RASSEGNA 4 OTTOBRE 2009 casanova@medicina.unica.it http://medicina.unica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=152&Itemid=133 CAGLIARI: TEST DI MEDICINA, MATRICOLE BOCCIATE OTTANTA DOMANDE IN UN QUIZ: È UN TERNO AL LOTTO SASSARI, L’ESITO DEI TEST A MEDICINA: 40 TRA I PRIMI 100 NON SONO SARDI VISTO DAL MERCATO IL NUMERO CHIUSO NON FUNZIONA IL PRESIDENTE DELLA CRUI: «SENZA RISORSE SI MUORE» I RETTORI A TREMONTI: CI MANCANO 815 MILIONÍ BASTA CON IL MALCOSTUME NELLA RICERCA" PIERGIORGIO ODIFREDDI: POCHI LAUREATI INSEGNANO QUESTA MATERIA ODIFREDDI: RESTITUISCO IL PREMIO ARIA NUOVA, CAMBIANO ANCHE I PRESIDI CAGLIARI E SASSARI, PROVE DI MATRIMONIO ODIFREDDI: MINISTRO GELMINI, LE SPIEGO PERCHÉ IL PROBLEMA È LEI NELL'INFORMATICA 20MILA POSTI A RISCHIO DALLA 'PERRA AL COSMO,LE BEFFE MANDANO IN TILT GLI SCIENZIATI I NUMERI DEL WIRELESS L'ALGORITMO DEL SAPERE GLOBALE QUELL'ARMATA DEI GIGANTI DI PIETRA ======================================================= CLAUDIO VELLUTI, UNA VITA DA MIGLIORE IN CAMPO OGNI GIORNO DENUNCIATI TRENTA MEDICI ANALISI PRENOTATE IN FARMACIA TRIAGE, COMPETENZA DEGLI INFERMIERI OSPEDALI, È EMERGENZA INFERMIERI ASL E BROTZU, UFFICIALI LE NOMINE DEI COMMISSARI VERTICE DEI GOVERNATORI: MANCANO ALL'APPELLO PIÙ DI 7 MILIARDI IL PATTO PER LA SALUTE È AI NASTRI DI PARTENZA BUDGET «RESIDUALE» PER L'ICT IL MEDICO COMPETENTE AI SALDI UN CUP A SUONERIA UNICA DA NORD A SUD GLI UTENTI DIFFIDANO ANCORA DEL CALL CENTER «TRE SFIDE PER LE AZIENDE DEL SSN» CON L'ARMA DELL'EFFICIENZA LE RISORSE POSSONO BASTARE» NELLE PALESTRE SOLTANTO TECNICI PROFESSIONISTI» ======================================================= _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 24 Sett.. ’09 CAGLIARI: TEST DI MEDICINA, MATRICOLE BOCCIATE Disastro per matematica e fisica, male in chimica e biologia Punteggi molto bassi agli studenti che hanno partecipato ai quiz di ammissione. Indagine del Cineca: l’Ateneo di Cagliari peggiora la sua posizione, è quart’ultimo su 39 Per matematica e fisica è stato un disastro, ma neppure chimica e biologia si salvano: il risultato è negativo. I quiz d’ingresso alla Facoltà di medicina sono un terno al lotto per gli studenti che anche nelle prove di quest’anno non hanno certo brillato per la loro preparazione. Il punteggio ottenuto dalle matricole che sognano il camice bianco è deludente in tutta Italia e, in particolare, in Sardegna, tanto da far scendere l’Università di Cagliari giù in fondo alla classifica. RISULTATO La sua posizione peggiora passando dal 34° posto del 2008 (su 38 atenei) al 36° del 2009 (su 39 atenei). Ad emettere il verdetto è il consorzio interuniversitario Cineca che ha passato in rassegna i test d’ammissione a Medicina che, anche quest’anno, hanno visto una partecipazione massiccia (50.397 schede valide), ben 5 mila studenti in più rispetto al 2008. I neodiplomati si sono cimentati in materie (40) di cultura generale e ragionamento logico, biologia, chimica, fisica e matematica. Prove impossibili? I media e i forum degli studenti da una parte promuovono lo sforzo del ministero sul fronte della cultura generale: nei quiz sono stati evitati i nozionismi inutili, i quesiti sono risultati sintetici e non ambigui. Ma dall’altra bocciano, perché troppo difficili, le domande di Biologia: in questa disciplina la media dei risultati per gli ammessi è passata da 83/100 del 2008 al 50/100 del 2009, con un risultato che per tutti i candidati è precipitato da 59 centesimi a un misero 27/100. E Cagliari è l’unico ateneo che peggiora anche in chimica, che a livello nazionale fa registrare un salto di qualità degli ammessi di 12 punti. PUNTEGGI Per capire su quali livelli si gioca la partita basti pensare che il punteggio medio nazionale assegnato agli studenti ammessi è di 62,36 centesimi (era 65,07 nel 2008) contro quello cagliaritano del 55,74. Il valore più basso degli ultimi tre anni, molto vicino al risultato ottenuto nel 2006, primo anno dei test d’ingresso con un punteggio di 53,9 centesimi. Inoltre i punteggi medi per tutti i concorrenti (quindi non solo per gli ammessi) pongono Cagliari (34,74) al 33° posto (era 32ma su 38 nel 2008) e Sassari (34,46) al 35° (tre posti più giù rispetto all’anno prima). IL PRESIDE «È una debacle a livello nazionale e in Sardegna, in modo particolare, la lacuna è imponente», conferma il preside di medicina Mario Piga, «una situazione che negli anni scorsi ci ha costretto ad attuare corsi di recupero per riportare gli studenti a livelli sufficienti per comprendere le nozioni dei nostri docenti universitari. È un problema che sentiamo da anni e riteniamo che la motivazione sia legata ai programmi delle scuole medie superiori, è qui che vanno ricercate le defaillance. I nostri giovani rimessi in carreggiata vanno avanti benissimo, e lo confermano i progress test attuati nel corso di laurea di medicina e chirugia per valutare l’incremento delle conoscenze». LA SCUOLA «È un problema che ci stiamo ponendo ma non s’intravede ancora una soluzione», ammette il preside del liceo scientifico Alberti, Aldo Cannas, «nonostante si notino piccoli miglioramenti nell’esame di Stato permane questa situazione in controtendenza ed effettivamente questi test universitari sono la vera cartina di tornasole della scuola e dell’efficacia della nostra azione: eppure l’anno scorso abbiamo piazzato i nostri studenti ai primi posti delle Olimpiadi delle Scienze naturali. Scontiamo evidentemente altri ritardi e le minori prospettive occupazionali incidono sull’impegno degli studenti». Un insuccesso che per il vicepreside del Pacinotti, Anna Flore, ha una sola e semplice lettura: «Non c’è coerenza: i test trattano argomenti diversi da quelli previsti nei programmi ministeriali delle scuole». CARLA RAGGIO OTTANTA DOMANDE IN UN QUIZ: È UN TERNO AL LOTTO Incriminati dagli studenti, sono ormai la regola nelle facoltà a numero chiuso Test d’ingresso spesso incriminati. Ora che sono diventati la regola in molti corsi di laurea a numero chiuso, i giudizi si sprecano e da qualunque parte si levi la protesta nessuno è tenero nel valutarli. C’è chi li considera molto selettivi per studenti appena diplomati, c’è chi li mette sotto accusa perché in certi casi si tiene conto più del voto di maturità che del reale punteggio ottenuto nei quiz e anche perché le matricole spesso devono fronteggiare la concorrenza di studenti già in possesso di altri titoli. ESEMPI Ma tant’è. Prendiamo i test di accesso alla facoltà di Medicina, ecco alcune delle 80 domande, edizione 2009. Di cultura generale: quale dei seguenti personaggi politici italiani non ha mai rivestito la carica di presidente della Repubblica? Bastava rispondere Andreotti, piuttosto che Cossiga, Leone, Pertini o Saragat. Biologia, le domande sono considerate più difficili: la calcitonina è? Oppure la fotorespirazione consiste in? La nostra domanda è questa: chi ha studiato questa materia avrebbe potuto dare la soluzione esatta? Chimica: chi si vuole iscrivere in medicina, può non rispondere alla domanda sugli omega tre? Matematica e fisica, il risultato non cambia: non è stato un gioco risolvere i problemini che raccontavano storie di aerei, famiglie e di energia elettrica. _______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 29 Sett. ’09 SASSARI, L’ESITO DEI TEST A MEDICINA: 40 TRA I PRIMI 100 NON SONO SARDI Anche a Cagliari si conferma inadeguata la preparazione media dei ragazzi dell’isola di Pier Giorgio Pinna SASSARI. Il primo classificato ai test sassaresi per Medicina? Arriva da Benevento, in Campania. Il secondo è di Sulmona, nella provincia dell’Aquila. Il terzo, nato ad Agrigento, per risultare tra i migliori in Sardegna ha dovuto prendere il traghetto da un’altra isola. I tre studenti guidano il piccolo esercito sbarcato da ogni parte d’Italia nella facoltà: in tutto sono 40 sui 100 ammessi nel numero programmato per il capoluogo. A Cagliari, invece, non parlano in limba appena 12 dei 165 selezionati positivamente: due trentini, un emiliano, nove siciliani. Molti i palermitani e i catanesi anche a Sassari. Dove c’è un nutrito gruppo giunto da Treviso, Varese, Vicenza, Pinerolo, Milano. «È l’ennesima conferma che i nostri, alle Superiori, si preparano peggio dei ragazzi di altre aree del Paese», commentano, d’accordo, i professori Giuseppe Delitala e Giovanni Massarelli (il primo dopo 13 anni ha lasciato al secondo il coordinamento delle selezioni a Sassari). Ma l’«invasione» fa discutere. Non certo in chiave leghista, però. Nessuno, nelle due università dell’isola, si sogna di condividere tesi xenofobe a parti incrociate. Anzi: «Gli scambi interculturali fanno parte della sostanza stessa del lavoro e della ricerca negli atenei», spiegano parecchi. «Atenei che - aggiungono - sono del resto statali, pubblici. Qualsiasi cittadino può dunque partecipare a prove, esami, concorsi: come fanno altrove i nostri fuorisede». No, qui il problema si pone in termini diversi. E, secondo molti specialisti, nasce da una questione non secondaria: la necessità di rimodulare le prove seguendo criteri più adeguati, sia in generale sia per le esigenze differenti delle realtà territoriali. A lungo andare, infatti, uno sbarco così massiccio farà nascere disfunzioni e anomalie. Nel giro di breve tempo numerosi studenti chiederanno, e prima o poi otterranno, di tornare nelle università dei luoghi d’origine: il filtro di sbarramento rigido esiste solo per le matricole. In questo modo le due facoltà sarde (strutturate per formare 275 iscritti all’anno più gli extracomunitari, con corsi, professori e fondi in proporzione) rischiano un impoverimento. «Né si può pensare di rimediare con un’unica graduatoria nazionale», fanno notare numerosi docenti. Statistiche alla mano lo dimostra l’ingegner Andrea Casanova, dell’ateneo di Cagliari, che sui test a Medicina ha fatto un’analisi imponente ed efficacissima, con raffronti tra tutti gli atenei italiani sul sito internet unica.it. I giovani dell’isola sarebbero infatti penalizzati comunque. Quattro le basi di partenza per capire questo passaggio. Il primo punto è che i quiz sono uguali ovunque. Il secondo che le prove si svolgono sempre nello stesso giorno. Il terzo che i punteggi sono ugualmente omogenei in tutt’Italia. Il quarto è legato alla la posizione in classifica raggiunta dagli studenti piazzati ai primi posti. Fanno tutti parte di élites capaci di affrontare prove impegnative (quest’anno sostenute in Italia da 50.397 candidati per 7.562 posti in 38 diverse facoltà), ma tra loro esistono considerevoli differenze. Un ragazzo iscritto ai test a Milano può aver preso un punteggio (supponiamo di 64/centesimi) superiore a un collega cagliaritano (per esempio di 54/ centesimi) eppure essere lo stesso tagliato fuori, al contrario del ragazzo sardo che con la votazione più bassa invece ce la farà. Da qui la scelta di tanti studenti di altre regioni di presentarsi ai quiz non nelle facoltà più prestigiose e dall’accesso più affollato, ma in quelle dov’è più elevata la probabilità di superare le prove rispetto alla presumibile preparazione media dei candidati. Esattamente com’è successo in Sardegna. Un meccanismo spiegato bene in un articolo sul «Sole 24 Ore» da Roberto Perotti, l’economista autore del saggio «L’università truccata». E confermato dallo studio curato da Casanova. Che infatti chiarisce: «Cagliari peggiora passando dal 34º posto del 2008 al 36º. Ma nell’ipotesi di graduatoria nazionale solo 80 su 165 ce l’avrebbero fatta. Sassari si colloca al 34º posto rispetto al 37º dello scorso anno. Eppure, in una virtuale classifica nazionale, avrebbe piazzato appena 57 candidati su 100». L’esigenza di correttivi nei test e di un più adeguato orientamento per superare i quiz appare evidente da altre valutazioni. Durante i test di Cagliari sono state presentate 1.284 schede valide, con un rapporto posti/iscritti alle prove pari a 7,78. A Sassari 893, con un quoziente di 8,93. I punteggi medi per tutti i concorrenti, poi, pongono Sassari (34,46/centesimi) al 35º posto, appena dietro Cagliari, che è al 33º, con 34,74/centesimi. La questione di fondo rimane dunque la preparazione media dei ragazzi sardi che aspirano all’iscrizione in Medicina. Non può essere solo un caso se a Cagliari il punteggio massimo è stato di 60,25 (contro il record nazionale di Firenze pari a 73,75). E se Sassari è arrivata a 62,00, ma solo grazie a un bravissimo studente arrivato da Benevento. ________________________________________________ Riformista 04-10-2009 VISTO DAL MERCATO IL NUMERO CHIUSO NON FUNZIONA Di ALBERTO Il numero chiuso è uno strumento appropriato, per selezionare gli studenti universitari? I test d'ammissione nella scorse settimane hanno tolto il sonno a buona parte della gioventù italiana. Si tratta di esami in parte basati su domande di cultura generale" (merce sempre più rara in giro, ma non è tutta colpa dei ragazzi), in parte sul tentativo di verificare 1e attitudini dei futuri universitari, in parte sulla necessità di esaminare quanto effettivamente si possiedono conoscenze specifiche che si sarebbero dovute apprendere al liceo. Zn realtà, i test servono per trebbiare la massa di giovinotti che tentano l'ingresso in una facoltà, con il duplice obiettivo di rendere meno difficoltoso il processo di apprendimento (cui non giovano i grandi numeri) e di "garantire" in qualche maniera l'accesso alla professione, una volta conclusi gli anni di studio. Scrivendo sul Corriere della sera (23 settembre, pagine di Milano), Gabriele Pelissero, professore all'Università di Pavia, ha posto l'attenzione su due evidenti difetti dei "test". Il primo ha a che fare proprio con quest'ultimo obiettivo "protezionistico": la promessa del "diritto al lavoro", che si concreta nella restrizione della possibilità di accesso a un mestiere. Pelissero, che è medico, ricorda giustamente come «fin dal Medioevo, le professioni erano chiuse in loro stesse, i pochi ammessi perlopiù ereditavano l'opportunità da un parente, e questo serviva a mantenere i privilegi di ogni corporazione a danno della comunità e con grande frustrazione di giovani talenti». Se volete, é 1a trama dei "Meister singer": la tradizione é importante, e in certa misura ha bisogno di luoghi nei quali sia tramandata. Ma l'ottusità delle corporazioni sta nella chiusura preconcetta a ogni deviazione dalla strada segnata, a ogni innovazione. È probabile che le corporazioni effettivamente ottuse si rivelino, dal momento che la loro ragion d'essere sta proprio nel "group thinking" dei loro membri, in una identità condivisa preservata contro tutto e contro tutti. Oggi le cose sono un po' diverse. I1 numero chiuso non è che la prima barriera da scavalcare, per entrare nel club. Eppure, esso sottende già una promessa: che ci sarà un "lavoro", e quindi una remunerazione, e quindi un "posto" da qualche parte. Ovviamente, non è assurdo pensare che ci si laurei per ottenere una conoscenza "spendibile" nella società. Tuttavia, in Paesi più meritocratici, la natura d'investimento su sé stessi dell'educazione universitaria è esplicitata in qualcosa di molto diverso e più concreto: tasse universitarie elevate. È nornale, per esempio negli Stati Uniti, che ci si indebiti per perseguire un diploma in un ateneo prestigioso, perché si sa che quel diploma può aiutare a raggiungere livelli reddituali più elevati. In Italia, bisognerebbe senz'altro abolire i1 valore legale del titolo di studio: riforma con cui 1a quasi totalità degli esponenti politici si dichiara d'accordo, ma che non arriva mai a compimento. E aumentare 1e tasse universitarie sarebbe comunque auspicabile. Perché uno dei problemi delle nostre università é che vedono 1e famiglie "parcheggiare" dei ragazzi che, del tutto legittimamente, a vent'anni non hanno ancora 1e idee ben chiare sul loro futuro. Se i parcheggi in città costano di più, uno comincia a chiedersi se valga la pena prendere la macchina. La pretesa virtù del nostro sistema sta nel suo essere accessibile a tutti, indipendentemente dalle famiglie di provenienza. Ci sono altri modi, però, per aiutare chi viene da una famiglia numerosa, facendo "costare" l'università così che ci vada chi effettivamente ritiene che l'istruzione valga un prezzo superiore a quello delle giornate altrimenti passate a bighellonare. Pelissero però richiama 1a nostra attenzione anche su un altro fatto, non di poco conto. Il numero chiuso a medicina, scrive, esiste per via di un presunto «eccesso di medici». Si chiude la professione perché a nessuno manchi il pane. Peccato che «l'eccesso di medici è stato un problema degli scorsi decenni. L'impressione che circola in tanti ospedali è che i medici oggi manchino. Mancano specialisti anestesisti, radiologi, cardiologi, pediatri. Stanno per mancare i chirurghi, gli internisti di una volta sono quasi scomparsi e non é affatto infrequente che bandi di concorso vadano deserti». Qui sta il vero problema dell'uso del numero chiuso come rubinetto per selezionare. I generali combattono sempre le battaglie di ieri: è difficilissimo che gli accessi "accettati" siano poi "quelli giusti". Un saggio pianificatore non può sapere oggi quanti medici serviranno domani. Può fare ipotesi che derivano da quanti medici sono serviti ieri. Ma perché si in contrino davvero domanda e offerta, non serve una corporazione ma un mercato - in cui ci sia libertà di entrata. Questa libertà di entrata diventa un boomerang solamente se una società crede (è purtroppo il caso della nostra) che a un certo "impegno" (in termini di tempo e di anni di studio e di voti presi) debba necessariamente corrispondere un certo "risultato" (un posto di lavoro). Non è così. Il mondo segue regole tutte sue, e 1a vita delle persone é imprevedibile. Nel nostro Paese, resta difficile accettare quell'incertezza