ATENEI, ALLARME DEI RETTORI SUBITO 50 MILIONI O GLI ATENEI SI FERMANO SCUOLA E UNIVERSITA’: PIANO DA 7,7 MILIARDI IN CINQUE ANNI SENZA LA NUOVA CULTURA LA CREATIVITA’ NON CORRE UN’INTEGRALISTA ANTI GAY AI VERTICI DEL CNR CAGLIARI: SCIENZE, CRNJAR RIELETTO PRESIDE STATISTICA: PORTE APERTE AL MAGO DEI NUMERI CONSIP, TAGLIATE FUORI LE IMPRESE SARDE CONSIP:«IMPRESE SARDE PENALIZZATE» I PRESIDI DI SCIENZE: SERVONO RICERCATORI UN CENTRO REGIONALE DELLA SCIENZA A CAGLIARI SULLA RICERCA LA SCURE DEL FISCO «I CAMPI ELETTROMAGNETICI NON SONO PERICOLOSI» ================================================================== TRA MEDICI E INDUSTRIA «VOLA» LA DEREGULATION SIRCHIA: PACCHETTI ASSICURATIVI PER I SERVIZI SPECIALISTICI OSPEDALIERI I MALATI? NON DECIDE LA SANITA’ MA L' ECONOMIA FARMACI, UN' AGENZIA PER TAGLIARE I PREZZI SENZA PROTOCOLLO LA MEDICINA SARDA RISCHIA LA SERIE B IL POLICLINICO NEL MIRINO DELLA CORTE DEI CONTI UNA VOLTA PENSAI DI SMETTERE MI APPARVERO I MIEI PAZIENTI BROTZU: IL SERVIZIO DI DIALISI PER TRENTA TURISTI BROTZU: L’ODISSEA DI UN PAZIENTE AL PRONTO SOCCORSO LA FINANZA INDAGA SULLE SPESE SANITARIE "SIAMO INDIETRO NELLA LOTTA CONTRO LA DISTROFIA" IGLESIAS:CHIRURGIA IN DIRETTA VIDEO DAGLI USA LA PILLOLA PER SMETTERE DI FUMARE LA MALATTIA CHE CAUSA GENIO, SREGOLATEZZA E MANIE SUICIDE ORTOPEDIA: BASTA UNA VITE CHE POI SCOMPARE FRATTURE RIPARATE DALLE CELLULE STAMINALI COME "RIPULIRE" IL SANGUE DALLE CELLULE CANCEROSE MAMMOGRAFIA VIA SATELLITE STAMINALI RIDANNO LA VISTA SI TORNA A CREDERE NEL VACCINO ANTI-ALZHEIMER LE ORIGINI GENETICHE DEL VIRUS HIV UNA CAUSA CHIMICA PER LA FIBROSI CISTICA ================================================================== _______________________________________________________ Il Sole24Ore 20 giu. ’03 ATENEI, ALLARME DEI RETTORI La Conferenza: senza risorse non si puo’ assicurare il servizio ROMA Nelle universita’ la «situazione e’ insostenibile». I rettori mettono in guardia Governo c Parlamento e, in particolare, «famiglie» e «studenti». Se non arriveranno risorse fresche, per coprire gli aumenti degli stipendi e la manovra di riequilibrio, per le universita’ ci sara’ «l'oggettiva impossibilita’ di erogare» il servizio, sia la didattica che la ricerca. Un'assemblea straordinaria della Conferenza dei rettori e’ gia’ convocata entro meta’ luglio per decidere le «azioni da intraprendere». Intanto, nel corso di un'assemblea che si e’ svolta ieri a Roma, i rettori --- ha spiegato il presidente della Conferenza, Piero Tosi - hanno anche approvato il progetto di un nuovo modello di finanziamento, che da tempo fa la spola tra i corridoi del ministero dell'Istruzione e quelli della Conferenza. In sostanza, i rettori hanno ratificato la fine del fondo di riequilibrio, che progressivamente avrebbe dovuto correggere le incongruenze della spesa storica, confluita nel fondo di finanziamento ordinario (Ffo), favorendo cosi’ gli atenei tradizionalmente piu’ ricchi. A1 posto del meccanismo di riequilibrio - che, cori una percentuale di risorse stornate dall'Ffo, e’ destinato a premiare gli atenei piu’ vicini a obiettivi di efficienza - si prevede una programmazione triennale, I piani delle universita’ saranno vagliati da commissioni ministeriali, che stileranno anche la classifica per i fondi. Gli eventuali controlli (a soldi spesi) dovrebbero essere effettuati ex post dal Comitato di valutazione del sistema universitario. Un tentativo per introdurre il modello e’ fallito nei giorni scorsi: l'emendamento al decreto legge 105 sull'universita’ e’ stato infatti ritenuto inammissibile dal presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. La formulazione votata dai rettori -- ha detto Tosi - stabilisce, pero’, che i criteri di valutazione dei progetti siano concordati con la Conferenza e, soprattutto, che il meccanismo sia accompagnato da risorse. Con questi paletti, «non vedo una perdita di autonomia da parte delle universita’», ha commentato il presidente della Conferenza. Tuttavia, e’ l'emergenza-finanziaria a tenere banco. I rettori chiedono che il riequilibrio 2003 sia effettuato mettendo in palio 50milioni di curo aggiuntivi, cosi’ da "incentivare" gli atenei che hanno conseguito progressi per quanto riguarda, tra l'altro, il numero dei laureati e la riduzione dei tempi per conseguire la laurea. Senza nuove risorse, lo storno dall'Ffa (sostanzialmente stabile rispetto al 2002) porterebbe a tagli consistenti nel bilancio degli atenei. Per ora il decreto sul riequilibrio e’ bloccato in attesa di capire come ridurne l'impatto. Inoltre, i rettori chiedono «l'immediata assunzione da parte dello Stato degli oneri derivanti dagli incrementi di stipendio del personale universitario, con recupero del pregresso». E investimenti consistenti nella Finanziaria 2004, i rettori sono pronti a garantire, al ministero dell'Economia, la trasparenza dell'uso delle risorse, con nuovi meccanismi per verificare, tra l'altro, il rispetto del tetto alle spese del personale: attualmente il limite per ogni ateneo e’ il 90% delle relative disponibilita’ del Ffo. _______________________________________________________ Corriere della Sera 20 giu. ’03 SUBITO 50 MILIONI O GLI ATENEI SI FERMANO I bilanci non riescono a finanziare gli aumenti concessi a docenti, ricercatori e personale amministrativo Il presidente dei rettori: ancora inattuate le promesse per le universita’ Salvia Lorenzo ROMA - «Se continua cosi’, molte universita’ saranno costrette a chiudere». Piero Tosi, presidente della Crui, la Conferenza dei rettori italiani, non fa tanti giri di parole. Perche’ dopo le dimissioni di massa annunciate nel dicembre scorso (poi rientrate), che hanno permesso di evitare i tagli previsti in Finanziaria, il problema sul tappeto e’ sempre lo stesso: mancano i soldi. «Abbiamo fatto il punto a sei mesi di distanza da quel momento critico - spiega Tosi - e abbiamo constatato, amaramente, che le soluzioni promesse non sono ancora arrivate». Quali sono le richieste? Lo spiega il