Sapienza, Federico II e Orientale a Napoli, e ancora, Firenze Palermo, Cagliari, Pisa, Palermo, e Modena, Palermo, Udine. Ma, senza lo sconto, quattro università saranno tecnicamente fallite: Siena, seconda università di Napoli, Cassino e L'Aquila. Quest'ultima, combatte, dopo il terremoto, per la rinascita della città. Il mondo della formazione viene colpito anche con il congelamento fino ad agosto 2012, voluta dalla Lega Nord, delle graduatorie dei precari. Due giorni fa la Consulta aveva accolto la tesi che nell' aggiornamento delle graduatorie a esaurimento gli insegnanti avranno diritto al trasferimento e all'inserimento secondo il merito e non secondo l'anzianità di iscrizione in graduatoria. In commissione al Senato, invece, ha avuto il via libera un emendamento che pone un vincolo territoriale per l'assegnazione delle supplenze. La sentenza della Consulta aveva dichiarato incostituzionale un passaggio di una legge del 2009 fortemente voluta dalla Lega. In caso di spostamento da una provincia all'altra, l'insegnante finiva «in coda» alla graduatoria, e non «a pettine» a seconda del suo punteggio. Questo per scoraggiare il trasferimento dei insegnanti dal Sud al Nord. « Per Mimmo Pantaleo, segretario della Flc- Cgil si è di fronte a «un atto razzista nei confronti del Mezzogiorno». ____________________________________________________ Italia Oggi 10 Feb.’11 ATENEI, ENTRO IL 15/3 L'OFFERTA FORMATIVA Nota del Miur detta le condizioni DI BENEDETTA PACELLI La proroga sperata non ci sarà. Ed entro il 15 marzo le università dovranno presentare la nuova offerta formativa e rientrare, così, nei nuovi canoni dettati dal decreto ministeriale 17/2010 (applicazione della nota 160/09) che definisce i requisiti necessari per i corsi di studio. A stabilire il termine ultimo di applicazione una recente nota ministeriale (la n.7 /11) di accompagnamento di un decreto del Miur che passo dopo passo fornisce le indicazioni operative e tecniche che gli atenei dovranno adottare per rendere i corsi di laurea aderenti alle nuove regole. Il decreto ministeriale, infatti, che passa attraverso una valutazione complessiva degli esiti del 3+2; ridefinisce il numero dei corsi di studio che gli atenei possono sostenere in base a parametri più rigorosi, prevede l'eliminazione di tutte le misure che permettevano sconti nel calcolo del docenti necessari per attivare un corso di studio e introduce specifici requisiti organizzativi. REQUISITI PER LA DOCENZE Il provvedimento conferma quanto già contenuto nel dm 544/07 e cioè che per aprire un corso di laurea triennale siano necessari 12 docenti strutturati, 8 per un corso magistrale e 20 per quelli a ciclo unico. Oltre agli strutturati, spiega invece l'ultima nota, possono essere assunti nel computo anche i professori straordinari e i docenti a riposo ma solo fino all'a.a. 2013/14 e per un massimo di due per i corsi triennali e uno per quelli magistrali. Viene inoltre presa in considerazione la possibilità di conteggiare docenti afferenti ad altre facoltà dell'ateneo per i corsi interfacoltà, mentre sono eliminate tutte le possibilità di sconto previste. Il sistema di calcolo dei docenti necessari è stato adeguato al fine di tenere conto della ulteriore docenza in-dispensabile per i corsi di studio organizzati in curricula. IMPEGNO DEI DOCENTI Deve essere rispettato un tetto massimo di ore di didattica assistita erogabile nei corsi di laurea e di laurea magistrale (calcolate come somma dell'attività didattica obbligatoria/istituzionale dei docenti di ruolo e dell'attività didattica complementare svolta attraverso contratti, affidamenti o supplenze, sia a titolo oneroso che gratuito). Ogni professore è tenuto a svolgere almeno uno degli insegnamenti previsti nel regolamento didattico di un corso di laurea con l'obbligo di dedicare all'insegnamento tante ore quante corrispondono ai crediti formativi assegnati all'insegnamento stesso. Per ogni professore l'ateneo prevede un numero minimo di ore di attività didattica frontale (lezioni ed esercitazioni) compreso, di norma, tra 90 e 120 per i professori a tempo pieno, e tra 60 e 90 ore per i professori a tempo definito. COPERTURA SETTORI SCIENTIFICO-DISCIPLINARI Per ciascun corso di studio, dice il decreto ministeriale, deve essere assicurata la copertura teorica dei settori scientificodisciplinari da attivare relativi alle attività formative di base e caratterizzanti in percentuale almeno pari al 60% per i corsi di laurea. Tale percentuale viene incrementata al 70% a decorrere dall'a.a. 2013/14. Quindi un settore scientifico-disciplinare è coperto quando nella facoltà è presente un numero di docenti di ruolo almeno pari al numero delle classi in cui il settore viene attivato. La verifica del più elevato grado di copertura dei settori base e caratterizzanti verrà fatta senza ricomprendere anche parte dei settori affini e integrativi previsti per il raggiungimento degli obiettivi formativi specifici del proprio corso di studio. STRUTTURA DEI CORSI Il dm introduce requisiti organizzativi precisi per i corsi di studio. In pratica non potranno esistere insegnamenti o moduli con meno di 6 crediti e sarà previsto un tetto massimo al numero di insegnamenti attivabili in relazione alla docenza di ruolo disponibile. Ad essere esclusi da questo calcolo saranno però le classi di laurea in medicina e chirurgia e odontoriatria e le classi delle professioni sanitarie. E anche nei requisiti necessari per la copertura degli insegnamenti con docenti di ruolo si deve tener conto delle specificità delle facoltà di area Medica. Quindi per le lauree e lauree magistrali delle professioni sanitarie e per le lauree magistrali a ciclo unico in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria il numero dei crediti formativi universitari (Cfu) da coprire con docenti e ricercatori di ruolo sarà pari al 50% dei crediti del corso sottraendo quelli previsti per attività formative professionalizzanti (tirocinio professionalizzante) e per altre attività formative. Per i corsi di studio dell'ateneo, le ore di didattica frontale corrispondenti ad ogni credito devono essere non inferiori a 5 e non superiori a 10. Le ore dedicate alle altre attività formative diverse dalla didattica frontale (seminari, esercitazioni, attività di laboratorio, attività didattiche a piccoli gruppi, tirocini) non possono essere superiori a 25 per ogni credito formativo universitario. ____________________________________________________ Il Sole24Ore 11 Feb.’11 VALUTARE LA RICERCA: QUI CI VUOLE L'AGENZIA di Dario Braga Si fa un gran parlare di valutazione di questi tempi. Nella ricerca la valutazione è fondamentalmente uno strumento di governo: è necessaria per allocare risorse e investimenti in maniera intelligente. Serve a promuovere i più capaci, a finanziare le ricerche più utili e promettenti, a fornire obiettivi a cui indirizzare gli investimenti. Sembrerebbe un principio accettato. Tant'è che la comunità scientifica insorge quando questo non accade. Sono stato colpito dalle proteste della Società italiana di genetica agraria, alla quale aderiscono circa 400 ricercatori di genetica e di agrobiotecnologie operanti in università ed enti di ricerca, e della Federazione italiana delle scienze della vita che rappresenta migliaia di ricercatori. A causare la protesta è stata la notizia di stampa che ci si appresterebbe a sostenere con un finanziamento di zo milioni e una sede prestigiosa la fondazione Diritti genetici per un progetto di ricerca biotecnologica incentrata sulla "selezione assistita da marcatori", Mas (si veda il Sole del 31 gennaio e dell'8 e 9 febbraio). Finanziamenti così cospicui di questi tempi non passano inosservati. Ho voluto saperne di più. Ebbene, la comunità scientifica protesta proprio perché la fondazione Diritti genetici riceverebbe questo finanziamento senza rispettare il "principio della valutazione" su cui dovrebbe basarsi qualsiasi assegnazione di fondi. Ma come si valuta la ricerca? Esistono sostanzialmente due metodi per affrontare la valutazione. Uno è basato sulla classificazione (ranking) e l'altro sulla valutazione di esperti (peer review). Entrambi hanno pregi e difetti. Nel ranking la valutazione discende dal posizionamento rispetto alla scala di riferimento e quindi di-pende da come sono definiti "top" e "bottom" della scala e dunque dai parametri utilizzati per costruire la scala stessa. La peer review invece si fonda su un paradigma molto diverso: la valutazione è demandata a gente del mestiere, esperti qualificati, molto spesso anonimi, molto spesso internazionali, ai quali è chiesto di esprimere una opinione indipendente sul progetto. La peer review è ormai usata per tutti i finanziamenti competitivi sia in Italia sia all'estero sia di natura pubblica (Prin, Firb, Fp7. Ideai, Nih ecc.) sia di natura privata (Airc, Telethon, fondazioni bancarie ecc.). Non esistono altri metodi. Anche in Italia enti di ricerca, enti locali e imprese interessate ad accedere a finanziamenti internazionali per la ricerca hanno imparato che le loro proposte passeranno al vaglio di valutatori anonimi spesso non italiani, che ne giudicheranno il contenuto ed esamineranno la competenza dei richiedenti e la congruità delle richieste. Questo dovrebbe valere per tutti e quindi anche per il progetto Geneticamente della fondazione Diritti genetici. Il superamento di una seria valutazione di merito va a vantaggio anche di chi riceve un finanziamento: qualifica il progetto stesso e lo pone al riparo da critiche sulle ragioni della scelta. Il varo dell'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur), la cui composizione è stata di recente annunciata, rientra nel paradigma valutazione-risorse. Dalla valutazione dell'Anvur dipenderanno i finanziamenti erogati alle università e quindi alla ricerca universitaria. Gli atenei, a loro volta, dovranno utilizzare strumenti di valutazione per l'autogoverno. Molti già lo fanno per il riparto delle risorse nei diversi ambiti della formazione e della ricerca scientifica. Presto sarà anche necessario definire gli obiettivi da raggiungere per qualificarsi per gli incentivi e per ottenere o meno gli scatti stipendiali come previsto dalla legge Gelmini. Insomma, non si può più scherzare con queste cose. Il paese non se lo può più permettere. La coerenza nell'azione delle istituzioni è quindi indispensabile CHI VALUTA, COME E PERCHÉ L'AGEWZIA Toccherà all'Anvur, ente vigilato dal Miur, valutare la qualità dell'istruzione superiore e della ricerca RANKING Questo tipo di valutazione considera la posizione ottenuta nella scala di riferimento PEER REVIEW Esperti qualificati, spesso anonimi, esprimono opinioni indipendenti sul progetto esaminato ____________________________________________________ La Stampa 9 Feb.’11 LA SFIDA IMPOSSIBILE DEL MERITO IN CLASSE Dopo il decreto Gelmini è scontro coni sindacati sugli standard per la valutazione degli insegnanti da premiare per il loro impegno Ieri un incontro è servito solo a rinviare tutto a data da destinarsi FLAVIA AMABILE ROMA Quanto è lunga la strada che porta al merito? Davvero molto, a giudicare da quanto sta accadendo intorno alla riforma voluta dal ministro Brunetta per introdurre criteri di valutazione all'interno della pubblica amministrazione. La scuola si è ribellata fin dal primo istante boicottando in gran parte la sperimentazione per nulla interessata alle parole del ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini che l'aveva definita una «riforma epocale». Ieri sera in una riunione al ministero coni sindacati è giunta la conferma: per quel che riguarda gli standard di valutazione degli insegnanti meglio andarci piano. Il provvedimento che il ministero sta preparando infatti, è pronto ma a differenza della versione precedente e degli annunci rinvia ad un futuro accordo con la Civit, la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche. per definire le fasi, i tempi e i criteri della misurazione. «Praticamente è il fallimento di Brunetta spiega Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil perché il decreto rinvia ad un ulteriore provvedimento proprio per la particolarità del comparto scuola e delle specificità dell'insegnamento che non può essere equiparato ad un normale lavoro della pubblica amministrazione. Come noi avevamo detto da tempo». I prossimi passi per l'applicazione della valutazione dei docenti vedono la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, mentre di pari passo continueranno le due sperimentazioni di diversi tipologie di valutazione. Ma, segnala il sindacato, sono pochissime le scuole che hanno aderito: «Dai dati che ci sono stati consegnati oggi, emerge che si tratta di 35/40 scuole per la valutazione individuale e di una quarantina per il percorso relativo alla scuola. Un numero esiguo, tanto che si sta tentando di estendere le due sperimentazioni ad altre città e non è escluso che si trovi anche una terza modalità, anche se al momento non è stato detto quale». Un deciso rallentamento rispetto ai tempi iniziali insomma. Ed è cambiato anche il riconoscimento dei premi. La bozza precisa che «saranno assegnati ad una fascia di insegnanti che non potrà comunque superare il 75% e al suo interno articolata secondo criteri meritocratici che saranno stabiliti dal sistema di misurazione e valutazione. Ma, come sottolineava due sere fa la Uil, è un riconoscimento che si potrà imporre ai dipendenti del comparto dell'istruzione non prima del 2013, alla scadenza del contratto in vigore. Quindi, secondo la Uil Scuola «si tratta, al momento, di un decreto del tutto inutile perché non attuabile: per la scuola la questione del merito si porrà nel prossimo contratto 2013 2015. Anche per quel che riguarda il resto della pubblica amministrazione le difficoltà non sono poche. Cinque giorni fa è stato raggiunto l'accordo sui premi di produttività ma senza la firma della Cgil. E Pietro 'chino, senatore del Pd, ha scritto una dura lettera al ministro Renato Brunetta sostenendo che l'accordo «sostanzialmente azzera la riforma Brunetta» perché da un lato le funzioni di valutazione tornano a «commissioni paritetiche, costituite da rappresentanti delle amministrazioni oggetto di controllo e da rappresentanti sindacali dei dipendenti delle amministrazioni medesime» e poi perché si «garantisce che a nessuno, per quanto inefficiente, verrà tolto un solo euro del "salario accessorio" percepito nel 2010». Parole che Brunetta ha contestato: «Il senatore del Pd non ha ancora compreso che l'accordo firmato venerdì scorso non abroga la legge (e d'altronde non potrebbe neppure farlo), limitandosi a toccare solo un punto che riguarda l'art. 19 della riforma Brunetta: quello relativo ai premi individuali». ___________________________________________________ Italia Oggi 8 Feb.’11 GLI ANTI-GELMINI SCENDONO DAI TETTI E SALGONO NEL PARLAMENTINO Dai tetti al Parlamentino universitario. I ricercatori antigelminiani della Rete 29, quelli che avevano alimentato la protesta più scenografica di installarsi in cima agli stabili di facoltà e rettorati, hanno deciso di entrare massicciamente nel Consiglio universitario nazionale-Cun, organo consultivo del ministero, rappresentativo delle varie componenti accademiche. Come rivela CampusPRO, quindicinale dei professionisti di università e ricerca (scaricabile online da www.campus.Wcampuspro), le recente (e parziali) ele-zioni di rinnovo del Cun hanno registrato l'exploit di questa agguerrita associazione che ha piazzato cinque eletti sui sette. Il Cun è un organo consultivo del ministero, i cui pareri sono obbligatori per la quasi totalità degli atti ministeriali, inclusi i numerosissimi decreti attuativi, una quarantina circa, che sono necessari ad applicare la riforma. Un cambio di strategia confermato da uno degli eletti, Alessandro Pezzella, ricercatore dell'Università Federico II di Napoli che preannuncia un allargamento della protesta istituzionale anche ai singoli atenei. «Nelle università stiamo lavorando sulla questione statuti, cercando di partecipare alle commissioni che si occupano della loro riscrittura», spiega. Per la presidenza Cun, si profila invece uno scontro fra l'uscente Andrea Lenzi, endocrinologo della Sapienza di Roma, e un altro past president, uscito sconfitto all'ultima tornata, l'ingegnere padovano Andrea Stella, forte della sua rielezione con 4241 voti I due schieramenti sarebbero già a lavoro, e già si comincia ad accusare il medico romano d'eccessiva condiscendenza verso la Gelmini e la sua riforma. Stella però dovrà arrivare a un accordo con filosofo sassarese Luigi Ruggiu, ordinario a Venezia. Nel 2006, dello scontro fra i due si avvantaggiò proprio Lenzi che si prepara alla competi-zione puntando su un ticket strettissimo con il suo rettore, Luigi Frati, il quale starebbe preparando la scalata alla Conferenza dei rettori-Crui. ____________________________________________________ Il Sole24Ore7 Feb.’11 SULL'UNIVERSITÀ UNA RIFORMA PER GLI STUDENTI di Giacomo Vaciago Perché in Italia, unico paese al mondo, i voti degli esami universitari sono espressi in trentesimi? Perchè ogni esame è condotto da tre professori, ciascuno dei quali può dare un voto compreso tra zero e dieci, e quindi sommando i tre voti che ciascuno degli esaminatori avrà espresso in modo indipendente, il voto finale va da zero a trenta. È questo che succede nelle nostre università? Ovviamente, no: mai vista una cosa simile! Gli esami sono condotti sempre da un solo professore. E allora? E allora prima o poi dovremo fare una riforma universitaria, che riguardi non solo la carriera dei professori come tutte le nostre ultime riforme fatte compresa quella appena approvata dal Parlamento. Ma che riguardi anzitutto gli studenti, il loro modo di lavorare, i loro diritti e i loro doveri... Propongo tre criteri essenziali che caratterizzeranno una buona riforma. i) Guardare anzitutto alle riforme altrui, e preferire quelle che stanno facendo ispirate alla meritocrazia i governi europei di centro-destra. Studiare e imparare quindi da quanto stanno facendo nell'ordine: Svezia, Francia, Germania, e ora Gran Bretagna. 2) Concentrarsi sulla qualità del servizio da offrire agli studenti, sul come loro si insegna e sul come vengono valutati. Si scoprirà tanto per incominciare che gli esami sono sempre e solo scritti, valutati in modo anonimo; in una sola sessione d'esami (potendo quindi valutare sempre ciascun studente rispetto all'intera classe). In nessun paese civile può succedere come succede invece da noi, e non solo nel mezzogiorno! che belle ragazze e bei cognomi abbiano sempre la media più alta. 3) Sapere che ad una università riformata servono molte più risorse. Siamo l'unico paese al mondo che in questi anni sta tagliando la spesa universitaria, al contrario di quanto stanno facendo tutti i paesi civili. Il vero problema, politico e anzitutto etico, che dobbiamo ancora risolvere è però un'altro. A chi chiediamo queste maggiori risorse: agli studenti o al contribuente? La riforma inglese supportata dai risultati della Commissione Browne è di aumentare ciò che viene chiesto agli studenti. Il governo dà prestiti agli studenti migliori. Il secondo problema da risolvere è ancora più importante. A chi diamo queste maggiori risorse: a tutte le università secondo proporzioni uniformi; oppure le concentriamo nelle poche università di eccellenza, appositamente individuate? Le ambiziose riforme che stanno facendo in Francia e in Germania prima il presidente Sarkozy e poi la cancelliera Merkel, hanno scelto questa strada. Noi quando incominciamo a pensarci? ____________________________________________________________________ Repubblica 12 feb. ’11 TROPPI STUDENTI FUORI CORSO: "DOPO 4 ANNI BASTA ESAMI" E l'università dà battaglia ai fuori corso Palermo, il senato accademico: troppi irregolari, obbligo di laurea entro 112014. Ma è polemica DARIO PRESTIGIACOMO PALERMO VIA gli studenti fuori corso dalle università italiane. Vanno cancellati. Il ministero dell'Istruzione ha varato il nuovo sistema di finanziamento agli atenei e ora gli studenti fuori corso sono diventati un peso che costa anche un milione di euro all'anno. PALERMO—Fintanto che con le loro tasse contribuivano a mantenere le disastrate casse dell'università italiana, tutto è filato liscio. Ma da quando il ministero dell'Istruzione ha varato il nuovo sistema di finanziamento agli atenei, gli studenti fuori corso sono diventati un peso che può costare anche un milione di euro all'anno. E così, i rettori di tutta Italia hanno cominciato a guardare con preoccupazione a un esercito che nel 2010 ha sfiorato quota 600 mila, circa un terzo dell'intera popolazione studentesca. E c'è chi è già corso ai ripari. Come a Palermo, dove il Senato accademico ha varato nei giorni scorsi una stretta sui fuori corso, a partire da quelli iscritti alle vecchie lauree quinquennali, che dovranno completare gli studi entro il 2014. Gli iscritti alle nuove lauree triennali, invece, dovranno farlo entro il quarto anno fuori corso. La decisione dell'ateneo siciliano arriva a poche settimane dall'ultimo taglio operato dal ministero dell'Istruzione nella ripartizione dei fondi del 2010: una decurtazione di ben 13 milioni di euro, una parte dei quali, circa 780 mila euro, dovuti proprio all'alta quota di universitari "poco produttivi", ossia non in regola con gli esami. «Questo sistema penalizza soprattutto i grandi atenei— attacca il rettore dell'Università di Palermo, Roberto Lagalla — Nella quota maggiore dei fondi ministeriali, quella assegnata in base al numero degli iscritti, infatti, i fuori corso non vengono considerati, nonostante a essi eroghiamo servizi come a tutti gli altri iscritti». Il problema dei fuori corso riguarda la stragrande maggioranza degli atenei italiani, dal Nord al Sud. Secondo i dati del ministero, nell'anno accademico 2009-2010 i fuori corso hanno rappresentato 1134 per cento dell'intera popolazione studentesca. Al Politecnico di Torino, per esempio, la quota ha raggiunto il 53 per cento. E percentuali non molto inferiori si registrano a Bari, Firenze, Pisa, L'Aquila, Roma e Napoli. Ma nonostante il problema sia comune, non tutti i rettori pensano di seguire l'esempio di Palermo. «La sottrazione di denaro alle università con fuori corso — dice Corrado Petrocelli, rettore dell'Ateneo di Bari — è colpa delle leggi che vanno a incidere sul diritto allo studio, è colpa dei tagli de12008 e della legge sul merito di dicembre. A Bari, comunque, non applicherò nessuna restrizione sui fuori corso». Dello stesso avviso è Massimo Augello, rettore dell'Università di Pisa: «Sui fuori corso il ministero applica un calcolo di contribuzione quanto meno singolare, che penalizza un po' tutti gli atenei. Ma il provvedimento varato a Palermo — continua — non mi convince, perché intacca il diritto allo studio, soprattutto di tutti quegli studenti che lavorano». Il rettore Lagalla difende la sua scelta: «Sono convinto — dice — che l'altissimo numero dei fuori corso sia un fattore di impoverimento per il Paese. Gli studenti devono laurearsi nei tempi giusti per accedere con più forza al mercato del lavoro. Ed è quello che stiamo facendo a Palermo». STUDENTI Sono 1.716.777 gli studenti iscritti alle università italiane 34% FUORI CORSO Nel 2009 il 34 per cento degli iscritti era fuori corso LAUREATI I fuori corso che si sono laureati nel 2009 sono 140.828 ____________________________________________________________________ Repubblica 12 feb. ’11 FRATI: FC -È UNA SCELTA SBAGLIATA NON SIAMO UN BUSINESS" CORRADO ZUNINO ROMA — Luigi Frati, 68 anni, è il rettore dell'università più affollata d'Italia, La Sapienza di Roma: 140 mila studenti spersi in una città studi alle spalle della Stazione Termini. Giocoforza, è il rettore con il più alto numero di fuoricorso. 