che inevitabilmente pervade le nostre vite. Così, ci inventiamo strumenti come i1 numero chiuso, per ridurla. Peccato che poi i test d'ingresso si rivelino una gigantesca lotteria. Combattere l'incertezza con i1 caos, ecco i1 frutto maturo del dirigismo. __________________________________________________ ItaliaOggi 30 Sett. ‘09 IL PRESIDENTE DELLA CRUI: «SENZA RISORSE SI MUORE» «Senza risorse in misura adeguata si muore. » Non ha dubbi il presidente della Crui Enrico Decleva nell’ammettere che le già dissestate casse universitarie non reggerebbero a un 2010 di tagli. Tanto da non essere in grado di pagare le retribuzioni o di gestire la semplice amministrazione. Domanda. Presidente o risorse o morte: è davvero così per il sistema universitario? Risposta. Senza risorse in misura adeguata si muore, certo. Nel 2010, se non si recupera sui tagli stabiliti lo scorso anno, potremmo dover operare tagli molto pesanti su voci di bilancio essenziali rispetto ai compiti istituzionali propri di un ateneo. D La classifica dello scorso luglio ha accesso le polemiche sui criteri di spartizione delle risorse. Cos'è che non ha funzionato con quei parametri e come dovrebbero essere modificati? R. La prima cosa che non ha funzionato e che ha determinato forti e giustificati risentimenti è stato il modo in cui quei dati sono stati resi noti. D. Cioè? R. Alla stampa prima che agli interessati, prima ancora di averli compiutamente verificati. E mettendo di fatto alla gogna i cosiddetti bocciati. I:introduzione di criteri legati alla valutazione della qualità della didattica e della ricerca nel finanziamento degli atenei resta un passaggio essenziale. Ma (metodi di comunicazione a parte) gli indicatori usati vanno riconsiderati: non necessariamente per buttarli tutti via. Ma perché siano significativi per l'intero sistema, nella oggettiva diversità delle situazioni che lo compongono. D. È tutto nel problema delle risorse il nodo da sciogliere per il sistema accademico? R. Assolutamente no, anche se non possiamo fingere di non sapere che il nostro sistema è ampiamente sottofinanziato rispetto agli standard europei. E che solo un progressivo incremento di risorse, innescato su una situazione più solida e garantita dal punto di vista normativo, potrà consentirci di non restare troppo indietro rispetto ai paesi che hanno posto da tempo l'alta formazione e la ricerca tra i loro obiettivi strategici. D. La Gelmini ha annunciato che a breve presenterà il ddl sull'università. Che cosa pensa dell'impianto complessivo? R. Penso che se la si porterà effettivamente avanti, in tempi ragionevoli e mantenendo la rotta nel corso della discussione parlamentare, si sarà fatto un passo importante per la funzionalità e per la credibilità del sistema. D. Sono anni che il sistema accademico è investito da riforme su riforme senza poi che molto cambi. È opportuno ingolfare ancora il sistema con altri provvedimenti? R. Tra gli addetti ai lavori ci sono indubbiamente stanchezza e frustrazione. II cantiere è aperto da troppi anni, con interventi non sempre appropriati e tempestivi, cambiando le idee di riferimento spesso strada facendo. In ogni caso proverei a capovolgere la domanda: possiamo dirci soddisfatti di come ci siamo (o ci hanno) via via ridotti nel corso di questi, non 10, ma almeno 20 anni? II punto-chiave, e tutto da verificare, è, ovviamente, se i nuovi provvedimenti incideranno davvero in positivo oppure no. Nel primo caso, e io mi auguro che sia così, varrebbe ancora la pena di pagarne un prezzo. _________________________________________________________ Il mondo 3 Ott. ‘09 I RETTORI A TREMONTI: CI MANCANO 815 MILIONÍ Di FABIO SOTTOCORNOLA la grande pentola dell’università sta tornando in ebollizione, Niente di nuovo, ma questa volta, più che studenti e professori. ad agitarsi sono i rettori che si stanno lasciando alle spalle i passi felpati di un tempo. E _vanno a passo di carica, Per esempio contro il ministro dell'Economia Giulío Tremontî, al quale chiedono di accantonare l'idea dei tagli per circa 700 milioni di euro «previsti dalla manovra 2009 sul Fondo di finanziamento ordinario (Fio) 2010. Mantenerli significa provocare il crollo di buona parte (lei sistema universitario a cominciare dal 2010». i magnificì, invece, rilanciano e vogliono un incremento del Ffo per 815 milioni, cifra stimata dal Miur per garantire il settore. Soldi che andrebbero presi «dalle risorse aggiuntive in seguito alle misure fiscali in corso di applicazione dalla scudo aer. dosi é scritto nella mozione approvata gìovedi 74 settembre dalla Crui, la conferenza dei rettori guidata da Enrica oecieva (Milano Statale). all'unanimità ma dapo un'assemblea tumultuosa; nella quale c'era chi voleva una posizione ancora Pio netta contro il governo. Tra questi si segnala Luigi frati, il potente numero uno di Roma Sapienza. che non perde occasione per criticare l'operato della presidenza. Secondo molti colleghi, il rettore romano sta scaldando í muscoli per la corsa alla poltrona di presidente in programma nei 2011. Per ora, dalla sua parte trova malts capi di università dei Sud che hanno il dente avvelenato con Tremontì. Oggetto di polemiche è anche il recente meccanismo di valutazione che distribuisce il 7% del Ffo (oltre -500 milioni di euro) in base a criteri oggettivi ma molto criticati, Soprattutto dai rettori meridionali. piu penalizzati. Di contro. ovviamente. i capi di Aquis, le cosiddette universita d'eccellenza. capitanate da Vincenzo Milanesi (Padova), E per Desleva sta diventando sempre più difficile tenere insieme tuttì. _______________________________________________________________ Repubblica 25 Sett.. ’09 BASTA CON IL MALCOSTUME NELLA RICERCA" Inchiesta del ministro dopo la denuncia a Repubblica.it delle pressioni al valutatore di progetti ROSARIA AMATO ROMA - Il processo di valutazione dei progetti scientifici in attesa di finanziamento assegnati dal Miur al professor Claudio Fiocchi avrebbe dovuto essere condotto, si legge nella lettera del ministero, ‘in stretta confidenza´, e sulla base di ‘principi di etica e di confidenzialità´. Parametri ai quali il medico italiano, ricercatore al Cleveland Clinic Foundation Lerner Research Institute, si è trovato nell´impossibilità di attenersi, dal momento che pochi giorni dopo l´accettazione dell´incarico gli sono piovute addosso insistenti richieste «di una decisione favorevole» e «del più alto voto possibile». Anzi, gli autori dei progetti che il ministero dell´Università e della Ricerca gli aveva sottoposto perché desse un giudizio sulla base del quale sarebbe poi stato deciso se finanziarli o no, sono andati anche oltre, andando a scovare in Italia un allievo e collega del professor Fiocchi, per chiedergli una raccomandazione. A quel punto il ricercatore non ne ha potuto più, e si è dimesso con una lettera inviata al Miur che denunciava i contatti indesiderati (e inattesi, considerato che il suo lavoro si sarebbe dovuto svolgere nel più assoluto anonimato) ed esprimeva estrema indignazione: «Considerando i conflitti di interesse ed i problemi etici creati da queste circostanze, non mi resta che rifiutare di valutare il progetto. Infine, devo confessare che è con disgusto ma anche molta tristezza che prendo questa decisione». Dopo questa lettera, il professore si aspettava una qualche reazione, che non è mai arrivata. «Un messaggio di questo genere negli Stati Uniti avrebbe scatenato il finimondo». E allora, oltre un mese dopo, ha preso una decisione diversa: quella di scrivere a Repubblica. it. Il pezzo è stato pubblicato ieri mattina, suscitando una valanga di reazioni tra i lettori. E, nel pomeriggio, è arrivata anche la replica del ministro Mariastella Gelmini, che ha espresso piena solidarietà al professore ed ha annunciato di aver dato disposizioni perché sia svolta un´indagine conoscitiva: «Quanto accaduto è inaccettabile, frutto di un malcostume difficile da estirpare. - ha scritto il ministro - Non bisogna però demoralizzarsi, perché il lavoro per riaffermare la meritocrazia e la trasparenza nel sistema universitario e della ricerca continua. Chiederò al professore di rimanere perché, pur comprendendo il suo sconforto, non bisogna rinunciare alla speranza di avere un sistema diverso che premi i migliori». Parole che certo fanno piacere al professor Fiocchi, che però non sa dire adesso se accetterebbe l´invito della Gelmini: «Dovrei avere la garanzia che la mia valutazione venga considerata seriamente, che quando viene presa la decisione sul finanziamento dei progetti se ne tenga conto, e non si tenga conto invece di raccomandazioni o bustarelle. Se lei sa che il suo lavoro non vale niente, che lo fa a fare?». _______________________________________________________________ Corriere della Sera 24 Sett.. ’09 PIERGIORGIO ODIFREDDI: POCHI LAUREATI INSEGNANO QUESTA MATERIA «I nostri studenti, orfani della matematica» Sugli oltre 15 mila neoassunti che hanno risposto all' indagine della Fondazione Agnelli, solo il 4% ha una laurea in Matematica. E di quelli che, tra loro, insegnano questa materia in una scuola media, solo il 10% ha un titolo di studio corrispondente; il 47% è laureato in Scienze biologiche, il 22% in Scienze naturali, il 15% in Scienze geologiche. Va meglio alle superiori: 6 docenti di matematica su 10 sono laureati, appunto, in Matematica. Piergiorgio Odifreddi, matematico: come mai così pochi «specialisti» in cattedra, nel vostro settore? «Innanzitutto perché ci sono pochi laureati. La facoltà di Matematica non è tra le più gettonate in Italia, e l' offerta di lavoro supera di molto la domanda. Anche dalle indagini fatte da noi, a Torino, risulta come per un matematico sia facilissimo trovare impiego: a 6 mesi dalla laurea il 50% lavora, dopo un anno la totalità. Gli sbocchi? Dalle banche all' industrie. Non tutti, dunque, scelgono di insegnare; e i posti disponibili vanno inevitabilmente coperti da altri». Questo può avere qualche ripercussione sull' insegnamento? «In parte credo di sì: la matematica vista da un ingegnere (o un fisico, o un economista) è, con tutto il rispetto, molto diversa da quella vista da un matematico. I primi, di norma, preferiscono quella applicata; l' ingegnere tende a fare molti calcoli, a risolvere quesiti pratici. Il matematico invece ha una sensibilità per l' aspetto teorico, la parte più culturale. Il problema vero, però, riguarda più gli studenti che i prof». In effetti, le performance dei ragazzi italiani nei test di matematica Pisa-Ocse sono notoriamente poco confortanti. «Prima ancora di questo, c' è un dato di fatto da considerare: è dimostrato che l' attitudine per il pensiero logico- deduttivo si sviluppa compiutamente verso i 13-14 anni. Quindi, per insegnare matematica prima, si va in "controtendenza", si combatte una specie di resistenza biologica». Ancora più difficile, per chi insegna. Una via d' uscita? «Esistono corsi di specializzazione sulla didattica della matematica, per chi all' università già si orienta in questa direzione; è una tradizione che arriva, tra l' altro, anche dai Paesi anglosassoni, e un' opportunità che sicuramente manca a chi provenga da altre facoltà. Però direi che la soluzione non sta tanto nei corsi, quanto nella capacità di presentare la matematica in maniera più giocosa e accattivante. L' esperienza dei vari festival - il nostro della Matematica, quello della Scienza di Genova - ha dimostrato che funziona; bisognerebbe generalizzarlo anche nelle scuole. Negli Usa, la tendenza è quella di lasciare che i bimbi e gli adolescenti sviluppino i propri interessi e capacità: "farli fare" più che farli ripetere. Da noi, l' opposto. E sì che i nostri studenti sono quelli che, dati alla mano, passano a scuola più ore. Come diceva Lenin (ride), "meglio meno, ma meglio"...». L' Italia, insomma, non sembra un Paese per matematici. «Io credo che il nostro Paese non educhi alla razionalità, di cui la matematica è la quintessenza. Dalla Sindone di Torino al sangue di San Gennaro, da noi l' irrazionalità è istintiva; è lo sviluppo razionale ad essere meno incentivato. L' allenamento alla razionalità viene delegato a quelle 4-5 ore di matematica a scuola; e anche nell' ambiente culturale, l' attenzione per l' umanesimo è dominante. In Italia non c' è una grande tradizione matematica: di medaglie Fields (il Nobel del settore, ndr) ne abbiamo una, Enrico Bombieri, che però vive negli Usa. La Francia, per dire, ne ha una decina. Forse c' è qualcosa che non va, no?». Ga.Ja. RIPRODUZIONE RISERVATA Jacomella Gabriela CASO IL MATEMATICO RIPUDIA IL «PEANO» RICEVUTO NEL 2002 A TORINO, QUEST' ANNO ASSEGNATO AL SUO «NEMICO» _______________________________________________________________ Corriere della Sera 25 Sett.. ’09 ODIFREDDI: RESTITUISCO IL PREMIO «Giorgio Israel è un fondamentalista». La replica: «Polemica incivile» B enché si occupino di freddi numeri, a volte i matematici nutrono passioni roventi. Un esempio è Piergiorgio Odifreddi, che ieri ha inviato all' Associazione Subalpina Mathesis di Torino una lettera formale nei toni, ma molto dura nella sostanza, per restituire il premio Peano, assegnatogli da quella istituzione nel 2002 per il libro C' era una volta un paradosso (Einaudi). La ragione è che Odifreddi non intende figurare nell' albo d' oro del premio (riservato a «libri di argomento matematico accessibili ad un pubblico non specializzato» e intitolato al grande scienziato Giuseppe Peano) insieme a un collega che considera portatore di «un pensiero fondamentalista». Si tratta di Giorgio Israel, al quale il riconoscimento è stato appena conferito per il saggio Il mondo come gioco matematico (Bollati Boringhieri), scritto con la moglie Ana Maria Millan Gasca e dedicato alla figura del grande studioso ebreo ungherese (poi rifugiato negli Usa e naturalizzato americano) John von Neumann. Eppure di recente Odifreddi ha solidarizzato con Israel, consigliere del ministro dell' Istruzione Maristella Gelmini, per i minacciosi attacchi che gli sono stati rivolti sul Web. «È molto grave che sia stato definito "puparo ebreo" e paragonato a Marco Biagi, ma non gradisco essere accomunato a lui in nessun modo», spiega Odifreddi al «Corriere». Il nodo, oltre alla collaborazione con il governo, riguarda le posizioni politico-culturali di Israel: «È il tipico ex comunista ora collocato all' estremo opposto: si pensi al sionismo oltranzista dei suoi interventi sul sito Informazionecorretta.com. Considero inoltre deleteria l' attuale linea ministeriale, alla quale ha direttamente contribuito. E anche gli attacchi che ha sferrato alla divulgazione scientifica e al Festival della matematica erano inaccettabili». Alla notizia Israel rimane stupito: «Non condivido nulla delle idee di Odifreddi. Ritengo che la sua polemica antireligiosa sia inconsistente e scandalistica. Ma non ho avuto problemi a scrivere un contributo per un libro in stampa che include un testo firmato da lui. Se vuol ritirare anche quello, si accomodi. Io non lo farò. Credo che anche il dissenso più aspro non debba pregiudicare il confronto civile. Questa trovata è talmente assurda che ogni commento è superfluo. Ma non diceva di essere laico?». A sua volta il presidente di Subalpina Mathesis, Franco Pastrone, non nega che la vicinanza di Israel al governo abbia suscitato perplessità nella giuria: «Avremmo preferito dare il premio alla scrittrice giapponese Yoko Ogawa per il libro La formula del professore (Il Saggiatore), ma lei ci ha fatto sapere che non sarebbe venuta a ritirarlo. Comunque il saggio di Israel e Millan Gasca è molto valido sotto il profilo scientifico: si tratta di una biografia di von Neumann con importanti riferimenti alla matematica. Francamente mi pare che Odifreddi voglia soprattutto farsi pubblicità». In realtà i dubbi sollevati con la lettera riguardano anche il libro: «Innanzitutto - nota Odifreddi - non è un volume uscito nel 2008, come prevede il regolamento del premio, ma la riedizione di un testo edito nel 1995. E poi esalta la figura di von Neumann in modo acritico, senza avanzare alcuna riserva sul suo apporto all' invenzione della bomba atomica e sul suo bellicoso appoggio al riarmo nucleare americano. Era il tipico scienziato che mette il suo genio al servizio del potere: non certo un personaggio da cui prendere esempio oggi, mentre si fa sempre più stretta la dipendenza della ricerca dalle esigenze dell' industria bellica. Io guardo piuttosto al fisico pacifista Joseph Rotblatt». Pastrone rigetta la prima obiezione: «Il libro è uscito nel 2008 e si tratta di un lavoro molto ampliato rispetto alla versione del 1995. Comunque nel regolamento non c' è scritto da nessuna parte che il premio debba andare a una prima edizione». Israel replica sul secondo punto: «Odifreddi detesta von Neumann, lo considera un guerrafondaio pazzo. Von Neumann era anticomunista, ma è di pessimo gusto considerare la sua morte per cancro, come ha fatto Odifreddi, un "contrappasso" per la colpa di aver lavorato al centro atomico di Los Alamos. La storia della scienza si fa razionalmente e non lanciando maledizioni. Ma è fuori luogo entrare nel merito, visto che si è scelta la via dell' anatema. Pertanto non aggiungo altro su questa squallida vicenda che, ripeto, si commenta da sola». RIPRODUZIONE RISERVATA IL COMMENTO di Giovanni Belardelli nelle Idee & Opinioni La disputa I contendenti Il matematico Piergiorgio Odifreddi, a sinistra, è nato a Cuneo nel 1950 e insegna all' ateneo di Torino. Giorgio Israel, a destra, è anch' egli un matematico: nato a Roma nel 1945, insegna nella capitale presso l' Università «La Sapienza» Il riconoscimento Il premio Peano è stato istituito nell' anno accademico 1999-2000 dall' Associazione Subalpina Mathesis. Odifreddi lo ha vinto per il 2002, mentre quest' anno è stato assegnato