documento approvato dalla conferenza dei rettori riunita ieri a Roma. Prima di tutto serve «l' immediata erogazione di 50 milioni di euro», una misura tampone per risolvere le emergenze piu’ gravi. E poi bisogna risolvere una volta per tutte un problema strutturale. Gli aumenti di stipendio decisi di volta in volta per professori, ricercatori e personale amministrativo gravano sul bilancio delle singole universita’. I rettori, invece, vogliono che a pagare siano le casse pubbliche. «Per una questione logica - osserva il presidente della Crui - perche’ la decisione e’ dello Stato e quindi anche l' onere deve esserlo». Ma soprattutto per un motivo economico: solo quest' anno gli aumenti peseranno complessivamente per 145 milioni di euro. La trattativa con il ministero dell' Economia e’ avviata da tempo. Ma i risultati non si vedono ancora. Non solo. Perche’ il documento della Crui guarda anche al futuro piu’ lontano. E chiede un «piano di investimenti nelle universita’ pubbliche», da inserire gia’ nel prossimo Dpef, il documento che prepara la strada alla legge Finanziaria. Per i rettori dovrebbe prevedere un «significativo stanziamento aggiuntivo ogni anno per i prossimi 3 anni». «Questo non e’ il momento delle minacce - dice ancora Tosi - ma noi abbiamo il dovere di avvertire famiglie e studenti che la vita delle universita’ e’ a rischio». Come dice piu’ burocraticamente il documento della Crui, ci sara’ «l' impossibilita’ oggettiva di erogare i servizi qualora le motivate e indifferibile necessita’ non fossero soddisfatte». Per trovare risorse, gli atenei possono muoversi anche da sole: accordi con aziende, fondazioni e altri enti privati. Ancora il presidente della Crui: «Questo lo sappiamo benissimo. Ma sappiamo pure che la formazione universitaria e’ un aspetto di interesse pubblico. E che quindi il primo finanziatore deve essere lo Stato. Da questo punto di vista l' Italia e’ gia’ messa molto peggio del resto d' Europa». Il mondo politico, per ora, tace. L' unico commento arriva da Andrea Martella, che per i Ds siede in commissione Cultura alla Camera: «Gli atenei sono stati lasciati da soli e il governo, preso in tutt' altre faccende, non sembra per nulla intenzionato a intervenire. Servono delle immediate risposte. Altrimenti saremo al crack degli atenei e della cultura di questo Paese». Lorenzo Salvia _______________________________________________________ Il Sole24Ore 16 giu. ’03 SCUOLA E UNIVERSITA’: PIANO DA 7,7 MILIARDI IN CINQUE ANNI ROMA o Un piano quinquennale da 7,7 miliardi di curo: Letizia Moratti, nelle scorse settimane, ha inviato al ministero dell'Economia il disegno finanziario per l'istruzione e la formazione dal 2003 fino a12008. E’ un progetto atteso e gia’ annunciato piu’ di un anno fa, quando il ministro dell'Istruzione lo rese noto ai sindacati. Il piano prevede gli investimenti e i risparmi in tutti i settori, dall'attuazione della riforma dei cicli agli incentivi per la professione docente fino ai finanziamenti per la parita’ scolastica. I 7,7 miliardi sono la cifra complessiva delle risorse in campo, ma le spese nuove non dovrebbero superare i 2 miliardi. Anche perche’ queste ultime vanno guardate insieme agli interventi di razionalizzazione dei capitoli di spesa, che il ministro Moratti ha intrapreso da tempo. Il testo e’ ora all'esame del dicastero del Tesoro e non potra’ non essere tenuto in considerazione nell'elaborazione del Dpef (il documento di programmazione economica e finanziaria). Certo, nel Dpef non ci sono le somme nel dettaglio. Ma molti numeri vanno e vengono freneticamente dalle stanze dei due ministeri, anche perche’ le cifre in ballo sono grandi: si tratta di oltre un milione di dipendenti pubblici e di otto milioni di studenti e famiglie. La scuola tra risparmi e riforme. Viale Trastevere avrebbe stimato la necessita’ di 600 milioni di curo per far decollare la riforma Moratti nei prossimi tre anni. Per ora si discute della possibilita’ di partire fin dal prossimo settembre, ma non mancano le difficolta’, a cominciare dalle resistenze del ministro Giulio Tremonti. Diventa cosi’ sempre piu’ concreta l'ipotesi di una maxi-sperimentazione delle novita’ previste: anticipo delle iscrizioni e insegnamento dell'inglese e del computer fin dalla prima elementari. Un capitolo non secondario e delicato riguarda i fondi alle scuole non statali, in particolare materne ed elementari, che stanno soffrendo i tagli imposti dal cosiddetto "decreto taglia spese" dell'Economia. Le ragioni di questi istituti sono difese a spada tratta da molti esponenti del Polo e la tensione e’ salita alle stelle fino a culminare, nei giorni scorsi, in uno scontro molto violento - rimasto riservato - tra Tremonti e il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Il Tesoro dovrebbe liberare subito una parte dei fondi attesi, mentre l'Istruzione ha stimato che occorrono complessivamente circa 360 milioni di caro. Conti dell'universita’ ad alto rischio. E’ molto probabile che, come l'anno scorso, sulle risorse destinate agli atenei si scateni un finimondo. Il presidente della Conferenza dei rettori, Piero Tosi, ha gia’ detto di essere «molto preoccupato» per i segnali in arrivo. I tecnici del Governo, peraltro, hanno accertato che l'ultima riforma universitaria sta costando cifre ingenti - le stime sono in corso - visto che sono stati attivati 3n-ila nuovi corsi di laurea. Secondo l'Esecutivo, il mondo accademico non sarebbe poi cosi’ virtuoso dal punto di vista finanziario: pare che oltre un terzo delle sedi universitarie, per fare assunzioni e contratti, abbia superato il limite del 90% del fondo statale a disposizione. Tanto che si e’ discussa perfino l'opportunita’ di riportare il pagamento delle retribuzioni dei docenti universitari dagli uffici degli atenei al Tesoro, per controllare meglio i costi del personale. La scommessa sui fondi per la ricerca. Durante l'ultima Finanziaria gli investimenti in questo settore sono stati un altro terreno di battaglia