1138 per cento dicono le statistiche ministeriali, significa 53 mila universitari che non hanno chiuso il corso di laurea nei tempi indicati. «Le cifre elaborate da noi sono più basse, i fuori corso sono il13 -14 per cento della platea iscritta». Rettore, quelli sopra sono i dati ufficiali. «Alla Sapienza per prassi, e direi che è una prassi intelligente visto il gran numero di studenti lavoratori e fuorisede, consideriamo fuori dal corso chi è due anni in ritardo». Il primo anno extra non si conta. «E un completamento del cursus, spesso necessario. Sono ragazzi, non robot». Ha sentito delle regole dell'Università di Palermo: ai fuori corso vengono concessi dai tre ai sei anni per laurearsi. Chi non ce la fa, è fuori. «E dove siamo? L'università non può diventare una gara, io continuo a considerarla un servizio sociale. Non puoi attuare politiche per espellere i fuori corso, devi, piuttosto, accompagnarli alla laurea». Come si fa? «Abbiamo deliberato il metodo un anno fa. Prendiamo i singoli fuori corso, valutiamo la situazione personale, il numero di anni richiesti e concediamo loro il doppio del tempo a parità di tasse». Il doppio di tempo a parità di tasse vuol dire che ogni stagione i fuori corso pagano la metà rispetto a uno studente regolare. «Chi finisce nei tempi previsti ha vantaggi a prescindere e gli. altri non possono essere trascurati». L'Università di Palermo giustifica il provvedimento con i finanziamenti tolti a causa degli studenti improduttivi. «L'università non è nata per fare cassetta e, poi, gli studenti fuori corso le tasse le pagano, questo va a compensare i tagli ministeriali. Dobbiamo essere attenti con fuorisede e lavoratori. Stiamo mettendo a punto un sistema che consenta di dare esami anche da un'altra città. Domande scritte e certificate, risposte scritte in tempo reale e autocertificate. Siamo un servizio, non un business». ____________________________________________________ TST 9 Feb.’11 ADDIO MERITOCRAZIA LA RICERCA GENETICA È SENZA UN EURO La grande beffa dei 20 milioni Il lavoro di ricercatore è avvincente ma ansiogeno. Usi tecnologie raffinate per cercare di capi re qualche complesso fenomeno naturale, ma l'approccio sperimentale si rivela spesso insoddisfacente, le variabili del sistema sono troppo numerose, l'interpretazione dei dati lascia spazio a dubbi. E tuttavia insisti, affini il sistema, cerchi ulteriori prove. Perché il bello è proprio lì, nell'inventare nuovi approcci che ti permettano di capire di più, dì convincere i colleghi/agonisti delle tue conclusioni. Poi c'è il problema più grosso, quello dei soldi: il tuo stipendio ridicolo (quando ce l'hai), ma non ci pensi troppo, perché comunque hai la possibilità di fare questo lavoro meraviglioso. Finiamo questi esperimenti, poi si vedrà. li problema grosso sono i soldi: per comprare strumenti, per pagare magari un borsista, per comprare un computer nuovo. Questi soldi, in Italia, praticamente non ci sono. Ce n'erano già pochissimi prima, adesso, dopo gli ultimi tagli, ti dicono che non ce ne cono proprio, né in università né nel Cnr. E allora fai richieste ad altri enti, anche qui un terno al lotto: ci sono centinaia di domande per pochi fondi. TI associ con altri gruppi europei e presenti un programma alla Ue: sei in concorrenza con altri gruppi agguerritissimi. La selezione è spietata, le commissioni spulciano tutto del tuo progetto, valutano le tue pubblicazioni con parametri rigorosi. Non sai se ce la farai, ma speri, perché il dottorando che lavora con te sta per prendere il diploma e, se non hai niente da offrirgli, se ne andrà in Germania. Passi la metà del tuo tempo a scrivere domande di finanziamento e l'altra metà a insegnare e la ricerca chi la fa? Ansia, frustrazione, ma non importa. Un giorno andrà meglio, l'ha detto la Gelmini che d'ora in poi i criteri di valutazione saranno meritocratici. Poi un giorno capisci che ti stanno prendendo in giro. Anzi, ti stanno prendendo per scemo. Leggi che la presidenza del Consiglio, sette ministeri (Beni Culturali, Ricerca Scientifica, Ambiente, Agricoltura, Sviluppo economico, Affari esteri, Politiche comunitarie), la Regione Lazio, la Regione Puglia e il Comune di Roma avrebbero approvato un progetto di «ricerca partecipata» diretto da Mario Capanna, per una spesa di 20 (!) milioni, reperibili «da fonti private e pubbliche che lo condividano». Capanna è presidente della Fondazione Diritti Genetici, un'associazione che si erge a paladino della lotta contro i vegetali transgenici, gli odiati Ogm. Per dare una veste vagamente scientifica al progetto, la fondazione ha partorito un progetto chiamato GenEticaMente (uno spassoso e involontario riferimento al film di Albanese). Il progetto si propone di utilizzare il metodo di selezione «Marker assisted selection» per creare nuove varietà vegetali attraverso incroci: un metodo già in uso da anni, che peraltro non è alternativo agli Ogm, ma viene usato in modo complementare: la «Mas» applicata unicamente agli incroci classici non permetterà mai di introdurre in una pianta un carattere (gene) che non possiede, come la capacità di resistere a un virus, a un insetto o a uno stress: per questo occorrerà introdurre uno o più geni da altre piante o da altri organismi sessualmente incompatibili con la pianta di interesse e quindi senza possibilità di incrocio. Bisognerà ricorrere all'ingegneria genetica, cioè fare un Ogm. Secondo la Fao, «nonostante le risorse investite, la "Mas" non ha ancora portato i benefici che ci si attendeva in programmi di miglioramento gene-tico per piante, animali o foreste nei Paesi sviluppati e ancor meno nei Paesi in via di sviluppo». Anche ammettendo che il programma abbia un senso nell'attuale stato delle conoscenze, sfugge quali parametri siano stati usati per valutarne (meritocraticamente!) la fattibilità, i costi, le competenze e le pubblicazioni dei proponenti: è stata nominata una commissione con membri stranieri? Chi ne faceva parte? Quali altri gruppi hanno presentato progetti analoghi e su che base sono stati esclusi? Venti milioni potrebbero finanziare 100 gruppi di veri genetisti con 50naila euro l'anno per 4 anni: un piccolo «progetto finalizzato», per il quale naturalmente ci si dice che non ci sono soldi. Allora, forse, stiamo veramente toccando il fondo. Forse ha ragione il tuo dottorando. Forse ti conviene fare qualche telefonata in Germania anche per te. ____________________________________________________ La Stampa 9 Feb.’11 L’ANTICA RACCOMANDAZIONE INQUINA IL NUOVO CONCORSO Milano, il Tar accoglie il ricorso di una ricercatrice: la graduatoria finale fu pilotata dalla commissione Si fa presto a dire inventori, devono aver pensato i commissari che giudicavano i partecipanti al concorso. E poi a che cosa ci servono persone che hanno dimostrato di essere così bravi da aver persino dei brevetti? Infatti a assicurarsi il posto è stata una ricercatrice che di invenzioni nemmeno l'ombra, soltanto una solida e corroborata carriera con un professore che, guarda caso, era anche il presidente della commissione. Peccato che i perdenti non si siano rassegnati alla decisione. Ilaria Negri, forte del suo brevetto, e delle norme della riforma Gelmini, ha fatto ricorso. Il Tar le ha dato ragione con una sentenza pubblicata il 25 gennaio e ora è la prima ricercatrice ad aver ottenuto l'annullamento di un concorso bandito e effettuato secondo le nuove norme, a conferma che non bastano le regole a fermare chi vuole aggirarle, come hanno sentenziato i giudici del Tribunale Amministrativo della Lombardia. Il tutto avveniva a Milano, Università degli Studi, facoltà di Agraria per un posto da ricercatore di Entomologia Generale ed Applicata. E ora Ilaria, vincitrice del ricorso ma non del posto per il momento ilmasto vuoto commenta con amarezza: «Nel Paese dei raccomandati chiediamo anche noi una raccomandazione: valutateci onestamente». Quello che racconta di questo concorso la sentenza del Tar della Lombardia è infatti una gestione del tutto scorretta. Innanzitutto i brevetti: bisognava tenerne conto invece di far finta di nulla, ovvero «senza neppure motivare in merito», affermano i giudici. Secondo rilievo: invece di usare criteri riconosciuti a livello internazionale, i commissari si sono serviti di espressioni come buono o discreto. Insomma i giudizi scolastici al posto dell'impact factor. Secondo i commissari sia la valutazione sui brevetti, sia i parametri internazionali erano da utilizzare solo in modo facoltativo. Un'interpretazione che i giudici hanno bocciato: la legge dice tutt'altro. Sono state poi sottovalutate pubblicazioni e lavori di Ilaria Negri. Infine, il ruolo del presidente della commissione: secondo i giudici amministrativi lombardi «avrebbe dovuto astenersi, in quanto professore della controinteressata (la vincitrice di cui si è annullata la nomina, ndr) e alla stessa legato da stretti vincoli dì collaborazione per aver svolto una considerevole serie di ricerche congiuntamente». Con il presidente della commissione infatti la vincitrice aveva svolto tesi di laurea, tesi di dottorato e ave- va anche pubblicato con lui buona parte dei suoi lavori. Il presidente si chiama Luciano Suss. Respinge le accuse dei giudici. «E' la prima volta che mi capita qualcosa del genere, quando è stato presentato il ricorso abbiamo presentato una memoria con le nostre contro-osservazioni. Non so perché non siano state recepite nella sentenza. E, francamente, se il concorso non era regolare non capisco nemmeno perché il ricorso non sia stato presentato al momento della pubblicazione del bando. Forse perché se la ricorrente avesse vinto ci sarebbe passata su?» Nella memoria dell'ateneo, sul conflitto di interessi del presidente si dice che la nomina del commissario come membro designato di Ateneo è stata espressa all'unanimità dalla Facoltà, riconoscendo quel Prof come «docente e studioso di notoria comptenza, di equilibrio e imparzialità» e, analogamente, la sua nomina a presidente è stata fatta all'unanimità dai commissari Parole che non sono bastate a convincere i giudici del Tar della Lombardia. La notizia della prima vittoria contro un concorso bandito con le nuove norme ha fatto il giro dei ricercatori che sostengono di essere in condizioni analoghe. A decine sono pronti con i ricorsi. [F. AMA.] ____________________________________________________ Il Secolo XIX 8 Feb.’11 PROF, NON GUARDATE GLI ALTRI VOTI GIULIANO GALLETTA NARRANO le leggende di un'università pre sessantottesca di professori dediti al "lancio del libretto" come massimo spregio allo studente impreparato. Vecchie abitudini di autoritarismo baronale giustamente spazzate via dalla democratizzazione imposta dalle rivolte studentesche, ma che sottintendevano una certa "passionalità", oggi sostituita dalla più deprimente burocrazia. I docenti universitari del terzo millennio hanno infatti bisogno di una circolare anche per gestire il "rapporto" con il libretto. A fornirla, in anteprima nazionale, è il neo-preside della facoltà di Scienze politiche dell'ateneo genovese Giovanni Battista Varnier, che, con apposito documento, ha dettato le regole per un uso corretto del libretto. Il quale non potrà essere guardato prima dell'esame per due motivi: a) non violare la privacy dello studente; b) non farsi influenzare dai voti precedenti. Oggi ci sono professori che guardano il libretto e altri che preferiscono non farlo, ciascuno in base al suo "stile" d'esame. D'ora in poi lo "stile" sarà sostituito da una circolare. Qualcuno ha detto che gli esami sono temibili perché anche l'uomo più stupido può fare una domanda a cui l'uomo più saggio non sa rispondere. Ma qui il problema comincia ancora prima di fare la domanda IL PRESIDE AI DOCENTI: NON FATEVI INFLUENZARE DAI VOTI SUI LIBRETTI Varnier: «Vederli prima dell'esame puo falsare i giudizi» FRANCESCO MARGIOCCO CHI BEN comincia è a metà dell'opera: forse il modo di dire più citato all'università dove un trenta e lode al primo esame può aprire le porte del paradiso, e dove un diciotto è invece il peggior biglietto da visita per la prova successiva. Non a Scienze politiche, Università di Genova. Qui il neoeletto preside Giovanni Battista Varnier, storico dei rapporti tra Stato e Chiesa, in nome della privacy degli studenti ha inaugurato il new deal del libretto: «Si ritiene necessario ed opportuno che il libretto cartaceo venga utilizzato solo come documento identificativo ed esibito so-lo successivamente alla conclusione delle singole prove di esame, al fine di garantire il diritto alla riservatezza e il libero sviluppo della personalità dello studente». Da sempre, il libretto suscita reazioni opposte. Lo studente preside Varnier medio lo sfoglia malvolentieri. Il professore medio, al contrario, durante l'esame, spesso, lo sfoglia con interesse. Per farsi un'idea su chi ha di fronte. Col rischio di influenzare il voto. Un rischio che Varnier non vuole più correre. Con un'e-mail inviata il 25 gennaio a tutti i professori della sua facoltà, il preside cita una nota della Crui, la Conferenze dei rettori, dello scorso autunno per ricordare ai colleghi il corretto uso del libretto universitario. «In attuazione del principio espresso dell'articolo 34 della Costituzione ed in applicazione dell'articolo 17 dello Statuto dei Diritti e dei Doveri degli studenti universitari» e «al fine di evitare che il giudizio espresso dal docente in sede di esame venga condizionato dai giudizi espressi in occasione di precedenti prove» i docenti sono invitati «a richiedere il libretto universitario solo successivamente all'espletamento della prova d'esame ed alla comunicazione allo studente del voto riportato». Gli studenti (si veda l'articolo qui sotto) hanno apprezzato. Il libretto non ha valore legale ma più di tanti documenti legali suscita timore. Lo studente medio preferisce maneggiarlo il meno possibile, tirandolo fuori dal cassetto soltanto quando necessario. I libretti universitari di politici e opinion leader sono circondati da un'aura di mistero. A novembre, in piena protesta contro la riforma universitaria del governo Berlusconi, il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani ha infranto il tabù, pubblicando il suo una sfilza di trenta e trenta e lode e un solo ventotto, laurea in Filosofia a Bologna su Facebook e chiedendo al ministro dell'Università Mariastella Gelmini laureata in Giurisprudenza a Brescia e con esame da avvocato conseguito a Reggio Calabria di fare altrettanto. Il ministro dell'Università non ha ancora risposto alla provocazione. Quella di Scienze politiche è l'unica facoltà dell'Università di Genova ad avere risposto all'appello della Crui. «Ho ritenuto giusto farlo spiega Varnier perché abbiamo molti docenti a contratto (collaboratori mal pagati, ndr.) che hanno fatto l'università venti o trent'anni fa. Ma l'Università nel frattempo è cambiata, ed è giusto ricordare a tutti le regole». La stessa prassi del libretto cartaceo è, come ricorda la nota della Crui, «in via di superamento, con l'introduzione del libretto elettronico e/o della verbalizzazione digitale delle prove d'esame». L'Università di Bologna lo sta già abbandonando: gli studenti iscritti all'anno accademico 2010-11 non lo usano più, con un risparmio per l'ateneo di 390mila euro l'anno. Al suo posto l'ateneo bolognese ha realizzato un'applicazione web per prenotare gli appelli e verbalizzare il voto. Ed esistono già, su internet, i software per gestire il libretto universitario su iPhone e iPad. ____________________________________________________ Il Giornale 9 Feb.’11 IO NON GUARDO IL LIBRETTO: OGNI ESAME FA STORIA A SÉ di Luigi Mascheroni Quando ero studente universitario, ultimissimi anni Ottanta, se c'era un'azione dei professori che mi infastidiva, era che aprissero il mio libretto per vedere i voti nelle altre materie prima di decidere il loro. Un "vizio" che mi indispettì subito, fin dal secondo esame, quando il docente oggi un luminare della Psichiatria indeciso fra un Trenta stiracchiato o un Ventotto abbondante, adocchiò l'unico voto fino a quel momento presente sul mio libretto e scelse, con una decisione che mi disse molto sulla sua psicologia, di confermare senza rischi il voto precedente. E Ventinove fu. Incrinando immediatamente la mia media matematica e la mia fiducia nell'imparzialità degli accademici. È per questo motivo un caso personale da me elevato arbitrariamente a regola universale che da quando mi trovo dall'altra parte della cattedra ho deciso di non sfogliare mai il libretto degli studenti prima di decidere il mio voto. Almeno per due motivi, semplicissimi. Primo, per non farmi condizionare dalla valutazione dei colleghi che mi hanno preceduto, la cui professionalità ed esperienza non si discute, ma che hanno comunque ascoltato il candidato in una certa situazione, in un preciso momento, su una determinata materia: tutti casi unici e irripetibili. Secondo, per rispetto degli studenti, i quali hanno il diritto a essere esaminati in una situazione «incontaminata» e in assoluta tranquillità emotiva, senza dover pagare colpe passate o poter sfruttare meriti pregressi. Ora, non so se non guardare il libretto degli studenti prima di decidere il voto debba diventare una «legge» nell'università italiana. Basterebbe fosse una buona consuetudine, immagino peraltro apprezzata dalla stragrande maggioranza dei ragazzi (addirittura in alcuni Paesi i docenti non possono neppure visionare il libretto: inviano semplicemente un verbale d'esame in Segreteria, dove si registra il voto). Insomma, ogni esame fa a sé, e non puo essere paragonato a nessun altra prova. Il metro di giudizio deve essere unico e sempre identico, non corretto di volta in volta da «misurazioni» precedenti o successive. Semmai, il libretto può fornire al docente, durante l'esame, altre indicazioni utili sullo studente. Per quanto mi riguarda, la città o addirittura lo Stato di provenienza di una ragazza o di un ragazzo può essere lo spunto per una certa domanda, così come la scuola di provenienza aiuta a capire la culturale generale del candidato (chi arriva da una scuola professionale di norma possiede una proprietà di linguaggio e una capacità di espressione molto diversa da chi ha frequentato il Liceo classico, particolare che il docente non può non tenere in conto...). E per il resto, basta ricordarsi che si tratta comunque di un «semplice» esame. Uno o due punti di valutazione, in più o in meno, non cambieranno la carriera scolastica ad alcuno. Né il suo futuro. Soprattutto se è vero, come indicano le statistiche, che i migliori nella vita non sono mai quelli che andavano bene all'Università ____________________________________________________ Il Giornale 9 Feb.’11 IO INVECE LO SBIRCIO SEMPRE MI AIUTA A NON SBAGLIARE di Stefano Zecchi È anche questione della disciplina che si insegna. Se l'apprendimento può essere oggettivamente verificabile, la valutazione dello studente è semplice: sbaglia il calcolo di un integrale, pensa che un osso appartenga a una mano e invece è di un piede? Meriterà un voto basso. La situazione è diversa se l'interrogazione verte su discipline umanistiche, perle quali la valutazione è aleatoria rispetto alle materie scientifiche. Certo, se mi si dice che Dante è un poeta rinascimentale o Hegel un filosofo medioevale, neppure procedo con l'interrogazione e mando via lo studente. Però, se si escludono questi casi estremi e, per fortuna, non frequenti, il giudizio su chi mi parla per esempio di alcuni problemi dell'estetica di Hegel non è facilissimo, soprattutto se le risposte toccano un livello tra il discreto e il buono. L'atteggiamento corretto da parte del professore sarebbe quello di valutare nel modo più oggettivo le conoscenze dello studente senza lasciarsi influenzare dai voti presi nei precedenti esami. E infatti la situazione che preferisco è quella in cui lo studente viene da me per fare il suo primo esame universitario. Supponiamo però che lo studente non sia alle prime armi: guardo d'abitudine il suo libretto. Viene per questo condizionato il mio giudizio dagli altri voti? Dopo tanti anni di insegnamento posso dire di no. Osservare come è stato valutato precedentemente dai miei colleghi mi aiuta a sbagliare il meno possibile nel giudicarlo. Per esempio, potrebbe capitare che nel momento in cui il ragazzo è di fronte a me, mi sia per qualsiasi motivo, anche a causa sua, innervosito e che gli faccia una domanda in modo difficile, ingiustamente severa. Ricevo delle risposte scorrette, mi convinco che non capisca, che non conosca il problema. Se quel ragazzo ha un libretto con dei bei voti, incomincio a pensare che non lo sto interrogando in modo appropriato, opero su di me una silenziosa autocritica, gli pongo altre domande: finisco per essere più giusto. Insomma, lo sguardo al libretto mi aiuta a sbagliare di meno, soprattutto ad evitare ingiusti voti bassi. D'altra parte, perché c'è il libretto? Come si dice, i voti scritti sul libretto non fanno fede, lo studente potrebbe contraffarli: fanno fede i voti messi in un apposito registro personale che viene inviato al termine della sessione d'esami alla segreteria. Io, dunque, non conosco i voti che ci sono nei registri dei miei colleghi. Il libretto c'è, invece, proprio perché il professore si possa fare un quadro dell'andamento degli studi dell'esaminando, non per esserne influenzato, ma per capire il meglio possibile come sta affrontando la sua preparazione in vista della laurea. Il motivo per cui mi faccio dare il libretto prima o mentre interrogo è perciò questo. Però, potrei anche fame a meno. Per esperienza, so che se lo studente mi mette sotto il naso il libretto prima ancora che glielo chieda, vuol dire che ha bei voti. Se c'è invece chi mi dice che lo ha in tasca ma non lo trova, che è sepolto nella borsa e che lo cercherà alla fina dell'interrogazione, significa che i voti sono modesti. ____________________________________________________ Il Gazzettino 10 Feb.’11 VENEZIA, LAUREE TRIENNALI SENZA DISCUTERE TESI Paola Vescovi Ora tocca alla discussione della tesi Una cerimonia di consegna all'"americana" al Palasport VENEZIA Il rettore di Ca' Foscari, Carlo Carraro, vuole fare l'americano. E così, primo ateneo d'Italia, abolisce la tradizionale discussione della tesi di laurea. Basta commissioni, relatori e controrelatori, tutti riuniti ad ascoltare il laureando, con il suo codazzo di amici e parenti. D'ora in poi, nell'ateneo lagunare, ci sarà una cerimonia unica per tutti i laureandi, con chiamata e consegna dei diplomi. All'americana, appunto, come ci hanno insegnato tanti film. Una precisa scelta di questo rettore che ha fatto dell'innovazione e dell'internazionalizzazione dell'ateneo veneziano la sua missione. E non si spaventa di fronte a tagli, anche importanti, con passato e tradizione. Così, da un giorno all'altro, aveva cambiato pelle all'inaugurazione dell'anno accademico: basta ermellini e toghe, ma addio anche alla prolusione del professore che veniva scelto ogni anno all'interno dell'ateneo. Quest'anno, sul palco, c'era solo lui, Carraro, supportato da una serie di video promozionale curatissimi. di laurea. Per gli studenti dei corsi triennali è eliminata. E per evitare scopiazzamenti da internet Ca' Foscari si appresta ad acquistare un software antiplagio. Inoltre, in accordo con la Geox, si prepara a rilanciare i suoi prodotti con il marchio: magliette, cappellini, ombrellini e pure stivali per l'acqua alta, tutto rosso Ca' Foscari. «Se vogliamo andare nel mercato mondiale dobbiamo usare uno standard comunicativo, usare i simboli che tutti gli altri usano; c'è poco da fare» spiega Carraro, particolarmente orgoglioso dei suoi gadget: «Lo stivale per l'acqua alta? Non può mancare a Venezia. Ma non c'è solo quello. Ci si può inventare di tutto». Intanto la rivoluzione della laurea unica per tutti sta incontrando le prime difficoltà organizzative. Per la prossima sessione di laurea, Ca' Foscari non è riuscita a trovare uno spazio dove riunire tanti laureandi. E così il primo "graduation day" della storia dell'ateneo si celebrerà a Mestre, al palazzetto dello sport. Ma la promessa è quella di trovare uno spazio adatto in centro storico, già per l'autunno dì quest'anno. Si vedrà... ____________________________________________________ La Stampa 10 Feb.’11 UNIVERSITÀ, BLITZ A ROMA ARRIVANO 80 MILIONI Accordo con la Gelmini: fondi per rilanciare la ricerca Retroscena ALESSANDRO MONDO ANDREA ROSSI La notizia è arrivata ieri sera, al termine di una giornata tutta «romana» per Roberto Cota. Ottanta milioni saranno destinati per sostenere e rilanciare l'università e la ricerca in Piemonte, due «asset» sui quali la giunta regionale scommette parecchio: quaranta investiti direttamente dalla Regione e altri quaranta dal ministero dell'Istruzione e dell'Università. È quanto prevede l'accordo raggiunto durante l'incontro tra il governatore, accompagnato dall'assessore Elena Maccanti, e il ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini. A fine mese il ministro raggiungerà Torino per firmare il protocollo d'intesa in piazza Castello, sulla falsariga di quello siglato appena pochi giorni fa davanti a una batteria di telecamere dai colleghi Alfano e Brunetta. Lunedì scorso il tema riguardava il consolidamento e l'estensione al resto del Paese del modello Torino in fatto di Giustizia, visto il «primato» del sistema giudiziario piemontese in termini di efficienza e rapidità. In questo caso, invece, l'intesa coinvolge ricerca e università. Ottanta milioni, abbiamo detto, suddivisi in otto ambiti di intervento, quattro che riguarderanno il Politecnico e altrettanti l'Università. I fondi che pioveranno sull'ateneo di corso Duca degli Abruzzi verranno destinati a sostenere l'innovazione nei settori automotive, aerospazio, nanotecnologie, smart building. Settori strategici si pensi al corso di