a Israel e ad Ana Maria Millan Gasca Carioti Antonio _________________________________________________________ Il Sole24Ore 30 Sett. ‘09 NELL'INFORMATICA 20MILA POSTI A RISCHIO Nei primi sei mesi del 2009, la domanda di software e hardware è calata in Italia del 9 per cento rispetto allo scorso anno e la crisi, entro l'anno, rischia di cancellare 20mila posti di lavoro nelle aziende che si occupano di informatica e telecomunicazioni. Un risultato «peggiore anche della più pessimistica previsione», secondo i vertici di Assinform, l'associazione di Confindustria dell’Information and communication technology (Itc). A fotografare lo stato di salute di un comparto fra i più innovativi dell'industria made in Italy, il neopresidente di Assinform, Paolo Angelucci, il quale, presentando ieri a Milano il rapporto di settore sui primi sei mesi di questo difficilissimo 2009, ha più volte fatto suonare il campanello d'allarme: «È dal 1991 che non assistevamo a un semestre come questo. Vediamo un paese ripiegato su se stesso, che non affronta la crisi col piglio giusto e, di conseguenza, non investe in innovazione - ha spiegato , La caduta libera riguarda tutti i comparti e tutte le tipologie di utilizzatori. Se consideriamo il dato aggregato di informatica e telecomunicazioni, il calo è del 4,5%, molto più pronunciato di quello registrato nel primo semestre del zoo8 quando, dopo anni di crescita, era sceso dello 0,6 per cento. Se le tlc calano del 2,5% il dramma viene dall'informatica con quel 9% che in soldoni si traduce in una perdita di circa un miliardo di euro»: Da sola, con 400 milioni di euro persi, la caduta del fatturato nei servizi è la prima imputata della flessione occupazionale. Malissimo l'hardware (-15,7%), con le vendite di pc che per la prima volta in 3o anni hanno registrato un dato negativo. Male anche il software (-4,1 per cento). «Il dato - ha continuato Angelucci - si spiega con la netta contrazione degli investimenti fissi nelle Pmi». Nemmeno la discesa dei prezzi è riuscita a rivitalizzare i consumi, con la crescita della domanda di computer da parte delle famiglie (+8,2% unità) che non è servita a compensare la brusca caduta degli acquisti nel segmento business Per quel che riguarda le tlc, sul palo del 2,5% (quasi doppio rispetto al primo semestre aoo8) ha influito l'andamento negativo sia della telefonia fissa (-4,4%), che mobile (-0,7 per cento). Unica nota positiva riguarda la diffusione degli accessi internet a banda larga, a disposizione ormai di 12 milioni di utenti (+l2,2%). Angelucci pone l'accento sulla "disattenzione del paese" nei confronti di un settore che con 97mila imprese e 390 mila addetti «costituisce una delle nostre più rilevanti realtà industriali». Quarto per produzione di valore aggiunto, pari al 2,8% del pil, l'informatica e le telecomunicazioni sono in effetti il settore che vanta il primato di occupati laureati, pari al 30% dei suoi addetti. A ciò, secondo il numero uno di Assinform, non corrisponde tuttavia un impegno politico adeguato. «Le enunciazioni demagogiche sparate ai convegni tipo "il capitale umano è l’asset più importante" - ha scandito - sono ancora una volta smentite dalla discesa drammatica degli investimenti in formazione (-10,8%, ndr). Il danno che ne consegue è immane: perdita di professionalità e rallentamento del processo di modernizzazione». Confortante, invece, è sapere che ci sia qualcuno che, malgrado le difficoltà, abbia ancora voglia di provarci: «Dobbiamo guardare al 2010 - ha aggiunto -. Dalla nostra indagine è emerso che è aumentato del 25% il numero di aziende che hanno previsto nei loro budget lo sviluppo di nuovi progetti Itc. Queste imprese non vanno lasciate sole, perché rappresentano un motore per la ripresa». La "linea anticrisi" del comparto parte proprio dal1a richiesta di «una forte accelerazione della spesa pubblica per progetti, appalti e gare» e chiama in causa anche le banche «perché rafforzino il credito all'innovazione». Incentivi, infine, per le imprese che vogliono rottamare i vecchi software: «L'obiettivo - ha concluso Angelucci-è stimolare la domanda di innovazione e promuovere l'ammodernamento dei processi di gestione delle imprese italiane». Sul settore pesa la riduzione degli investimenti delle Pmi Le vendite di computer _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 Sett.. ’09 ARIA NUOVA, CAMBIANO ANCHE I PRESIDI Università. Il primo ottobre si insediano i neoeletti in Architettura, Farmacia e Scienze. Deiana fa il bis È l'anno dei cambiamenti all'Università di Cagliari. Non solo perché arriva un nuovo rettore, Giovanni Melis, il cui ingresso a Palazzo Belgrano è previsto il 5 ottobre (sempre che il predecessore Pasquale Mistretta mantenga la promessa di lasciare la poltrona prima del 1° novembre, data fissata nello statuto). Aria nuova tira anche nei piani più bassi, nelle Facoltà, dove da giovedì primo ottobre si insedieranno i nuovi presidi, eletti quest'estate tra i professori ordinari alla scadenza del mandato dei loro predecessori. Un mandato che dura tre anni, stranamente uno in meno rispetto a quello del rettore. DOVE SI CAMBIA Tre “new entry” e una riconferma. Quest'ultima è quella del docente di Diritto della navigazione Massimo Deiana , per altri tre anni a Giurisprudenza. Nuovo incarico, invece, per il professore Antonello Sanna in Architettura: sostituisce il primo preside della giovane facoltà, Carlo Aymerich che, concluso il mandato di tre anni, va in pensione. Arriva in Farmacia Filippo Maria Pirisi , docente di Chimica degli alimenti, già assessore al Traffico nel Comune di Cagliari: prende il posto del preside Paolo Cabras, che ha affiancato come vice nel precedente triennio. A guidare Scienze sarà sino al 2012 Luca Fanfani , docente di Mineralogia che succede al professor Roberto Crnjar. PUZZLE COMPLETO Nulla cambia nelle altre Facoltà, dove il mandato dei presidi non è ancora giunto a termine. In Economia, ancora per un altro anno, c'è Aldo Pavan, in Ingegneria Giorgio Massacci , in carica da maggio 2008, in Lettere e Filosofia è al suo secondo anno Roberto Coroneo, in Lingue il romano Massimo Arcangeli è da un anno alla guida di una Facoltà tradizionalmente presieduta da donne (l'ultima Ines Loi Corvetto). Attualmente l'unica preside donna è a Scienze politiche, Paola Piras, che dallo scorso anno occupa la poltrona che fu di Raffaele Paci, uno dei cinque candidati al rettorato. In Medicina governa da giugno 2008 il professor Mario Piga subentrato a Gavino Faa, protagonista dell'ultimo testa a testa col nuovo rettore Melis. Nessun cambio a Scienze della Formazione, che ancora per un altro anno sarà governata da Antonio Cadeddu . C.RA. _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 28 Sett.. ’09 CAGLIARI E SASSARI, PROVE DI MATRIMONIO Tre studenti in Scienze dell'amministrazione hanno discusso ieri in rettorato le loro tesi Primi laureati nel corso promosso insieme dai due atenei Tre laureati in Scienze dell'amministrazione che possono vantare un piccolo record: sono i primi ad aver frequentato un corso promosso insieme dagli atenei di Cagliari e Sassari. L'età media è decisamente più alta rispetto a quella dei classici studenti con jeans e libri in mano: i primi tre laureati in Scienze dell'amministrazione, corso realizzato congiuntamente dagli atenei di Cagliari e Sassari, hanno dai quaranta ai cinquantadue anni. E infatti gli esami di ieri mattina, nell'aula magna del rettorato di via Università, sono stati diversi da quelli celebrati nel polo di viale Fra Ignazio: sia per l'onore di ricevere il diploma a Palazzo Belgrano, sia perché a proclamare dottori Maria Teresa Cilloco, Luigi Minerba e Pierina Muceli, tutti funzionari pubblici, è stato il rettore uscente Pasquale Mistretta. Sono i primi tre a terminare il corso triennale che li ha visti studiare con l'aiuto di Internet: il programma prevede un «apprendimento integrato» fatto di lezioni on line, formazione a distanza, e insegnamento tradizionale. I LAUREATI Luigi Minerba, presidente del nucleo di valutazione della Asl 8 di Cagliari, non a caso ha discusso una tesi sulla “Valutazione delle performance nelle istituzioni sanitarie pubbliche”. Un lavoro che lo ha portato ad analizzare il piano strategico aziendale: «molti obiettivi non sono stati ancora raggiunti», mentre altri sono in via di realizzazione. Il lavoro più importante deve essere fatto sul tasso di occupazione dei posti letto, cresciuto di due punti negli ultimi due anni («è passato dal 70, 9 al 73 per cento, ma altre regioni sono al 76»), discorso ascoltato con attenzione anche dal presidente della Commissione regionale Bilancio Paolo Maninchedda. Pierina Muceli, dipendente del comune di Macomer, ha parlato invece della sua ricerca sulla legge 15 del 2009. Cioè la “anti fannulloni” del ministro Renato Brunetta. Maria Teresa Cillocco, funzionaria dell'Ersat, ha discusso invece della riforma degli enti agricoli in Sardegna. Tutti hanno ottenuto ottimi voti per una laurea che sulla carta dovrebbe aiutarli a trovare «impieghi presso imprese private, gestori di pubblici servizi, organizzazioni di volontariato, società di consulenza, centri di ricerca pubblici e privati, associazioni di categoria, organizzazioni non-governative internazionali», ma che nel loro caso aiuterà una carriera già avviata. IL RETTORE Pasquale Mistretta, in uno dei suoi ultimi interventi pubblici (la prossima settimana lascerà, in anticipo di un mese, l'incarico di Rettore) ha ricordato che i corsi di questo tipo potrebbero diffondersi sempre di più in futuro: «È un'esperienza che si rafforzerà nel tempo, soprattutto quando verranno rivisti i numeri dei docenti, dell'offerta formativa e ci sarà una riorganizzazione del territorio». Insomma: si farà di necessità virtù, anche perché la riforma del mondo universitario non lascerà molti margini di manovra. Virgilio Mura, preside della Facoltà di scienze politiche di Sassari e rappresentante dell'ateneo (il rettore Alessandro Maida era assente), ha aggiunto: «Questo corso deve essere considerato un esempio di cooperazione, non di competizione. La gara noi dobbiamo farla con le università della penisola. Il lavoro comune non si deve limitare solo alle lezioni su Internet: bisognerebbe strutturare dei corsi in tutte e due le città. Tre mesi di lezioni a Cagliari, altri tre a Sassari. Il futuro si giocherà sulla mobilità degli studenti». Un concetto ribadito anche da Paola Piras, preside della Facoltà cagliaritana di scienze politiche, e da Raffaele Paci, presidente della commissione di laurea e del corso in scienze dell'amministrazione, che ha concluso: «Anche se sono studenti lavoratori, nessun corso può vantare performance di questo tipo: è uno dei primi a seguire il progetto di long life learning», una formazione lunga quanto una vita. MICHELE RUFFI _______________________________________________________________ Il Fatto 24 Sett.. ’09 ODIFREDDI: MINISTRO GELMINI, LE SPIEGO PERCHÉ IL PROBLEMA È LEI la lettera di Piergiorgio Odifreddi Signor ministro, leggo (o meglio, mi hanno segnalato di leggere) su Il Giornale di famiglia del presidente del Consiglio che sabato scorso, alla sedicente Festa della Libertà organizzata dall'altrettanto sedicente Popolo della Libertà al Palalido di Milano, moderata (si fa per dire) dal condirettore dello stesso giornale, lei ha tuonato contro «l'intolleranza antisemita del superfluo matematico Piergiorgio Odi-freddi, ex docente baby pensionato», che ha osato restituire il Premio Peano «quest'anno assegnato a Giorgio Israel, ai suoi occhi colpevole di sionismo, ma soprattutto di essere consulente del ministro». Lei ha poi continuato, con stile e in punta di fioretto, dicendo che «gli imbecilli non mancano mai», e che «le parole di Odifreddi denotano razzismo, incapacità al confronto e stupidità». E ha terminato allargando il discorso, assimilando il mio gesto alla «modalità tipica della nostra sinistra, quella di combattere il governo e Silvio Berlusconi a qualunque prezzo, a costo di insultare allo stesso tempo la maggioranza dei cittadini che lo votano». Mi permetta di rispondere nel merito alle accuse che mi rivolge, fingendo che esse siano in buona fede e dettate dall'ignoranza dei fatti. Naturalmente non posso dir nulla sulla mia imbecillità e stupidità, e mi fido del suo giudizio: in fondo, lei è un valente avvocato che ha superato una difficile abilitazione a Reggio Calabria, dopo una laurea nella vicina Brescia e un precedente passaggio da un liceo pubblico a uno privato, mentre io sono soltanto un modesto docente universitario che ha vinto facili concorsi da assistente, associato e ordinario nell'Università pre-Gelmini, ed è poi andato in pensione dopo 38 anni e mezzo di servizio (e non dopo una sola legislatura in Parlamento). Ma non sono questi i motivi per cui io ritengo che la collaborazione con lei si configuri come una colpa, nè penso affatto che il governo di cui lei fa parte sia da combattere a qualunque prezzo: riconosco anzi, benchè dispiaciuto e vergognato, che Silvio Berlusconi abbia ricevuto una forte maggioranza e sia dunque democraticamente in diritto di governare il paese. Addirittura, pensi un po', vorrei che a farlo cadere fosse un giudizio elettorale sul suo operato politico, e non una campagna giornalistica sulle sue scopate con le escort: soprattutto quando questa campagna è spalleggiata dall'Avvenire, che ha usato ben altri pesi e misure per la pedofilia ecclesiastica e per la sua copertura da parte dell'allora cardinal Ratzinger. Il mio problema è proprio lei, signor ministro. E non tanto, o non solo, perchè ricopre una carica per la quale non ha la minima competenza, ma anzitutto e soprattutto per le innominabili motivazioni che hanno portato lei e la sua collega Mara Carfagna alla carica che ricoprite. Come vede, gli elettori che votano il suo partito o la sua coalizione non c'entrano proprio nulla, perchè non hanno eletto i ministri: c'entra invece la necessità etica di non collaborare con chi costituisce, nella Roma di oggi, l'analogo dei cavalli-senatori di Caligola nella Roma di ieri. Il professor Israel è naturalmente liberissimo di pensarla diversamente, ma lo sono anch'io di dissentire, e di non voler condividere con lui l'albo d'oro di un premio. Se questa mia dissociazione vi turba, è perchè non conoscete nè la democrazia nè la storia, anche scientifica. Ad esempio, quando negli anni del maccartismo Edward Teller collaborò con la commissione governativa che revocò l'autorizzazione di sicurezza nucleare a Robert Oppenheimer, la quasi totalità dei colleghi si dissociò da lui e gli tolse il saluto, ostracizzandolo della comunità dei fisici: in quell'occasione avreste attaccato pure loro, come ora attaccate me? La domanda è retorica, ma l'esempio non è campato in aria: Teller era infatti uno scienziato guerrafondaio e iperconservatore, della stessa pasta del Von Neumann al quale Israel ha dedicato la compiacente biografia che ha appunto ricevuto il Premio Peano. Ma ci sono altri motivi per dissociarsi da lui, oltre a quelli già accennati. Perchè, come ho detto espressamente nella mia lettera di rinuncia al premio, «le posizioni espresse da Israel in ambito politico, culturale e accademico sul suo blog, sul sito Informazione Corretta e in ripetuti interventi su Il Foglio e Il Giornale trascendono i limiti della normale dialettica, e si configurano come un pensiero fondamentalista col quale non intendo essere associato intellettualmente». Capisco ovviamente che quei due giornali, insieme a Libero e all'ala destra del Corriere, si siano sentiti chiamati in causa e abbiano immediatamente fatto quadrato intorno a Israel e contro di me. Ma mi sembra singolare che proprio da loro, e da lei, vengano accuse di razzismo e di intolleranza: non siete forse voi, la vostra coalizione e il vostro governo, a fomentare l'odio nei confronti degli immigrati in generale, e degli islamici in particolare, con parole e azioni ben più violente della democratica e innocua restituzione di un premio al mittente? Capisco anche, ma non accetto di giocarlo con voi, il subdolo gioco dell'equiparazione della critica a un ebreo come Israel, a un sito sionista come Informazione corretta, o a un governo israeliano come quello di Netanyau, con l'antisemitismo. E non lo accetto proprio perchè non sono razzista, e dunque non giudico a priori in base alla «razza» (ammesso che la parola abbia senso), ma a posteriori in base ai fatti: i razzisti veri sono altri, e cioè coloro per i quali tutti gli ebrei sono democratici, e tutti gli islamici fondamentalisti. E invece ci sono ebrei fondamentalisti e islamici democratici : negarlo significa fare di ogni erba un fascio, e a me i fasci non piacciono, di qualunque «razza» siano. Mi piacciono invece molti ebrei democratici, da Amos Luzzatto a Moni Ovadia a Noam Chomsky, dei quali sono amico, e sto benissimo anche con ebrei ortodossi come il premio Nobel per l'economia Robert Aumann. Sono i fondamentalisti che non mi piacciono, e se questo significa non essere simpatico a certa gente, compresa lei, sopravviverò bene ugualmente. Anzi, molto meglio che se fossi simpatico a loro e a lei. di Piergiorgio Odifreddi (da Il Fatto Quotidiano 1 ot _____________________________________________________ TST 30-09-2009 DALLA 'PERRA AL COSMO,LE BEFFE MANDANO IN TILT GLI SCIENZIATI . La più intrigante? E la, fusione fredda, ma le ricerche proseguono LUIGI GRASSIA i sono 13 misteri che non solo sfidano la capacità di comprensione degli scienziati, ma mettono in crisi la nostra imma gine del mondo. Ne fa una rassegna il libro «13 Things That Don't Make Sense» di Michaet Brooks (Vintage Books). 