senza esclusioni di colpi. Da gennaio, pero’, il ministro dell'Istruzione e’ andato avanti ostinatamente sul progetto di riordino, tanto da aver varato la riforma del Cnr. L'obiettivo - sostenuto dagli imprenditori e condiviso a °livello politico e istituzionale - e’ di aumentare in pochi anni la quota del Pil (prodotto interno lordo) da destinare alla ricerca, portandola dall'attuale 0,8- 0,9% a circa il 2%. MARCO LUDOVICO _______________________________________________________ Il Sole24Ore 20 giu. ’03 SENZA LA NUOVA CULTURA LA CREATIVITA’ NON CORRE Di UMBERTO BERTELE’ Permangono una lontananza dalle Universita’ e una lentezza nell'adeguarsi agli strumenti che aiutano la concorrenza Investono le nostre imprese in innovazione? Piu’ nel prodotto o nei processi? Curano la formazione di chi dovra’ essere "agente" dell'innovazione stessa? Sfruttano le competenze dei centri di ricerca (universitari e non) o "fanno tutto in casa? Fanno un uso appropriato di quella infrastruttura tecnologica dalle potenzialita’ continuamente nuove che e’ la "rete"? Sono attente alle "nuove" esigenze della societa’ - la preservazione dell'ambiente, il rispetto di chi lavora nell'impresa c delle collettivita’ circostanti, la qualita’ e la sicurezza dei prodotti, l'adozione di corrette regole di "governance" - e se si’ utilizzano lo strumento della certificazione? Sono solo alcune delle domande che quasi d'improvviso un Paese come il nostro - tradizionalmente scettico sull'utilita’ economica della cultura e culturalmente restio a riconoscere il ruolo sociale dell'imprenditorialita’ e dell'innovazione - ha cominciato a porsi con insistenza, da quando si e’ reso conto che l'economia mondiale sta profondamente cambiando e che in questa nuova economia il nostro spazio potrebbe "rimpicciolirsi": per la difficolta’ di differenziarci in mercati mondiali estremamente competitivi; per la difficolta’ di riempire il vuoto lasciato sui territori dalle attivita’ divenute obsolete o delocalizzate con attivita’ nuove o con investimenti esteri. La Fondazione Nord Est, con la sua corposa indagine annuale su piu’ di mille imprese rappresentative della struttura della nostra economia, fornisce risposte anche a quanti interrogativi. Non entra nei dettagli, per come e’ concepita, ma offre molti spunti di riflessione. E nel proporre la "mia" riflessione - lo anticipo subito - ho scelto dialetticamente la strada di guardare al "bicchiere mezzo vuoto". Investimenti in formazione: oltre il 30°/n delle imprese intervistate non ne ha fatti negli ultimi due anni. Innovazioni di prodotto: quasi il 30%n non ne ha fatte negli ultimi cinque anni. Innovazioni di processo: la percentuale scende, un po', ma e’ sempre molto alta. Collegamento alla "rete": quasi il 10°/n delle imprese non solo non sfrutta le potenzialita’ della "rete", ma non e’ nemmeno collegata ad essa per la posta elettronica. Rapporti con le universita’: zero. E’ vero che il campione, proprio perche’ rappresentativo della nostra realta’, comprende imprese molto piccole o meramente commerciali, ma qualche "scricchiolio sinistro" c'e’. Innovare dovrebbe essere il "sale" delle imprese, e la creativita’ imprenditoriale non ci e’ mai mancata - negli anni della grande crescita ma anche nelle frequenti crisi che abbiamo poi attraversato - come testimonia la ricchezza raggiunta dal nostro paese. Quello che 'e cambiato e’ che l'intuizione e l'esperienza - tradizionalmente alla base della nostra capacita’ di innovare - devono essere sempre piu’ affiancate dalla conoscenza e dall'organizzazione. Non solo nelle imprese che si battono sui mercati con competitori dei piu’ diversi paesi, ma anche in quelle che rappresentano il loro "retroterra" e contribuiscono a determinarne la competitivita’. In questa direzione e’ essenziale che si lavori, duramente c da subito: perche’ e’ una cultura diversa che deve affermarsi come patrimonio collettivo; perche’ devono essere convertite al nuovo ruolo quei "tasselli" indispensabili della trasformazione che sono le infrastrutture culturali di ricerca e formazione. Ci riusciremo? Le difficolta’ sono state storicamente la nostra "droga"; la speranza e l'augurio e’ che lo siano anche questa volta. _______________________________________________________ Repubblica 19 giu. ’03 UN’INTEGRALISTA ANTI GAY AI VERTICI DEL CNR SIMONETTA FIORI Roma I piu’ sobri parlano di "assalto al Cnr". Il fisico Carlo Bernardini non arretra davanti a metafore colorite: «E’ come se fossero entrati degli estranei in casa, stracciando l'album di famiglia». La vicenda del massimo ente pubblico di ricerca in Italia sempre piu’ indigna i protagonisti della scena culturale, da Tullio De Mauro a Giuseppe Galasso, da Paul Ginsborg a Claudio Magris, da Adriano Prosperi a Carlo Ginzburg, firmataridi un manifesto rimasto inascoltato. Oggi un nuovo capitolo, che non manchera’ di suscitare polemiche. Dopo la nomina a commissario del rettore della Luiss Adriano De Maio - due giorni fa la firma del ministro Moratti, ora la ratifica spetta alla Corte dei Conti - e l'amaro commiato del presidente dimissionario Lucio Bianco con una lettera ai suoi collaboratori, sempre piu’ insistenti circolano le voci che accreditano come vice commissari Roberto de Mattei per la sezione umanistica e Fabio Pistella per quella scientifica. Se l'incarico di Pistella, gia’ direttore generale dell'Enea, professore di ingegneria meccanica all'Universita’ di Roma e attuale presidente dell'Inoa, Istituto nazionale di ottica applicata, non incontra opposizioni all'interno della comunita’ scientifica, diverso e’ il caso di de Mattei, modernista dell'Universita’ di Cassino famoso, piu’ che per l'opera i studioso, per le crociate contro i gay e le veementi battaglie papiste condotte dalla sua associazione culturale che non a caso si chiama Lepanto (luogo della vittoriosa battaglia della Lega cristiana, nel 1571, contro la flotta islamica-ottomana). cultore della figura di Pio IX e consigliere culturale di Gianfranco