ingegneria dell'autoveicolo e al prossimo trasferimento nell'area ex Fiat di Tne o ai rapporti con Alenia su cui, insieme con il filone energia e cambiamenti climatici, il «Poli» da tempo ha investito molto, partecipando a diversi programmi di ricerca europei e cercando di attrarre nel suo campus-incubatore alcune aziende del settore. Per quanto riguarda l'Università, i fondi serviranno a consolidare alcune politiche strutturali: attuazione della legge-Gelmini, internazionalizzazione, informatizzazione ed edilizia universitaria. L'ultimo punto è uno dei più importanti. In via Po hanno avviato una serie di maxi opere che dovrebbero ridefinire la geografia dell'ateneo: la struttura progettata da Norman Foster in Lungo Dora Siena, dove troverà sede il polo giuridico, la nuova palazzina Aldo Moro, la cavallerizza. Si tratta di opere gigantesche, che hanno necessità di denaro per essere portate a termine. Per la Regione l'accordo potrebbe essere il trampolino di lancio per dare linfa ai piani straordinari per l'occupazione e la competitività considerati prioritari da Cota e impostati dall'assessore regionale alle Attività produttive Massimo Giordano. L'intesa raggiunta ieri a Roma ricalca il patto stretto qualche settimana fa dal ministero con la Regione Lombardia, che farà affluire nelle casse del sistema universitario 120 milioni: 60 stanziati dal governo, altrettanti dal Pirellone. AL POLITECNICO Fondi per l'innovazione dall'automotive alle nanotecnologie ____________________________________________________ Il Manifesto 10 Feb.’11 UNA RETE RIBELLE NELLA FABBRICA DELL'EDUCAZIONE Quando alcuni anni fa, un gruppo eterogeneo di studenti e ricercatori hanno dato vita all’esperienza di Edu-factory in pochi pensavano che una rete transnazionale potesse riuscire a discutere di come stava cambiando l'università a livello globale. Studiosi e attivisti con «tradizioni» teoriche diverse alle spalle potevano confrontarsi, provando a mettere al lavoro le differenze e le ripetizioni che accompagnavano gli interventi pubblici e privati nella formazione universitaria. Il punto di partenza era quella «circolazione di cervelli» favorita dalla cosiddetta globalizzazione, ma anche la trasformazione dell'università in un vero e proprio «settore produttivo». Inoltre, forte era la constatazione che l'accesso alla formazione superiore avveni-va attraverso l'indebitamento visto che i costi per frequentare collage, campus e facoltà erano schizzati verso l'alto. Allo stesso tempo, emergeva una sorta di crisi degli statuti delle discipline e dei saperi che prefigurava un «declassamento» della formazione universitaria. L'università non riusciva più a essere, come invece era accaduto in passato, il requisito necessario per un accesso al mercato del lavoro in una posizione di forza. Termini come precarietà, finanziarizzazione del welfare e conflitto entrarono con forza nel lessico politico degli organizzatori di Edu- factory. Ne scaturì una discussione che vede protagonisti docenti, ricercatori e studenti non solo europei, ma anche statunitensi, australiani, indiani, cinesi. I materiali furono poi raccolti in un volume - la pubblicazione italiana è stata fatta dalla manifesto libri con il titolo Università globale. Il nuovo mercato del sapere - Nel frattempo sono accadute molte cose. Studenti e docenti in sciopero negli Stati Uniti, mobilitazioni in Spagna, Francia, Spagna, fino a quando, lo scorso inverno le città inglesi sono state invase da studenti. In Italia, ma questa è cronaca, nell'opposizione alla riforma Gelminí sono echeggiati argo-menti, riflessioni che hanno costituito un vero e proprio programma di ricerca teorica del gruppo Edu-factory (la discussione è ripresa e può essere consultata nel sito Internet: www.edu-fa-cory.org), che ha visto partecipare anche molte altre realtà universitarie, dall'Europa dell'Est al Maghreb. Edu-factory ha così organizzato un meeting che inizierà il prossimo venerdì a Parigi (appuntamento nella sede dell'École des Hautes Etudes en Sciences Sociales, nei giorni successivi i lavori si sposteranno all'Università di Saint Denis). C'è nel programma dei lavori un forte accento su come la crisi economica stia producendo una forte differenziazione nelle risposte nazionali E questo è molto evidente anche nella ricerca e nell'università. Così mentre la Germania e la Francia aumentano le risorse pubbliche destinate alla formazione, in altri paesi i finanziamenti pubblici registrano un drastica riduzione. Nei giorni scorsi, le conclusioni di uno studio della Commissione europea ha lanciato l'allarme che i paesi del vecchio continente stanno riducendo troppo le risorse destinate alla ricerca scientifica. E se si esce dai confini europei, la realtà appare più articolata. È cosa nota che la Cina, l'India, il Brasile stanno investendo e molto nell'università e nella ricerca scientifica. E tuttavia, al dì là delle politiche nazionali, emerge un sostanziale aumento dei «costi d'ingresso» alle Università. Tasse molto alte a cui corrisponde una «politica del debito» individuale e una «finanziarizzazione del welfare state», espressione usata nelle scienze sociali per indicare la tendenza a trasformare i servizi sociali in merci da acquistare al mercato. Inoltre, la precarietà non è più prerogativa delle fasce cosiddette basse del mercato del lavoro, ma è ormai la condizione anche per chi ha avuto una formazione universitaria, come d'altronde emerge nei contributi dei due ricercatori pubblicati in questa pagina. Di questo e molto altro si discuterà a Parigi, cercando anche di allargare le maglie della rete (ad esempio sono previsti interventi di ricercatori e studenti tunisini e non solo), prospettando l'altra sponda del Mediterraneo come sede del prossimo meeting di Edu-factory. Ma di questo ne daremo conto nei prossimi giorni. ____________________________________________________________________ Corriere della Sera 11 feb. ’11 ADDIO ALLA DISCUSSIONE DI LAUREA: STUDI SERI E UN FINALE FRIZZANTE Complimenti a Ca’ Foscari per aver abolito la discussione della tesi di laurea triennale. Se doveva essere una cosa seria, l’occasione era troppo leggera. Se doveva essere leggera, era troppo seria. Non solo a Venezia, naturalmente: in tutta Italia. Il candidato ansioso (chissà perché); il controrelatore annoiato (e un po’ lo capiamo); i colleghi della commissione distratti o impegnati a farsi gli affari propri. Ogni tanto qualcuno, magnanimo, alza un sopracciglio accademico. Il candidato trasale; gli occhi sotto i sopraccigli s’illuminano, felici di suscitare ancora emozioni. In corridoio, genitori e amici aspettano: silenziosa fotografia di gruppo (per non disturbare), un cappellino e due fiori, e via verso un malinconico ristorante. Scene ben note a chi s’è laureato o ha assistito a una sessione di laurea. Non ne sentiremo la mancanza. Meglio la ritualità gioiosa della laurea americana. C’è tempo — tre anni — per valutare uno studente, non c’è bisogno d’aspettare l’ultimo giorno. La fine degli studi non è un finto esame, ma una vera festa. E come tale va celebrata. Coreografia non è una parolaccia: un evento può essere insieme, sostanzioso e spettacolare. Le sessioni di laurea italiane — finte discussioni e vera noia — sono una rappresentazione del Paese retorico, secondo cui nulla è importante se non è serioso (discorsi, libri, cerimonie). Ma anche l’Italia sta cambiando: i nostri ragazzi meritano studi seri e un finale frizzante. Lo meritano le nostre buone università (ci sono anche le altre). Lo meritano le famiglie (i genitori, arrivati a una certa età, aspettano solo una scusa per commuoversi). Solo una preghiera: chiamatelo «Giorno della Laurea» , non «Graduation Day» . Beppe Severgnini ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 feb. ’11 CAGLIARI: MARCIA VERSO LA NUOVA UNIVERSITÀ Mercoledì i nomi dei quindici componenti della commissione istruttrice Dimuinuiscono facoltà e dipartimenti, il cda sarà nominato dal senato accademico ALESSANDRA SALLEMI CAGLIARI. Avanti verso il nuovo statuto. Mercoledì saranno resi noti i nomi dei 15 commissari che cambieranno le regole del funzionamento dell’ateneo. La commissione lavorerà sulle linee guida presentate dal rettore e approvate in seduta congiunta dal cda e dal senato. La gestione del macchinone universitario diventerà più simile a quella di un’azienda, col senato accademico regolarmente eletto dal popolo universitario e il consiglio di amministrazione, invece, nominato dal senato. Facoltà e dipartimenti scendono di numero nel segno di una riorganizzazione a favore dell’offerta formativa che, con più operatori a disposizione, sarà potenziata. Come potrà succedere il miracolo di un minor numero di dipartimenti con una migliore organizzazione dei corsi di laurea? Perché i corsi di laurea restano tutti, ma le facoltà e i dipartimenti saranno accorpati in modo omogeneo eliminando doppioni e liberando le persone dalle incombenze prodotte dai doppioni. I criteri ispiratori del nuovo statuto sono stati approvati all’unanimità durante le due sedute congiunte senato accademico-consiglio di amministrazione. Impossibile non farlo, visto che sono l’utopia delle attuali pubbliche amministrazioni: salvaguardia dell’autonomia didattica e scientifica; partecipazione democratica; trasparenza di tutte le scelte; alta qualità; promozione del merito; dimensionamento coerente con le esigenze formative. Così il rettore Giovanni Melis: «Nelle due sedute abbiamo stabilito quali saranno le procedure che la commissione dovrà seguire. Si andrà avanti per argomenti, la commissione riferirà durante i lavori in modo da aggiustare eventualmente il tiro, i commissari saranno quindici scelti fra i rappresentanti delle categorie, i rappresentanti delle aree culturali, ci saranno l’esperto giuridico e quello di organizzazione». L’unico nome per il momento è quello fatto dalla riforma Gelmini: il rettore, alla presidenza della commissione. Sulle novità: «Si è rafforzato il ruolo del senato accademico organo elettivo - spiega Melis -, col cda nominato dal senato ci sarà una squadra che collaborerà, ora c’è un doppione di elezioni. Ci sono cambiamenti anche nel modello organizzativo. Si è scelto quello che fa perno sui dipartimenti e sulle facoltà, concepiti però diversamente dal passato. Le facoltà si occuperanno soltanto della gestione della didattica, i dipartimenti di didattica, ricerca e rapporti col territorio. Dipartimenti e facoltà si concentreranno, le facoltà da undici diventeranno sei, sette, i dipartimenti da quarantaquattro scenderanno a ventiquattro». Attenzione: il rettore precisa che le facoltà non spariscono, ma «si concentrano». Esempio: le facoltà umanistiche Lettere, Scienza della formazione e Lingue diventeranno Scienze umane o una definizione simile. Tutti i corsi di laurea resteranno, non si stanca di ripetere il rettore, «ma anziché essere gestiti da tre facoltà, nel caso delle umanistiche, ce ne sarà una». Un’operazione «che ci consentirà di migliorare la qualità dell’organizzazione - continua Melis - e di rafforzare le strutture perché in una si concentrerà il personale delle altre, in varie realtà didattiche dove ci sono già incroci a livello di docenti. La concentrazione è un modo per razionalizzare le risorse umane». ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 feb. ’11 ONNIS: «CHIEDIAMO MAGGIORE DEMOCRAZIA» C’è tensione nella Rete29aprile, il tema è la partecipazione BETTINA CAMEDDA CAGLIARI. Saranno mesi decisivi per l’università italiana. Anche a Cagliari, da qualche settimana, studenti, ricercatori e docenti assistono al processo di riforma dell’Ateneo. Un processo che deve essere lento, trasparente e ragionato soprattutto per quanto riguarda la formulazione del nuovo statuto che interesserà tutti a partire dagli anni a venire. I ricercatori sono in fermento: chiedono garanzia di partecipazione democratica. Dopo i principi generali dello statuto, gli organi accademici si sono riuniti per stabilire altri principi, quelli di formazione della commissione che riscriverà lo statuto. Spetta poi al senato accademico e cda nominare i quindici che prenderanno parte alla commissione che si occuperà di redigere la bozza del nuovo statuto. Una commissione che dovrà essere composta dal rettore più due studenti, sei membri nominati dal senato e altri sei nominati dal cda. «E’ un momento critico, di trattativa tra il rettore e le varie parti - sottolinea la referente di Cagliari per la Rete 29Aprile, Valentina Onnis - giovedì si è parlato dei principi generali su cui si baserà il nuovo statuto. Credo ci siano dei punti che andrebbero rivisti in modo più democratico e partecipato perché in gioco c’è l’ateneo di domani e saremo noi, studenti e ricercatori, a dover vivere questa università. Bisogna sfruttare al meglio i gradi di libertà che ci sono nella legge in modo da costruire al meglio il futuro dell’Ateneo anche se la legge pone numerosi vincoli». La preoccupazione che ha animato le proteste in piazza e sui tetti per il consistente numero dei privati all’interno degli organi decisionali, previsto dal decreto Gelmini, può essere stemperata dall’inclusione nel processo decisionale di studenti e ricercatori. Ora si preme per garantire una meritocrazia che non sia solo di facciata. ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 feb. ’11 CAGLIARI: PRIMI NOMI PER LA COMMISSIONE CHE RISCRIVERÀ l’organizzazione d’ateneo Ecco i rappresentanti dei tecnici Anche i ricercatori hanno già i loro due candidati Intanto in questi giorni il personale tecnico amministrativo ha già designato quelli che saranno i loro futuri rappresentanti all’interno della commissione così come sono emersi due possibili nomi di ricercatori che ne faranno parte: Valentina Onnis e Guido Mula. Nessuna conferma da parte di Onnis che preme invece affinché vi sia una «rappresentanza attiva all’interno della commissione» così come la chiedono gli studenti. «Cercheremo di trovare una linea comune - spiega Marco Meloni, membro del senato accademico - al fine di lavorare bene per detronizzare questa legge». Statuto, insomma, nuova frontiera. (b.c.) ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 feb. ’11 CAGLIARI: INTERNAZIONALIZZAZIONE E ALLOGGI LE DUE CARTE TUTTE DA GIOCARE CAGLIARI. Internazionalizzazione, qualità della didattica ed eliminazione dei disagi per i pendolari. Quest’ultimo un tema molto sentito in una università con 18 mila iscritti fuorisede. Per l’internazionalizzazione l’ateneo giocherà la carta di allestire la foresteria nell’ex clinica Aresu, lasciata libera dalla facoltà di Medicina. Per la qualità della didattica si punta anche agli accorpamenti delle facoltà in modo da dividere gli insegnamenti per poli ed evitare le attuali dannose dispersioni di energie. Una proposta interessante arriva da Assemini che sta cominciando a costruire un progetto importante attorno all’università: dall’idea di aprire sale di studio per gli studenti, sale moderne, organizzate secondo i principi più avanzati della didattica, le forze politiche stanno anche candidando l’area di Assemini per la delocalizzazione delle case dello studenti e degli alloggi studenteschi in generale. L’indotto culturale ed economico creato dalla presenza degli studenti non sfugge e Assemini, per rilanciare il proprio tessuto sociale ed economico, punta a catturare la presenza degli studenti universitari. Cagliari, per il momento, sta a guardare. ____________________________________________________________________ L’Unione Sarda 8 feb. ’11 CAGLIARI: RITARDI SULLE NOMINE DELL'ERSU, ATTIVITÀ BLOCCATA Il rettore prepara una rosa di nomi per Cappellacci, cui spetta la scelta L'Università stringe i tempi per la designazione del nuovo presidente dell'Ente regionale per il diritto allo studio, da due mesi senza più una guida con pieni poteri. Il rettore Giovanni Melis ha chiesto un incontro al presidente della Regione Ugo Cappellacci per proporgli una rosa di nomi da cui viale Trento sceglierà il nuovo numero uno dell'Ersu, così come prevede l'articolo 21 della legge regionale 20 del 1995. IL RETTORE «Attendiamo una convocazione da parte del presidente», afferma il magnifico, precisando di aver inviato la richiesta «una decina di giorni fa». Segno che in via Università hanno già le idee chiare su chi succederà a Daniela Noli. TEMPI Sui tempi Melis è ottimista: «Nell'incontro faremo presenti le nostre proposte», dichiara il rettore, «e credo che la situazione di stallo attuale si possa risolvere in tempi brevi». RITARDO Cappellacci, oltre la nomina del successore di Daniela Noli, che ha cessato di essere presidente il 9 dicembre, dovrebbe nominare anche il nuovo consiglio di amministrazione e quindi ratificare la nomina di Alice Marras, la rappresentante della lista degli studenti Unica 2.0 eletta nel cda dell'ente a novembre. Un ritardo che suscita le proteste di Unica 2.0. «Noi siamo ancora fuori e nel frattempo il vecchio cda ha approvato il bilancio che probabilmente taglia i fondi per i servizi agli studenti», lamenta Marco Meloni. GELMINI Sul fronte interno dell'ateneo il rettore ha chiesto per giovedì i nomi dei due rappresentanti del personale tecnico e amministrativo che dovrebbero comporre l'organigramma della Commissione deputata alla riscrittura dello Statuto dell'Università, così come previsto dalla legge Gelmini. Per prendere questa decisione Cgil, Cisl, Uil, Cisal e Cisapuni hanno indetto due assemblee con i lavoratori: la prima si è svolta ieri nella facoltà di Ingegneria, mentre oggi si replica nell'Aula D della Cittadella universitaria per i dipendenti dell'ateneo di stanza nella sede monserratina. UN FLOP La riunione di ieri è stata un flop per due ragioni. La prima: i partecipanti erano solo una cinquantina mentre i lavoratori nell'ateneo sono circa mille. Molti dei presenti, assolvono i loro colleghi “assenteisti”: «Hanno fatto bene a non venire, quello che avevano da dirci i sindacati potevano farlo con una mail». E qui si capisce la seconda ragione: i presenti accusano i sindacati di essere arrivati con una decisione “preconfezionata”. Opinione che si è rafforzata man mano che passavano i minuti. I sindacalisti presenti infatti si sono mostrati reticenti nel recepire le proposte dell'assemblea, che alle 14, dopo due ore di discussione, ha costretto i rappresentanti dei lavoratori a mettere ai voti la proposta maggioritaria: creare un comitato di dieci persone (due per ogni sigla sindacale) che al suo interno designi i due commissari da proporre a Melis. Proposta votata a maggioranza dai 30 che hanno resistito fino alle due. Ora la parola passa al personale di Monserrato. MARIO GOTTARDI ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 13 feb. ’11 CAGLIARI ERSU: IL DIRITTO ALLO STUDIO DIMENTICATO Del campus universitario non si parla più e i fuori sede sono ventimila SENZA ALLOGGIO L’Ersu è fermo e senza presidente da ottobre Persi i finanziamenti per i precedenti progetti ROBERTO PARACCHINI . Gli studenti fuori sede sono quasi ventimila, di cui almeno dodicimila risiedono a oltre cinquanta chilometri da Cagliari. Mentrr i posti diponibili nelle case dello studente sono 1.027 a fronte di almeno altri millecinquecento universitari col diritto a un alloggio. «Molti universitari fuori sede - afferma Roberto Murru, indicato dalla Regione per il prossimo consiglio d’amministrazione dell’Ersu - non fanno nemmeno la domanda: non ci credono più». Forse perchè negli anni passati ci sono stati due progetti, con relative risorse finanziarie, mai realizzati. Oggi, invece, l’Ersu, l’ente regionale preposto per il diritto allo studio, è fermo da dicembre: il precedente consiglio d’amministrazione è scaduto il 26 ottobre scorso e il 6 dicembre è finita anche la proroga. Ora c’è un funzionario dirigente che sbriga la routine. Nel frattempo sono stati indicati quattro dei cinque componenti che dovranno guidare la struttura (oltre a Murru per l’opposizione di centrosinistra della Regione, anche Alessio Mereu per la maggioranza, il costituzionalista Gian Mario Demuro per l’università e Alice Marras per gli studenti). Ma semza il presidente, da scegliere con un accordo tra Regione e Università, il consiglio d’amministrazione non può essere insediato. Il che significa che che tutto viene ulteriormente rimandato. Intanto vi sono sano almeno millecinquecento universitari fuori sede che, per censo (il reddito dei genitori) e per merito (la regolarità e gli ottimi voti negli studi), hanno diritto a un posto letto. Il non poterlo avere vuol dire, per molti di loro, non poter più studiare in quanto la famiglia non è in grado di pagare loro una camera a Cagliari. E per la società comporta la rinuncia a parte del suo futuro visto che caccia una fetta degli studenti migliori. Nel passato c’erano due progetti per la realizzazione di un campus universitario in viale La Plaia, mai realizzati. Quello dell’architetto Mendes Da Rocha (una struttura di 1.008 posti letto più servizi, biblioteca, teatro ecc., per un costo di 105 milioni) è stato respinto (non dando la concessione edilizia) dalla maggioranza del consiglio comunale: la cubatura prevista non aveva gli standard (parcheggi ecc.). In quell’occasione, la minoranza lamentò che il centrodestra aveva bocciato il progetto in quanto voluto da Renato Soru (allora presidente della Regione). In precedenza, nel 2005, l’amministrazione comunale aveva dato la concessione edilizia per il progetto di Di Marino: 914 posti letto e un costo di 55 milioni, ma senza servizi. Il «sì» del Comune venne poi rinnovato. Intanto nell’aprile del 2008, saltata l’intesa tra Comune e Regione (quella legata all’accordo di programma per il Betile, che prevedeva anche il Campus di Da Rocha e la riqualificazione abitaiva di Sant’Elia), l’Ersu acquistò per 35 milioni dalla società Edilia l’area del campus, con possibilità di realizzare con altri venti milioni l’ipotesi Di Marino, ma a patto di realizzare il campus entro il febbraio del 2009. E questo non è avvenuto. Nella primavera del 2009 ci sono poi state le elezioni regionali vinte dal centrodestra. Nell’agosto dello stesso anno venne inseerita nella Finanziaria locale (articolo 10) una voce sulla «residenzialià universitaria» di Cagliari in cui si chiedeva all’Ersu di presentare entro 60 giorni un piano straordinario specifico. Sembrò un passo avanti. Il «piano» venne fatto. Ma mai non utilizzato. Nel gennaio del 2010, infine, è stato nominato il nuovo presidente (Daniela Noli). Ma, e nonostante le richieste continue, la Regione non ha dato alcuna indicazione specifica. Ora i fondi Ersu disponibili (al dicembre 2010) sono di circa 15 milioni. Tutto è fermo e i nuovi finanziamenti si allontanano. LA STUDENTESSA: «POCA ATTENZIONE AI NOSTRI PROBLEMI» «Non abbiamo assistenza sanitaria, e abitiamo in posti insalubri e spesso trascurati» Gli universitari protestano per il blocco dell’ente PIERLUIGI CARTA CAGLIARI.La situazione degli universitari fuori sede è sempre critica. Il consiglio degli studenti lamenta, tra l’altro, il mancato riformimento di gasolio per tre case dello studente, con relativo stop per alcuni giorni del riscaldamento; e l’assenza di finanziamenti per il centro sportivo. L’undici febbraio si è festeggiato il terzo mese dall’elezione di Alice Marras come rappresentante degli studenti nel Cda dell’Ersu. Ma il il consiglio d’amministrazione non è ancora stato ufficializzato perchè manca la nomina di un Presidente. A detta di Marras, studentessa di Filosofia candidata con la lista di «Unica 2.0», tutti premono affinché il nuovo Cda venga ufficializzato. Nel frattempo «l’ente non si accorge di essere estraneo agli studenti, a meno che questi non dispongano di una borsa di studio o di un alloggio in una delle Case dello studente». Mentre l’Ersu «dovrebbe rendere più incisivo il suo intervento anche per gli affitti in nero, la gestione degli spazi di partecipazione o delle associazioni culturali per coinvolgere davvero tutti gli studenti». L’azione che la rappresentante proporrà, come prima istanza, riguarda la condizione dei quasi ventimila fuorisede che arrivano da tutta la Sardegna. «È indispensabile - afferma - offrire anche un medico di base per i fuorisede. È inconcepibile che in un ateneo di queste dimensioni, gli universitari siano costretti a rivolgersi al pronto soccorso o alla guardia medica per ogni evenienza, sobbarcandosi di enormi attese». In alcuni casi gli studenti si rivolgono a medici generici che, però, vanno pagati. Marras sostiene che l’Ersu dovrebbe «preoccuparsi di più della salute e delle condizioni degli alloggi in cui versano i suoi studenti, e fare manutenzioni serie alle case, piuttosto che occuparsi di progetti quali lo Student Job, che esulano dal compito primario dell’ente: il diritto allo studio». ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 11 feb. ’11 SASSARI: UNIVERSITÀ, I MAGISTRATI SETACCIANO 10 ANNI DI ATTIVITÀ Ora la Procura è in attesa delle decisioni del gip sulla richiesta di proroga delle indagini Sotto la lente le pratiche più scottanti messe in evidenza dall’ispettore del ministero SASSARI. C’è una opposizione della difesa alla richiesta di proroga delle indagini presentata dai magistrati che stanno verificando dieci anni di storia dell’Università. Nei prossimi giorni il gip Maria Teresa Lupinu deciderà se concedere altri sei mesi di tempo per lavorare ai magistrati, il procuratore capo Roberto Saieva e il sostituto Giovanni Porcheddu, che hanno iscritto nel registro degli indagati l’ex rettore Alessandro Maida e altre sei persone. Intanto, dal riserbo che circonda le indagini trapelano alcuni degli episodi finiti sotto i riflettori della magistratura. Dieci anni dell’ateneo sotto la lente dei pm Dirigenti assunti a tempo, edilizia, ufficio legale: ecco su cosa lavora la Procura SASSARI. Qualcuno dei sette indagati ritiene che la Procura abbia avuto abbastanza tempo per studiare le carte e che, di conseguenza, il gip non dovrebbe capovolgere la clessidra. C’è una formale opposizione della difesa alla richiesta di proroga delle indagini presentata al gip Maria Teresa Lupinu dai magistrati che stanno verificando la massa di notitiae criminis fornita dal dossier dell’ispettore del ministero delle Finanze Donato Centrone. Nei prossimi giorni il giudice delle indagini preliminari deciderà se il procuratore capo Roberto Saieva e il suo sostituto Giovanni Porcheddu possono continuare a lavorare ancora per sei mesi all’inchiesta che sta riscrivendo gli ultimi dieci anni di vita dell’ateneo cittadino. In attesa della decisione del gip, negli ambienti investigativi si fa il punto della situazione. Per i sette indagati, invece, questi sono giorni di attesa. Le indagini hanno coinvolto l’ex rettore Alessandro Maida, l’ex direttore amministrativo Giovannino Sircana, il funzionario Paolo Pellizzaro. Seguono i tecnici: l’ingegnere Giuseppe Gaeta, responsabile fino al 2009 del programma edilizio dell’Università; l’ingegnere Simone Loddo, dell’ufficio Tecnico; l’ingegnere Barbara Manos e l’architetto Grissanto Mulas. Dalla cortina di riserbo che circonda il lavoro del nucleo di Polizia Tributaria, cui i magistrati hanno delegato le indagini, trapela che l’attenzione si è concentrata su episodi verificatisi dal 2000 in poi. A fare da spartiacque sarebbe stata la prescrizione che, anche se ci fossero stati reati (ipotesi tutta da verificare), per quelli commessi prima di questo anno sarebbe già scattata. Gli inquirenti stanno lavorando su sei presunti abusi d’ufficio, due falsità commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici, una truffa. Questa ultima coinvolge gli ingegneri Gaeta e Barbara Manos, tecnico di fiducia dell’Università per molteplici progetti. Le Fiamme Gialle hanno tra le mani una parcella e la stanno valutando per verificare se c’è stato un ingiustificato aumento. Letta attraverso le indagini, da qual poco che di queste è dato sapere, la storia meno recente dell’Università può essere divisa in tre grandi tronconi: gli incarichi ai tecnici esterni e ai dirigenti assunti a tempo determinato, l’autorizzazione ad alcuni docenti di esercitare la libera professione, l’Orto Botanico e alcune perizie di variante confluite nella transazione con la ditta Astaldi. I personaggi centrali della inchiesta sono Alessandro Maida e Giuseppe Gaeta. A interessare gli inquirenti sono stati numerosi provvedimenti emessi dall’ex rettore e dall’ex responsabile del programma edilizio dell’Università. Secondo gli inquirenti, alcuni di questi atti avrebbero violato lo Statuto dell’ateneo e avrebbero scavalcato le competenze del Consiglio di Amministrazione. In altre parole, il rettore e il tecnico si sarebbero assunti responsabilità che non erano di loro competenza. Le indagini inoltre chiariranno se gli incarichi di progettazione o di direzione dei lavori abbiano rispettato il criterio della urgenza. Un requisito, questo, che secondo Centrone non sussisteva quando vennero conferiti gli incarichi. Ma l’inchiesta riguarda anche un presunto abuso d’ufficio commesso conferendo incarichi dirigenziali a termine a Erasmo Meloni, all’ex assessore regionale Elisabetta Pilia, a Marcello Nuvoli e a Giuseppe Bisceglie. Nessuno di questi funzionari è indagato, così come non è indagato il preside di Architettura Vanni Maccioco il cui nome ricorre nelle indagini. Maccioco venne autorizzato dal rettore Maida e dal direttore amministrativo Sircana ad accettare incarichi esterni. Quelli dei dirigenti a tempo determinato e dell’attività esterna dei docenti sono altrettanti capitoli della relazione di Donato Centrone. L’ispettore aveva evidenziato alcune presunte violazioni dello Statuto dell’Università sulle quali la magistratura sta facendo chiarezza. La Procura ha riaperto anche il capitolo dell’ufficio legale dell’Università, al quale Centrone dedica le ultime otto pagine della sua relazione, mettendo in rilievo presunte anomalie e illeggitimità. L’inchiesta del procuratore Roberto Saieva e del sostituto procuratore Giovanni Porcheddu verificherà i retroscena della costituzione dell’ufficio e dell’approvazione di un regolamento (poi revocato) con il quale si attribuivano compensi aggiuntivi alla dirigente. Parcelle salatissime (e non pagate) di un contenzioso che secondo Centrone non ci sarebbe stato se l’ateneo avesse rispettato le procedure previste dal contratto di lavoro del comparto Università. Nel 2009 Rosanna Ruiu, la dirigente dell’ufficio legale, era finita in causa con l’ateneo per quello che considerava un demansionamento. Non è stato però questo aspetto della vicenda ad attirare l’attenzione degli inquirenti, che si sarebbe invece concentrata su un atto firmato da Alessandro Maida e da Giovannino Sircana il 9 maggio del 2000. È questo l’episodio più datato tra i nove elencati nella richiesta di proroga delle indagini presentata dalla Procura. Si tratta di un presunto falso ideologico, per il quale i termini di prescrizione sono più lunghi. ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 11 feb. ’11 SASSARI: UN BLOG DI DISCUSSIONE SULLO STATUTO DI ATENEO È stato attivato da qualche giorno sul sito ufficiale dell’Università degli studi di Sassari un blog di discussione sul nuovo Statuto di Ateneo. Il rettore Attilio Mastino ha invitato tutte le componenti (studenti, docenti, personale tecnico amministrativo) a esprimersi e inviare contributi, a sfruttare insomma quest’occasione per migliorare l’assetto dell’Università di Sassari. Sulla homepage del sito dell’Università è presente il link al blog, che si può trovare anche all’indirizzo: http://nuovostatutouniss.blogspot.com/. In costante aggiornamento, sul blog si trova anche l’elenco di quanti hanno manifestato la propria disponibilità a far parte della Commissione statutaria di Ateneo, che sarà composta da 15 soggetti che verranno designati nel corso della seduta congiunta di Senato accademico e Consiglio di amministrazione del prossimo 15 febbraio. La Commissione avrà il compito di predisporre le modifiche allo Statuto di autonomia dell’Università (a norma dell’articolo 2, comma 5, della legge 240 del 23 dicembre 2010). Le proposte di candidatura, aperte a tutte le componenti dell’Ateneo, dovranno essere corredate da curriculum e inviate via mail entro oggi all’indirizzo rettore@uniss.it. I membri della Commissione saranno scelti tra soggetti in possesso di esperienza istituzionale, competenze giuridiche, economiche, sanitarie, di organizzazione del sistema universitario, nonché di esperienze all’estero. Per discutere le linee della riforma, oggi alle 17 al Centro didattico di via Vienna il Senato Accademico integrato è convocato in seduta aperta. ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 13 feb. ’11 SASSARI: RICERCA UNIVERSITARIA, 44 BORSE DI DOTTORATO Sassari, per partecipare c’è tempo sino al 16 Scade il 16 febbraio il bando per ulteriori 44 borse di dottorato di ricerca all’università di Sassari, finanziate nell’ambito del Por Fse 2007-2013 «Obiettivo competitività regionale e occupazione» dall’assessorato sardo alla Pubblica istruzione. Il progetto dell’ateneo di Sassari, curato dalla professoressa Donatella Spano, delegata rettorale per la Ricerca, è stato approvato dalla Regione. Servirà a finanziare corsi di dottorato finalizzati «alla formazione di capitale umano altamente specializzato in particolare per i settori dell’Ict (Tecnologia dell’informazione e della comunicazione), delle nanotecnologie e delle biotecnologie, dell’energia e dello sviluppo sostenibile, dell’agroalimentare e dei materiali tradizionali». Ecco nel dettaglio il numero delle borse da assegnare: Architettura e pianificazione 2; Riproduzione, produzione, benessere animale e sicurezza degli alimenti di origine animale 4; Scienze biomediche 7; Scienze biomolecolari e biotecnologiche 5; Scienze e biotecnologie dei sistemi agrari e forestali e delle produzioni alimentari 9; Scienze della natura e delle sue risorse 3; Scienze e tecnologie Chimiche 2; Scienze dei sistemi culturali 4; Scienze sociali 2; Diritto ed economia dei sistemi produttivi 3; Storia, letterature e culture del Mediterraneo 3. I requisiti di ammissione sono: residenza in Sardegna da almeno 5 anni, oppure avere genitori residenti nell’isola da almeno 5 anni o essere figli di immigrati sardi. Per maggiori informazioni accedere al banner sulla homepage del sito dell’ateneo di Sassari (www.uniss.it). ____________________________________________________ Il Fatto 10 Feb.’11 SARA TOMMASI: "LA MIA LAUREA ALLA BOCCONI? MI SERVE PER VENDERMI MEGLIO" "Dopo 4 anni di Bocconi ho imparato a gestire un prodotto: quel prodotto sono io di Caterina Soffici Riportiamo lo stralcio del libro "Ma le donne no" che racconta l'incontro con Sara Tommasi, al centro dell'inchiesta napoletana su droga e prostituzione, e la scoperta del suo mondo. Era una giornata di autunno 2009. Sara Tommasi l'avevo cercata sul cellulare e le avevo spiegato che volevo incontrarla per raccontare la sua storia in un libro sulla condizione femminile in Italia (Ma le donne no, Feltrinelli). Lei si era un po' stupita: perché proprio io? Perché nel libro stavo cercando di capire le origini di un fenomeno che io intravedevo bene ma che volevo indagare meglio: come mai le donne italiane, convinte di essere libere e padrone del proprio corpo, avevano smesso di lottare per la propria indipendenza. Volevo andare all'origine di un sistema che aveva permesso fenomeni come la nascita e l'evoluzione del velinismo politico o la degenerazione dell'immagine delle donne in televisione e nella pubblicità. Sara Tommasi era perfetta per raccontare questa retrocessione: perché lei era laureata alla Bocconi e aveva scelto una carriera da velina (paperetta a Paperissima, valletta al Paolo Limiti Show, schedina a Quelli che il calcio), con tutti gli annessi e con- nessi, compresa rifacitura del seno, apparizione nuda su calendario di Max, partecipazione all'Isola dei Famosi. Era insomma il prototipo di questa pseudo emancipazione che teorizza la libertà di usare il proprio corpo per arrivare alla meta. Pensavo che avrebbe rifiutato, invece accettò di parlare di questa sua scelta. L'appuntamento è sotto casa sua, in viale Papiniano a Milano. Suono e aspetto una decina di minuti. Niente. Vado in portineria e la faccio chiamare. Passano ancora una decina di minuti e alla fine si presenta, vestita da diva, come se stesse per andare in onda, cioè mezza nuda. Con sandali e tacchi del 12. Le dico che fuori tira vento e fa freddino. Rientra per prendere una sorta di spolverino e cerchiamo un bar. Le propongo di fare due passi e arrivare in un posto lì vicino dove fanno il marocchino buono. Conciata com'è non può camminare. Vuole chiamare un taxi, le propongo di prendere la mia macchina, una Micra detta familiarmente "la bosniaca" per via delle svariate ammaccature. Lei sale con una certa riluttanza (evidentemente è abituata ad altre cilindrate), facciamo appena cinquecento metri e siamo a destinazione, via San Michele del Carso. Ci sediamo e i camerieri ronzano intorno al tavolo con una solerzia che non avevo mai visto prima. Lei fa l'indifferente, ma è chiaro che è compiaciuta da tanto interesse. In effetti non passa inosservata: indossa un abitino succinto, gambe e braccia nude, capelli freschi di phon, falcate panterate, aria da scaltra seduttrice. Le piace essere guardata e lo dice: che male c'è? A tutte le ragazze piace essere al centro dell'attenzione, essere belle e ammirate. A te no? SINCERAMENTE non è una delle mie priorità quando vado al bar la mattina con indosso un paio di jeans, gli stivali e una camicia sotto il cappotto, ma non so bene che rispondere. Lascio cadere il discorso. Lei però chiarisce: a me piace fare gli "stacchetti". Cosa è uno stacchetto, chiedo ingenuamente? Lei mi spiega, come se fossi uscita dal paleozoico, che è quando entra in scena la velina e si dimena davanti alle telecamere. "Lo stacchetto per una come me è un'opportunità, come fare le fotocopie in ufficio per una praticante di legge". Qui comincia una conversazione dove io voglio capire perché lei ha buttato una laurea in Economia alla Bocconi e lei mi vuole convincere che non l'ha buttata affatto, ma che l'ha usata per vendersi meglio. Il Sara pensiero è il seguente: "Dopo 4 anni di Bocconi ho imparato a fare la manager di una grande azienda. In questo caso il prodotto sono io, un prodotto da vendere sul mercato dello show business". Lei teorizza la seguente serie di cose: che non vuole fare una vita "normale", cioè quella banale trafila scuola-studio-lavoro famiglia. Lei vuole una vita glamour, si vanta di essere nella squadra di Lele Mora e di conoscere Fabrizio Corona. Ecco il fior fiore di quella conversazione: "Fare la paperetta non è squalificante, sono cresciuta facendo ballare la Barbie, ora sono io che ballo, che mi metto in mostra, non la trovo una cosa volgare". "Solo chi fa il moralista e il bacchettone pensa che una paperetta si vende. È solo un gioco di ragazze. È dalla notte dei tempi che il mondo gira così". "Ero partita con l'idea di non spogliarmi, l'avevo detto a tutti. Ma poi come si fa? Dove vai se non ti spogli?". Dice che non rifarebbe l'università: "Salterei a piè pari, una perdita di tempo". Sostiene che gli ex compagni di corso, travolti dalla crisi post crac Lehman Brothers, la invidiano e le dicono: "Noi adesso siamo disoccupati, tu sì che hai capito tutto". Rivendica con sicurezza la sua strada: "Chi l'ha detto che è più degno e morale lavorare in finanza che fare il mio lavoro? Io non voglio giudicare, ma i soloni non vengano a giudicare me. Il mondo moderno è veloce, bisogna agire e non perdersi in chiacchiere". Racconta che la madre Cinzia si era arrabbiata per il nudo: "Per lei una che fa il calendario non è seria. Mi dice sempre: a me sembra che ti sei fatta togliere le mutande da tutta Italia. Io le ho detto che per me, invece, è arte. Insomma, è un percorso della carriera e della mia vita". Ero uscita da quel colloquio frastornata da questo misto di spregiudicatezza, sicurezza e perdizione, con un senso di disagio. Di ingenuità, anche. Ricordo che avevo pensato: questa finisce male. Mi era rimasta una sensazione di sudicio. Non solo per lei, ma per il inondo che si intravedeva dietro le sue parole. L'avevo riaccompagnata sotto casa in macchina perché con i tacchi non sapeva muoversi da sola per la città. E quella immagine mi torna in mente oggi. Di lei che traballa sul selciato, va all'edicola e compra La Gazzetta dello Sport e Chi, "I miei giornali di riferimento". ____________________________________________________ TST 9 Feb.’11 CERN: DIALOGHI E CHIACCHIERE INTORNO ALL'ACCELERATORE Finzione e realtà con le particelle protagoniste al Cern Una delle ossessive regole delle scuole di scrittura creativa è che la narrazione non debba spiegare le cose, ma mostrarle. Significa si spera che bisogna far compiere delle azioni significative ai personaggi più che esplicitare al lettore le loro intenzioni, altrimenti occorrerebbe escludere dall'«albo» buona parte della letteratura occidentale, e italiana in particolare, perché piena di personaggi che approfittano della narrazione per spiegare cosa pensano riguardo ad un mucchio di cose sul mondo, la vita, la scienza, la filosofia. L'ultimo romanzo di Bruno Arpaia, «L'energia del vuoto» (Guanda), è un giallo con intrigo internazionale, terroristi islamici e fondamentalismi post-moderni ambientato al Cern di Ginevra. Uno di quei romanzi costruiti sulla «serratezza» della trama più che su uno spessore o su una connotazione stilistica della scrittura. E va bene: ma, per almeno tre quarti, il libro è costruito sui dialoghi tra alcuni dei ricercatori che lavorano al nuovo acceleratore di particelle e un'avvenente giornalista: gli studiosi le spiegano i progressi e i problemi della fisica del Novecento a partire dalla Relatività, approdando ai tentativi di completare il Modello Standard o di conciliare Albert Einstein con la meccanica quantistica attraverso i dati che il nuovo acceleratore potrà offrire. Alla fine quei passaggi non solo sono un esempio di grande divulgazione, ma per quanto possano apparire didascalici hanno una prosa molto più felice ed efficace del resto del, libro: un po' come se Arpaia, quando cerca di inseguire la scrittura da thriller scientifico alla Tom Clancy o alla Dan Brown, rimanesse comunque indietro, effettivamente non all'altezza; ma quando, invece, riprende la tradizione italiana che da sempre (cioè da Galileo) è stata capace di unire il discorso scientifico alla lingua letteraria, immediatamente s'illumina. (Credo che fosse Borges ad ammirare nella letteratura italiana la capacità di annullare la distanza anglosassone tra «fiction» e «non-fiction»). I dialoghi di Arpaia, piuttosto, sono così efficaci da risultare irreali: com'è noto. nessun fisico di professione è capace di spiegare i termini del suo lavoro con tanta chiarezza e specificità tecnica. Richard Feynman era difatti considerato letteralmente eccezionale: perché riusciva ad affiancare grandi capacità divulgative a una carriera scientifica di altissimo livello. Tornando agli acceleratori, già Daniele del Giudice, che per quanto defilato rimane uno dei migliori scrittori che abbiamo in Italia oggi, aveva messo in scena un incontro letterario sugli scenari del Cern di Ginevra. Lì un giovane ricercatore e un anziano scrittore si confrontavano in una lunga amicizia, condividendo una stessa tensione. Quella che partiva da una parte dalla fisica sperimentale e dall'altra dalla letteratura, ma portava verso una medesima lettura del mondo: ugualmente precaria, fuggevole e relativa. Quella stessa tensione che Del Giudice ha messo, e continua a mettere, nella sua scrittura, perfettamente a suo agio con ciò che l'acceleratore di Ginevra sta storicamente segnando sul piano della ricerca: la fine del Novecento, l'inizio del nuovo secolo. ____________________________________________________ Les Echos 7 Feb.’11 COMMENT LES CHERCHEURS SUIVENT LA LOI DE MOORE En 1965, Gordon Moore prédisait que le nombre de transistors sur un microprocesseur doublerait tous les deux ans. Et depuis, tous les deux ans, les parieurs remettent leur mise sur la table : et si, cette fois, les scientifiques allaient donner tort au cofondateur d'Intel ? Si le miracle technologique qui nourrit la révolution informatique allait toucher ses limites ? « Aucune chance, estime Olivier Demolliens, chef du département de nanotechnologie au Leti, le laboratoire d'électronique du Commissariat à l'énergie atomique (CEA). Les chercheurs ont déjà plusieurs coups d'avance. » Venjeu des enchères : porter à 3 milliards environ le nombre de transistors sur une puce de la taille d'un ongle. Ce défi suppose de réduire l'épaisseur du trait de Bravure sur le silicium de 32 nanomètres le meilleur de la norme industrielle en cours de développement à 22, une finesse hallucinante (approximativement la taille d'un virus) qui stupéfait méme les chercheurs accoutumés aux livres de records. « Le défi posé par la prédiction empirique de Moore est un formidable righalcor de neurones », s'enthousiasme Gérard Mathéron, président du Syndicat de la microélectronique et directeur du site de STMicroelectronics à Crolles (Isère). Verrous technologiques Les scientifiques n'ont pas beaucoup d'alternatives pour l'emporter sur les oiseaux de mauvais augure. Avec les lasers à fluorure d'argon, dans la longueur d'onde des ultraviolets (193 nanomètres), les procédés de lithographie actuels pourront graver des traits jusqu'à une finesse de 20 nanomètres, déjà un exploit au regard des lois de la physique. Au-delà, les chercheurs devront travailler dans l'extréme UV (autour de 20 nm) et faire sauter au passage quelques verrous technologiques. « C'est un autre monde , résume Gérard Mathéron. Partagés entre trois groupes de recherche concurrents, qui ont prévu de consacrer chacun 1 milliard de dollars au sujet (l'alliance Isda d'IBM, Intel seul et TSMC seul), les chercheurs partagent à peu près les mémes conclusions : il faudra passer de l'insolation directe des masques à un système dit « réflectif » utilisant des jeux de miroir. L'optique est maitrisée. Reste à trouver une source de lumière suffisamment puissante. Le plasma froid est une des pistes les plus sérieuses. En laboratoire, les chercheurs sont parvenus à générer une puissance de 10 watts, mais ils ont besoin de vingt fois plus pour compenser les pertes de transmission lumineuse. « Les machines qui sortiront de rette course codteront au bas mot 60 millions de dollars pièce », estime Olivier Demolliens. Une folle ! D'où l'obsession qu'ont les fondeurs de silicium à vouloir L'objectif du nombre de transistors sur une puce de la taille d'un ongle que se sont fixé les chercheurs. explorer d'autres pistes pour repousser cette échéance, voire s'en affranchir. Avec deux flashs d'insolation au lieu d'un et quelques bonnes astuces, les chercheurs pensent par exemple pousser la résolution jusqu'à 16 nano pour fabriquer les deux prochaines générations de microprocesseurs. Mais après ? La fin du silicium ? Une alternative se dessine au Leti : l'écriture des circuits à Falde de faisceaux d'électrons plutbt que de photons. Pour l'instant, la technique est bien trop lente : au moins 10 heures pour dessiner la plaquette de silicium standard de 300 mm. Mais en coordonnant une armée de faisceaux, les chercheurs du Leti espèrent atteindre les cadences de 200 plaquettes à l'heure requises par l'industrie. Les verrous sont nombreux : traitement de données parallèles, régularité de la précision, optique séparative... Le Leti est parvenu à maîtriser le sujet avec 100 faisceaux. Il lui en faudra 12.900 de plus dici à cinq ans pour convainere les industriels. Ce problème n'est pas le seul défi qui attend les scientifiques dans le temps impartipar le sablier de la loi de Moore. Les limites physiques des matériaux sont également concernées par les ambitions de vitesse des microprocesseurs. L'oxyde de silicium, qui entre aujourd'hui dans la composition des transistors, freine la mobilité des électrons qui conditionne la vitesse de transmission des informations. Les chercheurs tentent donc d'introduire des matériaux « dopants », comete le germanium, pour agencer plus favorablement les atomes, mais la solution est insuffisante. De nouveaux matériaux « à haute permissivité » sont sur les paillasses. Parmi les centaines de substances étudiées, celle qui a la faveur des chercheurs répond au nom de silicate d'hafnittm, un dépbt obtenu à partir de la réaction de différents gaz entre eux. « On s'arrache les cheveux depuis dix ans pour comprendre ses propriétés et maitriser son comportement », décrit Olivier Demolliens. Cinsistance de ses équipes tient à une certitude : le matériau qui pourra remplacer le silicium sera le sésame des futures promesses de miniaturisation. PAUL MOLGA LES FRONTIÈRES DE L'ATOME La loi de Moore devrait atteindre ses limites physiques dici dix à quinze ans, avec une finesse de gravure de 5 nanomètres, selon Intel. Les transistors ne seront alors plus constitués que de quelques atomes, avec un isolant d'un seul atome entre eux. A cette échelle, les ingénieurs imaginent que la charge électrique traversera directement le transistor, méme s'il n'est pas sollicité. Eindustrie devra alors chercher des méthodes entièrement nouvelles, comete l'empilement des transistors en trois dimensions. Pour atteindre cet objectif, Intel travaille avec l'université de Californie et la National Science Foundation américaine sur une technologie d'assemblage de puces appelée BCP (« block copolymer lithogyaphy »). Cette voie de recherche fait fobjet d'énormément d'attention de la part des fabricants