1. Effetto placebo La posizione numero uno va a un esperimento condotto a Torino dal fisiologo Fabrizio Benedetti. Se ai malati che provano dolore si somministra prima la morfina e poi una soluzione salina senza proprietà analgesiche, si avrà 1'«effetto placebo». Ma Benedetti ha verificato che, se alla soluzione salina viene aggiunto (sempre a insaputa dei malati) del naloxone, che IL PLACEITO Sembra in grado di indurre una reale risposta biochimica ormonale e immunitaria Una sostanza antiallergica fai-ebbe effetto anche quando svanisce nell'acqua annulla gli effetti della morfina, il placebo non fa più effetto. Come è possibile? Pare che il placebo induca non una mera auto-suggestione, ma una reale risposta biochimica, ormonale e immunitaria del corpo; così reale da essere annullata da una sostanza di contrasto. 2. Orizzonti cosmici L'universo ha 14 miliardi di anni e un diametro di 28 miliardi di anni luce. Niente può viaggiare più velocemente delle radiazioni elettromagnetiche. E nessuna radiazione ha avuto il tempo di attraversare tutto l'universo per realizzare l'equilibrio termico che osserviamo. Come si spiega che da ogni direzione ci colpisca una radiazione cosmica di 3 gradi? Si ipotizza che l’omogeneità sia dovuta a un'espansione particolarmente rapida in una fase di poco successiva al Big Bang. Ma è una «spiegazione» che richiede a sua volta di essere spiegata. 3. Raggi energetici T raggi cosmici sono particelle che viaggiano ad altissima velocità. Nel farlo, collidono coi fotoni presenti nello spazio e perdono energia. Einstein calcolò che nessun raggio cosmico extragalattico possa raggiungerci con un'energia superiore a 5x10 elettronvolt elevato a 19. Eppure, da 10 anni si rilevano raggi cosmici dotati di un'energia enormemente superiore. Come mai? Si fanno ipotesi da brivido, per esempio che lo spazio non sia uniforme e che esistano direzioni privilegiate lungo le quali le particelle perdono meno energia. Questo scardinerebbe la nostra conoscenza del cosmo. 4. Omeopatia a Belfast La medicina omeopatica ritiene che i farmaci possono conservare una capacità d'azione pur se diluiti all'estremo. Finora non c'erano prove, ma alla Queen's University di Belfast dicono di aver dimostrato che un'istamina (sostanza antiallergica naturale) fa effetto anche così diluita che nella soluzione non ne resta più neanche una molecola, come se l'acqua ne avesse assunto le proprietà. Un bel mistero. 5. Materia oscura La quantità di materia visibile non genera abbastanza forza di gravità da tenere insieme le galassie e i loro ammassi; ce ne vorrebbe 10 volte di più. Si è battezzata «materia oscura» la massa mancante, attribuendole la caratteristica di manifestarsi solo con la forza di gravità e con nient'altro. Ipotesi alternativa: alle lunghissime distanze la legge di gravità è diversa da come la conosciamo. Allora dovremmo riscrivere la fisica. 6. Flatulenze su Marte Nel `76 su Marte la sonda Viking somministrò delle sostanze nutrienti marcate con carbonio 14 a una porzione di terriccio e rilevò un'emissione di metano (una flatulenza?) marcata col carbonio 14, come se qualcosa avesse digerito quelle sostanze. Esperimenti paralleli non hanno, però, confermato la presenza di microrganismi. Ora, uno studio in California ha messo in rilievo un ritmo circadiano (legato ai tempi del sole) in quell'attività biochimica. E i ritmi circadiani sono un ulteriore indizio di vita. 7. Tetra-neutroni II principio di esclusione di Pauli vieta a due neutroni nello stesso sistema di avere identiche proprietà quantistiche. Ma un esperimento in Francia ha individuato 4 neutroni che si trovavano nella condizione proibita. Smarrimento totale. 8. Pioneer troppo veloci Le sonde Pioneer 10 e ll, lanciate negli Anni 70 verso l'esterno del sistema solare, hanno subito una misteriosa accelerazione che le ha portate fuori traiettoria di 400 mila chilometri. Forse subiscono l'influenza dell'«energia oscura». 9. Energia oscura Si credeva che l'espansione dell'universo frenasse per influsso della gravità, invece abbiamo scoperto che accelera. Quale energia provoca questa accelerazione? Provvisoriamente si chiama energia oscura. Tanto varrebbe chiamarla X. Buio totale. 10. Decimo pianeta Deve esserci. Non uno dei tanti pianetini tipo Quaorar o Sedna che ogni tanto vengono trovati; deve trattarsi di un pianeta grande come la Terra che ha ripulito di detriti il sistema solare al di là di Plutone. Verso il 2015 una sonda della Nasa arriverà in zona e forse lo individuerà. 11. Segnale radio Wow!>s II 15 agosto 1977 un radioastronomo dell'Ohio gridò «Wow!» dopo aver registrato un segnale di 37 secondi e concentrato sui 1420 megahertz, frequenza non usata per le trasmissioni sulla Terra. I segnali dallo spazio so Dovrebbe esistere nel Sistema Salare ed essere grande quanta il nostro pianeta ________________________________________________________ TST 30-09-2009 I NUMERI DEL WIRELESS Progresso nei sistemi di comunicazione grazie a un algoritmo di un giovane italiano DI GIANFRANCO ROSSI Scienza dell'informazione delle reti e dei sistemi complessi: la ricerca fa un passo avanti approfondendo la comprensione dei meccanismi chiave che sono alla base dei sistemi distribuiti su vasta scala, compreso le reti wireless. Unrisultato che, ancora una volta, è stato raggiunto grazie al lavoro di un ricercatore italiano, il professor Massimo Franceschetti. Dopo la laurea in Ingegneria informatica all'Università di Napoli «Federico II», Franceschetti si è trasferito in California dove ha frequentato il Master e il PhD al California institute of technology in electrical engineering e il post-doc all'Università della California di Berkeley. Molti dei suoi studi sono stati incentrati sui sistemi wireless, permettendogli di ottenere nel 2003 a Caltech il premio per la migliore tesi di Ingegneria elettronica. E oggi a essere Associate professor alfUníversítà della Calífornía di San Diego, all'interno della quale l'ingegnere italiano fa parte del California institute of telecommunications and informationtechnologies (Calitz), dirigendo un gruppo formato da cinque studenti di PhD e un post-doc. 1 L'attività di ricerca di Franceschetti abbraccia vari campi: dalla teoria dei sistemi di comunicazione alla teoria dell'informazione, dalla teoria dei controlli alla propagazione elettromagnetica. Più precisamente, l'obiettivo è quello di sviluppare strumenti matematici atti all'analisi, alla sintesi e al controllo dei sistemi di comunicazione digitale, quali le reti di calcolatori, le reti radio-mobili e le reti di sensori. In tali sistemi algoritmici, controllo e comunicazione diventano elementi collegati tra loro e richiedono lo sviluppo di una nuova teoria per la loro analisi. A differenza dei precedenti sistemi, il "nuovo ingegnere" non svilupperà più un sistema di comunicazione separato dal sistema di controllo e dal sistema di elaborazione, ma un sistema integrato e interconnesso ("embedded"). Pertanto la ricerca è incentrata sullo sviluppo delle tecniche matematiche che permettono lo sviluppo e la successiva analisi di questi sistemi. Nello specifico, il gruppo guidato da Franceschetti analizza i limiti fisici delle prestazioni che questi sistemi possono raggiungere e, approfondita la conoscenza di questi limiti, cerca di ottenere delle linee guida per la progettazione. È un tipo di ricerca di base teorica che si avvale di strumenti matematici cheprovengono dalla fisica statistica, vale a dire dall'analisi e dalla spiegazione dei fenomeni osservabili, quali le leggi di rappresentazione su scala, e dal calcolo delle probabilità, oltre che dall'analisi matematica. Nonostante si tratti di una ricerca di stampo fortemente matematico, riscuote una notevole importanza nelle aziende hi-tech che sono interessate a mantenere una leadership dovuta essenzialmente a un dominio "culturale" del campo. In questo contesto, l'evoluzione e l'estensione delle reti, l'ottimizzazione dei costi introdotta dalla banda larga, nonché le opportunità di business offerte dalle reti wireless, trovano nella ricerca di Franceschetti un contributo essenziale che può dare molteplici benefici sia in termini di efficienza, che in termini di qualità. g.rossian@virgilio.it C~ RIPRODUZIONE R!SERVATA Da Napoli alla California. Massimo Franceschetti, Università di San Diego. Percolazione. La figura indica la transizione di fase di un sistema di particelle interagenti, le quali possono modellare ad esempio le diverse componenti di un sistema di comunicazione. A sinistra le varie componenti sono distribuite in maniera disordinata e non è possibile la comunicazione tra esse. A destra, invece, formano un unico componente connesso (in rosso), all'interno del quale la comunicazione diventa possibile. Il punto in cui tale transizione avviene viene detto di percolazione del sistema. Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. _________________________________________________________ Il Sole24Ore 1 Ott. ‘09 L'ALGORITMO DEL SAPERE GLOBALE Sul web la conoscenza adotta non solo modelli partecipativi. Ma aspira a trovare il senso DI GUIDO VETERE L a conoscenza è conoscibile? E se non lo è, come lo sappiamo?» scherza Woody Allen. Su cosa sia la conoscenza si potrebbe discutere a lungo, ma qualsiasi cosa essa sia, nonv'è dubbio che oggi la si ricavi per lo più dal web. Il web è un oceano di parole, dati, immagini e suoni in crescita, solcato dai bastimenti dell'industria, dei servizi, del commercio, della pubblica amministrazione. È un mare su cui galleggiano ricerca, cultura, intrattenimento, partecipazione e vita sociale, acque nelle quali milioni di persone pescano il sapere. Ma se oggi si getta l'amo nel web, quello che si pesca è informazione. Qualcosa che si deve interpretare, valutare, mettere in relazione, se si vuole accrescere lo stato delle conoscenze. Spesso il pesce della conoscenza se ne resta tranquillo negli abissi dei milioni di pagine perlopiù inutili con cui i search engine rispondono alle nostre domande. Un search engine è come una lenza: non prende impegni sul risultato della pesca. E se si vuole del pesce, si va in pescheria, non sul molo a pescare. Per questo, cresce nel web l’interesse per i sistemi che offrono il pesce della conoscenza già pescato, esposto sul bancone in cassette ordinate. La conoscenza sul web è, per eccellenza, la Wikipedia. Si tratta di un'enciclopedia di oltre tre milioni di articoli (nella versione inglese) assemblata da una moltitudine di anonimi collaboratori, con un processo la cui mirabolante virtù è ancora da comprendere a fondo. Ma perfino la ragguardevole estensione della Wikipedia non è che un bicchier d'acqua nell'oceano della conoscenza. Non sempre ciò che abbiamo bisogno di sapere nella vita ha dignità enciclopedica, e molti piccoli fatti veri non accendono la virtù del wikipediano. Le infinite cose che vogliamo sapere sono disperse nei multiformi sistemi del web. Tuttavia, in linea di principio (e talvolta anche di fatto), esse sono a portata di una semplice domanda. Il sito sul quale farete le vostre domande vincerà la competizione del web. Google fa miracoli nel rispondere alle interrogazioni ignorando cosa queste (e le risposte) vogliano dire. Ma il giorno in cui un knowledge engine sarà in grado di capire la relazione semantica tra le domande degli utenti e la conoscenza che c'è nel web, quei miracoli sembreranno miseri trucchi. Molti hanno pensato che quel giorno fosse il 15 maggio di quest'anno, quando debuttava Wolfram Alpha, computational knowledge engine, invenzione del geniale Stephen Wolfram. La credibilità dell'inventore faceva passare in secondo piano l’incredibilità dell'invenzione: un sistema intelligente in grado di computare la "conoscenza sistematica" del web. L'idea di Wolframè quella di applicare a un ampio spettro di conoscenze certi noti algoritmi per il trattamento dei dati tecnico-scientifici. Ma se ci si guarda dentro, nel knowledge engine si trovano, più che algoritmi, tante persone in carne e ossa che si dedicano umilmente a scovare e vagliare basi di dati pubbliche, convertirne e ripulirne i dati per alimentare il sistema. Un lavoro certosino che - spiega Wolfram- è solo all'inizio, ma di cui non si vede la fine, il che solleva qualche interrogativo sulla sostenibilità del progetto. Diverso è l'approccio di sistemi come Freebase e TrueKnowledge che, sull'onda di Wikipedia, sfruttano il crowdsourcing, cioè la forza-lavoro che la rete mette a disposizione. A differenza di Wikipedia, dove il sapere è rappresentato ancora informa ipertestuale, in questi sistemi ci sono ricche trame di concetti e relazioni, facilmente manipolabili, sulle quali è possibile, per le macchine, fare ragionamenti non banali. Risolto il problema della sostenibilità, il crowdsourcing lascia aperti quelli dell'affidabilità e della completezza. Problemi non lievi, che Hakia affronta con una strategia diversa. Come Google, questo semantic search engine attinge dal web. Ma non ne ricava un semplice indice di parole chiave, bensì, attraverso certe analisi ontologiche e linguistiche, resoconti significativi su enti e fatti. Sia chiaro: queste analisi consentono di capire solo un frammento di tutte le cose oscure e vaghe che ci piace evocare col linguaggio. Tuttavia, Hakia salva la capra della sostenibilità e il cavolo della completezza. E conserva, nel bene e nel male, quel "disimpegno epistemico", caratteristico dei motori di ricerca: il sistema riferisce più o meno accuratamente ciò che dei fatti si dice. La verità, che è alla base di ogni sapere, resta un problema di coscienza dell'utente. Guido Vetere è direttore del Centro studi avanzati Ibm di Roma _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 28 Sett.. ’09 QUELL'ARMATA DEI GIGANTI DI PIETRA Prendono forma pugilatori, arcieri e guerrieri di Monti 'e Prama Le statue trovate nel Sinis potrebbero dimostrare che l'arte dei Nuragici era fra le più avanzate del Mediterraneo occidentale DAL NOSTRO INVIATO GIANCARLO GHIRRA SASSARI Non sono numerosi come gli uomini, i cavalli e i carri dello straordinario esercito di terracotta di Xian, antica capitale imperiale della Cina, ma hanno un fascino arricchito dal mistero che li circonda. I ventitré Giganti di arenaria ritrovati nel 1974 a Monti 'e Prama di Cabras spezzettati in 5.172 frammenti prendono forma giorno dopo giorno nel Centro di restauro di Li Punti, a nord di Sassari. Osservarli da vicino sotto la guida di sedici esperti suggerisce domande e rimanda sensazioni difficili da descrivere. CANTIERE APERTO Già oggi sono ventidue le statue visibili durante le visite (meglio prenotare al numero 079-3962000) nel cantiere di restauro aperto al pubblico trasformato in una Galleria di esposizione. «Contiamo di mettere in piedi sui supporti tutte e 23 le sculture rapidamente», spiega l'archeologa Antonietta Boninu, direttrice dei lavori iniziati agli inizi del 2008 su progetto di Roberto Nardi, direttore del Centro di conservazione archeologica di Roma. «Siamo impegnati anche a pubblicare entro la primavera i risultati delle nostre ricerche. Non abbiamo risposte esatte - aggiunge la studiosa - ma soltanto ipotesi sulla data di realizzazione dei Giganti e sulla loro funzione. Di sicuro siamo davanti a un'opera eccezionale». L'archeologa, che guida anche i lavori di scavo della Porto Torres romana dai quali sono venute alla luce eccezionali statue in marmo di Ercole e di Augusto, privilegia l'ipotesi che i Giganti possano essere stati realizzati nel decimo secolo avanti Cristo, nel periodo del bronzo finale. Se questa data fosse quella giusta ( fra gli studiosi c'è chi pensa anche all'ottavo - settimo secolo) significherebbe che la civiltà nuragica aveva raggiunto quasi mille anni prima di Cristo un livello di eccellenza impensabile sino a questa scoperta. I Giganti precederebbero, oltre all'arte dei Fenici e degli Etruschi, persino la statuaria greca. Inutile tuttavia cercare oggi risposte definitive, sulle quali peraltro sono già state imbastite operazioni storiografiche e anche politiche all'insegna del nazionalismo sardo e sardista. Gli studiosi hanno ancora molto da scoprire. E il dibattito è aperto. QUELLA SCOPERTA NEL SINIS Ma torniamo ai Giganti, o, almeno, alla loro storia recente. Tutto ha inizio trentacinque anni fa, quando a Cabras l'aratro di un contadino, Sisinnio Poddi, si blocca su una testa e un braccio di un arciere fatto di bianca roccia calcarea. Il signor Poddi non pensava certamente di trovarsi davanti a una scoperta archeologica eccezionale. Né sapeva in quel momento che da lì a pochi anni in quel terreno, chiamato Monti 'e Prama per la presenza di diversi esemplari di palme nane, sarebbero stati ritrovati dagli archeologi ben 5.172 frammenti di teste, braccia, cosce, piedi e pezzi indistinti di figure poderose, alte sopra i due metri, sino a due metri e mezzo. Sparpargliati sull'area sacra di una necropoli sepolta c'erano anche trecento frammenti di modellini di nuraghe. CELATI PER 30 ANNI Si intravedevano soltanto in quel momento i tratti di ben 23 statue dai volti stilizzati, dai grandi nasi e dalle fronti ampie, caratterizzati da occhi a cerchi concentrici simili a quelli dei bronzetti dei quali i Giganti potrebbero essere coetanei. Studiosi del livello di Giovanni Lilliu colsero immediatamente il rilievo enorme del ritrovamento. Ma, incredibilmente, i frammenti dei Giganti finirono per ben trent'anni, chiusi in duecento casse sigillate, nei depositi del Museo archeologico di Cagliari. Hanno rivisto la luce soltanto nel 2007, quando hanno trovato ospitalità nel laboratorio di oltre cinquecento metri quadri realizzato dalla Soprintendenza di Sassari e Nuoro a Li Punti, pochi chilometri da Sassari. «Quei locali erano stati costruiti dalla Provincia per ospitare l'Ospedale psichiatrico proprio alla vigilia della chiusura decisa con la legge Basaglia - ricorda la dottoressa Boninu - e si sono rivelati ottimi