Fini, de Mattei si richiama fieramente ai valori d'un cattolicesimo fondamentalista. Quegli stessi che all'epoca del Gay Pride l'hanno indotto a promuovere una "marcia penitenziale" fino al Santuario del Divino Amore «in segno di espiazione per l'offesa arrecata dagli omosessuali alla capitale del Cristianesimo». Risale alla meta’ degli anni Ottanta il suo appassionato lancio di uova marce in segno di protesta contro i film di Godard. Significativa la non sterminata bibliografia, che include titoli come Quale Papa dopo il papa, «in difesa del primato petrino contro i riformatori del ministero pontificio in senso egualitario e antigerarchico», la biografia di Plinio Correa de Oliveira innalzato a "crociato del XX secolo" e Il Centro che ci porto’ a Sinistra, saggio di denuncia sul «processo di scristianizzazione prodotto da mezzo secolo democristiano». Di eguale intonazione le pubblicazioni del Centro culturale Lepanto da lui diretto: tra le altre, Chiesa e omosessualita’, saggio di «costante e inappellabile condanna» dei gay, L'invasione silenziosa, contro l'immigrazione extracomunitaria«che rischia di provocare una colonizzazione alla rovescia, minando la stabilita’ stessa dell'Italia»> e Mors tua e vita mea contro 1'espianto di organi umani. Il suo nome non e’ di maggior spicco tra quelli dei modernisti italiani. All'Universita’ di Cassino e’ considerato un "invisibile", nel senso che non lo si vede mai. E l'ipotesi che possa essere de Mattei a guidare la sezione umanistica inquieta non poco gli studiosi del Cnr. Dice Rino Falcone, portavoce dell'Osservatorio per la ricerca (un ente che raccoglie oltre diecimila firme, tra gli altri Tullio Regge, Paolo Prodi, Margherita Hack): «Se passasse davvero questa nomina, sarebbero confermati i nostri sospetti secondo cui la riforma non e’ altro che un tentativo di occupazione politica del maggiorente di ricerca pubblico. Un fatto davvero grave». Il docente voluto da Fini a guida del settore umanistico. Riconsacro’ il percorso del "Pride" Bruno Giordani ROMA Un antidarwinista alla guida del Consiglio Nazionale delle Ricerche? Sembrerebbe cosi’ almeno se si vuole dar credito alle voci sempre piu’ informate che si rincorrono nei corridoi di piazzale Aldo Moro e che indicano come uno dei possibili vicecommissari del Cnr, il professor Roberto de Mattei. Sarebbe infatti imminente la nomina come vicecommissario destinato a guidare la ricerca in campo umanistico del prestigioso ente, del professore di storia moderna dell'Universita’ di Cassino, noto soprattutto per le sue tesi ultraclericali e antimoderniste. E intorno al suo nome si stanno scatenando le contestazioni di tutta la comunita’ scientifica, oltre che dei ricercatori del Cnr. Con la riforma Moratti, infatti, il nuovo vicecommissario avra’ pieno potere di nomina nei confronti dei capi di dipartimento e dei capi di istituto. «ognuno di noi - ha spiegato il preside di scienza della comunicazione dell’ Universita’ di Teramo, Francesco Benigno, anche lui professore di storia - e’ assolutamente libero di avere le sue proprie idee, ma quando si assume un ruolo di responsabilita’ come e’ quello della vicedirezione di un ente di ricerca, allora e’ bene che la persona che viene proposta non abbia posizioni tanto discordanti da quelle del resto della comunita’ che e’ chiamato a dirigere». Ma chi e’ il professor De Mattei? Il suo nome e’ arrivato al grande pubblico nei giorni del World Gay Pride di Roma. Quando organizzo’ una marcia di penitenza, in realta’ «un percorso di espiazione» per «l'offesa arrecata con la manifestazione degli omosessuali alla capitale del cristianesimo» alla quale aderirono anche deputati di Alleanza Nazionale tra cui Domenico Gramazio. Fino ad allora il nome di De Mattei era stimato solo negli ambienti ristretti della destra romana. Fini lo ha nominato come consulente per le questioni legate alla Convenzione Europea. De Mattei e’ anche direttore del centro culturale Lepanto che ha come fine quello della difesa dei «principi e delle istituzoni della civilta’ cristiana» e «dei valori tradizionali e familiari». Ma e’ dalle colonne dell'agenzia «Corrispondenza romana» di cui e’ direttore che traspare piu’ candidamente il pensiero del nuovo possibile vice commissario del Cnr : la contestazione al dibattito «Dimenticare Darwin» che si e’ tenuto all'Universita’ «La Sapienza» diventa «arbitraria interpretazione» e la Sars e’ invece il nuovo grande flagello contro il quale l'uomo non puo’ far altro che pregare «per liberarsi dal male che egli stesso ha attirato su di se’». «Quelle di De Mattei - ha spiegato Benigno - sono posizioni di un'area culturale estrema che intende promuovere la rivincita della Chiesa Cattolica sulla societa’ nata dalla Rivoluzione Francese. Davanti a posizioni come queste siamo liberi di manifestare le sue perplessita’ in merito alla sua nomina». _______________________________________________________ Corriere della Sera 20 giu. ’03 LE UNIVERSITA’ E I LORO SEMI Come rinasce il territorio attorno ROMA. L'interesse della seconda conferenza "Citta’-Universita’" organizzata nei giorni scorsi dal Comune sta in primo luogo nelle quantita’: oltre 220.000 studenti che frequentano i tre principali atenei pubblici e le numerose strutture private o della Santa sede. Il dibattito ha messo in luce anche un altro interessante aspetto: come sia cambiato nel corso degli anni il modo con cui le universita’ hanno risolto i rapporti con la citta’. "La Sapienza" ha iniziato a superare il recinto piacentiniano negli anni del secondo dopoguerra, invadendo i tessuti residenziali circostanti e provocandone la nota congestione. Oggi i programmi sono profondamente cambiati: e’ in vista un ulteriore decentramento in luoghi simbolici della citta’, l'ospedale psichiatrico di Monte Mario, in strutture produttive abbandonate, la Snia Viscosa al Prenestino e nel futuro comprensorio direzionale del Tiburtino. L'universita’ di Tor Vergata, dal canto suo, sta oggi rendendo concreto il vecchio