de processeurs, car elle permettra de mettre plus de transistors sur la méme surface en offrant des interconnexions plus courtes, plus performantes et moins gourmandes en énergie. Le défi : dissiper l'énergie thermique de l'architecture. Pour y parvenir, IBM et l'Ecole polytechnique fédérale de Lausanne pensent faire circuler un liquide de refroidissement dans des canaux de 50 à 100 microns placés entre chaque couche de processeurs (« Les Echos » du 7 décembre). Samsung, de son ceité, a présenté un empilement de dix mémoires qui préfigure cette nouvelle génération. Au-delà, les chercheurs passeront aux nanotechnologies : transistors moléculaires, ordinateurs à ADN... « Avec un enjeu économique de 500 milliards de dollars à la clef, l'arrét de la loi de Moore ne signifie pas la mort de la microélectronique », résume Gérard Mathéron, le président du Sitelesc, le syndicat professionnel de la microélectronique frangais. ____________________________________________________________________ Corriere della Sera 13 feb. ’11 IN TROPPI AL CONCORSO, UNA LOTTERIA DECIDE CHI POTRÀ FARE I TEST La società è pubblica. Gli esclusi: denunciamo FIRENZE— Due posti da impiegato di fascia C, la più bassa, titolo di studio terza media, nessuna competenza specifica. Sono arrivate 1.500 domande, per lo più inviate da diplomati e laureati e anche da qualche dottore di ricerca. Risultato? Quella che doveva essere una semplice selezione senza concorso si è trasformata in una lotteria con tanto di notaio e sorteggio finale di 50 nomi tra i 1.500 disoccupati e precari che avevano presentato domanda per partecipare alle prove. Adesso la fortunata cinquantina estratta dovrà presentarsi il 17 febbraio alla prova che si svolgerà nell’aula magna dell’Istituto Salvemini di Firenze. Stavolta non affidata alla fortuna ma a due prove, una scritta e una orale. E gli altri 1.450? Eliminati e furibondi, hanno scritto email di fuoco, organizzato forum telematici e presentato un esposto alla Procura perché giudicano una beffa sfidare la sorte per un posto di lavoro. Protagonista della vicenda Casa spa, società pubblica (il 59%delle azione sono di Palazzo Vecchio e il resto di alcuni Comuni della provincia) che gestisce gli alloggi popolari. Per regolamento, Casa spa avrebbe potuto scegliere i nuovi dipendenti direttamente senza concorso con colloqui diretti, ma ha deciso di organizzare un avviso di selezione. «E per questo ci siamo rivolti all’Ufficio provinciale del lavoro — racconta il presidente Luca Talluri —. Che ha pubblicato l’avviso dal 31 dicembre al 18 gennaio. Ma non ci aspettavamo un riscontro così massiccio» . Le domande sono arrivate a raffica sino a quota 1.500. «Impossibile per noi selezionare tutti i candidati — spiega il direttore generale Vincenzo Esposito— e dunque, senza violare i regolamenti, ci siamo rivolti a un notaio che ha proceduto al sorteggio dei 50 candidati» . Quando gli esclusi lo hanno saputo è accaduto il finimondo. Anche perché nessuno pare li avesse avvertiti della «atipica selezione» . Così è partito anche un esposto in Procura per fare chiarezza. Il problema, però, non sembra né di natura giudiziaria né amministrativa. Casa spa, dicono i regolamenti, aveva tutto il diritto di non indire un regolare concorso. «E se i cinquanta estratti a sorte non fossero idonei— spiega ancora il presidente Talluri — estrarremo altri 50 dai 1.450 per ora esclusi» . Una soluzione che però non piace ai sindacati. «In una situazione del lavoro così drammatica si doveva adottare una maggiore sensibilità — dice Rossano Rossi, della segretaria fiorentina della Cgil—. Non si può affidare a un sorteggio la speranza di trovare lavoro di tantissime persone, per lo più giovani precari e co. co. co a vita» . Per il sindacalista nella vicenda c’è stata poi un’aggravante: «Casa spa è una società pubblica— spiega Rossi— e deve essere più prudente. La scorsa settimana a Empoli un’azienda municipalizzata ha organizzato un concorso per 18 operatori ecologici al quale hanno partecipato duemila persone. Si faccia altrettanto. Se Casa spa non riesce da sola si faccia aiutare dai comuni» . Marco Gasperetti ========================================================= ____________________________________________________________________ Corriere della Sera 13 feb. ’11 STUDI CLINICI E PROBLEMI ETICI di ADRIANA BAZZI Medicina basata sull'evidenza o, meglio, sulle prove di efficacia. Un concetto tecnico che si può semplificare così: quando un medico cura un malato, dovrebbe scegliere il trattamento (farmaco o intervento chirurgico) che risulta migliore rispetto ad altri o rispetto al placebo (cioè a una falsa cura). Per stabilire il migliore si organizzano studi (trial) clinici: sperimentazioni, cioè, in cui i pazienti sono suddivisi in due gruppi e seguono l'una o l'altra cura, senza che gli sperimentatori sappiano chi prende che cosa. Alla fine, si confrontano i risultati e si pubblicano nella letteratura scientifica. Il medico dovrebbe, nella pratica quotidiana, rifarsi a questi dati, nell'interesse del malato. Non si può che essere d'accordo, almeno in parte. Ma ci sono due o tre considerazioni che suggerirebbero di sottoporre anche gli studi clinici a uno studio clinico. Ecco il primo. Molte sperimentazioni sui farmaci coinvolgono diversi ospedali, sparsi in ogni parte del mondo: dall'Asia all'Africa, dall'Europa all'America. E, quindi, reclutano soggetti di etnia diversa e, quindi, geneticamente differenti. Poi, però, i dati di efficacia o di tossicità, espressi con una media statistica, non tengono (sempre) conto di queste differenze. È curioso perché la nostra è l'era della "medicina personalizzata"(frutto della lettura del genoma umano) e quest'ultima tiene conto, quando somministra un farmaco, delle caratteristiche di ogni singolo individuo (o della sua malattia, soprattutto quando si tratta di tumore). Secondo: siamo sicuri che i trial multicentrici, condotti in Paesi che non hanno sistemi sanitari avanzati, rispettino al 100 per cento i protocolli di studio che dovrebbero garantire l'attendibilità della sperimentazione? Il terzo punto riguarda un aspetto etico: la tutela delle fasce più vulnerabili, soggetti di una sperimentazione. I poveri, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, o i detenuti: negli Stati Uniti (che hanno appena chiesto scusa al Guatemala dove 60 anni fa, hanno infettato soldati, detenuti e prostitute con il microrganismo della sifilide, per studiare la malattia) si sta pensando di riaprire le carceri agli sperimentatori. ____________________________________________________________________ Corriere della Sera 9 feb. ’11 PESSIMISTI O OTTIMISTI PER DNA? FORSE, MA NON DIVENTI UN ALIBI Ci sono persone che tendono all' ottimismo e persone che tendono al pessimismo, anche se in circostanze diverse dell' esistenza molte di loro possono manifestare una tendenza piuttosto che l' altra. Si tratta essenzialmente di due modi di vedere il mondo che trovano spesso la formulazione nell' alternativa rozza ma espressiva del vedere uno stesso bicchiere «mezzo pieno o mezzo vuoto». Uno studio dell' Università del Michigan sembra indicare che questo possa dipendere almeno in parte dai livelli di una sostanza chiamata neuropeptide Y nel cervello delle singole persone e questo potrebbe essere determinato a sua volta dall' assetto genetico: insomma pessimisti o ottimisti per disegno genetico. Annunci del genere sono sempre più frequenti e occorre secondo me fare un discorso generale che prescinda dalla singola sostanza implicata. Occorre innanzitutto distinguere se parliamo di patologie, in questo caso specifico di persone depresse o fortemente tendenti alla depressione, o di sfumature caratteriali di persone complessivamente normali. Nel primo caso ogni nuova acquisizione scientifica è benvenuta e può rappresentare un valido passo verso il controllo o l' eradicazione di brutti malanni, primo fra tutti «il male oscuro» della depressione. Se parliamo invece di ciascuno di noi, con le sue proprie inclinazioni verso questa o quella caratteristica fisica o psichica, il discorso si presenta molto più sfumato e riconducibile a una considerazione di carattere generale: tutto quello che siamo lo dobbiamo in parte ai nostri geni, in parte alla nostra storia personale e in parte anche a fattori casuali difficilmente identificabili, ma sicuramente all' opera in ciascuno di noi. A seconda della caratteristica di cui stiamo parlando ci può essere una leggera prevalenza di una componente o dell' altra, ma sono comunque sempre tutte presenti. Nella fattispecie, se siamo pessimisti o no, dipende anche dai nostri geni, ma non solo da quelli. È inutile che cerchiamo scuse o comodi alibi. Edoardo Boncinelli _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 12 feb. ’11 CLINICA MACCIOTTA: INFERMIERI E NEONATO BLOCCATI IN ASCENSORE L'impianto si era già fermato un mese fa. Paura ma nessuna conseguenza Un mese fa l'ascensore non funzionava: gli infermieri erano stati costretti a togliere un neonato dall'incubatrice e portarlo a piedi, su per le scale, fino al terzo piano della clinica. Giovedì notte è capitato di peggio: l'équipe medica che stava trasportando nel reparto di Puericultura della clinica Macciotta un bimbo appena nato è rimasta bloccata dentro il montacarichi con il piccolo. Sono stati minuti di paura fino a quando un medico e due infermieri sono riusciti a forzare le portine. Il neonato, «che non ha mai corso rischi» precisano dall'Azienda ospedaliera universitaria, è stato precauzionalmente ricoverato nella terapia intensiva neonatale. Ha trascorso la notte senza problemi e sta bene. Ma l'episodio, il secondo in meno di un mese (il primo è avvenuto il 12 gennaio), ripropone ancora una volta l'inadeguatezza della struttura che ospita un polo d'eccellenza come la clinica Macciotta. «Dopo il primo caso», fanno sapere il commissario dell'Azienda mista, Ennio Filigheddu, e il direttore sanitario, Gian Benedetto Melis, «era stato ordinato un nuovo impianto. È in arrivo e i lavori di sostituzione del montacarichi inizieranno lunedì e, salvo imprevisti, dureranno cinque giorni». Ma per prevenire il problema i vertici dell'azienda hanno istituito anche una squadra speciale di “portantini”. «Ogni volta che arriva un'emergenza la culla-incubatrice viene portata su “a mano”. Una soluzione momentanea in attesa della sostituzione dell'ascensore». Ma perché giovedì notte il neonato, dopo il parto nel vicino ospedale San Giovanni, è entrato nel montacarichi dal sottopiano? «Non si trattava di un'emergenza. Il bimbo stava bene e, nonostante il piccolo imprevisto, ha continuato a stare bene». Nonostante tutto, anziché finire nel reparto di Puericultura, è stato ricoverato in terapia intensiva. Segno che le sue condizioni avevano subito un peggioramento. È da tempo che l'edificio che ospita la clinica Macciotta manifesta la sua inadeguatezza, oscurando anche le professionalità mediche e infermieristiche presenti nelle strutture pediatriche. «Siamo l'unico centro di riferimento del sud Sardegna», ricorda Melis. Aspettando il tanto auspicato trasferimento nel blocco Q di Monserrato dell'intero dipartimento materno-infantile, l'Azienda ha fatto il possibile per garantire la sicurezza ai piccoli pazienti: «Abbiamo acquistato un nuovo montacarichi, istituito la squadra di portantini e, grazie all'intervento del rettore, potenziato il personale infermieristico». Resta solo il trasloco in una struttura nuova e moderna. MATTEO VERCELLI ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 13 feb. ’11 BUFERA SUI CERTIFICATI ON LINE I MEDICI DI FAMIGLIA MINACCIANO LA CHIUSURA DEGLI AMBULATORI Duro documento del sindacato Fimmg sulle difficoltà tecniche ad applicare la legge voluta dal ministro Renato Brunetta «In molti territori manca l’Adsl ma la riforma prevede pesanti sanzioni per chi non si adegua» SASSARI. È stato di agitazione per i medici di famiglia. Alla base della protesta ci sono le nuove disposizioni di Brunetta sui certificati di malattia da spedire on line all’Inps oltre che da consegnare ai pazienti. Una procedura che non decolla, dicono i sindacati, per gravi difficoltà tecniche mentre interi settori sanitari sono del tutto impreparati alla novità. «Alle tante difficoltà che affliggono la sanità - si legge in un duro comunicato della Fimmg, il sindacato che raduna i medici di base - si aggiunge il tormentone della cosiddetta certificazione on line. Ormai da qualche tempo legge dello Stato e fortemente voluta dal ministro alla Funzione Pubblica, prevede che i sanitari che assegnano una prognosi di malattia al paziente ne debbano dare comunicazione on line all’Inps. Nulla di strano in un mondo sempre più informatico, d’accordo col ministro che prevede sostanziosi risparmi e un maggior controllo dei lavoratori in malattia, molte perplessità sulla realizzazione pratica». I medici di medicina generale, che sono i professionisti maggiormente investiti dalla riforma, non si sentono affatto preparati «perché restano da superare problemi come l’assenza di linea Adsl in molte zone del territorio, la necessità di provvedersi di un software che gli enti che pretendono la certificazione on line non sono disposti a fornire, e inoltre perché appare assurda la pretesa che nelle visite al domicilio del paziente il medico debba effettuare la comunicazione via telefono chiamando un call center con tutti i disguidi facilmente immaginabili, spese non quantificabili, per non tacere della trasformazione del medico da libero professionista di alto livello in centralinista improvvisato. Il tutto completamente senza rimborso spese e con la minaccia di sanzioni anche pesanti e con l’aggravante della evidente sperequazione tra medici perseguibili (i medici di medicina generale per l’appunto) ed altre categorie mediche che, al contrario, vedono rimandato sine die l’obbligo di certificare on line». Ecco dunque i motivi dello stato di agitazione dei medici di base che potrebbe arrivare sino alla serrata degli ambulatori. «Sì all’assistenza completa ai nostri pazienti, sì al recepimento di nuove tecnologie volte al risparmio ed alla velocizzazione dell’assistenza, no al declassamento professionale in medici trascrittori e alla sperequazione tra medici punibili e non punibili rispetto all’osservanza di una stessa legge. Uno dei cardini fondanti della nostra Costituzione recita proprio che la legge è uguale per tutti. Così non sembra per il ministro Brunetta». Oltre ai medici di famiglia sono coinvolti dalla riforma delle certificazioni on-line, perchè tenuti ad emettere certificati di prognosi malattia, le guardie mediche, il 118 e i sanitari del pronto soccorso. ____________________________________________________________________ L’Unione Sarda 11 feb. ’11 MAZZATA SULLA ASL DI NUORO, NO DEL TAR AI PRIVATI Stop al project per Nuoro, Sorgono, Siniscola e Macomer Il Tribunale amministrativo regionale dà ragione alla Pulish House, la società aggiudicataria dell'appalto delle pulizie che ha fatto ricorso contro il project financing nel 2007. Il Tar annulla il project financing della Asl. La sentenza, emessa mercoledì dai giudici del Tribunale amministrativo regionale, è dirompente. In ballo c'è un progetto da 66 milioni di euro per i lavori di ristrutturazione degli ospedali San Francesco e Zonchello di Nuoro e San Camillo di Sorgono e dei distretti di Siniscola e Macomer, l'ammodernamento tecnologico e la gestione dei servizi: interventi cardine del polo sanitario nuorese, definiti ai tempi della direzione generale di Franco Mariano Mulas, finita nel settembre 2009. ATTI CANCELLATI Tutti gli atti ora sono nulli, a partire dal bando di gara della Asl del 22 agosto 2007 per la concessione dei lavori di ristrutturazione per proseguire con le delibere relative all'aggiudicazione della gara del 31 marzo 2008. Inefficace anche il contratto di concessione stipulato il 14 maggio 2008 tra la Asl e le imprese Cofatech (oggi Cofely Italia) e “Servizi & Inso sistemi per le infrastrutture” (ammodernamento tecnologico). Tutto l'impianto del project, già al centro di polemiche politiche, si sbriciola con le 14 pagine stilate dai giudici amministrativi, presieduti da Aldo Ravalli. IL RICORSO La decisione del Tar segue il ricorso numero 755 presentato nel 2007 da Polish House, la società che già prima del project vince l'appalto del servizio di pulizia della Asl dopo non poche vicissitudini, compresa una sentenza del Consiglio di Stato. Da quel momento ha un incarico per due anni. Nel frattempo, il servizio di pulizia viene ricompreso all'interno del project financing, assieme ad altri come la mensa e la vigilanza. LA CONDANNA L'incarico a Polish House sarebbe rimasto fino alla scadenza naturale del contratto, poi tutto passa nelle mani di Cofatech, concessionaria del project. Cofatech pensa a un'altra ditta, la indica alla Asl che, tuttavia, non la ritiene idonea. Ma tanto basta per innescare il ricorso. Polish House, certa di essere fuori gioco, si rivolge al Tar contestando non un atto della Cofatech, ma quello della Asl, ovvero il bando del project scardinandolo nel suo complesso e mettendo in crisi di fatto il legame con il cosiddetto global service. Il Tribunale amministrativo ora le dà ragione e condanna la Asl al pagamento delle spese giudiziali: ottomila euro destinati alla Polish House. Non solo: anche la Cofathec Servizi e Polo sanitario Sardegna centrale (società di progetto) dovranno sborsare tremila euro a favore di Polish House. Ancora non si conoscono le motivazioni della sentenza, ma solo il dispositivo. In ogni caso la decisione è clamorosa in un territorio dove la Asl è l'azienda di maggiore peso economico. GLI EFFETTI Polish House, nel frattempo, continua a gestire il servizio di pulizia in regime di prorogatio, naturalmente fuori dal project. Presumibilmente la Asl chiederà la sospensiva della sentenza del Tar rivolgendosi subito al Consiglio di Stato. Se così fosse la sentenza, pur clamorosa di mercoledì, non avrebbe effetti pratici nell'immediato anche se apre scenari preoccupanti sul futuro del project. Per ora dagli uffici della direzione generale di via Demurtas non filtra alcun commento. IL COMMISSARIO Il commissario Mariano Meloni, ancora fresco di nomina visto che sostituisce Antonio Onorato Succu dal primo gennaio scorso, affida a una nota questa breve riflessione che richiama responsabilità altrui: «La vicenda giudiziaria che riguarda attività interamente gestite dalla precedente amministrazione trova la gestione commissariale in prima linea nel tutelare gli interessi pubblici e, quindi, dei cittadini. Percorrerà pertanto tutte le possibili strade per trovare le soluzioni adeguate». Naturalmente resta aperta la strada del ricorso al Consiglio di Stato, anzitutto per chiedere la sospensiva e poi sul merito della vicenda, ma anche quella della mediazione, compresa la possibilità di una nuova gara. I vertici della Asl, riuniti ieri in tutta fretta dal commissario, lasciano filtrare, però, solo un grande silenzio. Nessuna spiegazione, nessun annuncio di iniziative future: niente oltre l'attesa. MARILENA ORUNESU ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 10 feb. ’11 INFLUENZA: MALATI VENTI SARDI SU MILLE L’ISOLA È LA REGIONE PIÙ COLPITA SASSARI. Continua ad aumentare l’incidenza dell’influenza in Italia, e la Sardegna è la regione più colpita in assoluto (venti casi ogni mille abitanti). Nella quinta settimana dell’anno - dal 31 gennaio al 6 febbraio - nel nostro paese sono stati registrati 11,02 casi ogni mille abitanti, contro i 10,16 della settimana precedente, per un totale di 660mila casi. Dall’inizio delle rilevazioni ne sono stati rilevati più di 3 milioni e mezzo. I dati sono stati registrati da Influnet, la Rete italiana sorveglianza attivata dal ministero della Salute in collaborazione con l’Istituto superiore di Sanità, che li ha ricevuti da 850 medici sentinella. L’incidenza dell’influenza aumenta nella fascia di età 0-4 anni (da 28,24 a 28,91 casi ogni 1000 abitanti), e soprattutto in quella da 5-14 (da 24,53 casi a 30,40). In calo invece nelle fasce 15-64 anni (da 7,36 casi a 7,3) e negli over 65 (da 2,04 a 1,92). A livello regionale, come detto, l’incidenza maggiore si registra in Sardegna (20,01), seguita da Campania (18,39) e Marche (17,09). A Sassari il pronto soccorso è affollato come non mai da persone che temono di aver contratto l’influenza «cattiva», quella H1N1 che l’anno scorso aveva seminato il panico in tutto il mondo. Una ressa tale da portare l’Asl a lanciare l’appello: non ci sono emergenze, prima di andare in ospedale meglio rivolgersi al medico ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 9 feb. ’11 SASSARI: AL CUP DIPENDENTI SOTTOPAGATI E INSULTATI DAGLI UTENTI SASSARI. Fanno un lavoro difficile e anche ingrato. Ogni giorno, ogni momento incollati al telefono a sentire le storie della gente, a percepirne la sofferenza. Capaci di trasformarsi in angeli consolatori e altrettanto bravi a incassare gli insulti. Come se fosse colpa loro se le liste d’attesa sono piene sino all’orlo. Per tutto questo i dipendenti del Cup di Sassari guadagnano 950 euro per 36 ore mensili. Di meno rispetto ai colleghi che lavorano a Olbia o a Nuoro. Il motivo? A differenza degli altri, gli operatori del call center sassarese non hanno il contratto sanitario ma quello da metalmeccanici. Dice Gavino Doppiu, sindacalista della Cgil: «La società dalla quale dipendono è specializzata nel ramo dell’informatica e ha inquadrato i lavoratori come metalmeccanici. Questo li penalizza dal punto di vista dello stipendio». Il passaggio alla nuova società, la Gpi-Extrainformatica, è avvenuto nell’autunno dell’anno scorso. Subito dopo, la sede del call center è stata trasferita dal palazzo Asl in via Tempio in un appartamento in affitto in via De Gasperi, in locali considerati più idonei. Ma non sono mancate le polemiche. Due dipendenti, infatti, non sono stati riassorbiti «nonostante - spiega Doppiu - la presenza della clausola nel bando della Asl e le garanzie date dalla nuova società, che proprio per questo aveva ottenuto 7 punti aggiuntivi nella graduatoria». I due lavoratori, a differenza dei colleghi riassorbiti a tempo indeterminato, sono a casa dal 1º gennaio. Il motivo? «La società dice che alcuni utenti si sono lamentati del loro atteggiamento al telefono». Gli stessi due, a novembre, avevano denunciato condizioni di lavoro non buone e stipendi bassi. I colloqui tra le parti sono in corso, la situazione potrebbe essere risolta a breve con il reintegro. Altrimenti, la vicenda diventerà materia per avvocati. (si. sa.) ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 9 feb. ’11 SASSARI: LA PRIORITÀ: I PAZIENTI ONCOLOGICI La responsabile del call center: «Cerchiamo di soddisfare le emergenze» SASSARI. Si chiama recall, come quando un sms sul telefonino ti avvisa che la persona che stavi cercando è “ora disponibile”. Al Cup di Sassari, assicura la responsabile, è lo strumento utilizzato per andare incontro a chi, con il tempo che scorre veloce, combatte una lotta quotidiana. Si chiama Antonella Seddaiu, è lei a coordinare il call center delle prenotazioni. Spiega che il problema delle liste d’attesa è un nodo cruciale da risolvere, e aggiunge anche per determinati tipi di esami specialistici (per esempio la risonanza all’addome), i ritardi di Sassari sono simili a quelli di molte altre città italiane. Ma a preoccupare di più, all’interno di un sistema che evidentemente deve essere corretto, sono le emergenze. I casi, cioè, di pazienti che non possono permettersi né di aspettare diversi mesi per eseguire un esame, né di pagare la prestazione da un privato. Dice Antonella Seddaiu: «Quando chiamano al Cup persone con patologie oncologiche, l’attenzione è massima. Il tempo è preziosissimo, per questo gli operatori si adoperano per fissare l’esame richiesto a breve scadenza. Le persone in lista d’attesa vengono contattate per chiedere conferma dell’appuntamento fissato, se qualcuno decide di rinunciare si fa in modo di incastrare il caso urgente nello spazio liberato». Non sempre il tentativo riesce. E la colpa è tutta dei bidonari. Cioè delle persone che non si presentano nella data stabilita, nonostante la conferma data pochi giorni prima. Dice la responsabile del Cup: «Un danno enorme per chi ha urgenza di sottoporsi a quell’esame. A volte avvisare, rinunciare all’appuntamento, può contribuire a salvare una vita». (si. sa.) ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 9 feb. ’11 SASSARI: UNA RISONANZA? RICHIAMI TRA UN ANNO» Liste d’attesa sature al Cup, i pazienti costretti a effettuare gli esami a pagamento Pochi medici e scarsità di apparecchiature all’origine della crisi del sistema pubblico E le convenzioni con i privati non sono sufficienti per soddisfare l’enorme quantità di richieste SILVIA SANNA SASSARI. La risposta arriva veloce, segno evidente che la domanda è stata già fatta molte altre volte. Forse nell’arco della stessa mattina, in una giornata uguale a tutte le altre per gli operatori del Cup, il Centro unico di prenotazione della Asl di Sassari. La voce è gentile ma ferma: dice che per un’ecografia all’addome bisogna aspettare novembre 2011, pazienza se il quadro clinico è grave, se chi richiede l’esame è una persona anziana che si imbottisce di antidolorifici per combattere le fitte lancinanti. Nove mesi in attesa, con la speranza che una casella all’improvviso si svuoti e nell’elenco sterminato si apra l’incastro giusto. Una questione di fortuna, in una sanità pubblica che arranca di fronte alla pioggia di richieste. E nonostante i buoni propositi non riesce ad accorciare i tempi per le visite, soprattutto per quelle specialistiche: quei tempi che spesso sono determinanti nel salvare una vita. E quando l’unica spesa che si può affrontare è quella del ticket, i sentimenti dominanti diventano rabbia e rassegnazione, di fronte al paradosso di un sistema sanitario pubblico in cui a dettare legge resta il reddito. Chi ha soldi aggira l’ostacolo Cup e liste d’attesa: si rivolge a un privato, paga e l’ecografia la fa entro una manciata di giorni. Le prenotazioni. Al 1533, questo il numero del Cup, ci hanno fatto il callo. Sembra di vederla, l’operatrice che alle 11,45 di ieri mattina intercetta la chiamata dopo diversi minuti di musichetta e cantilena registrata: “resti in attesa per non perdere la priorità acquisita”. L’operatrice finalmente risponde, sono tizia, buongiorno, prego mi dica. Questa la richiesta: risonanza magnetica al ginocchio destro con liquido di contrasto. Responso fulmineo: a Sassari non c’è posto, le liste sono sature, per il 2011 non c’è speranza, neanche un buco libero in nessuna struttura ospedaliera. Possibile? Sì, come confermano i dati sui giorni d’attesa: 338, cioè se ne riparla a gennaio 2012. Ma una possibilità c’è: l’operatrice spiega che a Platamona, nel centro convenzionato con la Asl, la risonanza si può fare il 28 marzo, alle 12.30. Tra meno di cinquanta giorni, che non è sicuramente poco, ma che rispetto a un anno sembrano una sciocchezza. Ma in questa specie di terno al lotto, dove vince chi chiama per primo, occorre fare in fretta. “Mi legga gli estremi dell’impegnativa, deve prenotare subito - spiega l’operatrice - perché è l’unica possibilità per fare l’esame, altrimenti rischia di perderla”. Per una visita oculistica semplice va meglio: giusto 4 mesi, a giugno l’esame è garantito. Ma se ci sono problemi particolari, come un sospetto distacco di retina provocato dal diabete, è meglio non perdere tempo. E i 120 giorni d’attesa annunciati dal Cup sono decisamente troppi. Le chiamate. Il 1533 è l’unico numero, gratuito, per tutta la Regione, da comporre da rete fissa. Il server riconosce in automatico il prefisso e dirotta la telefonata verso il call center di riferimento nel territorio. Le chiamate sono almeno 100 al giorno e durano al massimo 2 minuti ciascuna. Centoventi secondi in cui l’operatore deve essere bravo nel comunicare una notizia che quasi sempre è brutta e ancora più bravo a calmare l’utente che va in tilt quando capisce di dover aspettare 10, forse 12 mesi. Peggio ancora, l’operatore deve soffocare quel senso di impotenza e inutilità che ti chiude la gola quando la persona all’altro capo del filo dice che non va bene, perché per lui “10 mesi sono troppi, perché neanche lo so se allora sarò ancora vivo. E lei deve aiutarmi”. I ritardi. Non è solo un problema di apparecchiature. Anzi. I macchinari necessari per eseguire esami specialistici come ecografie e risonanze magnetiche, spesso lavorano a mezzo servizio. Esami la mattina, poi di pomeriggio si stacca la spina. Il motivo? Organici insufficienti, pochi camici bianchi e pochi tecnici in grado di fare funzionare le apparecchiature. E senza il personale, la volontà di ridurre le liste d’attesa è destinata a rimanere un sogno altrettanto nobile quanto irrealizzabile. Le convenzioni. I privati sono fondamentali. Le strutture ospedaliere, da sole, non riescono a sostenere la pressione. Per questo, ogni anno, la Asl sparge tra ambulatori e centri privati accreditati i fondi messi a disposizione dalla Regione, con i quali ciascuno esegue un tot numero di esami in regime di convenzione. Esaurito il budget, in assenza di nuove iniezioni di fondi, quegli esami vengono garantiti solo a pagamento. Ma anche qui c’è un problema. A Sassari, chi chiama il Cup per una prenotazione, non sa quali siano le strutture convenzionate con l’azienda sanitaria, proprio perché non tutte passano attraverso il Centro unico. Dunque, se il tempo d’attesa è troppo lungo, l’utente che ha le possibilità economiche decide di pagare e si rivolge a un privato. Salvo poi scoprire, a cose fatte, che in un determinato ambulatorio convenzionato avrebbe dovuto pagare solo il ticket. Uno degli obiettivi dell’azienda sanitaria è migliorare la comunicazione. Un piccolo passo. Per quello più importante si resta in attesa. ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 13 feb. ’11 SASSARI: ASL1: «TAGLIEREMO LE LISTE D’ATTESA» Sassari, un anno per una risonanza: in arrivo nuovi macchinari Riorganizzazione del settore a partire dalle strutture convenzionate SASSARI. Un’unica risonanza in grado di garantire tutte le prestazioni e costretta a lavorare a mezzo servizio, per carenza di personale in grado di farla funzionare. A fine mattinata il macchinario, che si trova all’ospedale Civile di Sassari, si spegne. Ecco perché chi si rivolge al Cup, il Centro unico di prenotazione regionale, spesso scopre di dover aspettare un anno per effettuare l’esame specialistico. La Asl 1 però assicura: «A breve non sarà più così». È un problema di mezzi, di organici e organizzazione. Tanti nei in un sistema sanitario pubblico che al momento non funziona. Anzi, a causa dei ritardi (anche un anno di attesa per alcuni tipi di risonanze magnetiche ed ecografie), obbliga chi non può permettersi di aspettare a rivolgersi a studi privati a pagamento. Il problema delle liste d’attesa è un cruccio per la Asl, il loro abbattimento è una priorità per tutte le aziende sanitarie e l’obiettivo è condiviso dalla Regione, che ha inserito 21 milioni di euro in Finanziaria per riorganizzare l’intero sistema. Soldi ai quali si aggiungono altri 2,5 milioni destinati al monitoraggio dei tempi d’attesa. La riorganizzazione. Spiega Antonella Seddaiu, responsabile del Cup di Sassari: «Da un anno e mezzo stiamo lavorando per ridurre i tempi attraverso la tipizzazione dei pazienti. Con l’individuazione di percorsi individuali, legati al grado di emergenza della situazione, sarà possibile stabilire le priorità». Funzionerà così: l’utente che chiama il Cup (o il medico che lo fa per lui), fornirà un codice indicatore della gravità e dunque del tempo massimo d’attesa possibile. Le corsie preferenziali, che riguardano già diabetici ed oncologici, consentiranno di calendarizzare gli appuntamenti a seconda delle esigenze. Un progetto nel quale è fondamentale la massima sinergia tra precrittori (medici di base e specialistici), operatori del Cup addetti alle prenotazioni e le strutture sanitarie che le erogano. Molto utile sarebbe anche poter prenotare on-line: da altre parti d’Italia, per esempio in Toscana, funziona molto bene il web-cup, con la possibilità di fissare gli esami anche dalle farmacie. Nuovi macchinari. L’unica risonanza magnetica che esegue tutte le prestazioni si trova all’ospedale Civile. È la sola in grado di garantire esami all’encefalo e al midollo. «Un altro macchinario, ancora più potente, entrerà in funzione entro la primavera all’ospedale di Ozieri - annuncia Antonella Seddaiu -. Entro due anni, inoltre, potremo acquistare una seconda risonanza per Sassari, grazie allo stanziamento dei fondi da parte della Comunità Europea. E un altro apparecchio arriverà entro il 2011 all’ospedale Marino di Alghero: si tratta di una risonanza “aperta”, il paziente non dovrà cioè entrare nel tunnel per eseguire l’esame». Quest’ultimo macchinario eseguirà solo risonanze muscolo-scheletriche e alla colonna: un tipo di prestazione sempre più richiesta. Le convenzioni. L’apporto dei privati convenzionati è fondamentale per ridurre i tempi d’attesa. Ma anche su questo aspetto c’è tanto da fare. A Sassari garantiscono risonanze magnetiche e radiologia tradizionale il Centro di Platamona, il Policlinico e lo studio Urigo. A Platamona e al Policlinico è possibile anche eseguire ecografie e Tac, mentre la radiologia tradizionale è garantita anche dallo studio Mulas. Il problema è che, al momento, solo il Centro di Platamona è cupizzato, cioè ha fornito le agende al Cup che può, in questo modo, effettuare le prenotazioni anche in quella struttura. L’utente non è tenuto a sapere che esistono anche altri centri convenzionati: per questo, di fronte alla prospettiva di un’attesa eccessiva, molti scelgono di effettuare la prestazione a pagamento. Dice Antonella Seddaiu: «L’obiettivo è cupizzare un numero sempre più alto di privati, in modo da avere un quadro chiaro, attraverso la consultazione delle agende, dei posti disponibili nel momento in cui si fissano gli esami. I successi. Non tutto è negativo. Per alcuni esami specialistici, l’attesa è minima se non esistente. È il caso delle mammografie: tempi ridotti da 6 a 2 mesi in assenza di problemi clinici, visita entro due giorni se il caso è urgente. Impresa impossibile per ecografie e risonanze, per le quali già dimezzare gli attuali tempi biblici sarebbe un risultato da incorniciare. ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 9 feb. ’11 TUTTO CONFERMATO A SASSARI: CARTA JUNIOR SUBENTRA A CARTA SENIOR va di padre in figlio CATTEDRE E PARENTI Respinte le eccezioni d’incompatibilità per l’applicazione della riforma Gelmini SASSARI. Tutto come previsto: in Oculistica Arturo Carta, 41 anni, succede al padre Francesco, ultimo direttore della clinica, in congedo dal 1º novembre per limiti d’età. Nessun colpo di scena, dunque, nel 4º atto di una delle saghe familiari d’ateneo. Nel Consiglio della facoltà di medicina la posizione, marginale, di chi era contrario alla chiamata in cattedra è stata respinta. A nulla è valso sostenere l’incompatibilità dovuta al fatto che nel dipartimento di chirurgia lavora già un cugino del neopromosso, situazione espressamente vietata dalla riforma Gelmini. «Mancano i regolamenti attuativi delle nuove disposizioni - è stato replicato - E in ogni caso il concorso si è svolto con le vecchie leggi». I primi tre atti di questa storia in apparenza complicata erano stati l’ufficializzazione delle prove d’esame, il pensionamento di Carta senior e il miglior piazzamento alle prove - 16 i candidati - di Carta junior. Ora arriva la decisione presa ieri dal Consiglio. Decisione che nelle pratiche accademiche dell’isola pare inserirsi in un solco di tradizioni consolidate. Da un lato, le esigenze di ordine generale tradotte nelle norme anti-parentopoli volute dal ministro almeno a Sassari non sembrano interessare parecchi professori universitari. Dall’altro lato, si evidenzia oggi molto bene come la gran parte dei docenti ordinari e associati chiamati a esprimersi sul caso specifico sia certa di avere le spalle coperte sul piano giuridico: nella riunione di ieri, su una cinquantina di presenti, solo un voto contrario e un paio di astensioni riguardo alla chiamata di Arturo Carta. Tutto ciò nonostante il 29 gennaio scorso la riforma sia entrata in vigore a tutti gli effetti. E sebbene ogni nuovo assunto debba firmare una dichiarazione nella quale attesta di non avere rapporti di parentela sino al quarto grado nell’ateneo che lo sta chiamando in servizio. Naturalmente bisognerà verificare adesso altre condizioni. C’è la copertura finanziaria di quella cattedra nei «punti-organico» della facoltà? Esiste cioè una corrispondenza tra concorso bandito e soldi disponibili per pagare il vincitore? E che cosa decideranno nei successivi passaggi il rettore, il direttore amministrativo, lo stesso il consiglio d’amministrazione dell’ateneo? In discussione non c’è infatti solo un posto di associato. A prescindere dalle scelte dei prossimi mesi, al centro del problema resta la guida futura di una divisione con 3 medici universitari, 10 ospedalieri e decine d’infermieri che ogni anno nel Nord Sardegna assicura duemila interventi, quarantamila visite, tremila ricoveri. Carta junior, dopo la chiamata di ieri, sarà il più alto in grado nella gerarchia universitaria di quella struttura: subentrerà a Carta senior anche in questo ruolo di coordinamento? La notizia delle scelte fatte dal Consiglio ristretto di Medicina - ossia non aperto ai ricercatori, così come vogliono in queste circostanze le prassi e le disposizioni vigenti - si è appresa solamente a tarda sera. Nella mattinata c’erano state frenetiche consultazioni tra i vertici dell’ateneo. A suscitare qualche dubbio prima della conferma finale, le riflessioni legali inserite nel ricorso al Tribunale amministrativo regionale presentato dagli avvocati di uno dei candidati esclusi, l’«interno» Antonio Pinna, arrivato terzo al concorso. Nel documento ci si riferisce appunto alle incompatibilità previste dalla riforma e alle tempistiche per le immissioni in ruolo. Ma nella riunione di ieri non si poteva chiaramente andare troppo per le lunghe: era l’ultimo giorno utile prima della decadenza del vincitore, chance che la gran parte dei componenti del Consiglio ha ritenuto non poter essere perduta, pena gravi omissioni. E il ricercatore che ha promosso il ricorso che cosa pensa di guadagnare? Nato a Sassari il 12 luglio 1963, laurea in medicina con 110 e lode, specializzazione col massimo dei voti, Antonio Pinna nel 1995 ha lavorato in prestigiose cliniche londinesi. È autore di 56 lavori pubblicati su riviste internazionali, con revisione paritaria al massimo livello. Come relatore ha presentato 44 comunicazioni scientifiche a congressi di valenza mondiale. Il suo nome figura nell’edizione 2011 di «Who’s Who in The World», edita da Marquis, a New Providence, negli Usa. Titoli e riconoscimenti che, nella saga accademica sassarese, non sono stati ritenuti sufficienti per la promozione da ricercatore ad associato. Se mai il Tar gli darà ragione, Pinna non potrà infatti rivendicare un nuovo ruolo: otterrà soltanto l’annullamente del concorso. ________________________________________________________ Sanità News 11 feb. ’11 C'E' INTESA STATO-REGIONI PER IL FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO Importante passo avanti del progetto di “Fascicolo sanitario elettronico” (Fse) che entro il 2012 potrà essere reso disponibile su tutto il territorio nazionale per i cittadini italiani. Giovedì la Conferenza Stato-Regioni ha approvato le Linee Guida nazionali proposte dal Ministero della Salute. “Il Fascicolo sanitario elettronico che ogni italiano porterà con sé come una vera e propria carta d’identità sanitaria – ha dichiarato il Ministro della Salute professor Ferruccio Fazio - consentirà di migliorare enormemente l’assistenza sanitaria, permetterà di intervenire rapidamente ed efficacemente in caso di emergenze e farà risparmiare notevoli risorse al sistema sanitario. Le Linee Guida individuano gli elementi necessari per una progettazione omogenea del “fascicolo elettronico” su base nazionale ed europea”. Il Fse verrà realizzato dalle Regioni previo consenso dell’assistito ed è definito come l’insieme dei dati e documenti digitali di tipo socio- sanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito. Coprirà l’intera vita del paziente e sarà costantemente aggiornato dai soggetti che prendono in cura l’assistito. Nelle urgenze il Fse permetterà agli operatori di inquadrare immediatamente i pazienti; consentirà la continuità delle cure, permetterà di condividere tra gli operatori le informazioni amministrative (es. prenotazioni di visite specialistiche, ricette, etc.). L’accesso al Fse potrà avvenire mediante l’utilizzo della carta d’identità elettronica (Cie) e della carta nazionale dei servizi (Cns). L’accesso potrà essere consentito anche attraverso strumenti di autenticazione forte, con l’utilizzo di smart card rilasciate da certificatori accreditati, o debole, con l’utilizzo di userid e password, o con altre soluzioni, purché siano rispettate le misure minime di sicurezza nel rispetto del Codice in materia di protezione di dati personali. La necessità di Linee Guida nazionali è nata da una ricognizione effettuata nel 2008 dal Ministero della Salute che ha indicato un buon dinamismo che si sta traducendo in progetti attivi in tutte le Regioni, ma con troppe differenziazioni nelle soluzioni applicative, nei modelli architetturali, negli standard semantici e nelle modalità di utilizzo dei sistemi. Per giungere ad una sintesi delle iniziative esistenti e promuovere l’adozione di un modello omogeneo nazionale, il Ministro Fazio ha istituito un Tavolo tecnico che ha predisposto le Linee Guida approvate dalla Conferenza Stato Regioni. ________________________________________________________ Sanità News 11 feb. ’11 DI NUOVO ATTIVO L'OSSERVATORIO FORMAZIONE UNIVERSITARIA DELLE PROFESSIONI SANITARIE Con Decreto del 30 dicembre 2010 i Ministri dell’Università, Maria Stella Gelmini, e della Salute, Ferruccio Fazio, hanno riattivato l’Osservatorio della formazione universitaria delle professioni sanitarie, istituito nel 2003. Compito dell’Osservatorio sarà di formulare proposte e pareri in ordine alla definizione di: a) linee di indirizzo per l’elaborazione di requisiti di idoneità organizzativi, strutturali e tecnologici, per l’accreditamento delle strutture didattiche universitarie e ospedaliere per la formazione; b) linee guida per la stipula dei protocolli d’intesa tra le regioni e le università; c) criteri e modalità per assicurare la qualità della formazione in conformità alle indicazioni UE; d) criteri e modalità per lo svolgimento del monitoraggio dei risultati della formazione. Gli 8 componenti nominati sono: Luigi Frati, con funzioni di Presidente, (Rettore Università di Roma la Sapienza), Andrea Lenzi (Presidente del CUN), Giovanni Leonardi (Ministero della Salute), An-gelo Mastrillo (AUSL e Università di Bologna), Aldo Pinchera (Università di Pisa), Luisa Saiani (U-niversità di Verona), Andrea Stella (Università di Milano Bicocca) e Marco Tomasi (Ministero dell’Università). A questi, con successivo Decreto integrativo, saranno aggiunti un rappresentante del Comitato Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario, uno della Conferenza Stato-Regioni e un rappresentante per ognuna delle 22 professioni sanitarie designati dalle rispettive Federazioni di Infermieri, Ostetriche, Tecnici di Radiologia e dalle Associazioni professionali, individuate dal Ministero della Salute (Fisioterapisti, Logopedisti, Dietisti, Tecnici di Laboratorio, di Neurofisiopatologia, della Prevenzio-ne, ecc.). Il campo di intervento riguarda 40 Università, 470 corsi di laurea, 791 sedi formative, e 28mila posti attivati annualmente. ____________________________________________________ La Stampa 7 Feb.’11 SCOPRI IL GRASSO CHE C'È IN TE Con la formula scientifica non si bara più, ma è allarme: gli obesi nel mondo sono saliti a 500 milioni Basta con i calcoli a occhio davanti allo specchio e sopra la bilancia. Per sapere se uno è grasso il test dei jeans (si chiudono, non si chiudono, si chiudono solo se sei sdraiato sul letto e trattieni il fiato) può essere sostituito da calcoli semplici ma scientificamente affidabili. Si tratta in sostanza di stabilire il proprio IMC, alias Indice di Massa Corporea. Semplicissimo: basta pesarsi e poi dividere i chili per il quadrato dell'altezza. Per esempio un signore che pesa 90 chili per un metro e 80 dovrà dividere 90 per 3,24 (cioè 1,80 per 1,80). Il risultato è 27,7 periodico, quindi il signore in questione è ciccio ma non obeso. Infatti se il risultato è da 18,5 a 25 si è normali, da 25 a 30 sovrappeso e da 30 in avanti obesi. E in mezzo agli obesi viviamo. In questo grande e grasso mondo, sono ormai 500 milioni. Un dato allarmante che lo diventa ancora di più perché gli obesi sono raddoppiati negli ultimi 30 anní. In pratica, oggi è obeso un adulto su 10, anzi un'adulta perché le donne, anche in i questo campo, battono gli uomini: 297 milioni di balene (il 13,8% delle femminucce) contro 205 milioni di ciccioni (il 9,8 dei maschietti). Le conclusioni sono state publicate venerdì scorso on lime dalla prestigiosa rivista inglese «The Lancet» e sono il risultato di un'ampia analisi su dati raccolti fra il 1980 e il 2008, finanziata i dalla Fondazione di Bill Gates e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e coordinata dai professori Majid Ezzati dell'Imperial College di Londra e Goodarz Danaeí di Harvard. Sorpresa: i più «grossi» del pianeta non sono gli americani come tutti pensano, ma gli abitanti della piccola isola di Nauru, nel Pacifico: i circa 10 mila isolani hanno un IMC che oscilla fra il 34 e il 35. Nulla di misterioso: all'epoca del boom dei fosfati, che diedero all'isola un passeggero benessere, i suoi abitanti si convertirono massicciamente al «junk food», il cibo spazzatura. Risultato: una percentuale di obesi superiore al 90% (certificata anche dal Guinness dei primati) e un altro record negativo, la più alta percentuiale mondiale di diabetici, più del 40% della popolazione. Gli americani, che sulla capacità di ingurgitare hamburger e patatine non sono secondi a nessuno, quanto a IMC sono fermi a quota 28, con l'aumento più marcato: circa un punto a decennio. Dall'altra parte, a ricordarci che il mondo è pieno di gente che mangia troppo ma anche di gente che mangia troppo poco, c'è il Bangladesh (IMC a 20,5 pei le donne e a 20,4 per gli uomini), mentre i più magri in assoluto sono i maschi della Repubblica democratica del Congo: 19,9. I giapponesi, che non hanno certo problemi a trovare cibo, sono i più virtuosi fra gli abitanti dei Paesi sviuppati, con un IMC di 22 per le donne e di 24 per gli uomini L'Europa è stabile e, al suo interno, sarà forse merito della dieta mediterranea, l'Italia è fra le più snelle, con una proporzione dí obesi inferiore al 10% laddove quella dei vicini spagnoli, francesi e tedeschi è fra il 10 e 1120% e quella degli inglesi fra il 20 e i130. «The Lancet» pubblica anche una ricca messe di dati su altri due flagelli dell'umanità globalizzata: l'ipertensione e il colesterolo. Sul primo fronte, gli ipertesi sono ormai un miliardo, quasi raddoppiati rispetto ai 600 milioni del 1980. L'ipertensione viene tenuta più sotto controllo nei Paesi che ne soffrivano già prima della mondializzazione (chi ha fatto più progressi sono gli uomini in America del Nord e le donne in Austalia), ma la pressione arteriosa è cresciuta molto nell'ex Europa comunista, dove evidentemente si stava meglio quando si stava peggio, e anche in alcuni Paesi africani. Infine, il colesterolo: nei Paesi ad alto reddito, colpisce di più Groenlandia, Islanda, Andorra e la Germania (tutte quelle salsicce...), di meno la Grecia. Ma, in generale, il tasso diminuisce nei Paesi ricchi e aumenta in quelli che lo stanno diventando, come la Cina. E' la globalizzazione del colesterolo. ____________________________________________________ La Stampa 8 Feb.’11 BANCOMAT: LAVATEVI BENE LE MANI DOPO L'USO E' il bancomat il luogo più sporco VALENTINA ARCOVIO Le macchinette automatiche sono infestate da colonie di batteri ROMA Prima di effettuare una qualsiasi operazione alle macchinette bancomat è consigliabile indossare un bel paio di guanti. Stando a uno studio condotto nel Regno Unito questi sportelli sono sporchi quanto o addirittura più dei bagni pubblici. Si hanno cioè più probabilità di rimanere infettati dai batteri prelevando contanti dal bancomat che usando una toilette aperta a tutti. Richard Hastings, microbiologo della società BioCote che produce disinfettanti, ha effettuato una serie di test batteriologici in alcuni punti-prelievo in giro per l'Inghilterra. Dall'analisi dei tamponi prelevati è emerso che queste macchinette sono un ginepraio di germi. Allo stesso modo, gli scienziati hanno testato le tavolette del wc di alcune toilette pubbliche. Ebbene, il microscopio ha rivelato che il contenuto di batteri è lo stesso degli sportelli bancomat. Ad esempio, i batteri pseudomonas o bacillus si possono ritrovare su entrambe le superfici, con altissimi rischi di sviluppare ad esempio infezioni diarroiche. «Siamo stati sorpresi dai nostri risultati ha confessato Hastings perché le macchine Atm hanno dimostrato di essere fortemente contaminate da batteri; allo stesso livello dei servizi igienici pubblici analizzati nelle vicinanze». Eppure gli inglesi, come anche noi italiani, sono