per ospitare il centro di restauro: un centro aperto, come tutta l'operazione che stiamo realizzando. Chiunque può informarsi su Internet (al sito www.monteprama.it) o venire a osservare dal vivo i Giganti». Con la riapertura delle scuole le visite si intensificheranno, ma già oggi c'è gran fermento intorno ai guerrieri di pietra. Guerrieri senza un'età precisa e senza un padre, perché si ignora il nome dei loro autori. A creare ulteriori elementi di incertezza è anche il fatto che i Giganti siano stati ritrovati in un luogo diverso da quello in cui si trovavano in origine: sono stati infatti, molto probabilmente, distrutti e gettati in una sorta di antica discarica nelle immediate vicinanze dell'area sacra nella quale forse svolgevano il ruolo di eroici custodi della civiltà nuragica. I PEZZI MANCANTI Gli archeologi e i restauratori al lavoro sono anche convinti che siano tanti i pezzi mancanti, e lo stesso direttore del Centro di conservazione archeologica di Roma Roberto Nardi ha lanciato una sorta di appello ai cittadini di Cabras perché consegnino i frammenti delle statue eventualmente posseduti. Sarebbe davvero importante poter aggiungere nuovi elementi di conoscenza per completare il gigantesco puzzle di Monti 'e Prama, sul cui destino il dibattito si è apparentemente sopito. Il Comune di Cabras li vuole quale fiore all'occhiello del suo museo. Cagliari avrebbe potuto farne il cuore del suo museo Betile, progettato da Zaha Hadid, se fosse passata la tesi dell'ex presidente della Regione Renato Soru. Così non è stato, e per ora i Giganti restano a Li Punti, in attesa di essere tutti rimessi in piedi. «Sino a oggi -spiega la restauratrice Gonaria Demontis- abbiamo messo in piedi quindici statue, prevalentemente pugilatori e arcieri, esposti nella Galleria sotto una gigantografia che mostra il luogo nel quale vennero ritrovati nel 1974, Monti e' Prama, nella penisola del Sinis, territorio di Cabras». I primi quindici giganti, in alcuni dei quali appaiono anche tracce di colore rosso e nero, sono in piedi, mentre nella sala di restauro in quindici lavorano per dare un senso ad archi, busti, scudi, gambe, braccia, faretre. E ai cinque modelli di nuraghe anch'essi ritrovati trentacinque anni fa, costruiti con la pietra di arenaria che circonda Monti e' Prama. ======================================================= _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 30 Sett.. ’09 CLAUDIO VELLUTI, UNA VITA DA MIGLIORE IN CAMPO Compie settant’anni e va in pensione lo storico direttore della Clinica ortopedica dell’Università Da giovane i trionfi nello sport, poi per 45 anni in sala operatoria È stato l’unico cestista sardo a vincere il titolo italiano e aveva firmato anche la promozione in A del Brill Aveva scelto la facoltà di Medicina perché «mamma mi ripeteva sempre che dovevo diventare medico per curare soprattutto lei». Oggi quella straordinaria carriera, durata 45 anni, volge al termine: Claudio Velluti, settant’anni compiuti il 15 aprile scorso, lascia la direzione della Clinica Ortopedica dell’Università di Cagliari. Lo farà il primo novembre prossimo: «Ma continuerò a fare il libero professionista», si affretta a dire prima di rivisitare una vita che valeva la pena di essere vissuta. Perché il professor Velluti non è stato “solo”, è stato “anche”. Ed è difficile stabilire se sia stato più bravo come ortopedico o come sportivo. Chiudiamola qui: un fuoriclasse in entrambi i campi. Era il 1960 quando Roma si apprestava a ospitare l’Olimpiade voluta per dimostrare al mondo che la guerra (persa malamente) era lontana e che l’Italia si era saputa rialzare. Alla vigilia di quei Giochi sulla “Gazzetta dello Sport” appare una foto con un ragazzone alto due metri in mezzo a due tecnici che se lo contendono, tirandolo a se: i tecnici sono quelli delle Nazionali di pallacanestro e di atletica leggera. Il ventunenne Velluti gioca nel Simmenthal Milano campione d’Italia ma detiene anche la seconda miglior prestazione assoluta nel salto in alto, due metri tondi tondi. Scherzo crudele del destino: finisce che il giovane Claudio decide di tagliare il basketball («Sport di squadra, un’Olimpiade è più bella se la giochi da solo, mi ero detto») e puntare tutto sull’atletica ma, all’immediata vigilia della manifestazione, non riesce a fare la misura necessaria perché, non essendoci più gare in programma, è costretto a iscriversi a una prova di decathlon e disputa, stremato, il salto in alto dopo aver fatto i 100, l’asta, il lungo e il peso. «Poco male», dice oggi a distanza di quasi cinquant’anni, quarantacinque dei quali trascorsi in una sala operatoria: «Menischi? A carrettate». Il primo intervento è come il primo amore, non si scorda mai: «Il tendine d’Achille di un bambino». Per una vita è stato l’angelo custode degli sportivi cagliaritani, soprattutto dei cestisti. Lo slogan era: «Tranquilli, se succede qualcosa, c’è Claudio al Marino che ci aspetta». Unico cestista sardo ad aver vinto lo scudetto (anzi due) con la maglia delle mitiche “Scarpette Rosse” e poi è stato uno dei grandi protagonisti della storica promozione del Brill in serie A, nel 1969, esattamente quarant’anni fa, insieme con il cognato Alberto Pedrazzini, fratello della moglie, altra nobile figura dello sport e della vita cagliaritana, tutti discendenti dei mitici Edo e Claudia Testoni, olimpionica a “Berlino 1936”. Entrambi, Claudio e Alberto, non proprio sardi doc. La famiglia Velluti, per esempio, ha origini fiorentine, lontanissime: «Un mio antenato era stato perfino citato da Dante, che non ne aveva parlato bene. Ci battezzarono Velluti proprio perché eravamo produttori e commercianti di quel tessuto. In tempi più recenti mio bisnonno, uomo del Papa bocciato dal Papa che gli aveva negato una promozione, divenne garibaldino ma, perso tutto fuorché l’onore, si rifugiò in Sardegna, prima a Caprera e poi a Cagliari, dove faceva il falegname». Bella storia quella di un medico sportivo (o di uno sportivo medico) che ha collezionato anche una trentina di maglie azzurre, padre di due ormai ex cestisti (Marco e Simone, che non sono arrivati a tanto ma la loro parte l’hanno fatta) e nonno di tre nipotini, uno de quali si chiama proprio Claudio. E nonno Claudio, con quella barba ha un non so che di garibaldino: sicuramente un bel temperamento. «Ho smesso di andare a vedere le partite dei miei figli il giorno in cui avevo gridato a un arbitro che se gli si fosse staccato un piede gliel’avrei riattaccato al contrario. Mia moglie mi prese per un braccio e mi disse: basta Claudio, andiamo via». Non ha mai voluto allenare e neppure fare il dirigente, anche se è presidente onorario dell’Olimpia che, dopo mille traversie, è tornata sullo scenario della pallacanestro sarda. Settant’anni vissuti con grande felicità: «Sono stato un uomo fortunato», ammette confessando anche qualche piccolo passo falso in carriera. Il più clamoroso? «Visitai un giocatore del Brill, dissi di venderlo subito perché era rotto: giocò altri cinque anni ad altissimo livello». Succede, può succedere, a chi ha passato una vita in sala operatoria, soprattutto in quella del reparto di Traumatologia della Strada. Ne ha viste di tutti i colori: «Quando i miei figli adolescenti mi avevano chiesto di comprare loro il motorino avevo risposto sì, va bene, ve lo compro, però prima passate una giornata con me al pronto soccorso del Marino. Cambiarono rapidamente idea». Cambiò idea anche quel povero disgraziato a cui i familiari volevano che il professor Velluti (che era contrario) riattaccasse un braccio trovato tra le lamiere della macchina un’ora dopo l’incidente: «Se glielo riattacco, lui muore di infezione dopo poche ore. Scegliete: vivo senza un braccio o morto tutto intero». Parole brutali che nascondono la necessità di prendere in pochi minuti decisioni terribili: «A distanza di anni mi stanno ancora ringraziando». Dura la vita della sala operatoria: «In certi casi potresti risolvere il problema con una semplice amputazione, e invece no, non molli, a costo di stare la dentro ore intere, giornate intere». Molte più gioie su un campo di pallacanestro o su una pedana di salto in alto. Aveva cominciato così con Bebi Mosca, già quattordicenne, finché un giorno, nel 1957, viene convocato, insieme con Ezio Lotti e Paolo Ritossa, a un collegiale in Umbria dal commissario tecnico di allora, Nello Paratore, che voleva setacciare il movimento giovanile: «Fu un successone, venni chiamato dal Simmenthal e dalla Virtus Bologna, potei alzare il prezzo». Quanto? «Ingaggio di un milione all’anno, con lo stipendio di due anni mi sono comprato la casa». Ma di basketball non si poteva vivere: «Abbandonai ben presto per laurearmi ma, da trentenne partecipai alla storica promozione in A del Brill dei Pirastu». Il mondo è cambiato tanto da allora. «In quegli anni la rottura di un menisco poteva costarti la carriera, oltre che una buona vecchiaia senza artrosi. Solo dopo aver aperto sapevi che cosa c’era dentro, a volte era tutto a posto». E nello sport? «Il mio Simmenthal tricolore, con Riminucci e Vianello, Vittori e Pieri, oggi le buscherebbe da una qualsiasi squadra di B2». Unico rammarico: «Non aver fatto la Coppa dei Campioni». Perché? «Semplice: nella pallacanestro non esisteva ancora». Peccato: ci fosse stata, oggi Claudio avrebbe una storia in più da raccontare. Non solo ai nipotini. NANDO MURA _______________________________________________________________ Corriere della Sera 24 Sett.. ’09 OGNI GIORNO DENUNCIATI TRENTA MEDICI Gli ortopedici i più colpiti. Una richiesta danni su 4 per le operazioni MILANO—I 20 avvisi di garanzia per la morte da influenza A a Messina sono solo la punta dell’iceberg: ogni giorno in Italia vengono trascinati in Tribunale almeno 30 medici. Un numero record. La stima— confermata dal ministero della Salute — è una proiezione dei dati della Lombardia, la regione all’avanguardia nel sistema di raccolta delle richieste di risarcimento danni per presunti errori medici. Malati che contestano le diagnosi, pazienti insoddisfatti dopo un intervento chirurgico, familiari arrabbiati per le cure rivelatesi inutili sui propri cari. Le Procure che indagano. La denuncia del medico è diventata un atto di routine, lo scontro giudiziario con i camici bianchi è all’ordine del giorno: undicimila le cause legali stimate solo nel 2008 in Italia. Un fenomeno dalle dimensioni inquietanti, che ha portato persino a stampare manuali dal titolo «Ilmedico nel processo, istruzioni per l’uso» (edito dall’associazione Medicina e Legalità, nata per la prevenzione degli errori in corsia). Una domanda di risarcimento su 4 è avanzata per presunti sbagli in sala operatoria. Ma in cima alla lista delle contestazioni ci sono anche le diagnosi ritenute scorrette (il 19% del totale) e le terapie giudicate inappropriate (7,5%). Imedici messi sotto accusa sono soprattutto gli ortopedici (il 16%), seguiti da quelli che lavorano in Pronto soccorso (12,5%), dai chirurghi (9,3%), dai ginecologi (8,7%) e dagli internisti (4,2%). Il resto delle denunce è presentato genericamente contro l’ospedale. Lo dicono le statistiche della Regione Lombardia relative al 2008, anno in cui è stato sborsato oltre unmilione di euro per risarcimenti di pazienti (o dei loro familiari). «La Lombardia rispecchia il trend del resto d’Italia. Altrove va anche peggio», assicura Luciano Bresciani, assessore delle Sanità al Pirellone. Solo una richiesta di danni su 3 va a buon fine. «I cittadini si rivolgono alla Procura perché vogliono la punizione penale del medico — spiega il procuratore aggiunto di Milano Nicola Cerrato, alla guida del pool dei reati professionali, 40 fascicoli aperti per presunto omicidio colposo di medici —. Spesso la querela viene utilizzata come uno strumento di pressione, al limite dell’estorsione, per ottenere più velocemente un risarcimento». Dietro il boom di cause, però, si nascondono anche episodi di indubbia malasanità. L’ultimo dossier del ministero della Salute registra 243 eventi sentinella tra il 2005 e il 2008, ossia casi gravi con pazienti morti o costretti a subire un nuovo intervento chirurgico. E ora, per capire i meccanismi che possono portare a sbagliare, un’équipe di psicologi guidata da Gabriella Pravettoni, docente dell’Università Statale, sta osservando 24 ore su 24 il lavoro dei medici nei più importanti ospedali di Milano. Giuseppe Guastella Simona Ravizza _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 2 ott. ’09 ANALISI PRENOTATE IN FARMACIA Cdm. Oggi l'esame della mini riforma delineata dal Welfare Marco Gasparini La mini-riforma sulla liberalizzazione dei servizi farmaceutici è pronta a ricevere il via libera finale del Governo. Il decreto legislativo messo a punto dal Welfare in attuazione dell'articolo 11 del «collegato» alla manovra estiva su Sviluppo economico e competitività (legge 69/09), infatti, sarà oggi all'esame del Consiglio dei ministri per l'approvazione definitiva. Il testo, che in parte tiene conto delle modifiche chieste dalle commissioni parlamentari, disciplina le modalità per l'erogazione dei nuovi servizi da parte degli operatori nell'ambito del servizio sanitario nazionale e contiene anche alcune disposizioni sull'indennità di residenza per i titolari di farmacie rurali. Il decreto prevede anche la possibilità per i cittadini, anche non residenti nel territorio di pertinenza della farmacia pubblica o privata convenzionata, di ottenere, oltre alle analisi di prima istanza, le prenotazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture ospedaliere, i servizi di assistenza domiciliare integrata e altre prestazioni come la consegna a domicilio di medicinali antidolorifici e la distribuzione diretta dei farmaci. Per facilitarne l'identificazione da parte dei consumatori, la denominazione farmacia e l'utilizzo della croce verde anche su supporto elettronico sarà riservato agli esercizi aperti al pubblico o in quelli presenti in ospedale. I criteri di calcolo delle indennità di residenza delle farmacie rurali resteranno invece quelli già definiti dalle norme in vigore (Regio decreto 1265/1934) sino alla stipula del nuovo accordo collettivo nazionale. Approda sul tavolo di Palazzo Chigi per l'esame preliminare il regolamento sulla determinazione dei limiti massimi del trattamento economico onnicomprensivo a carico della finanza pubblica per i rapporti di lavoro dipendente o autonomo. In agenda figura poi, per il sì definitivo, il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2007/63/Ce che rende facoltativo il ricorso alla stesura di una relazione affidata a esperti indipendenti per le operazioni di fusione e di scissione societaria perfezionate tra imprese residenti sul territorio nazionale (si veda «Il Sole 24 Ore» del 30 settembre). Sulla falsariga di quanto già stabilito per le fusioni transfrontaliere dalla direttiva 2005/63/Ce, la bozza di decreto introduce una deroga all'articolo 2501-sexies del Codice civile, che solleverà le aziende dall'obbligo di presentare e depositare la perizia giurata su tutti i progetti di fusione (inclusi quelli relativi a società con capitale non rappresentato da azioni) e di scissione domestici, nel caso in cui tutti i soci partecipanti vi abbiano rinunciato all'unanimità. Tra le misure in materia sanitaria sottoposte in via preliminare al vaglio dell'Esecutivo figurano altri due decreti legislativi: il primo, per l'attuazione della direttiva 2006/17/Ce sullo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umane; il secondo, per l'attuazione della direttiva 2008/97/Ce sull'uso degli ormoni nelle produzioni animali. © RIPRODUZIONE RISERVATA _______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 1 ott. ’09 TRIAGE, COMPETENZA DEGLI INFERMIERI Ormai è diventato di moda parlar male del Pronto soccorso In qualità di infermiere vorrei rispondere alla "lettera firmata" del 27 settembre scorso. La stessa è palesemente frutto di ignoranza in campo sanitario. Il simpatico ultraottantenne autore della lettera probabilmente non conosce alcune informazioni che gli fornisco immediatamente: 1) I medici fanno anche loro parte del personale del pronto soccorso. 2) Chi fa l'accettazione è un dottore in infermieristica. 3) La parola "paramedico" non può essere usata per definire l'infermiere. "Paramedico" è "chi sta attorno al medico" per aiutarlo a svolgere il proprio lavoro mentre l'infermiere è il responsabile generale dell'assistenza infermieristica e svolge una professione autonoma in simbiosi con le altre professioni sanitarie. 