sogno della Sapienza. Questa, era stata infatti ideata agli inizi del Novecento come un grande campus : alcuni interventi pubblici successivi alla sua stessa costruzione, come il ministero della Aeronautica, fecero naufragare quel disegno. Anche per Tor Vergata si era vicini al fallimento: negli anni '60, secondo la piu’ consolidata delle consuetudini urbanistiche romane, decine di ettari di territorio destinato all'universita’ furono lottizzati abusivamente. Si era di fronte ad una sorta di "campus gruviera", poiche’ le tre grandi aree abusive erano state oggetto di sanatoria e "ritagliate" dal perimetro del campus . Da qui e’ pero’ nato un progetto di sviluppo che si relaziona con queste parti abusive e la periferia circostante e le aiuta a trovare la qualita’ urbana che mancava. Sono stati creati nuovi servizi e viabilita’ (e’ da anni funzionante un nuovo Policlinico) e spazi verdi delle dimensioni di Villa Borghese. La terza universita’ Ostiense ha, infine, fatto tesoro del luogo prescelto, il vecchio quartiere produttivo della Roma degli inizi del '900 ed ha avviato una serie di interventi di recupero e di ristrutturazione di spazi produttivi abbandonati da decenni (si pensi alla vecchia vetreria San Paolo diventata sede del rettorato) o lo stesso restauro di complessi pubblici di grande valore, primi fra tutti il Mattatoio e la bella scuola Tommaseo. In questo caso si e’ saputo ridare vita a luoghi produttivi e a servizi scolastici abbandonati destinandoli a funzioni di alta formazione e ricerca. I tessuti circostanti alle universita’ hanno dunque subito una profonda riqualificazione. Ancor di piu’ si otterra’ integrando meglio le attivita’ con gli altri atenei privati e con il sistema della ricerca pubblica e privata che vanta complessivamente oltre 20.000 addetti. Una riflessione sulla vicenda universitaria romana puo’ aiutare a riconsiderare con meno sommarieta’ la centralita’ delle politiche di investimento pubblico: quando sorretti da una buona strategia sono infatti fattore di sviluppo urbano e sociale. Palo Berdini _______________________________________________________ L’Unione Sarda 21 giu. ’03 CAGLIARI: SCIENZE, CRNJAR RIELETTO PRESIDE Roberto Crnjar e’ stato rieletto preside della facolta’ di Scienze, Matematica e Fisica per il triennio 2003-2006. Crnjar ha ottenuto 102 preferenze su 198 votanti. Il suo avversario, Adolfo Lai, ne ha ottenuti 87. Milanese, 52 anni, laurea in biologia a Pavia, Crnjar insegna a Cagliari dal '79 ed e’ ordinario di fisiologia generale dal '94. Esperto di fisiologia sensoriale del gusto e dell'olfatto, Crnjar si e’ impegnato a cercare piu’ fondi per l'attivazione di laboratori specializzati. _______________________________________________________ Il Sole24Ore 16 giu. ’03 STATISTICA: PORTE APERTE AL MAGO DEI NUMERI Figure, emergenti. Le aziende cercano laureati in Statistica, ma le Universita’ non ne sfornano abbastanza Al di la’ degli sbocchi tradizionali, oggi si presentano nuove opportunita’ di inserimento in tutti i settori Far parlare i numeri. E’ il lavoro dello statistico, specialista che non si limita a raccogliere i dati, ma li legge e li interpreta, permettendo ai vertici dell'azienda in cui lavora di prendere una decisione. Si tratta, pero’, di un profilo professionale difficile da reperire, perche’ i giovani attratti da questa disciplina sono ancora pochi, quindi destinato a trovare un posto di lavoro in fretta e con facilita’. Se infatti, tradizionalmente, lo sbocco per il laureato in Scienze statistiche erano perlopiu’ i grandi istituti di ricerca o i centri studi del settore pubblico, oggi questa figura e’ sempre piu’ richiesta dalle aziende di ogni comparto. Una materia ostica. E’ quanto emerge da una indagine della facolta’ di Statistica dell'Universita’ di Milano Bicocca, i cui risultati sono stati presentati la scorsa settimana, durante l'incontro «Statistici e lavoro». Il convegno e’ stata l'occasione per fare il punto con le aziende e far incontrare domanda e offerta. I risultati dell'indagine dico no che il mercato oggi richiede molti laureati in Scienze statistiche, mentre questi scarseggiano. A scoraggiare i giovani, forse, e’ l'idea che la materia sia particolarmente ostica e impegnativa. Invece, assicurano i docenti di Milano-Bicocca, il suo grado di difficolta’ e’ comparabile a quello delle altre discipline scientifico-matematiche. A Milano, nello scorso anno accademico sono stati congedati 110 laureati in Scienze statistiche. Il 43% aveva gia’ trovato lavoro prima di aver completato il corso di studi, mentre altri venti ragazzi hanno dovuto aspettare solo quattro mesi per arrivare all'assunzione. Per venire incontro alle esigenze del mercato, a Milano, nella stessa facolta’, sono stati attivati tre nuovi corsi di laurea triennali, due biennali specialistici, due master e due dottorati. «Porsi domande sulle cause di un fenomeno significa fare cultura - spiega Paolo Mariani, docente di Statistica aziendale alla Bicocca - In realta’, il lavoro dello statistico non consiste semplicemente nel raccogliere i dati, che da soli possono significare qualsiasi cosa, ma nell'analizzarli, nel capirli e farli diventare un'informazione utile. L'informazione da’ poi luogo a una decisione, che a sua volta torna a influenzare i dati. Come si vede, e’ una attivita’ che non ha niente di arido o di pedante». Le qualita’. Vista la penuria di specialisti, accade che le aziende cerchino spesso di risolvere i problemi che richiederebbero l'intervento di uno statistico rivolgendosi a un laureato in Economia che generalmente, pero’, non ha una sufficiente preparazione metodologica. La sola abilita’ di trattare i numeri, infatti, non e’ sufficiente. Le qualita’ fondamentali per avere successo in questo campo sono quindi la versatilita’ e la trasversalita’. Lo dimostra l'ampia varieta’ di aziende, collocate in tutti i principali ambiti produttivi, che sono interessate ad assumere giovani laureati, come assicurano le testimonianze