convinti che i batteri infettano ben altri luoghi pubblici. Secondo un sondaggio britannico, gli individui hanno più paura dei bagni pubblici tanto da fare gli equilibristi ogni volta che sono costretti ad usarli. Per non parlare dell'uso spropositato di fazzolettini igienizzanti per le mani. Al secondo posto tra i luoghi percepiti come più sporchi troviamo le cabine telefoniche, seguite dalle fermate dei bus e della metro. Alcuni cittadini inglesi hanno ammesso di preferire di evitare i mezzi pubblici pur di scongiurare un'infezione. Secondo il sondaggio, chi è costretto a prendere un mezzo pubblico cerca di ridurre al minimo i contatti con i sedili e le maniglie per sorreggersi. Un inglese su 10 ha confessato di pulire i sedili o di coprirli con della carta prima di sedersi. I bancomat invece, vengono poco considerati sotto il punto di vista igienico. Tra i luoghi percepiti come più sporchi le macchinette Atm si sono aggiudicati solo la decima posi-zione. E questo, secondo gli scienziati, renderebbe i batteri ancora più pericolosi: meno attenzione infatti equivale a meno prudenza. ____________________________________________________ La Stampa 8 Feb.’11 FAI PALESTRA CON IL TUO CERVELLO Ricerca italiana: ecco la prova che scrivere, leggere e studiare rallentano l'invecchiamento Rallentare l'invecchiamento del cervello? Certo che si può: basta fargli fare ginnastica. E' una bella soddisfazione quando la scienza conferma un fenomeno, positivo, a cui già davamo credito «istinto, e non solo per aver visto Nicole Kidman lambiccarsi con i giochi elettronici negli spot pubblicitari. Ecco dunque che una ricerca italiana, dell'Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico «Fondazione Santa Lucia di Roma», dimostra che lo studio, inteso come scrivere, leggere, applicarsi a qualsiasi interesse intellettuale che stimoli passione e curiosità, ha un'influenza decisiva sull'integrità del cervello, dal punto di vista sia strutturale che funzionale. Gli autori della ricerca, pubblicata dalla rivista «Human Brain Mapping», hanno scoperto, mediante sofisticati esami di risonanza magnetica su un campione di 150 soggetti sani tra i 18 e i 65 anni, che un'istruzione scolastica più lunga, e dunque una maggior abitudine alla concentrazione mentale, è in diretta correlazione con la compattezza strutturale di certe zone del cervello: in particolare dell'ippocampo, l'area che presiede alla funzione della memoria a lungo termine e che è tra le prime a deteriorarsi quando s'instaura l'Alzheimer. Insomma, allo studio si fa il callo, e lo studio serve eccome: magari non a trovare un posto di lavoro, in questi anni incerti per l'occupazione intellettuale, ma sicuramente a mantenersi lucidi e attivi. Ma c'è di più, e di meglio: se chi ha un livello d'istruzione superiore possiede in qualche modo un patrimonio mentale più vasto, che viene eroso più lentamente dalla senescenza, ed è quello che gli esperti chiamano «riserva neuronale», tutti sono in grado di implementare il proprio benessere, mantenendosi elastici e in esercizio, non solo con lo stretching per le articolazioni ma anche con quello per le sinapsi cerebrali. In maniera analoga, c'entra il lavoro che si è svolto prima della pensione, e più è stato stimolante e meglio è. Ma non è mai troppo tardi per recuperare: basta, dopo la fine della vita professionale, non abbandonarsi passivamente al declino ma tenersi curiosi e attenti. Il professor Carlo Caltagirone, direttore scientifico della Fondazione Santa Lucia, autore della ricerca con Fabrizio Piras e Gianfranco Spalletta, si dice «confortato, perché tutto ciò ci permette di avere una posizione meno nichilista. La decadenza cognitiva non è ineluttabile». La grande paura si chiama demenza: 35 milioni e 600 mila casi nel mondo, di cui un milione in Italia (600 mila solo di Alzheimer), con un costo medio annuo di 60 mila euro a carico della famiglia del malato, e incalcolabili ferite emotive. Un drago temuto da chi, per i progressi della medicina, può aspirare magari ad arrivare ai cent'anni, ma non è sicuro di arrivarci lucido. Ma è un drago che oggi diventa un poco meno minaccioso: e la formula magica si chiama «fornitori di resilienza». Cioè le tecniche e gli strumenti, semplici e applicabili nella vita quotidiana, che ci permettono di restare un po' più a lungo noi stessi ____________________________________________________ Il Sole24Ore 9 Feb.’11 UN PRELIEVO SEGNALA IL TUMORE AL POLMONE Francesca Cerati MILANO Piccoli indizi molecolari chiamati microRna circolanti nel sangue possono anticipare la diagnosi di cancro al polmone addirittura due anni prima rispetto alla Tac spirale, il più avanzato degli strumenti oggi a disposizione. A scoprire che queste piccole molecole possono diventare un esame predditivo attendibile di neoplasia polmonare sono stati i ricercatori dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano, guidati da Gabriella Sozzi e Ugo Pastorino, in collaborazione con la Ohio State University di Columbus, negli Stati Uniti. «Grazie all'analisi di campioni di sangue raccolti su oltre seimila forti fumatori, seguiti per 5 anni, abbiamo dimostrato che in tutti coloro che hanno sviluppato tumore del polmone i valori di particolari microRna, molecole che come interruttori accendono e spengono i nostri geni, erano alterati» ha spiegato Gabriella Sozzi, tra i coordinatori della ricerca e responsabile della Struttura di genomica tumorale dell'Istituto milanese Non solo. «Con questo semplice esame del sangue aggiunge è possibile anche determinare se il tumore è destinato a restare latente, con prognosi buona e sopravvivenza pari al bora, osi svilupperà in modo aggressivo». La grande innovazione di questo studio, pubblicato ieri su Pnas, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, è stata infatti quella di studiare i rapporti tra queste molecole, ovvero cosa succede quando una di queste aumenta mentre un'altra diminuisce e così via. «In questo modo siamo riusciti a trovare la "firma" del tumore», ha detto Sozzi. La scoperta, che dovrà essere ancora verificata con un altro studio prospettico in partenza a giugno, e che comunque non potrà essere disponibile per i pazienti prima di 2-3 anni, è tale che l'Istituto nazionale dei tumori ha già avviato l'iter per ottenere un brevetto. Il test preventivo ha ancora più valore se si tiene conto che la prima causa di morte in Europa per tumore resta proprio quello al polmone (33mila decessi), seguito da intestino (22mila), seno (12mila), pancreas (io.800), stomaco (9.600), come rivela una nuova ricerca epidemiologica dei ricercatori del Mario Negri di Milano attraverso un modello matematico inedito. Secondo lo studio, pubblicato su Annals ofoncology, il tasso di mortalità per tumore nei 27 paesi dell'Unione è in calo del 7% negli uomini (da 154 a 142 su 100mila) e del 6% nelle donne (da 90 a 85 su 100mila). Questo trend favorevole, però, viene contraddetto dall'aumento del tumore ai polmoni tra le donne, anche in Italia, con 8.300 decessi. ____________________________________________________ TST 9 Feb.’11 A OGNI PROTEINA UN'ACROBAZIA Fisica„ Un team italiano testa le equazioni che regolano i ripiegamenti delle macromolecole Ognuna sceglie, in frazioni di secondo, la configurazione efficace tra miliardi di possibilità MAURIZIO DAPOR LISC EBK -UNIVERSITÀ DI TRENTO I risultati della fisica teorica nucleare e subnucleare e i suoi metodi matematici possono essere messi al servizio della biologia molecolare? Pietro Faccioli lavora al Laboratorio Interdisciplinare di Scienza Computazionale (LISC), un'unità di ricerca della Fondazione Bruno Kessler e dell'Università degli Studi di Trento, ed è convinto di sì. Assieme ad alcuni colleghi (Silvio a Beccara, Giovanni Garberoglio, Francesco Pederiva e Marcello Sega) e a Henri Orland dell' Institut de Physique Théorique del Centre d'Etudes de Saclay ha pubblicato sulla prestigiosa rivista «Journal of Chemical Physics» un articolo che dimostra come si possano utilizzare efficacemente le idee e i metodi nati e sviluppatisi nell'ambito della fisica teorica nucleare e subnucleare allo studio del ripiegamento delle proteine globulari». Istruzioni di montaggio Per capire di che cosa si tratta occorre innanzitutto ricordare che tutti gli organismi viventi sono costituiti da numerosissime macromolecole: le proteine. Sono proteine sia i «mattoni» con cui sono fabbricati i nostri organi (come, per esempio, i muscoli, i tendini, i tessuti connettivi) sia molte delle sostanze che ne permettono il funzionamento (come gli enzimi digestivi, gli anticorpi, l'emoglobina del sangue). La maggior parte delle informazioni contenute nel DNA è rappresentata da istruzioni per l'assemblaggio delle proteine. Ogni proteina è una macromolecola costituita da una o più catene di atomi, le catene poli- peptidiche, frutto della polimerizzazione di sequenze di amminoacidi. Esistono 20 tipi di amminoacidi differenti e ogni proteina è caratterizzata dall'ordine con il quale questi si concatenano. Una volta assegnata la sequenza ordinata di amminoacidi che costituiscono una data catena peptidica, la sua natura è definita senza ambiguità. Le proteine globulari, di grande importanza per il funzionamento degli organismi viventi, si realizzano per ripiegamento dei lunghi filamenti ottenuti in seguito alla polimerizzazione sequenziale, un po' come un gomitolo è il frutto del ripiegamento del filo che lo compone. Questo processo di ripiegamento fa assumere alle proteine la loro forma definitiva, fondamentale per lo svolgimento delle loro funzioni. In sintesi, dunque, si può osservare che il DNA contiene le informazioni sulla corretta sequenza di amminoacidi che definisce ogni data proteina e che quest'ultima, una volta sintetizzata, si ripiega su se stessa per assumere la configurazione globulare necessaria per lo svolgimento delle sue funzioni. In un tempo dell'ordine di alcune frazioni di secondo la proteina «sceglie», tra miliardi di possibilità, l'unica configurazione tridimensionale che le permette di svolgere correttamente i propri compiti biologici. La dinamica di questo processo è ancora in gran par-te ignota. Se la proteina dovesse esplorare tutti gli innumerevoli modi in cui potrebbe ripiegarsi, troverebbe la configurazione ideale in un tempo assai maggiore di quello effettivamente impiegato. Si ritiene, quindi, che siano all'opera meccanismi decisamente più raffinati della semplice esplorazione di tutte le possibilità. Lotta aII'Alzheimer Dal punto di vista computazionale, va detto che la soluzione «diretta» del problema, vale a dire la risoluzione delle complicate equazioni che governano il moto delle proteine in condizioni fisiologiche (anche usando i computer più potenti oggi disponibili), richiederebbe decine di anni di calcolo. Faccioli e i suoi collaboratori si sono accorti che alcuni dei metodi matematici usati nella teoria degli integrali di cammino, dovuta a Richard Feynman, si potevano adattare per descrivere proprio la dinamica del ripiegamento delle proteine. Gli scienziati del LISC sono quindi riusciti a formulare le equazioni del moto in modo tale che queste forniscano direttamente la traiettoria più probabile percorsa durante il processo di ripiegamento, una volta che siano noti lo stato iniziale (la catena non ripiegata) e lo stato finale (determinato sperimentalmente con tecniche che impiegano i raggi X). L'applicazione di questi metodi a problemi realistici ha richiesto un approccio multidisciplinare con Io sviluppo di programmi appositi che vengono eseguiti su calcolatori ad alte prestazioni (con centinaia di processori) per tempi dell'ordine di qualche giorno. La ricerca di Faccioli permette dunque di stabilire quale sia il cammino effettivamente seguito da ima data catena poli-peptidica per ripiegarsi nella configurazione finale necessaria affinché la proteina possa svolgere effettivamente le sue funzioni biologiche. Applicazioni molto importanti di questo metodo possono riguardare lo studio delle ragioni per cui, in alcune malattie degenerative tra cui il morbo della mucca pazza e quello di Alzheimer, alcune catene poli-peptidiche si ripiegano in modo differente da quello corretto, con conseguenze gravissime per l'organismo. ____________________________________________________ Il Mattino 9 Feb.’11 MALATI DI TIROIDE, L'ULTIMA FRONTIERA Patrizia Marino Fermare l'emigrazione dei pazienti della Campania verso altre strutture fuori Regione puntando sull'eccellenza della scuola chirurgica napoletana. È questo il messaggio emerso dal III corso monotematico dedicato alle patologie della tiroide di interesse chirurgico svoltosi nell'aula di presidenza della Seconda Università di Napoli con il coordinamento scientifico di Giovanni Decimo, professore associato di chirurgia da anni impegnato nelle innovazioni della chirurgia tiroidea. Dall'incontro, presenti tra gli altri il direttore generale dell’ Arsan Lia Bertoli, il presidente della società napoletana di chirurgia Enrico Di Salvo e il prof ordinario dell'Università di Pisa Paolo Miccoli, sono emersi dati preoccupanti, con un'emigrazione superiore al 10%. «Un numero eccessivo sentenzia Docimo Sono quelli che io chiamo viaggi della speranza, troppo spesso immotivati, che, oltre ad aumentare i costi delle casse della nostra Regione, mortificano il lavoro di tanti specialisti impegnati quotidianamente nel mondo sanitario regionale con grande impegno, professionalità e dedizione e che li vede impegnati in centri e strutture di alte specializzazione e in linea coni migliori centri chirurgici italiani». Da qui l'appello «alle dirigenze politiche sanitarie continua Docimo affinché si adoperino per riadeguare al meglio tutte le strutture pubbliche campane a disposizione dei cittadini, in modo da evitare liste di attesa lunghe, che scoraggiano i pazienti». Dopo l'iniziale dibattito sulla migrazione sono stati trattati dagli esperti molti argomenti relativi alla patologia tiroidea: dalla prevenzione, che svolge un ruolo primario in quanto è possibile diagnosticare la patologia in fase iniziale, avviando così prontamente cure mediche e anche farmaceutiche alle nuove avanguardie chirurgiche mini invasive come il bisturi meccanico che spiega Docimo è un bisturi a energia meccanica, che non immette corrente sul paziente, è velocissimo da usare per il chirurgo, diminuisce il rischio di emorragia, e riduce il trauma tissutale poiché il taglio è l'emostasi avviene contemporaneamente. Possono essere operati con questa metodica i pazienti affetti da noduli fino a 3 centimetri e con un volume tiroideo fino a 30 ml. Un'avanguardia della chirurgia tiroidea, quindi, che permette anche di velocizzare i tempi di attesa per i pazienti e che offre attualmente un'ottima efficacia in termini di post-operatoria e guarigione ____________________________________________________ TST 9 Feb.’11 STANCHEZZA E DISTURBI DELL'UMORE: ECCO I PRIMI CAMPANELLI D'ALLARME Stanchezza eccessiva, disturbi dell'umore, alterazioni di peso corporeo, scompensi del ritmo cardiaco: possono essere questi i campanelli di allarme che la tiroide si sta ammalando. Questa piccola ghiandola a forma di farfalla situata alla radice del collo gioca un ruolo fondamentale nel controllo del metabolismo corporeo: secerne gli ormoni che influenzano la crescita e lo sviluppo già dal momento del concepimento. Sono 6 milioni gli italiani che soffrono di disturbi tirodei, in gran parte donne. Le cause di questo cattivo funzionamento possono essere molteplici. Innanzitutto l'ereditarietà, fattori genetici e ambientali quali l'in- quinamento atmosferico, i cibi irradiati, la fluorizzazione delle acque potabili, l'elettrosmog, l'inquinamento nucleare. La diagnosi della patologia tiroidea viene effettuata sulla base di esami di laboratorio con una semplice analisi del sangue e, in seguito, con indagini strumentali più approfonditi secondo la gravità del disturbo. Le alterazioni più diffuse sono l'ipertiroidismo e l'ipotiroidismo, il gozzo ed il tumore. Molti di questi casi sono risolvibili con una semplice cura farmacologica mirata. Solo nei casi più gravi è richiesto l'intervento chirurgico. ____________________________________________________ MF 10 Feb.’11 ECCO LE NUOVE ARMI ANTIDOLORE Adesso la lombalgia si può combattere con il calore Dalla terapia che non fa uso di farmaci alla minimizzazione degli effetti collaterali Il rimedio più nuovo per il mal di schiena non è un farmaco. Si chiama «Thermacare», nasce da Pfizer ed è una fascia autori- scaldante, in grado di avvolgere e mantenere la temperatura di 40 gradi fino ad 8 ore. Il rilascio di calore terapeutico scalda le articolazioni e i muscoli dando sollievo dal dolore senza l'uso di farmaci. Ma qual è il principio di funzionamento? Le «celle di calore». di Thermacare contengono carbone, ferro, acqua e sale che, al contatto con l'ossigeno dell'aria una volta che è stata aperta la confezione, danno luogo a una reazione chimica di ossidazione del ferro, con sviluppo di calore. Il carbone ha la proprietà meccanica di trattenere l'acqua, indispensabile per la reazione e la formazione di vapore acqueo. Il sale funge da catalizzatore della reazione, attivandola e accelerandola. L'applicazione di calore, essenziale nel caso di dolore di moderata entità, non è tuttavia sufficiente in presenza di dolore lombare acuto o cronico. Sono queste le condizioni più difficili da affrontare; ed è questo il campo in cui la ricerca farmaceutica mette in gioco tutte le sue capacità e risorse per individuare preparazioni che siano ni giade di ottenere il necessario effetto antalgico minimizzando gli effetti collaterali e le controindicazioni. Protagonisti di questo segmento sono i farmaci oppioidi, minori (gradino II) e maggiori (gradino III, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità), nelle somministrazioni orali, ritenuti più efficaci e sicuri dalla stessa Oms, che li privilegia ai prodotti trasdermici (cerotti che rilasciano il principio attivo per via cutanea) pure molto diffusi nella terapia del dolore. Ma accanto a questi, stanno prendendo corpo nuove molecole che promettono di portare concreti benefici alla terapia del dolore, soprattutto nel caso più difficile da trattare, il dolore cronico severo. È recentissimo l'arrivo in Italia di un nuovo oppioide che, frutto dell'associazione fra principi attivi (ossicodone + naloxone) è indicato contro il mal di schiena cronico, combattendo la costipazione, il principale effetto negativo indotto dall'uso prolungato di oppioidi. A tale scopo (la ricerca è stata condotta da Mundipharma) si sono uniti i vantaggi terapeutici dell'ossicodone (la molecola più utilizzata al mondo per il trattamento del dolore cronico) a quelli del naloxone. Quest'ultimo è un antagonista degli oppioidi che, se somministrato per via orale, è in grado di contrastare l'azione dell'ossicodone a livello intestinale, prevenendo l'insorgenza della costipazione. Il problema principale nel trattamento del dolore cronico severo, classificazione che annovera il mal di schiena cronico, è la necessità di eseguire trattamenti prolungati nel tempo senza perdere efficacia e minimizzando gli effetti collaterali. Se questi obiettivi non sono contemporaneamente raggiunti, spesso i pazienti con dolore cronico finiscono per sospendere la-terapia. Un'altra novità farmaceutica, in corso di registrazione in Italia dove giungerà entro l'armo, e solo dallo scorso ottobre disponibile in Germania, si propone come soluzione assai avanzata a questo problema. Si tratta del tapentadolo, analgesico centrale innovativo, capostipite di una nuova classe farmacologica, MOR-NRI. Griinenthal, che ha sviluppato il farmaco, lo presenta come l'analgesico ideale per il trattamento a lungo termine del dolore cronico severo, perché alla potenza d'azione, analoga a quella degli oppioidi forti con vantaggi in termini di efficacia nel tempo, associa una grande tollerabilità, sicurezza di impiego e scarsi effetti collaterali, caratteristiche che riescono ad arginare la percentuale di abbandoni terapeutici. ____________________________________________________________________ Corriere della Sera 11 feb. ’11 L’ASSALTO FINALE AI FUMATORI, L’AMERICA NEGA LE ASSUNZIONI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — È l’ultima frontiera della decennale crociata dell’America contro il fumo: impedire l’ingresso nel mercato del lavoro ai 46 milioni di adulti americani, il 47%dei quali donne (per lo più dei ceti medio bassi), che non sono ancora riusciti ad abbandonare un vizio secondo gli addetti ai lavori destinato in un futuro forse non lontano ad essere messo al bando, come la droga. Dalla prima pagina dell’International Herald Tribune si scopre che ospedali e strutture del settore sanitario Usa hanno adottato rigorose politiche anti-tabacco che, di fatto, escludono i fumatori dall’assunzione. «L’assalto finale» , come viene definito dall’autorevole quotidiano, è stato implementato già dall’anno scorso in tutti gli ospedali di Florida, Georgia, Massachusetts, Ohio, Pennsylvania, Tennessee e Texas. In questi stati i moduli per la ricerca di personale avvertono senza mezzi termini che «si cercano solo non fumatori» . Per non correre rischi, queste agenzie sono costrette a sottoporre i candidati al test delle urine, per verificare la eventuale presenza di nicotina, trattata ormai alla stregua delle droghe illegali come la cocaina. Ma poiché il tabacco in America è ancora perfettamente legale — anche se un pacchetto di sigarette a New York costa intorno ai 12 dollari— l’iniziativa degli ospedali ha scatenato un feroce dibattito sull’invasione della sfera privata degli individui, persino fra i gruppi di sostenitori delle politiche anti-fumo. «L’America ha già sperimentato il disastro del proibizionismo novanta anni fa» , mette in guardia il New York Times in un editoriale. «Il nostro obbiettivo è aumentare la produttività dei lavoratori, ridurre i costi sanitari e incoraggiare uno stile di vita più salutista» , ribattono gli ospedali, statistiche alla mano. I numeri danno loro ragione. Il costo delle cure mediche per malattie legate al fumo in America è pari a 96 miliardi di dollari all’anno mentre altri 97 miliardi sono le perdite che l’economia registra in termini di produttività. E se non bastasse le sigarette oggi restano la principale causa di morte e di malattie gravi per gli americani. Oltre 400.000 persone muoiono per patologie legate al fumo, un numero che rappresenta un quinto del totale dei decessi negli Usa. Il fumo, come l’obesità, resta un problema soprattutto dei poveri. «Il numero di individui col vizio aumenta in concomitanza del peggioramento delle condizioni economiche» spiega il sito di attivisti Stop Smoking Today, «quasi a voler dire che lo stress della precarietà tende a spingere le persone verso le bionde» . Anche la percentuale dei giovani che iniziano a fumare sta aumentando, proprio a causa delle cattive abitudini dei genitori. Per dare il buon esempio alle nuove generazioni anche il presidente Usa Barack Obama di recente ha annunciato di aver smesso di fumare. Alcuni giorni fa il Consiglio comunale di New York ha deciso di vietare il fumo in tutti i parchi pubblici della città, nelle spiagge del suo territorio ed anche nelle aree pedonali. Ma tutte queste misure non hanno intaccato i profitti della Philip Morris International Inc, il colosso dietro la Marlboro, che ieri ha riportato un incremento dei profitti del 15%nell’ultimo quarto dell’anno. Alessanda Farkas ____________________________________________________________________ Corriere della Sera 8 feb. ’11 LA CURA DELLA SCLEROSI MULTIPLA CHE RICORDA IL CASO DI BELLA SALUTE L' IDEA DI DILATARE LE VENE GIUGULARI PER FAVORIRE LA CIRCOLAZIONE. LA VEDOVA PAVAROTTI: MI OPERERÒ, CHI LO HA FATTO È TORNATO A VIVERE La tecnica Zamboni divide i medici. Il popolo della Rete: sperimentatela MILANO - E su Facebook è già nato il movimento che lo vuole candidare al premio Nobel per la medicina. Paolo Zamboni, inventore di un metodo chirurgico, alternativo ai farmaci, per la cura della sclerosi multipla, ormai conta decine di migliaia di sostenitori nei social network e nei blog. Fra questi c' è anche Nicoletta Mantovani, vedova di Luciano Pavarotti, che da circa vent' anni soffre di questa malattia e ha appena annunciato, in interviste al Resto del Carlino e a Gente, di volersi sottoporre all' intervento ideato dal chirurgo ferrarese e di essere già in lista d' attesa, con altre migliaia di pazienti, italiani e stranieri. I tempi cambiano. Luigi Di Bella, il discusso medico modenese che aveva proposto un cocktail di sua invenzione per curare il cancro, aveva acceso le piazze, facendo convergere a Roma, nel marzo del 1998, un esercito di persone, tra cui molti malati, che chiedevano il libero e gratuito accesso alle sue