4) Il Triage, quello che lei definisce "accettazione", è un sistema di valutazione dei pazienti per codice di gravità basato sulla sintomatologia evidente al momento della valutazione; è esclusiva competenza infermieristica. Il fatto che lei sia stato visto dall'urologo prima e dal Pronto Soccorso dopo (ignoro l'iter successivo) e soprattutto che lei abbia avuto modo di porre le sue disquisizioni dimostra che il mio collega non ha sbagliato la valutazione: nonostante il suo status di cardiopatico (pochi ultraottantenni non lo sono!) il suo era proprio un codice verde. Capisco che parlar male del Pronto Soccorso è ormai diventata un'usanza irrinunciabile ma penso sia ormai ora di ragionare e valutare la realtà ponendosi anche altri tipi di problemi, quali l'incapacità di gestione di alcuni tipi di pazienti al domicilio, la facilità con cui ci si rivolge al Pronto Soccorso e la velocità con cui qualche medico di base indirizza i pazienti verso l'ospedale dopo una visita... telefonica. Salvatore Morittu _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 Sett.. ’09 OSPEDALI, È EMERGENZA INFERMIERI Inchiesta. Nelle piante organiche il cuore dei problemi che i nuovi commissari si troveranno a dover affrontare Il Tribunale del malato: carenze ovunque, è un dramma La denuncia dei sindacati: mancano infermieri ma l'Università continua a formarne solo 250 all'anno a fronte di 5000 richieste. E si continua a far ricorso a personale straniero assunto per pochi mesi. La denuncia, impietosa, è contenuta in una lettera aperta che Maria Laura Mascia (coordinatrice dell'associazione Cittadinanza attiva e della sezione locale del Tribunale del malato) ha voluto indirizzare all' assessore regionale Antonello Liori. «Nella sanità cagliaritana c'è una drammatica carenza di personale in tutti i reparti, soprattutto in quelli delle unità complesse, affollate sia d'estate che d'inverno da pazienti anziani che spesso vengono sistemati in corridoi, essendo le camere di degenza tutte con letti in sovrannumero». Una denuncia circostanziata, che fa il paio con quella legata alla scarsità di assunzioni o alle mancate sostituzioni di personale part-time o assente per lunghi periodi di malattia. LA DENUNCIA «Circa il 7 per cento degli operatori sanitari usufruisce dei benefici della legge 104 (assistenza a parenti infermi) e l'11 per cento del part-time - prosegue Maria Laura Mascia - eppure negli ultimi anni mai si è provveduto a far sì che gli organici potessero essere completati in modo da rendere i turni meno gravosi per il personale in servizio, senza scordare la qualità dell'assistenza che deve essere riservata ai pazienti». Ma quali sono i numeri nella variegata mappa della sanità cagliaritana? Nelle tre Aziende sanitarie del capoluogo (la Asl 8, l'Azienda mista ed il Brotzu) sono giorni di rivoluzione, in attesa dell'arrivo dei commissari appena nominati dalla Regione (ieri hanno incontrato il presidente Ugo Cappellacci per firmare i contratti) e una nuova tornata di avvicendamenti che si annuncia per le prossime settimane. Dappertutto i problemi sono evidenti: è sufficiente confrontare la pianta organica con quella del personale effettivamente in servizio. AZIENDA MISTA Sotto la gestione della struttura recentemente affidata al commissario Ennio Filigheddu (che subentra al direttore generale Pietro Paolo Murru) rientrano due importanti strutture ospedaliere: il San Giovanni di Dio e il Policlinico universitario di Monserrato. Due giganti che, complessivamente, occupano quasi 1500 persone. Al San Giovanni di Dio, ad esempio, sono in servizio 264 dirigenti medici, 23 biologi, 454 infermieri, 68 tecnici di radiologia, 36 impiegati e 126 operatori socio-sanitari, mentre a Monserrato lavorano 151 medici, 222 infermieri, 38 tecnici di radiologia, 16 impiegati e 53 operatori socio-sanitari. «I problemi legati alla periodica carenza di personale infermieristico si ripropongono ciclicamente, legandosi anche alle forme di reclutamento - dice la direttrice sanitaria Maria Teresa Orano - la flessibilità è elevatissima perché più soggetti fanno una molteplicità di concorsi e, dopo aver preso servizio in una sede, ne scelgono poi un'altra. Così può avvenire che un reparto si sguarnisca dall'oggi al domani. E le procedure per una nuova selezione non sono certo velocissime». Amara ma inoppugnabile l'ultima riflessione: «Le esigenze, le tecniche e le tipologie di offerta sanitaria hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni - conclude la Orano - è chiaro che noi oggi, soprattutto al San Giovanni di Dio, soffriamo più dall'inadeguatezza di alcuni degli stabili a nostra disposizione che dell'assenza di personale medico e infermieristico». BROTZU All'azienda sanitaria dell'ospedale Brotzu (di recente affidata al commissario Antonio Garau, che subentra a Giorgio Sorrentino), finita più volte sul banco degli imputati per la questione dei turni definiti «massacranti» da un corpo infermieristico che da anni opera in una situazione di emergenza continua, non si trova nessuno disposto a commentare la situazione. «Sono giorni di avvicendamento, dopo le nuove nomine disposte dall'assessorato - si giustificano dagli uffici - ogni ulteriore commento è superfluo». A parlare sono, dunque, i numeri: quasi completa la pianta organica relativa ai medici (quelli in servizio sono 435, i posti vacanti sono meno del 10 per cento), più problematica è la questione che riguarda gli infermieri. A referto ne risultano iscritti 806 ma, tra benefici di legge, malattie, mobilità e congedi, in servizio pare non ce ne siano mai più di 730. Così, considerando anche i posti non coperti, sono più di cento le caselle che ogni giorno devono essere riempite per quel che riguarda un'equa copertura dei turni. ASL 8 Paradossalmente l'azienda che sembra stare meno peggio è la Asl 8, che ha più unità ospedaliere da governare: Oncologico, Microcitemico, Binaghi e Santissima Trinità. I numeri raccontano di una realtà dove non si registrano grandi sofferenze. I medici in servizio sono 437, mentre i posti vacanti sono 38, meno del 10 per cento. Una percentuale ancora inferiore la si registra per quel che riguarda il personale infermieristico: i posti coperti a tempo indeterminato sono 2533, mentre quelli vacanti sono 129 (una percentuale inferiore al 5 per cento), ulteriormente ridotti a 97 grazie al recente inserimento di nuove figure professionali, reperite in una graduatoria dove c'erano degli idonei non vincitori di concorso. I SINDACATI La Uil contesta i dati della Asl 8. «Nell'ultimo documento aziendale si parla di 539 carenze in organico in tutte le categorie», spiega Mario Sollai, segretario regionale Uil-Fpl. «Stando solo agli operatori socio sanitari in pianta organica ce ne dovrebbero essere 195 invece ce ne sono 87 interinali e 50 a tempo indeterminato». L'altro problema segnalato da Sollai riguarda il contratto integrativo: «È scaduto dal primo gennaio 2006 e non ci è stato rinnovato. Abbiamo avviato trattative prima con Gumirato poi con Barranu. E ogni volta che si arrivava a buon punto andavano via. Parliamo di circa 150 euro al mese che mancano dalle buste paga». Al Brotzu «nonostante le incessanti richieste del sindacato la situazione infermieristica è da anni al limite della sopportazione», segnala Attilio Carta (Uil-Fpl), «e non si capisce perché la Regione non abbia ancora provveduto a sbloccare i concorsi già da tempo attivati al Brotzu e non solo». Eppure, a fronte di evidenti carenze di infermieri, l'Università continua a formarne solo 250 all'anno a fronte di circa 5000 richieste: il 5 per cento. Un paradosso che Antonio Masu, numero uno della Cisl-sanità, sottolinea con forza. «I giovani vorrebbero studiare ma non trovano posto. Di contro si continua a far ricorso a infermieri, spesso rumeni, assunti da agenzie interinali per pochi mesi. Insomma, la precarizzazione del personale sanitario è un fenomeno in espansione e preoccupante». Giovanni Pinna (Cgil) va oltre: «Da anni sollecitiamo più posti all'Università ma non c'è niente da fare. Serve una battaglia forte che parta dalla Regione, altrimenti lasciamo spazio agli stranieri. Ma lo sa che ci sono società italiane che organizzazono corsi di formazione in alcune nazioni estere e collocano infermieri in Sardegna?». ANTHONY MURONI _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 Sett.. ’09 ASL E BROTZU, UFFICIALI LE NOMINE DEI COMMISSARI Ora ci sono davvero: i commissari delle otto Asl sarde e dell'azienda ospedaliera Brotzu hanno firmato ieri il contratto, dopo un incontro con l'assessore alla Sanità Antonello Liori, e quindi subentrano ufficialmente ai direttori generali nominati dalla Giunta di Renato Soru. I nomi sono quelli già noti: al Brotzu il commissario è Antonio Garau, mentre nelle Asl andranno Paolo Manca (Sassari), Giovanni Fadda (Olbia), Antonio Succu ( Nuoro), Francesco Pintus (Lanusei), Giovanni Panichi (Oristano), Giuseppe Ottaviani (Sanluri), Maurizio Calamida (Carbonia), Emilio Simeone (Cagliari). Mancano all'appello solo le aziende ospedalierouniversitarie: sono stati indicati Ennio Filigheddu (Cagliari) e Giovanni Cavalieri (Sassari), ma firmeranno dopo l'intesa coi rettori dei rispettivi atenei. Nell'incontro di ieri, l'assessore Liori ha dato ai commissari direttive molto stringenti rispetto al controllo della spesa. In particolare dovrà essere verificata ogni singola voce, come richiesto per altro nei giorni scorsi all' assessore dal presidente della commissione consiliare Bilancio Paolo Maninchedda, nel timore di un'impennata dei costi. _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 25 Sett. ’09 VERTICE DEI GOVERNATORI: MANCANO ALL'APPELLO PIÙ DI 7 MILIARDI Le regioni: i conti non tornano il patto salute è da riscrivere Roberto Turno Le regioni riscriveranno da sé da cima a fondo il «Patto per la salute» preparato dall'Economia. A cominciare dai conti, che non tornano per 7 miliardi nel 2010-2011. E tra due settimane contano di presentare la loro proposta a quel vertice con Berlusconi che finora è stato già rinviato per tre volte. In tempo utile - Tremonti e Sacconi permettendo - per raggiungere all'ultima curva possibile l'intesa che per legge dovrà arrivare per il 15 ottobre. È un varco (anche temporale) strettissimo e non esattamente in discesa quello che ieri, tutti insieme, i governatori hanno deciso di imboccare dopo una riunione straordinaria sulla sanità. Anche con qualche distinguo e preoccupazioni maggiori o minori, al di là dell'unanimità di fondo. Il percorso prevede che mercoledì gli assessori (al Bilancio e alla Sanità) e i tecnici regionali mettano a punto la proposta, che sarà poi esaminata dai governatori il giorno seguente. La settimana successiva dovrebbe esserci l'incontro col Governo. Col quale, immancabilmente, non mancheranno contatti ufficiosi per arrivare, se mai sarà possibile, a un compromesso e all'intesa finale. Va da sé che il primo nodo è il finanziamento. L'ha ripetuto Vasco Errani, il rappresentante dei governatori: «Non condividiamo il Patto che ci è stato proposto. E per il 2010-2011 c'è una sottostima di 7 miliardi». Erogare i Lea (livelli essenziali di assistenza), è l'allarme, «non sarà possibile». Ma l'assenza di un accordo, ha aggiunto il lombardo Romano Colozzi (coordinatore degli assessori al bilancio), «diventerebbe uno scontro istituzionale in cui nessuno vince ma tutti, Regioni, Governo e cittadini, perderebbero». Il ministro Sacconi intanto ieri ribadiva: «Le Regioni sbagliano, i soldi in più ci sono». Pronta la replica di Errani: «Basta che il Governo ci dica dove sono queste risorse, e le quantifichi». Il Patto (che per le regioni dovrà essere triennale, non biennale come propone il Governo) dovrà seguire la falsariga di quello in scadenza, scartando dunque tutti i passaggi che invadono le competenze regionali (esempio: taglio dei posti letto), potenzialmente incostituzionali, e gli automatismi sui ticket per chi sfora il bilancio. Condizione che, con risorse al lumicino, a quel punto rischierebbe la maggioranza delle Regioni. Gli stessi standard delle prestazioni sono messi in discussione da tutti e tra logiche dei piani di rientro e commissariamenti (le Regioni vogliono che commissario sia sempre il governatore), le modifiche richieste sono numerosissime. Quanto al finanziamento, si parte da 3,1-3,5 miliardi in più per il 2010. A farcela. Ma le regioni ci credono e sono pronte a far pesare anche l'aumento della popolazione (420mila assistiti in più, per l'effetto immigrati) che peserebbero sul Ssn per 700-800 milioni. _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 15 Sett. ’09 IL PATTO PER LA SALUTE È AI NASTRI DI PARTENZA Fabbisogno ancorato al Pil e senza aumenti - Scure sui posti letto: circa 7mila da tagliare in due anni Prevenzione: più fondi a livello locale Prima "bozza" del Patto per la salute 2010-2011. Non più triennale perché impegni di spesa su tre anni non è il caso di sottoscriverli: la partita sul finanziamento del biennio è ancora tutta aperta, tanto che nel testo (v. pagine 6-9) inviato la scorsa settimana dal ministero dell'Economia ai governatori sollecitando un rapidisssimo esame, ancora è scritta la quota considerata sottostimata per almeno 7 miliardi dalle Regioni. Con l'aggravante della ulteriore riduzione per accantonare gli 800 milioni destinati al fondo vincolato deciso con la legge 102/2009 (anticrisi) e - per ora - non assegnato in gestione alle Regioni, che deriverebbero, come ricorda la stessa bozza del Patto, dall'abbassamento del tetto di spesa farmaceutica previsto dalla stessa manovra. Ulteriore riduzione anche per i 50 milioni (come prevede sempre l'anticrisi) destinati al Bambino Gesù di Roma che diventano un finanziamento "automatico" e non più da concordare a ogni riparto. Ed è previsto che il fondo sanitario cresca ancorato a una percentuale (e quindi alla sua consistenza in questi anni al ribasso) di Pil. Inoltre, per attuare il Piano nazionale per la prevenzione (v. Il Sole-24 Ore Sanità n. 32- 33/2009) la bozza prevede la destinazione aggiuntiva alle risorse indicate negli obiettivi di Psn di ulteriori 200 milioni da parte delle Regioni. Uniche risorse in più sono i 434 milioni per coprire il mancato ticket sulle visite specialistiche per il biennio a cui il Patto si riferisce. Ma le Regioni hanno già annunciato che senza risorse non si possono fare "patti" e sono al lavoro per proporre una loro soluzione (v. pagina 4) con un innalzamento del fondo 2010 di almeno 3,3 miliardi. La richiesta del Governo è che l'esame sia avviato «con urgenza» in Stato- Regioni, ma i tempi previsti per l'approvazione sono ristrettissimi: la legge 102/2009 stabilisce che la partita dovrebbe chiudersi entro il 15 ottobre 2009. E da discutere con le Regioni c'è parecchio considerando le previsioni che la bozza di testo propone. A partire dagli standard di riferimento per i quali (si veda articolo in queste pagine) è ancora in bilico la scelta se calcolare i valori medi su quelli della Regione o della media delle Regioni in equilibrio economico e con il miglior risultato. E ancora riduzioni di personale e stretta anche sull'individuazione delle strutture semplici e complesse (in pratica meno primari). Poi ticket in agguato per chi sfora la spesa anche di percentuali minime (il 5% su base trimestrale o il 3% su base annuale) non solo sui farmaci e la specialistica ambulatoriale, ma anche sul day hospital e sulle spese alberghiere dei ricoveri ospedalieri. E sul capitolo spesa si dovrà prevedere anche una revisione normativa su accreditamento e remunerazione delle prestazioni. La rete ospedaliera. Un capitolo annunciato e che ora compare "ufficialmente" nella bozza di testo è quello della razionalizzazione della rete ospedaliera. Lo standard di posti letto si riduce dall'attuale 4,5 per mille abitanti, riabilitazione compresa, a 4 per mille abitanti, sempre con la riabilitazione. Vale a dire che come già annunciato (v. Il Sole-24 Ore Sanità nn. 14 e 26/2009) lo standard di riferimento per i posti letto per acuti sarà di 3,3 ogni mille abitanti con una riduzione rispetto agli attuali di circa 7mila in due anni considerando la pesatura con l'età della popolazione ed escludendo quelli in day hospital o 10mila se si calcola il dato sul semplice numero di tutti i posti letto in dotazione al Ssn. Lo "sforamento" concesso a questo standard non potrà andare oltre il 3% e nel numero di posti letto sono considerati anche quelli per i pazienti in mobilità da regolare con accoordi interregionali. Sempre sul versante ricoveri, la bozza di patto prevede il possibile stralcio dai Lea ancora da approvare del capitolo dei Drg ad alto rischio di inappropriatezza che dai 43 del Dpcm del 2001 passano a 109, risparmiando circa 800 milioni. Assistenza ai non autosufficienti. Le ipotesi riguardano la previsione di un limite di un posto letto di residenzialità per non autosufficienti per 100 anziani over 65 e 3 posti letto per 100 anziani over 75. Gli oneri extra saranno a carico delle Regioni. L'ammissione all'assistenza residenziale sarà poi subordinata a una valutazione multidimensionale eseguita secondo le indicazioni del Progetto Mattoni e dal 2010 dovranno essere «definitivamente» attivati i flussi informativi sulle prestazioni sia domiciliari che, appunto, in residenzialità. Il "vecchio Patto". Nella bozza si sollecita poi, entro fine anno, l'attuazione definitiva di una serie di previsioni contenute nel "vecchio" Patto per la salute: l'assistenza domiciliare per la continuità di assistenza ospedaleterritorio; la razionalizzazione della funzione ospedaliera; la revisione delle relazioni con le istituzioni private; la promozione della clinical governance. Controllo dei bilanci. Oltre a confermare tutte le precedenti previsioni sugli adempimenti per l'accesso al finanziamento integrativo del Ssn (il 3% del fondo accantonato ogni anno in attesa delle verifiche), la bozza prevede un controllo di qualità sui dati contabili, di struttura e di attività (anche su Irccs, Policlinici e strutture territoriali). Tutte le Regioni dovranno entro l'anno eseguire una verifica straordinaria delle procedure contabili, mentre quelle con i Piani di rientro dovranno intensificarle. E per raggiungere l'obiettivo potranno utilizzare le risorse destinate all'edilizia sanitaria. a cura di Marzio Bartoloni Paolo Del Bufalo Sara Todaro © RIPRODUZIONE RISERVATA (TESTO A PAGINA 6-9 ) I paletti del Patto proposto dal Governo FINANZIAMENTO. Il Governo propone 103,998 miliardi per il 2010 e 106,318 miliardi per il 2011. Le Regioni ne reclamano rispettivamente 107,933 e 110,167 OSPEDALI. Strategia a tre piste per il contenimento della spesa di settore. Il Patto prevede nell'ordine: la riduzione dei posti letto per acuti da 3,8 a 3,3 per mille abitanti con un conseguente taglio tra 7-10mila posti letto entro il 2011; il perfezionamento di accordi interregionali sulla mobilità sanitaria per il rispetto dei nuovi standard in cui siano ricompresi anche i pazienti provenienti da altre Regioni; l'individuazione