riprese dall'articolo in basso in questa pagina. La nuova frontiera. L'ultima applicazione delle competenze del laureato in statistica e’ il mestiere emergente (e assai richiesto) del data miner: uno specialista che utilizza metodi statistici e matematici per trovare e incrociare dati aziendali e di mercato, provenienti da basi diverse, per scoprire tendenze significative e informazioni utili per il business dell'organizzazione che lo impiega e fornire un supporto alle decisioni del suo management. Le imprese convenzionate con l'Universita’ di Milano Bicocca sono un centinaio. Tra queste, 80 sono impegnate in progetti formativi e attivano in media due stage, della durata di sei mesi, all'anno. L'Ufficio stage dell'ateneo sostiene di non riuscire a soddisfare tutte le richieste di tirocinanti che arrivano dalle diverse imprese, soprattutto di area lombarda, impegnate nei settori piu’ disparati: dalla finanza all'industria, dalla consulenza aziendale alla pubblica amministrazione, dalla sanita’ all'informatica, fino a comunicazione e servizi. Claudia Arrigucci _______________________________________________________ L’Unione Sarda 17 giu. ’03 FORNITURE DEGLI ENTI PUBBLICI, TAGLIATE FUORI LE IMPRESE SARDE Ds e Confindustria: il rischio e’ il monopolio a vantaggio delle multinazionali Confindustria sarda e Ds si mobilitano contro il sistema di forniture degli enti pubblici attraverso la Consip Spa, istituito con la Finanziaria nazionale del 2000 ed esteso nel 2001 anche a scuole, aziende e amministrazioni statali a ordinamento autonomo, Regioni, enti locali e universita’. Il regime mira a contenere la spesa pubblica, ma - secondo gli imprenditori sardi e il gruppo diessino in Consiglio regionale - finisce per penalizzare le piccole imprese, con conseguenti costi sociali in termini di aumento della disoccupazione, di riduzione dei consumi e crisi del comprto delle pmi commerciali, artigiane e industriali. Il problema e’ stato sollevato con una lettera aperta dell’Associazione degli industriali al Consiglio dei ministri e alle istituzioni regionali, ai sindacati e agli Enti locali, e con un’interrogazione al presidente della Regione Mauro Pili, primo firmatario Giacomo Spissu. Dall’esercizio finanziario 2003 gli enti pubblici dovranno aderire alle convenzioni Consip, stipulate con societa’ nazionali per la fornitura di beni e servizi il cui valore superi i 50 mila euro. Secondo la Confindustria, si va verso una situazione di monopolio a vantaggio di multinazionali, con gravi ripercussioni sulla concorrenza locale. Le ditte nazionali convenzionate Consip - sottolineano i consiglieri regionali diessini - si avvalgono di referenti unici locali distinti per settore, con gravi ripercussioni sulle piccole e medie imprese il cui mercato era rappresentato anche dalle pubbliche amministrazioni. L’Associazione industriali propone una serie di interventi correttivi, preceduti da misure urgenti: sospensione temporanea dell’applicazione delle norme Consip, almeno per gli appalti sotto i 200 mila euro, emanazione di norme regionali di salvaguardia delle pmi sarde, ricerca sugli effetti dei costi sociali e moltiplicatori negativi del regime Consip in Sardegna. _______________________________________________________ La Nuova Sardegna 18 giu. ’03 CONSIP:«IMPRESE SARDE PENALIZZATE» Confindustria e Ds contro il sistema degli acquisti negli uffici Sotto accusa il monopolio della «Consip», societa’ del Tesoro CAGLIARI. E’ un’autentica mobilitazione quella che sta crescendo in Sardegna contro il sistema di forniture degli Enti pubblici attraverso un’unica societa’ in capo al Tesoro: la Consip, una Spa istituita con la Finanziaria nazionale del 2000. Un regime ampliato nel 2001 anche a scuole, aziende e amministrazioni statali a ordinamento autonomo, regioni, enti locali e universita’. Il regime mira a contenere la spesa pubblica, ma, secondo gli imprenditori sardi e il gruppo diessino in Consiglio regionale, finisce per penalizzare le piccole imprese, con conseguenti costi sociali in termini di aumento della disoccupazione, di riduzione dei consumi e crisi del comprto delle pmi commerciali, artigiane e industriali. Il problema e’ stato sollevato con una lettera aperta dell’Associazione degli industriali di Sassari al Consiglio dei ministri e alle istituzioni regionali, ai sindacati e agli Enti locali, e con un’interrogazione al presidente della Regione Mauro Pili, primo firmatario Giacomo Spissu. Dall’esercizio finanziario 2003 gli Enti pubblici dovranno aderire alle convenzioni Consip, stipulate con societa’ nazionali per la fornitura di beni e servizi il cui valore superi i 50.000 euro. Secondo Stefano Poddighe, presidente dell’Assoindustriali di Sassari, si va verso una situazione di monopolio a vantaggio di multinazionali, con gravi ripercussioni sulla concorrenza locale. Le ditte nazionali convenzionate Consip - sottolineano i consiglieri regionali diessini - si avvalgono di referenti unici locali distinti per settore, con gravi ripercussioni sulle piccole e medie imprese il cui mercato era rappresentato anche dalle pubbliche amministrazioni. L’associazione industriali propone una serie di interventi correttivi, preceduti da misure urgenti: sospensione temporanea dell’applicazione diffusiva delle norme Consip, almeno per gli appalti sotto i 200.000 euro, emanazione di norme regionali di salvaguardia delle piccole e medie imprese sarde, ricerca sugli effetti dei costi sociali e moltiplicatori negativi del regime Consip in Sardegna. Nell’ambito della «liberta’ di mercato» - si legge nella lettera degli Industriali - si stanno creando clamorose ed evidenti condizioni di monopolio a favore delle imprese multinazionali, spesso nemmeno italiane, che in questa fase sono in grado piu’ di ogni altra realta’ di garantire la disponibilita’ di conoscenze ed esperienze sulle diverse tipologie di appalto. Sulla questione Consip il gruppo Ds, primo firmatario Giacomo Spissu, ha presentato un’interrogazione al presidente