cure. Paolo Zamboni, il ricercatore che ha avuto l' idea, studiando il caso della moglie, di «dilatare» certi vasi sanguigni del cervello per favorire il drenaggio del sangue, è riuscito a mobilitare il popolo di Internet. Secondo la sua ipotesi i malati presentano, quaranta volte più dei sani, un restringimento di questi vasi (in sigla Ccsvi: insufficienza cerebrospinale venosa), responsabile dei sintomi della malattia (che colpisce il sistema nervoso; è caratterizzata da un' infiammazione della mielina, la sostanza che riveste i nervi, e provoca disturbi, come problemi alla vista, perdita di forza muscolare, difficoltà di movimento, che possono progressivamente peggiorare). Una speranza per i malati di sclerosi multipla (sono circa 60 mila in Italia) che adesso stanno lottando per avere accesso a questo intervento e hanno dato vita ad associazioni come Hilarescere e «Ccsvi nella sclerosi multipla onlus» di cui Nicoletta Mantovani è presidente onorario. «Chi si è gia sottoposto all' intervento - ha commentato la Mantovani - ha ricominciato a vivere». Certo, le due vicende sono un po' diverse (il cancro interessa un numero ben più ampio di persone, la multiterapia Di Bella aveva trovato ben pochi sostenitori nella medicina ufficiale, il vecchio dottore era convinto della sua cura, che poi si è rivelata inefficace e non aveva interesse nella medicina scientifica e nelle verifica sperimentale; Zamboni, invece, partecipa a congressi internazionali dove discute la sua proposta, come è avvenuto qualche mese fa a Göteborg, trovando anche dei sostenitori), ma hanno un elemento in comune: la forza che stanno acquisendo i pazienti nel sostenere il diritto di accesso alle cure, anche quando non sono state sperimentate secondo i canoni della ricerca attuale. E, più in generale, il diritto all' informazioni sulla salute. Di qualsiasi tipo. Un altro esempio: la cura anticancro a base di escozul, il veleno di scorpione prodotto a Cuba. Anche in questo caso l' informazione è arrivata al pubblico attraverso il tam tam di Internet e moltissimi italiani stanno adesso andando a L' Avana nel tentativo di procurarsi la medicina. Così la comunità scientifica e le autorità sanitarie dovranno, in qualche modo, imparare a gestire questi fenomeni: tenendo conto delle richieste dei pazienti, ma anche garantendo una seria sperimentazione scientifica per verificare l' efficacia di una cura. In Italia, quella coordinata dall' Associazione italiana sclerosi multipla partirà nei prossimi giorni, ma Zamboni si è dissociato e coordina, invece, uno studio, chiamato Brave Dream, che è sponsorizzato dalla Regione Emilia Romagna e dalle associazioni di pazienti. Ma la voce dei malati, amplificata dal web, e non solo nel caso della sclerosi multipla, sta producendo altri effetti. «Lottiamo - ha detto la Mantovani - contro la casta della neurologia e quella delle case farmaceutiche». E i siti denunciano gli interessi economici degli uni e degli altri. Ecco due conti: per curare i 60 mila pazienti italiani con i farmaci si spende oltre un miliardo di euro all' anno, mentre la diagnosi e il trattamento dell' insufficienza venosa cerebrospinale costano meno di 5 mila euro. L' impressione è che, davvero, i pazienti riusciranno, sempre più, a condizionare la ricerca scientifica e anche i suoi finanziamenti. Adriana Bazzi abazzi@corriere.it * La ricerca Chi è Paolo Zamboni (nella foto) è direttore del Centro malattie vascolari dell' Università di Ferrara. Ha rintracciato una stretta correlazione tra la presenza di diversi problemi venosi (come stenosi o valvole difettose) e la sclerosi multipla. Su questi problemi interviene chirurgicamente **** Gli altri casi L' olio di Lorenzo Diventa famoso in tutto il mondo nel 1992, grazie al film interpretato da Susan Sarandon e Nick Nolte (nella foto), che racconta la storia della famiglia Odone e della malattia del piccolo Lorenzo, curato con una miscela di olio d' oliva e olio di colza Uk 101 Deve aspettare il gennaio del 1997 per avere l' ok alla sperimentazione clinica pilota sull' uomo l' Uk 101, il cosiddetto «vaccino anticancro» derivato dalle ricerche dell' immunologo milanese Alberto Bartorelli. Se ne parlava dal 1992 Metodo Di Bella Divenne un caso mediatico tra il 1997 e il 1998. Ma la sperimentazione condotta nel 1999 dal ministero della Salute ne decretò l' inefficacia terapeutica. Il «multitrattamento Di Bella» (nella foto) fu bocciato definitivamente nel 2007 Gli interferoni Lo studio più recente è del 2007, su 6.000 pazienti: ha dimostrato un aumento della sopravvivenza tra l' 1 e il 5 per cento nei pazienti neoplastici curati con gli interferoni (Ifn), proteine prodotte dalle cellule del sistema immunitario Bazzi Adriana ____________________________________________________________________ Corriere della Sera 8 feb. ’11 E IL CERVELLO IMPARÒ LA REGOLA DELLE FANFOLE UN' AREA RICONOSCE LA SINTASSI, ANCHE DI FRASI SENZA SENSO Così la mente organizza la gerarchia delle parole Neurobiologia Parliamo usando blocchi di parole legate da una precisa gerarchia: lo conferma la risonanza magnetica Il linguista Moro: «Ora capiamo come e perché le grammatiche sono vincolate dalla struttura neurobiologica del cervello» La frase che state leggendo contiene dei blocchi al suo interno. Anzi, blocchi entro blocchi. «La frase» è uno di questo blocchi, all' interno del più largo blocco «la frase che state leggendo». Molto importante è il fatto che questi blocchi sembrano, solo sembrano, essere allineati uno dopo l' altro, come i vagoni di un trenino, ma sono in realtà da noi mentalmente organizzati secondo relazioni gerarchiche di dominanza e sudditanza. Proviamo, infatti, a inserire dei modificatori. Questo è un metodo portato a grande raffinatezza dal linguista italiano Guglielmo Cinque dell' Università di Venezia, esaminando molte lingue e dialetti, estraendo fattori comuni a tutte e calibrando le sottili dipendenze gerarchiche tra i modificatori e gli altri elementi sintattici. Scrivo: «La frase che state ora leggendo contiene dei blocchi al suo interno». «Ora» si riferisce alla vostra lettura. Invece, se scrivo: «La frase che state leggendo contiene ora dei blocchi al suo interno» si capisce che prima non li conteneva. «Non state mica leggendo» nega la lettura, mentre «La frase che state leggendo non contiene mica dei blocchi» nega, invece l' esistenza dei blocchi. Questo dato fondamentale, cioè che la sintassi governa, entro le frasi, blocchi tra di loro organizzati in modo strettamente gerarchico è noto ai linguisti, ma c' è ancora oggi chi ne dubita, gabellando che, in realtà, la sintassi consista in relazioni lineari di tipo statistico, con accostamenti tra parole più probabili di altri accostamenti. Un' importante conferma, invece, della solida realtà mentale dei blocchi e della loro gerarchia viene pubblicato su «Proceedings of the National Academy of Sciences Usa» da un' équipe di noti neurobiologi cognitivi francesi: Christophe Pallier, Stanislas Dehaene e Anne-Dominique Devauchelle. Hanno mostrato, mediante la risonanza magnetica funzionale, che il nostro cervello si attiva diversamente quando riceviamo delle frasi complesse rispetto a quando riceviamo delle liste di parole della stessa lunghezza. Inoltre, l' attivazione delle aree cerebrali deputate al linguaggio si attiva sempre più intensamente, mano a mano che la frase diventa sintatticamente più complessa, cosa che, invece, non succede se la «bruta» lista di parole si allunga progressivamente. Come se non bastasse, l' attivazione cerebrale specifica e la sua progressiva crescita si verificano anche quando ci vengono fornite frasi strane con parole prive di senso. In italiano, un esempio effettivamente usato in passato dal linguista Andrea Moro, in analoghi studi di attivazione cerebrale è: «Il gulco gianigeva le brale». Nessuna idea di cosa sia un gulc, né di cosa siano le brale e nemmeno di cosa sia gianigere, ma la frase è sintatticamente perfetta. Il nostro cervello reagisce di conseguenza. In inglese, queste strambe frasi si chiamano «Jabberwocky sentences» dal titolo di una nota poesia di Lewis Carroll (l' autore di «Alice nel paese delle meraviglie») interamente composta da tali frasi. L' equivalente italiano sono le fànfole del delizioso libretto del compianto Fosco Maraini. Chiedo un commento sull' uso di queste strane frasi ad Andrea Moro, professore alla Scuola superiore universitaria di Pavia e autore di un articolo pubblicato su «Proceedings», accanto a quello degli studiosi francesi. «Due cose: intanto che non è il senso a tenere insieme le parole in modo coerente. Inoltre, che siamo preparati a manipolare parole cui non siamo mai stati esposti prima». Quindi, frasi come queste simulano nell' adulto una situazione onnipresente nel bimbo che acquisisce la sua lingua materna. Moro aggiunge: «Frasi tipo Jabberwocky funzionano come una specie di tracciante naturale per scoprire le venature che costruiscono le regole della sintassi, permettendoci di astrarre rispetto ad altre componenti, come il senso». Gli autori francesi e Moro citano un lavoro pionieristico di Noam Chomsky del 1957 e vi si riconnettono in piena approvazione. Nel frattempo, tanti dati e teorie linguistiche, sia di Chomsky sia di centinaia di altri linguisti, Moro e Cinque compresi, hanno convalidato la realtà della gerarchia sintattica. Chiedo un commento su questo tipo di conferme neurobiologiche allo stesso Chomsky. Mi risponde: «Tali interessanti esperimenti offrono una nuova fonte di conferme a conclusioni che erano state già ben corroborate su basi diverse. La convergenza di risultati ottenuti da fonti distinte rafforza pure la validità dei metodi di indagine». Faccio l' avvocato del diavolo. Occorrevano proprio dati sul cervello per rendere queste ipotesi scientifiche? Non si cade in quello che Carlo Umiltà e Paolo Legrenzi bollano, in un loro felice libretto, come «neuromania»? Moro risponde: «Che la struttura delle frasi sia gerarchica già lo si sapeva ed era del tutto prevedibile che questo si associasse a una specifica rete neuronale. La vera novità delle scoperte è che, per la prima volta, capiamo come e perché le grammatiche non possono variare a piacere, ma sono in qualche modo vincolate dalla struttura neurobiologica del cervello. Questo, combinato con il dato che tutte e solo le lingue umane hanno tale struttura gerarchica, propone scenari nuovi sull' evoluzione del linguaggio e della nostra specie». Fondendo in una sola frase i lavori di Chomsky, Cinque, Moro e dei neuroscienziati francesi, dirò: non è mica inevitabile e mi duole apertamente concederlo che anche questi dati neuronali spazzino via dalla scena linguistica le malaugurate supposizioni che la grammatica sia un fatto esclusivo di relazioni statistiche. Chiaro? Se non lo è, fatevi infilare in un apparato di risonanza magnetica funzionale. RIPRODUZIONE RISERVATA **** Giocare e scrivere poesie con parole senza (apparente) senso: lo ha fatto Fosco Maraini (1912-2004) in «Gnòsi delle Fànfole» **** 31.000 i geni della pulce d' acqua, il primo crostaceo del quale è stato completato il genoma da ricercatori dall' Università dell' Indiana **** 232 le ore consecutive di permanenza in mare di un orso polare monitorato col Gps: ha percorso 687 km a nuoto (Polar Biology) Piattelli Palmarini Massimo ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 8 feb. ’11 MORTO BOLLEA, MONDO SCIENTIFICO IN LUTTO Con lui nacque la neuropsichiatria infantile ROMA. Il padre fondatore della moderna neuropsichiatra italiana, il professor Giovanni Bollea, si è spento al Policlinico Gemelli di Roma ieri nel tardo pomeriggio dopo un lungo ricovero. Camera ardente in Campidoglio martedì. Considerato il padre della moderna neuropsichiatria infantile, Giovanni Bollea si era laureato in medicina nel 1938, a 24 anni e si era specializzato in malattie mentali. La rivoluzione nella neuropsichiatria infantile italiana avviene negli anni Cinquanta. Dopo aver frequentato a Losanna un corso di specializzazione Bollea introdusse per la prima volta la psicoanalisi, la psicoterapia di gruppo e il lavoro d’equipe nella storica clinica universitaria di Roma, dove all’ingresso si legge ancora il suo nome. Fondatore e direttore dell’Istituto di neuropsichiatria infantile di via dei Sabelli, Bollea è stato il primo presidente della Società italiana di neuropsichiatria infantile, nonché promotore di moltissime iniziative a favore dell’infanzia. Nel 2003 ebbe la laurea honoris causa in Scienze dell’educazione (Università di Urbino) e nel 2004, il premio alla carriera al Congresso mondiale di Psichiatria e psicologia infantile di Berlino. Membro del Comitato d’Onore del «Premio Unicef - dalla parte dei bambini» dalla sua istituzione nel 1999, ha pubblicato più di 250 lavori, tra cui il compendio di neuropsichiatria e il bestseller «Le madri non sbagliano mai» (Feltrinelli). ________________________________________________________ Sanità News 9 feb. ’11 GLI EFFETTI DELETERI DELLO SMOG SULLA SALUTE DEI DENTI Milano, 09 feb. - Se e in che modo le polveri sottili dello smog possano nuocere anche alla dentatura è l'argomento su cui stanno lavorando gli specialisti della Statale di Milano. "Stiamo cercando di capire se e come l'inquinamento atmosferico possa avere ripercussioni anche sulla salute orale", spiega Giampietro Farronato, presidente del Corso di laurea di igiene dentale e direttore della Scuola di specializzazione in ortognatodonzia dell'ateneo di via Festa del Perdono. "Abbiamo infatti notato - riferisce l'esperto a margine della presentazione del Mese della salute orale 2011, organizzato per marzo da Sido (Società italiana di ortodonzia) - che i cosiddetti 'respiratori orali' presentano un'aumentata pigmentazione dei denti, una sorta di colorito brunastro". Sempre in chi respira con la bocca, quindi introducendo nel cavo orale aria non depurata dai filtri nasali, "si osserva spesso anche un'ipertrofia gengivale", aggiunge Farronato, ossia un aumento del volume del tessuto con arrossamento. Infine, "in queste persone cambia anche la composizione dell'ecosistema orale: in bocca diminuiscono i batteri 'buoni', mentre aumentano quelli 'cattivi'". Proprio alla luce di questi tre elementi, concentrandoci sulle persone che soffrono di malattie da russamento (roncopatie o Osa-Obstructive Sleep Apnea Syndrome), "procederemo prelevando campioni delle pigmentazioni e congregazioni dentali". Obiettivo finale: capire se il Pm10 'inquina' anche ai denti. ________________________________________________________ Sanità News 9 feb. ’11 UNA VALUTAZIONE SULL'USO DELLE SIGARETTE ELETTRONICHE 0001 (Sn) - Roma, 09 feb. - Uno studio condotto dalla Boston University School of Public Health asserisce che le sigarette elettroniche funzionano e aiutano realmente chi ha deciso di smettere di fumare. Basandosi su un sondaggio, gli studiosi, in un articolo un via di pubblicazione sull'American Journal of Preventive Medicine, affermano che la loro efficacia e' doppia rispetto agli altri metodi di rilascio della nicotina come le gomme e i cerotti. Le sigarette elettroniche sono dispositivi che rilasciano una quantita' di nicotina moderata, ma che ancora non sono stati testati e che per questo sono osteggiati da molti esperti, contrari alla loro messa in commercio. I ricercatori hanno intervistato online 222 utilizzatori di sigarette elettroniche; dopo 6 mesi dal primo acquisto il 31% e' riuscito a smettere senza ricadere nel vizio, contro il 12-18 per cento di chi ha usato i cerotti o le gomme alla nicotina. Un altro 67% degli intervistati ha riferito di avere diminuito il numero di sigarette giornaliere grazie a quelle elettroniche. "Lo studio - scrivono gli autori - conferma che le sigarette elettroniche stanno aiutando migliaia di persone a smettere di fumare" ________________________________________________________ Sanità News 8 feb. ’11 UNO STUDIO SUGLI EFFETTI PRODOTTI DALL'INALAZIONE DEL FUMO DI LEGNA Le stufe a legna producono particelle invisibili che possono provocare l'insorgenza del cancro e di alcune malattie cardiache. Respirare queste particelle avrebbe lo stesso effetto di inalare gli scarichi delle automobili e delle centrali elettriche. Almeno questo è quanto emerge da uno studio dell'Universita' di Copenaghen, pubblicato sulla rivista Chemical Research in Toxicology. Secondo i ricercatori, il particolato prodotto da questo tipo di stufe puo' essere un killer silenzioso perche' e' talmente sottile che puo' essere inalato nelle parti piu' profonde dei polmoni. Precedenti studi hanno collegato il particolato dei fumi del traffico e delle centrali elettriche a carbone a malattie cardiache, all'asma, alla bronchite, al cancro e ad altri problemi di salute. Ora gli scienziati avrebbero dimostrato che i pericoli del fumo della legna possono essere altrettanto gravi. "Le particelle che provengono dal fumo della legna - ha detto Steffen Loft, scienziato che ha coordinato lo studio - possono certamente causare malattie cardiache o polmonari letali. Le cellule umane esposte alle particelle hanno subito un danno nel Dna e sono mutate significativamente. Questi effetti sono paragonabili a quelli delle particelle emesse dal traffico". E' inoltre noto da tempo che i danni al Dna possono portare al cancro. Secondo i ricercatori, i proprietari delle stufe a legna dovrebbero usare soilo legno secco, tagliato a piccoli pezzi e garantire inoltre un buon flusso d'aria per ridurre al minimo il particolato. _______________________________________________________________ Corriere della Sera 12 feb. ’11 LA MENTE (POCO) ALLENATA DEGLI ADOLESCENTI di FABIO PAMMOLLI Un’adolescenza da allenare alla lettura e alla capacità di astrazione. Ma anche un’adolescenza dove rimangono forti le differenze di genere. Questo in sintesi quanto si può cogliere dall’analisi dei dati dell’indagine Pisa dell’Ocse sulle performance dei quindicenni nella lettura e nella comprensione dei testi. Dal rapporto si evince anche che le femmine sono più brave, sia nell’analisi di scritti sia nella capacità di estrarre informazioni da tabelle e grafici. Si tratta di un fatto noto, che accomuna tutti i Paesi. Tuttavia, nel caso dell’Italia, la differenza di genere si amplia, con un trend crescente nel corso degli ultimi anni. Pertanto, se anche di diversità biologiche, fisiologiche ed evolutive si tratta, un ruolo importante sembra essere giocato da variabili di contesto socio-culturale. Si confermano differenze apprezzabili nei tempi di formazione di capacità e di competenze. A quindici anni, le femmine sono più capaci nella comprensione e nello stabilire connessioni tra elementi testuali diversi. Un dato, questo, che si accompagna a una propensione a leggere di più e a una più forte varietà di tipologie di letture nelle attività extra scolastiche. Naturalmente, si tratta di risultati da interpretare con cautela: l’indagine si ferma ai 15 anni, l’età in cui più marcata è la differenza di sviluppo tra i generi, e sarà interessante conoscere i risultati di analoghe rilevazioni riferite, ad esempio, ai 19enni. Così come importante sarebbe un approfondimento su possibili differenze d’impatto di variabili di composizione del nucleo familiare o di reddito. Rimane, tuttavia, il dato di un segnale da leggere con attenzione. Come interpretare quello che sembra un disagio crescente delle nuove generazioni maschili, alle prese con una difficoltà apparentemente più forte nella caratterizzazione del proprio ruolo e nella capacità di risposta all’ampliamento della gamma di sollecitazioni? Un interrogativo, questo, che merita l’attenzione della politica, chiamata a indirizzare una revisione dei contenuti e dei format educativi e, più in generale, a riaffermarsi come arte del prendersi cura, come therapeuein, come impulso alla valorizzazione e all’amplificazione delle tendenze positive presenti in ciascuno dei nostri Adolescenti, Fabio Pammolli _______________________________________________________________ Corriere della Sera 12 feb. ’11 IL DIETROFRONT SULLE STAMINALI DA CELLULE ADULTE: A RISCHIO CANCRO MILANO— Sembrava una svolta della ricerca sulle staminali. Si prende una cellula adulta, della pelle o mammaria, e con un metodo innovativo (riprogrammazione genetica) si riesce a riportarle a livello embrionale. Senza toccare minimamente gli embrioni. Convincente anche per l’etica cattolica. Purtroppo le cellule ottenute sono a rischio cancro. Uno studio pubblicato ieri da Cell death and differentiation lo ha dimostrato. Il loro Dna si può alterare e favorire l’insorgenza di tumori. E le cellule «riprogrammate» potrebbero causare, se usate in terapia, più danni che benefici. Il lavoro scientifico è italo-svizzero. Firmato dall’Istituto europeo di oncologia (Ieo), dall’Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom), dall’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica, dall’università di Ginevra e dall’École polytechnique fédérale di Losanna. Uno dei quattro geni usati per la «riprogrammazione» , c-myc, sembra il principale responsabile. Il risvolto positivo è che i ricercatori hanno già identificato il meccanismo responsabile del danno: i geni «riprogrammatori» inducono un’eccessiva proliferazione cellulare, alla lunga danneggiante il Dna. Ed è ora possibile studiare tecniche più sicure di «ringiovanimento» delle staminali. «Stiamo parlando della grande speranza di cura per molte malattie croniche che affliggono l’umanità, quali Alzheimer, Parkinson, diabete — dice Pier Giuseppe Pelicci (Ieo) coautore della ricerca —. Ed è fondamentale trovare come riprogrammare le staminali adulte in embrionali in piena sicurezza» . Perché solo le embrionali sono in grado di generare tutti i tipi di cellule specializzate (neuroni, intestinali, del cuore, delle ossa). Lo studio riapre anche il dibattito sui limiti della ricerca italiana, che non può usare nemmeno le staminali di quegli embrioni «orfani» , sovrannumerari di una fecondazione artificiale, conservati in frigo e destinati a finire in un lavandino. Per Umberto Veronesi, direttore scientifico dello Ieo, «è dovere morale ora utilizzarli» . Mario Pappagallo ____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 13 feb. ’11 «STROKE», IL COLPO: AL CERVELLO Stroke significa, in inglese, “colpo”: al cervello, il cosiddetto “ictus”, per intenderci. Una gamba che cede, un braccio che non si alza, la parola impacciata e la bocca che si storce? Proprio questo. Brutto affare. In termini medici: “emiparesi facio-brachio-crurale”, cioè incapacità di muovere una metà del corpo, con difficoltà nel parlare e/o nel capire. Nella maggioranza dei casi si tappa una delle arterie del cervello e, di conseguenza, la parte di cervello nutrita da quell’arteria non funziona più e la muscolatura da essa comandata si ferma. In una minoranza di casi, l’arteria si rompe e il sangue infarcisce la zona che sta intorno: stesse conseguenze. Perchè succede? In sintesi, e senza paroloni incomprensibili, una arteria si può tappare in due modi: 1) a causa di un “trombo” - cioè il sangue si coagula all’interno di una arteria che così viene tappata; 2) a causa di un “embolo”: un pezzetto di trombo realizzatosi in un’arteria lontana o nel cuore che, staccandosi, viaggia portato dal sangue fino a tappare una arteria. Una piccola parentesi: i trombi si possono anche formare nelle vene ma in tal caso gli emboli vanno a finire nelle arterie dei polmoni. Ho semplificato molto - mi perdonino i soliti puristi - ma è per farlo capire. Chi provoca di più questo guaio sono, per esempio, alcune malattie di cuore, l’ipertensione arteriosa mal controllata, le malattie della coagulazione, l’aterosclerosi. Fra queste, le più diffuse sono l’ipertensione arteriosa e l’aterosclerosi. Della prima ho già parlato diverse volte: voglio però ribadire come sia essenziale che chi ha la pressione alta si assicuri che il suo modo di alimentarsi e di vivere (poco sale: cioè pochi formaggi, insaccati e scatolami; niente, niente fumo; poco alcol), così come le medicine in uso, regolino la pressione arteriosa più possibile verso i 120/80 mmHg. In caso contrario la terapia va modificata fino a raggiungere il risultato. In questo modo si riduce di molto il rischio di “ictus” collegato a questa malattia. L’aterosclerosi - cioè la presenza di placche sulle arterie - rende necessario l’uso di aspirina a bassa dose: ribadisco senza tema di smentite che, in questo caso, va usato un “gastroprotettore” solo nei i primi due-tre mesi di terapia dato che l’uso continuo dei “gastroprotettori” del tipo PPI - ribadisco - al di fuori di malattie specifiche produce solo effetti collaterali rilevanti. Anche altre malattie espongono chi ne soffre a un maggior rischio di “ictus” e, fra queste, il diabete. Ma chi è stato vittima di un “ictus” a quale destino va incontro? Lo vedremo la prossima volta.