di standard di ospedalizzazione, di struttura e di appropriatezza delle prestazioni ispirati alla performance della Regione o alla media delle Regioni più virtuose PERSONALE. L'esempio della prima (o delle prime) della classe sarà preso come punto di riferimento anche per individuare gli standard di costi e di numerosità del personale. Il Patto prescrive comunque a prescindere la riduzione degli organici e il ridimensionamento dei fondi per i contratti integrativi anche in funzione della razionalizzazione degli ospedali e delle misure di contenimento della spesa. Standard al ribasso infine anche nella determinazione delle strutture semplici e complesse (coordinamenti e primariati) per dirigenti e non TICKET. In caso di disequilibrio scatteranno automaticamente e potranno essere variamente introdotte o potenziate dalle Regioni in rosso le seguenti misure: ticket su farmaceutica e specialistica ambulatoriale; ticket sulle prestazioni medico-chirurgiche in day hospital; ticket sulle spese alberghiere in ricovero. Ipotizzato anche l'aumento delle tariffe pagate dai citta-IANI DI RIENTRO. dini per le prestazioni libero- professionali in intramoenia. Il nuovo onere graverà su tutti gli assistiti, esenti compresi; la stretta dovrà sanare almeno il 75% dello squilibrio P RIVATO ACCREDITATO. Tra le misure adottabili in caso di bilan- ci in bilico figurano anche le regressioni tariffarie per il privato accreditato: la riduzione del 40% della tariffa giornaliera per la riabilitazione scatterà dopo 45 giorni (non più 60); la riduzione dal 30 al 40% della tariffa in lungodegenza dopo 60 giorni P I progetti in corso nelle Regioni in deficit restano in vigore per ulteriori tre anni (fino al 2012). L'obbligo di sottoscrivere un Piano di rientro scatterà alla soglia del 7% di scostamento della spesa dal finanziamento ordinario ovvero in caso di insufficienza fiscale di Irap e Irpef anche in caso di disavanzi inferiori _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 15 Sett. ’09 BUDGET «RESIDUALE» PER L'ICT Voce assente dai piani nel 50% dei casi - Elevato il gap coi Paesi più avanzati Le strutture sanitarie stanno affrontando importanti sfide di rinnovamento e le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Ict) svolgeranno un ruolo sempre più centrale nell'innovare sia i processi di cura sia le modalità di relazione con i cittadini. Con l'Osservatorio Ict in Sanità (www.osservatori.net), la School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con Exposanità e con il contributo dell'Ict Institute del Politecnico di Milano, monitora lo stato di diffusione delle applicazioni Ict nelle strutture sanitarie italiane. Per tutto il 2009 l'Osservatorio si è posto l'obiettivo di mettere in luce i criteri alla base dei modelli di governo tecnologico-organizzativo e le migliori esperienze rintracciabili sul territorio nazionale. Sono emersi quattro ambiti di interesse prevalente: (1) la cartella clinica elettronica, (2) la dematerializzazione dei documenti, (3) i servizi digitali offerti al cittadino e (4) i sistemi di supporto alla clinical governance. Si tratta di innovazioni decisive per migliorare la qualità delle cure e il livello di servizio, ma il cui grado di diffusione attuale (grafico 1) dimostra che la Sanità italiana ha un significativo gap tecnologico da recuperare rispetto ai Paesi più avanzati. I sistemi di supporto alla clinical governance, in particolare, fanno riferimento ad applicazioni destinate a migliorare i processi decisionali e di controllo clinico-sanitario, al fine di garantire elevati standard assistenziali, il miglioramento continuo della qualità delle cure e la sicurezza del paziente. L'indagine promossa dall'Osservatorio Ict in Sanità si è focalizzata su sei aree specifiche che abbracciano le più comuni soluzioni Ict in questo ambito, ovvero: sistemi di supporto alla definizione dei percorsi di diagnosi, che supportano il personale sanitario nella formulazione della diagnosi o nella definizione del percorso di diagnosi; sistemi di supporto alla prescrizione della terapia farmacologica, basati su applicazioni in grado di supportare il personale medico nella scelta e verifica della terapia farmacologica; sistemi per il controllo di appropriatezza, a supporto di analisi su dati clinici consolidati relativi a scelte diagnostico-terapeutiche e alle prestazioni erogate; sistemi informativi per l'incident reporting, per la raccolta strutturata delle segnalazioni e per il reporting direzionale di eventi avversi ed eventi sentinella; sistemi integrati di Hospital risk management, per la gestione integrata di tutte le dimensioni di rischio delle strutture sanitarie; sistemi di supporto alle decisioni basati su indicatori di outcome clinico, mediante cruscotti di indici calcolati sia sulla base di dati clinici che amministrativi. L'indagine ha fatto emergere un contesto in rapida evoluzione, ma fortemente eterogeneo sul territorio e frammentato all'interno delle strutture. Si evidenzia una prevalenza di soluzioni isolate, utilizzate da singoli reparti o unità, in larga misura ancora allo stadio sperimentale (Figura 1), e che pertanto faticano a evolvere in applicazioni stabili, completamente integrate nella normale operatività dell' ospedale. I processi di sviluppo e implementazione sono spesso sostenuti con budget contenuti, se non residuali (il 23% del campione ha speso in quest'area meno di 50mila euro negli ultimi tre anni, mentre circa la metà delle aziende analizzate non ha nemmeno dei budget definiti), e sostanzialmente al di fuori di piani pluriennali (nel 47% dei casi). In questo quadro la limitata soddisfazione dei professionisti e la difficoltà a documentare benefìci tangibili a seguito di sperimentazioni limitate risultano, al tempo stesso, causa ed effetto di una lenta maturazione del mercato delle soluzioni, sia dal lato della domanda sia da quello dell'offerta. È comunque ragionevole attendersi un'evoluzione della situazione a favore di una maggior diffusione di tali applicazioni. Uno sguardo alla Figura 3 rivela infatti che per tutte le sei aree oggetto della ricerca sono attesi nuovi e più consistenti investimenti, con una forte prevalenza per le applicazioni relative alla gestione dei percorsi di diagnosi e della terapia farmacologica. Se, come sembra, gli investimenti in quest'area cominceranno a crescere e a stabilizzarsi su importi più consistenti (Figura 2, previsione sui prossimi tre anni), gli sforzi di innovazione non dovranno concentrarsi solo su aspetti tecnologico-funzionali. Per fornire un reale supporto decisionale ai professionisti della Sanità, le soluzioni dovranno abilitare un maggior coordinamento operativo e approcci multidisciplinari alla risoluzione dei problemi clinici. Per farlo sarà necessario lavorare su tutte le possibili integrazioni tra le diverse isole applicative costruite negli anni in risposta a esigenze specifiche. In questo senso, un elemento chiave potrà essere la progressiva diffusione, anche negli ospedali italiani, di sistemi di cartella clinica elettronica (Cce). Quest'ultima si configura infatti come il prerequisito fondamentale sia per l'adozione di sistemi di controllo in tempo reale del percorso diagnostico- terapeutico, sia per la generazione dei dati necessari a un efficace controllo sanitario. La ricerca ha anche messo in luce che le strutture sanitarie più piccole, pubbliche o private con meno di 300 dipendenti, non dispongono in genere di risorse sufficienti per supportare investimenti It nell'area della Clinical governance. Nel prossimo triennio si prevede per queste strutture una drastica riduzione degli investimenti, ovvero una prospettiva di forte criticità per il miglioramento degli standard di cura. Per analisi più dettagliate su questo e altri argomenti relativi all'innovazione Ict nella Sanità italiana si rimanda alla serie di rapporti scaricabili dal sito www.osservatori.net (sezione Ict in Sanità). Paolo Trucco Osservatorio Ict in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 15 Sett. ’09 IL MEDICO COMPETENTE AI SALDI Si moltiplicano le aste al ribasso delle Regioni per affidare nuovi incarichi nella Pa Il prezzo più basso dell'appalto è l'unico requisito previsto nei bandi Si mortifica il ruolo di questi operatori L'assessorato Agricoltura della Regione siciliana, per tutte le Province dell'isola, ma anche la Sardegna, Campania e alcune realtà locali, hanno indetto avvisi pubblici per l'affidamento dell'incarico di medico competente. Purtroppo, e non si tratta della prima volta, tali bandi prevedono per l'aggiudicazione il criterio del prezzo più basso (articolo 82 del Dlgs 163/06). Si tratta, cioè, di vere e proprie aste al ribasso, con cifre iniziali esigue a fronte delle prestazioni sanitarie da effettuare e con l'esplicita richiesta dell'ulteriore ribasso per la conseguente aggiudicazione dell'appalto stesso. Nei bandi, inoltre, non si fa alcuna richiesta per altri criteri di scelta, quali a esempio, l'anzianità professionale, la maturata esperienza nel settore, la valutazione del curriculum scientifico e professionale ecc. I rappresentanti della società italiana di Medicina del lavoro e Igiene industriale ritengono che in questo modo venga mortificata l'attività professionale del medico competente, riducendola alla mera esecuzione di visite ed esami strumentali già precisamente individuati nel bando, facendo passare in secondo piano tutta la parte relativa alle attività di consulenza sulla valutazione del rischio, sopralluoghi presso gli ambienti di lavoro, alle riunioni annuali e quant'altro previsto dalla normativa, attività, comunque, citata nel bando in questione che quindi sembrerebbe ricompresa nell'esiguo compenso relativo indicato per visite ed esami a corredo. Inoltre verrebbe messa in luce la totale inosservanza delle norme deontologiche che regolano la professione medica e degli stessi dispositivi di legge, secondo i quali i costi relativi alla sicurezza non possono essere soggetti a gare a ribasso d'asta. Si attiva, in pratica una sorta di "guerra tra poveri" - al limite della concorrenza sleale - in quanto i centri servizi o anche i singoli professionisti del settore vengono spinti a offrire prestazioni mediche a prezzi sempre più bassi, confidando nella apparente remunerazione derivante dalla quantità delle prestazioni da rendere, ma con effetti verosimilmente negativi per la qualità complessiva delle stesse. Anche dal punto di vista strettamente legislativo le clausole dei bandi citati che prevedono il ribasso potrebbero essere ritenute illegittime. Nello specifico, i bandi in questione hanno come oggetto l'attività di consulenza svolta dal medico competente e la conseguente sorveglianza sanitaria, erroneamente intesi come servizi di cui al Dlgs 163/06. Tuttavia l'aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto tali servizi è disciplinata esclusivamente dall'articolo 68 dello stesso decreto, che non prevede la possibilità di applicare il criterio dell'aggiudicazione del prezzo più basso. Anche la legge 3 agosto 2007 n. 123 vieta espressamente che questi possano essere soggetti a ribasso d'asta. Tale concetto è stato recentemente ribadito anche con il più recente Dlgs 106/09, che afferma che i costi della sicurezza «non sono soggetti a ribasso». Non sembra, infine, a parere dei medici competenti, sussistere alcun obbligo di legge che vincoli l'ente pubblico a seguire le procedure disposte sia dal Dlgs 163/06 sia dal decreto Bersani (legge n. 248/2006: i cui decreti attuativi non sono stati ancora emanati!), valide in linea generale per tutti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, cui però non può essere assimilato l'incarico di medico competente per l'adempimento degli obblighi di cui al Dlgs 81/08 e altra analoga normativa correlata. La questione è stata posta anche all'attenzione degli Ordini dei medici. C.A. Testuzza © RIPRODUZIONE RISERVATA _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 15 Sett. ’09 UN CUP A SUONERIA UNICA DA NORD A SUD All'esame delle Regioni la bozza delle linee guida per uniformare il sistema centralizzato di prenotazione ed erogazione delle prestazioni sanitarie Italia Nuovo step del mattone "tempi d'attesa" - Veneto, Lombardia, Emilia Toscana e Sardegna tra le best practice Un telefono che squilla per tutti e ovunque in modo uguale: strutture pubbliche, private accreditate, private, prestazioni a pagamento, intramoenia e intramoenia allargata, ricoveri ordinari, day hospital, specialistica ambulatoriale ecc. È il "Sistema Cup nazionale", descritto nelle linee guida predisposte dal ministro del Welfare e che è in fase di messa a punto finale con le Regioni per le ultime limature prima di regolamentare accessi, informazioni e offerta di servizi ai cittadini. Le best practice esistono (anche se il Cup è presente praticamente in tutte le Regioni: v. pagina 4), ma solo in cinque Regioni secondo il documento: Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Sardegna. E con due sistemi nazionali: quello del ministero dell'Innovazione che ha previsto il Cup on line e quello del Welfare, che nel "Mattone n. 6" ha organizzato a livello nazionale i "tempi di attesa". Obiettivo delle linee guida è organizzare in modo omogeneo a livello nazionale l'attività dei Cup, ottimizzando l'offerta verso il cittadino e "standardizzando" le analisi per rimodularla in base al rapporto tra ciò che è stato "prenotato" e quello che è stato effettivamente erogato. E i Cup dovranno cambiare la loro funzione aggiungendo a quella di "punto di prenotazione" anche un'attività di osservatorio per la riprogrammazione sociosanitaria, di riferimento per la formazione degli operatori, gestendo oltre prenotazioni e disdette, rimborsi, cambi di appuntamento, operazioni di cassa e allargando la propria funzionalità all'area veterinaria, a quella a pagamento (per la quale oggi esistono in molte realtà liste separate di prenotazione e gestione) e al settore socioassistenziale. I nuovi Cup, secondo le indicazioni della bozza del Welfare, dovranno anche rilasciare fatture e ricevute, contribuire alla gestione delle liste d'attesa, facendo da "ponte" per l'integrazione con i sistemi extra-aziendali e monitorando tutta l'offerta, con reporting per il controllo di gestione aziendale. "Occhio dell'utente" per una risposta completa e unitaria, quindi, ma anche dell'azienda. In questa organizzazione restano le caratteristiche attuali dei Cup che posso essere aziendali (di una singola azienda) o interaziendali. E questi ultimi saranno distinti in "unificati" e "integrati" dove nel primo tipo confluiscono più Cup aziendali in un unico strumento che gestisce tutto per tutti, mentre nel secondo si mantiene l'autonomia delle singole aziende (per salvaguardare soprattutto nelle best practice gli investimenti fatti, la titolarità dei dati raccolti, la trasparenza dell'offerta locale già raggiunta). Ai Cup integrati potranno essere affidate nuove funzionalità delle prenotazioni che le aziende non possono gestire direttamente e senza nuovi investimenti in software se non per far dialogare Cup aziendali e integrati. Poi il monitoraggio. Sotto controllo quattro categorie: cittadino, erogatore, prestazione (con il controllo di chi prescrive, chi eroga e del tipo di accesso), tempo (dalla prescrizione alla prenotazione, con classi di priorità e date, dalla "prima disponibilità" al referto). Grazie ai Cup, infine, saranno rilevati i tempi di attesa per singole prestazioni, la "saturazione" delle agende, i flussi di carattere operativo ed economico. E potrà essere gestita anche la mobilità interregionale: solo un sistema che parla la stessa lingua può verificare la reale neccessità dei viaggi della speranza. a cura di Paolo Del Bufalo Barbara Gobbi Sara Todaro TABELLE Le best practice nazionali e regionali di riferimento per l'evoluzione dei sistemi Cup Entità progettuale Ambito Tipologia Argomenti trattati Dipartimento Innovazione e Tecnologie Nazionale Linee Guida Progetto pilota "Cup online" Ministero del Welfare Nazionale Linee Guida Programma Mattoni Ssn Mattone numero 6 "Tempi di attesa" Lombardia Regionale Linee Guida Progetto "Crs-siss" Entità progettuale Ambito Tipologia Argomenti trattati Veneto Regionale Linee Guida Progetto "Iess" Toscana Regionale Delibera Regionale e allegato Progetto "Dal Cup dei cittadini al Cup del sistema" Progetto "Sisar" Emilia Romagna Regionale Circolare e linee guida; Manuale Standard HL7 Progetto "Sole" Sardegna Regionale Documenti di progetto Progetto "Sisar" Le funzioni che dovrebbero essere garantite dal sistema Cup 1 Svolgere attività di servizio sia verso l'azienda sanitaria che verso il cittadino, sia nel back che nel front-office 2 Bilanciare adeguatamente decentramento e accentramento delle prestazioni 3 Operare secondo un bacino di riferimento territoriale di Asl, ivi comprese le Ao, presenti nel territorio, con rimandi anche ad altre Asl 4 Agire da osservatorio delle dinamiche di entrate-uscite dei cittadini dal Ssn con tutto quello che comporta a livello di programmazione socio-sanitaria, locale e non 5 Contribuire alla formazione, apprendimento e aggiornamento degli operatori sanitari 6 Collegarsi con gli Urp e con le associazioni dei cittadini 7 Agire in una prospettiva di percorso: dalla prenotazione al referto, garantendo la riservatezza 8 Rendere più efficiente ed efficace l'accoglienza e la vita ai cittadini favorendo logiche di riscontro ex post e continue 9 Fornire informazioni agli utenti 10 Consentire di entrare e di uscire dal sistema (disdette, rimborsi, cambi appuntamenti) 11 Effettuare operazioni di cassa 12 Ampliare il servizio, oltre al settore pubblico, anche a quello privato accreditato 13 Allargare le prestazioni all'area veterinaria, all'area a pagamento e alla