del consiglio regionale per chiedere che cosa intenda fare il presidente della giunta per evitare che l’insieme delle imprese sarde sia di fatto escluso dalle forniture delle amministrazioni pubbliche perdendo cosi’ una parte considerevole del lavoro. Il gruppo Ds chiede, infine, al presidente Pili di evitare che questa situazione determini una riduzione dell’occupazione fra le imprese fornitrici e ancora che cosa intenda fare per richiedere al governo la modifica della soglia dei 50 mila euro oltre la quale scatta l’obbligo del ricorso alla Consip. _______________________________________________________ L’Unione Sarda 17 giu. ’03 I PRESIDI DI SCIENZE: SERVONO RICERCATORI Caccia ai ricercatori. E’ la richiesta dei presidi delle facolta’ di Scienze, riuniti ieri mattina per una conferenza. L’appuntamento si e’ tenuto in citta’, «perche’ Cagliari e’ stata una delle sedi piu’ attive per le nostre iniziative», spiega Enrico Predazzi, preside della facolta’ di Scienze di Torino e presidente della conferenza nazionale. All’ordine del giorno, un documento che il primo luglio sara’ presentato al ministro Moratti. In programma sono progetti di orientamento, suggerimenti per un dialogo fra scuola e universita’ e chiarimenti sugli sbocchi professionali. «Servono cervelli e serve che rimangano in Italia», continua Predazzi. «Negli ultimi dieci anni in tutto l’Occidente e’ stato forte il calo delle occupazioni scientifiche e le nostre Universita’ non hanno fatto molto per risolvere il problema». Ora si tenta di recuperare il tempo perduto: il proposito e’ fare il punto sulla situazione attuale per migliorarla. Il progetto avra’ valore nazionale, poi ogni regione lo dovra’ personalizzare. «Stiamo creando i ponti con la scuola», dice Roberto Cernjar, preside della facolta’ di scienze di Cagliari, «ma ci serve l’aiuto del ministero». Le iniziative in citta’ riguardano gli studenti del quarto e del quinto anno: a loro e’ rivolta la campagna informativa, che punta soprattutto a chiarire le possibilita’ di sbocchi professionali per ogni corso di studi. _______________________________________________________ L’Unione Sarda 21 giu. ’03 UN CENTRO REGIONALE DELLA SCIENZA A CAGLIARI Proposta di legge Quarantatre’ firme per istituire un Centro regionale della Scienza in Sardegna. La maggioranza, trasversale, per approvare in Consiglio una proposta di legge istitutiva di una struttura museale in un immobile regionale, c’e’ gia’, ammesso che il testo presentato ieri dal primo firmatario Carlo Dore (Margherita) arrivi in Aula entro la legislatura. Tra i locali individuati per realizzare il Centro regionale ci sarebbe l’ex Manifattura tabacchi di viale Regiona Margherita in procinto di essere dismesso e di passare all’amministrazione regionale. In otto articoli e con una spesa iniziale di 755.000 euro, consiglieri di tutti i gruppi politici, tranne il Psd’Az, chiedono che anche Cagliari abbia una sorta di «centro propulsore» della cultura scientifica attraverso una fondazione con la partecipazione finanziaria della Regione e il contributo dei due atenei sardi. Fra i nove componenti il consiglio di amministrazione previsto dalla pdl figurano anche rappresentanti dell’Unione Province Sarde, del comune di Cagliari, delle universita’ e delle associazioni (Aif per l’insegnamento della fisica, Sci-Gruppo di didattica della chimica e Anisn che raggruppa gli insegnanti di scienze naturali) che negli ultimi tre anni hanno promosso con grande successo di pubblico, soprattutto fra gli studenti, la manifestazione «Scienza-Societa’-Scienza», attraverso mostre e dibattiti. _______________________________________________________ Il Sole24Ore 16 giu. ’03 SULLA RICERCA LA SCURE DEL FISCO INNOVAZIONE Per ogni euro investito le aziende italiane «lasciano» due centesimi all'Erario, quelle spagnole hanno un beneficio di 44 centesimi La burocrazia e l'assenza dl grandi progetti non agevolano l avvio delle applicazioni industriali Le imprese accusano: Il meccanismo impositivo scoraggia le spese per rafforzare le tecnologie avanzate MILANO a Fisco rapace con la ricerca. «Abbiamo fatto i salti mortali per partecipare, in cordata con un'azienda francese e una svizzera, a un progetto europeo di ricerca. Quando gli aiuti sono arrivati, c'e’ stata la "sorpresa" di vederceli tassati come fossero redditi. In sostanza il contributo e’ stato dimezzato», racconta Ezio Colombo, amministratore delegato della Ficep di Gazzada Schianno (Varese), un'azienda specializzata nella produzione di macchine per la lavorazione della lamiera con un giro d'affari di 60 milioni di euro realizzati sull'export all'80 per cento. Ricerca all'estero. Un caso isolato? Niente affatto. Dante Speroni, presidente dell'omonimo gruppo pavese della robotica a Sostegno di Spessa Po, realizza la maggior parte della sua ricerca in Europa e negli Usa: «Abbiamo costituito - racconta Speroni - due societa’, una a Chicago e una, piu’ recente, a Francoforte. In tal modo, anche per motivi "culturali", riusciamo a finalizzare meglio i nostri sforzi verso l'ottenimento di risultati industriali, cioe’ di performance del prodotto, e non solo di conoscenza teorica», oltre a combattere meglio gli ostacoli fiscali. Le applicazioni industriali. Due esempi che mettono in evidenza come sia "scoraggiante" per le aziende fare innovazione nel nostro Paese che non vanta «grandi programmi nazionali di ricerca in settori chiave come l'aerospaziale dai quali, a cascata, derivano applicazioni "dual use", come ad esempio gli Stati Uniti», ricorda ancora Speroni. E infatti i confronti internazionali confermano che l'Italia non e’ capace di utilizzare la fiscalita’ per sostenere gli imprenditori, come spiegano tecnici ed esperti dell'area Ricerca e innovazione di Confindustria, tra cui Paolo Annunziato. Le classifiche internazionali. I dati parlano chiaro. Se mettiamo su una matrice (come ha fatto 1'Ocse) i contributi, diretti e indiretti, alla ricerca e il complesso sistema di tassazione della