libera professione intramoenia, oltre che al settore socioassistenziale 14 Rilasciare fatture/ricevute per tutte le prenotazioni sanitarie o servizi richiesti 15 Contribuire alla gestione allargata e incrociata delle liste d'attesa 16 Contribuire alla gestione della domanda, come espressa dai cittadini, e al monitoraggio dell'offerta, come garantita dall'azienda in collaborazione col privato accreditato 17 Produrre un sistema di reporting per alimentare il controllo di gestione aziendale con informazioni specifiche 18 Garantire modularità al sistema limitandosi a funzioni di sola prenotazione per pazienti ambulatoriali, ricoverati, soggetti paganti, come anche incasso, accettazione 19 Consentire l'integrazione con altri sistemi intra o extra aziendali 20 Rappresentare un momento di nuova organizzazione delle procedure sanitarie aziendali ripensate con l'occhio dell'utente, che vuole una risposta completa e unitaria ai propri bisogni di salute _______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 29 Sett.. ’09 GLI UTENTI DIFFIDANO ANCORA DEL CALL CENTER Sanità e affari sociali : Asl, meglio l’accesso diretto CARBONIA. Sono stati 300 mila 494 gli accessi agli sportelli della Asl dal 1º gennaio 2009 al 16 settembre scorso, per le prenotazioni di visite ed esami strumentali e il pagamento del ticket: il “più amato dai sulcitani” fra i presidi sanitari è l’ospedale Sirai, con 66 mila 415 accessi, seguito dal Santa Barbara, giunto a 51 mila 576, con una differenza di 14 mila 839 unità, a breve distanza dal poliambulatorio di piazza San Ponziano a Carbonia, che fa registrare 51 mila e 90 contatti. I numeri sono diffusi ufficiosamente dall’azienda sanitaria, come già era accaduto qualche mese: cifre che mostrano una indubbia preferenza da parte dei cittadini del Sulcis Iglesiente per il “tête a tête” con l’impiegato delle prenotazioni rispetto al contatto da casa con l’addetto del centro per le prenotazioni telefoniche, ormai per altro unificato, quest’ultimo, in una struttura regionale. L’ unificazione, razionalizzando il servizio, non ha mancato tuttavia di lasciare strascichi di imprecisioni, impossibilità a fornire informazioni sufficientemente precise, insoddisfazione da parte dell’ utenza: da queste parti, il risultato è che ancora oggi si ritiene più attendibile affidarsi ad un operatore “in carne ed ossa”, piuttosto che al telefonista del “call center”. Nella “graduatoria” fra i diversi sportelli dell’azienda sanitaria di Carbonia, si piazza all’ onorevolissimo quarto posto la stazione prenotazioni-ticket di Carloforte, con 41 mila 219 presenze, che testimoniano l’importanza di questo presidio nell’isola di San Pietro. Ci sono poi i 32 mila e 35 utenti che hanno scelto Sant’Antioco per l’espletamento della “pratica”, e i 29 mila 790 che si sono avvicinati in via Cattaneo, ad Iglesias, allo sportello del CTO. Sono 11 mila 525 gli accessi al poliambulatorio di Giba, cinquemila 663 a Narcao, cinquemila 141 a Calasetta, tremila 189 a Portoscuso, duemilauno a Santadi, 406 a Domusnovas, 330 a Fluminimaggiore, 114 a Gonnesa: dati, quelli degli sportelli dei piccoli comuni, che testimoniano una residualità tale da costringere i vertici dell’Asl a meditare sull’utilità di queste postazioni periferiche. Ma le riflessioni sui numeri possono essere indotte dall’incrocio dei dati trapelati dagli uffici di via Dalmazia 83. A cominciare da quello fra i due distretti sanitari in cui è stata divisa l’Asl pressoché all’atto della sua formazione: gli accessi agli sportelli di quello di Carbonia sono stati 218 mila 278, i cittadini che si sono rivolti a quelli del distretto iglesiente ammontano invece a 81 mila 366: la differenza, tutt’ altro che trascurabile, è di 136 mila e 62 accessi. _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 15 Sett. ’09 «TRE SFIDE PER LE AZIENDE DEL SSN» Parla Angelo Lino Del Favero, nuovo presidente di Federsanità Anci, che punta sull'innovazione delle Asl Sostenibilità, cure migliori e lavoro in rete - Il fisco federale sarà un «banco di prova» La benedizione arriva direttamente dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi : «Esprimo la più viva soddisfazione per la nomina di Angelo Lino Del Favero a presidente di Federsanità-Anci. Il suo nuovo incarico offre l'opportunità di valorizzare l'integrazione delle politiche socio-sanitarie- assistenziali tra aziende sanitarie e autonomie locali». Del Favero, oltre a essere un apprezzato manager del mondo della Sanità è il consulente d'eccellenza di Sacconi per le questioni sanitarie, almeno fino a quando il ministro terrà le redini del Ssn prima di cederle definitivamente a Ferruccio Fazio che sarà promosso, prima o poi, ministro. Per Sacconi, dunque, non c'è uomo migliore anche perché «l'esperienza di Lino Del Favero aggiunge - garantisce una visione coordinata del welfare nella chiave indicata dal libro bianco della responsabilità e della centralità della persona». Un rapporto stretto con il ministro che per il neo-presidente di Federsanità Anci, eletto lo scorso mercoledì durante il congresso straordinario della Federazione, non peserà sul suo nuovo incarico. Niente "conflitti di interesse" insomma: «Io sono un tecnico e metto a disposizione del ministro e delle aziende la mia esperienza. E in più per il mio incarico di presidente di Federsanità rinuncio a ogni emolumento». Sarà dunque un presidente super-partes? Oggi, soprattutto nella Sanità, bisogna avere una visione bipartisan e credo che certe scelte difficili, come ci dice anche la letteratura sanitaria internazionale, siano praticamente obbligatorie. Quali programmi ha per Federsanità? In autunno faremo un incontro per rivedere lo statuto in modo da integrare meglio l'attività dell'Anci con la Federazione. Poi lavoreremo per diventare sempre di più un luogo privilegiato per la cultura sanitaria, un luogo di incontro tra professionisti per far emergere le best practice. E quali sono le priorità su cui bisogna puntare? Ci sono due grandi temi ineludibili: la sostenibilità del sistema e la sfida della rivoluzione epidemiologica che vedrà aumentare sempre di più l'invecchiamento, le cronicità e i pazienti fragili. Come affrontare queste sfide? Con le misure che ormai conosciamo tutti: dall'alleanza con il territorio allo sviluppo della Sanità elettronica e all'impiego di nuovi modelli organizzativi che prevedono la necessità di formare una classe manageriale, anche di middle management , per gestire l'innovazione. Quali i messaggi lanciate a Governo, Parlamento e Regioni? Come manager siamo convinti della centralità del cittadino, una formula che non è affatto vuota. Perché chiudere i piccoli ospedali pericolosi per la salute o scegliere primari e manager con metodi meritocratici va proprio a difesa del cittadino. Ecco siamo a disposizione delle istituzioni per assicurare a tutto il sistema un'accelerazione meritocratica. Intanto però dovrete fare i conti con sottofinanziamento e taglio dei posti letto. Questi sono dei passaggi obbligati che non devono fare paura. Bisogna però arrivarci preparati attraverso complessi processi di riorganizzazione della Sanità e delle aziende. E poi c'è anche il costo standard che incombe. Il federalismo fiscale sarà un importantissimo banco di prova per tutti. Non è però la pietra filosofale che trasforma l'ottone in oro, bensì una sfida di responsabilità. Collaborerete con Fiaso? Certo, è un nostro interlocutore fondamentale. Ma vogliamo collaborare in modo stretto anche con l'Anaao, la Cimo, la Fnomceo, la Fimmg, gli infermieri per trovare strategie comuni su temi cruciali come il processo clinico. Insomma siamo per una forte apertura perché credo fermamente che noi manager non dobbiamo più essere autoreferenziali. L'aziendalizzazione ormai è salva? Sì, credo che non sia più in discussione. Però le aziende sanitarie sono cambiate, se prima operavano in una dimensione concorrenziale, oggi devono muoversi in una visione di complementarietà. Con tre sfide cruciali da affrontare: la sostenibilità, il miglioramento della salute dei cittadini e la necessità di essere parte di una rete di servizi. Marzio Bartoloni Angelo Lino Del Favero, 59 anni, è direttore generale dell'azienda Ulss 7 del Veneto. Già coordinatore del Forum permanente nazionale dei direttori generali di Federsanità Anci, è attualmente consulente esperto del ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi. È inoltre docente all'Università Luiss Guido Carli (Divisione Luiss business school) e membro dell'Aies (Associazione italiana di economia sanitaria). Del Favero è anche socio SIQuAS-VRQ (Società italiana per la qualità dell'assistenza sanitaria), è anche autore di numerose pubblicazioni in materia di management sanitario. _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 15 Sett. ’09 CON L'ARMA DELL'EFFICIENZA LE RISORSE POSSONO BASTARE» La spesa pro capite italiana è la più bassa tra quelle dei Paesi europei DI GIOVANNI MONCHIERO * Le crescenti difficoltà incontrate da Governo e Regioni nel definire concordemente il fabbisogno del Ssn sono l'inevitabile conseguenza dell'ulteriore divaricazione della forbice tra l'incremento dei costi in Sanità e quello del Prodotto interno lordo del nostro Paese. È ben noto, infatti, che in tutti gli stati dell'Ocse la dinamica dei costi del sistema Sanità, comunque gestito, è nettamente superiore al tasso di inflazione e che la crisi economica in corso ha avuto, e avrà nell'immediato futuro, effetti molto negativi sulle economie dei singoli Paesi. Il divario tra le risorse necessarie e quelle disponibili pone con drammatica attualità il problema della sostenibilità stessa di un Ssn universalistico e gratuito. In un contesto così negativo, l'applicazione dei princìpi del federalismo fiscale, seppur ampiamente condivisi, appare problematica e tende a porre all'attenzione del dibattito politico più gli elementi negativi del Ssn di quelli positivi, che pure ne fanno, nel suo complesso, uno dei più efficienti del mondo, come lo valuta l'Oms, e come confermano tutti gli indicatori sulla aspettativa di vita e sulle condizioni di salute della popolazione. All'attenzione dell'opinione pubblica vengono portati, invece, i saltuari casi di malasanità o i ricorrenti episodi di malcostume o l'attenzione alle tematiche gestionali, molto variabile da Regione a Regione, e si tende a dimenticare che la spesa sanitaria pro capite italiana è la più bassa fra quelle dei Paesi europei con i quali amiamo giustamente confrontarci ed è circa un terzo di quella degli Stati Uniti, che non rappresentano certamente un modello da imitare, ma che sono pur sempre il fulcro del progresso scientifico e tecnologico in medicina. In tempi di recessione, poi, non si può ignorare che il bistrattato Servizio sanitario nazionale, additato quasi sempre come mero fattore di spesa, rappresenta un importante fattore di stabilità economica e sociale poiché garantisce il reddito a 650mila addetti circa un milione e 200mila se consideriamo l'indotto - e costituisce linfa vitale per comparti industriali ad alto tasso di innovazione, come il farmaceutico e le imprese di apparecchiature diagnostiche e biomedicali. Questo insieme di benefici ha ovviamente un risvolto in termini di costi per il nostro già malandato bilancio pubblico, ma un migliore stato di salute della popolazione si traduce in maggiore produttività, mentre la carenza di investimenti pubblici in Sanità significa far lievitare i costi per la salute a carico delle famiglie. Con tutto quel che questo comporta in termini di contrazione della capacità di spesa per i beni di consumo. Non è un caso che Barak Obama abbia dato priorità assoluta proprio alla riforma sanitaria nel suo Piano anti-crisi, prevedendo un astronomico investimento di 634 miliardi di dollari che, secondo i calcoli del suo staff economico, sarà però in grado di dirottare dalle casse delle assicurazioni private ai portafogli delle famiglie americane ben diecimila miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Un fiume di risorse in grado di ridare spinta ai consumi e rimettere in moto l'economia. L'obamamania in Italia non sembra però aver incoraggiato cambiamenti di rotta nelle politiche di finanziamento del Ssn. Come denunciato in sede di Conferenza Stato Regioni, il Fondo sanitario nazionale risulta essere sottostimato per almeno 7 miliardi di euro. Questo, in un contesto di già forte squilibrio della spesa sociale, al 60% assorbita dalla sola spesa previdenziale. Denunciare il problema della sottostima non significa certo volersi sottrarre al compito di gestire la spesa sanitaria in termini di migliore utilizzo delle risorse, delle strutture e dello stesso personale. Che in Sanità, lo ricordiamo, è altamente qualificato. Proprio per migliorare gli standard di produttività dei dipendenti di Asl e ospedali la Fiaso (Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere) ha in questi giorni sottoscritto un accordo con il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta , che tra gli altri punti prevede di sperimentare l'applicazione nel comparto sanitario dei decreti legislativi di riforma del rapporto di lavoro nel Pubblico impiego, a cominciare dal nuovo meccanismo che, superando l'attuale distribuzione "a pioggia" degli incentivi alla produttività, prevede di destinare il 50% delle risorse al 25% degli addetti più meritevoli. Può essere un passo avanti verso un incremento di efficienza del sistema, che richiede però, all'interno delle aziende, il coraggio di scelte impopolari e, all'esterno, una diversa valutazione delle singole Asl che recuperi il concetto dell'economicità della gestione, ormai soppiantato dalla sola considerazione dell'equilibrio finanziario. Sotto questo profilo, l'aziendalizzazione se non può dirsi fallita è stata certamente accantonata. L'emanazione del Dlgs di attuazione della legge delega 15/2009 può essere l'occasione per rilanciare nella pubblica amministrazione il principio di efficienza senza perdere il patrimonio di esperienza maturato in questi anni dalla aziende del Ssn. È auspicabile che nel decreto o nei successivi regolamenti attuativi venga evidenziata tale specificità introducendo, in accordo con le Regioni, elementi di differenzazione nella retribuzione incentivante correlati all'equilibrio economico della gestione della singola azienda. Esistono e vengono regolarmente applicati in alcune Regioni, sistemi di valutazione delle aziende, come il sistema adottato da tutte le Asl toscane messo a punto dal Mes della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, che tendono tuttavia a verificare il raggiungimento di obiettivi di out-come, e quindi a privilegiare l'efficacia trascurando l'efficienza. Le difficoltà cui si accennava all'inizio impongono un recupero del concetto di efficienza nella gestione come elemento fondante della sostenibilità del Ssn che rappresenta per il nostro Paese una conquista irrinunciabile. Le aziende sanitarie e i loro direttori sono pronte a raccogliere questa sfida e a dare il proprio contributo di esperienza nell'elaborazione e nell'applicazione di strumenti gestionali innovativi. * Presidente Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 Sett.. ’09 NELLE PALESTRE SOLTANTO TECNICI PROFESSIONISTI» Stop ai dilettanti e all'improvvisazione nelle palestre. È questo l'obiettivo della proposta di legge presentata dai Riformatori in Consiglio regionale e illustrata ieri nel corso di una conferenza stampa al Caesar's Hotel. Nelle intenzioni del leader del partito Massimo Fantola, «in ogni palestra o struttura sportiva dovrà essere presente un professionista qualificato: un responsabile tecnico munito di laurea in Scienze motorie o diploma rilasciato dall'Istituto superiore di educazione fisica (Isef)». Figure professionali ampiamente disponibili in Sardegna, che è stata dapprima sede Isef, e attualmente sede del corso di laurea in Scienze motorie (Facoltà di medicina). L'esigenza di migliorare la qualità dell'offerta sportiva corrisponde dunque in maniera perfetta con l'impegno a dare uno sbocco professionale adeguato agli esperti del settore. IL CONI La proposta di legge, “Norme per la tutela della qualità dell'attività sportiva”, ha come primo firmatario il capogruppo Pierpaolo Vargiu. «Sono quattro milioni i frequentatori di palestre in Italia, lo sport ha un ruolo sempre maggiore nella società. La palestra dovrebbe essere il luogo della tutela complessiva della salute psicofisica: dall'educazione alimentare, all'attenzione ad un corretto stile di vita, fino alla lotta alle sostanze dopanti, che troppo spesso hanno causato disastri». D'accordo anche il presidente regionale del Coni Gianfranco Fara: «È un provvedimento che non ha un valore politico, perché riguarda la salute di tutti i cittadini. Oltre a questo, è un buon punto di partenza per dare maggiori opportunità di lavoro ai laureati». L'UNIVERSITÀ «Una proposta attesissima, un riconoscimento dovuto a questi professionisti», conferma Alessandro Mathieu, coordinatore del corso di laurea specialistica in Scienze e tecnica delle attività motorie preventive e adattate. «Altre regioni italiane, tra cui la Lombardia, la Toscana, l'Emilia Romagna e le Marche, sono già intervenute in questo settore con la propria attività legislativa». Soddisfazione per questo primo passo anche da parte di Myosotis Massidda, presidente di Asmos Sardegna (Associazione scienze del movimento e dello sport). Ma con una riserva: «Occorrerà specificare meglio quali sono le diverse figure professionali, perché non si può paragonare la competenza di un laureato in Scienze motorie con quella di chi ha fatto solo corsi federali». La petizione dell'Asmos, indirizzata al governatore Cappellacci, ha già raccolto su internet circa un migliaio di firme. FRANCESCO FUGGETTA