stessa, vediamo come l'Italia risulti il Paese che ha entrambi gli indicatori piu’ elevati (in compagnia della Nuova Zelanda). L'ennesimo dualismo all'italiana. Anche perche’ i Paesi piu’ avanzati sul fronte dell'innovazione, come ad esempio gli Usa e la Gran Bretagna, sono quelli che godono di un favorevole sistema fiscale e di contributi significativi. Irpeg vorace. Ma le "sorprese" di questi benchmark non finiscono qui. Infatti, per ogni curo investito nell'innovazione, le nostre aziende accusano un saldo negativo poiche’ i sostegni non riescono comunque a compensare l'imposizione fiscale che grava sulla ricerca. In sostanza, gli strumenti d'intervento italiani trascurano la leva fiscale tanto che 1'Ocse ha evidenziato come le aziende in Spagna per ogni curo investito in ricerca e sviluppo godano di un incentivo fiscale di oltre 44 centesimi. Il Portogallo arriva a "incassare" 33 centesimi "netti" per ogni curo speso in ricerca, mentre l'Italia riesce a "conquistare" (si fa per dire) la posizione peggiore della classifica: in sostanza le aziende italiane "perdono" pet ogni euro piu’ di due centesimi (-0,026). «Questo significa in concreto - come spiega il direttore di Finlombarda, Marco Nicolai - che se in Spagna, per recuperare un curo di investimento in ricerca l'azienda deve mediamente produrre reddito per 0,56 centesimi, in Italia la stessa impresa dovra’ invece produrre reddito per 1,02 curo». I benchmark Ocse. Ma come mai questo paradosso? Come e’ possibile che la leva fiscale arrivi a penalizzare chi investe in ricerca? I benchmark Ocse su questo tema, che sono stati discussi anche in un workshop su finanza e innovazione svoltosi a porte chiuse con le aziende, il mondo del venture capital e della ricerca lombardi, assume sotto l'aspetto tecnico del calcolo un mix standard dei costi di ricerca e sviluppo omogeneo per ogni Paese e non tiene conto della diversita’ dei tassi d'interesse. «Quando abbiamo visto le ultime elaborazioni dell'Ocse - rileva Nicolai - non volevamo credere ai nostri occhi. Abbiamo fatto e rifatto i conti, ma e’ proprio vero che il Fisco penalizza chi investe in innovazione e sviluppo». In sostanza, dicono sia i numeri sia le esperienze aziendali: non e’ vero che la fiscalita’ aiuti le aziende a fare ricerca. Anzi. E’ l'esatto contrario. FRANCO VERGNANO _______________________________________________________ La Stampa 19 giu. ’03 «I CAMPI ELETTROMAGNETICI NON SONO PERICOLOSI» CONVEGNO DEL CNR: BASTA PSICOSI, NON ESISTONO PROVE CHE PROVOCHINO DANNI ALLA SALUTE ROMA «In nessuno studio scientifico vi sono elementi certi di danni alla salute e anche il lieve rischio di leucemia ipotizzato non e’ assolutamente certo ed eventualmente ipotizzabile solo per esposizioni enormemente superiori ai limiti». Lo ha affermato Francesco Cognetti (presidente dell'Associazione italiana oncologia medica e responsabile della Commissione internazionale che il governo ha istituito sul tema specifico), al convegno su «Effetti sanitari dei campi elettromagnetici», organizzato da ProgettAmbiente al Cnr. Lo scarso o nullo impatto dei campi elettromagnetici e’ stato sostenuto anche da due esperti stranieri, Michael Repacholy, responsabile del progetto campi elettromagnetici dell'Organizzazione mondiale della Sanita’, e Robert Park, dell’American Physical Society di Washington. Ancora piu’ drastico Franco Battaglia, docente di chimica fisica all'Universita’ di RomaTre e moderatore del convegno, secondo il quale «l'elettrosmog non esiste e per esserne certi basta un'ora di tempo dedicata alla lettura delle ricerche internazionali». In questo campo, ha detto ancora Cognetti, «c'e’ stata una mistificazione dei dati, riportati dai media, che dimostrerebbero una interazione tra i campi elettromagnetici e i danni alla salute, basati su studi fatti da scienziati, neppure troppo qualificati». Ogni valutazione sulla ragionevolezza ed efficacia delle misure cautelative in tema di esposizione ad emissioni di onde elettromagnetiche «deve essere fatta tenendo conto di tutte le conseguenze e le implicazioni delle misure cautelative proposte», ha aggiunto il professor Paolo Vecchia, del Laboratorio di Fisica dell'Istituto Superiore di Sanita’. Inoltre, mette in guardia il ricercatore, misure adottate per ridurre alcuni rischi «potrebbero nello stesso tempo aumentarne altri, o trasferire i pericoli su soggetti diversi». E a questo proposito il professor Vecchia rileva come lo spostamento di un elettrodotto per allontanare i conduttori da alcuni luoghi sensibili (come scuole, ospedali, abitazioni), che puo’ essere imposto per garantire il rispetto di determinati limiti di legge, «avvicina inevitabilmente la linea ad altri luoghi sensibili. Di conseguenza, mentre diminuisce l'esposizione di alcuni soggetti, aumenta quella di altri. In queste circostanze sarebbe opportuno un bilancio complessivo del rischio, che generalmente non viene effettuato». Ancora piu’ significativo, secondo il ricercatore, il caso delle stazioni radio base per la telefonia cellulare. La logica di funzionamento di questa tecnologia fa si’ che i livelli della potenza emessa, sia dalle stazioni fisse che dai telefoni mobili, vari sensibilmente secondo la qualita’ del collegamento e, quindi, secondo la distanza o la presenza di ostacoli. Un allontanamento delle antenne dai centri abitati e da altre aree in cui si concentra l'utenza, o comunque una loro collocazione in siti non ottimali, potrebbe ridurre leggermente i livelli ambientali di campo elettromagnetico dovuti alle stazioni radio base, «ma aumenterebbe sensibilmente quelli prodotti dai telefoni, che gia’ in partenza contribuiscono in misura molto maggiore, centinaia o migliaia di volte, all'esposizione individuale». r.r. ================================================================== _______________________________________________________ Il Sole24Ore 20 giu. ’03 TRA MEDICI E INDUSTRIA «VOLA» LA DEREGULATION A Milano un convegno su etica e business Profitto e ricerca: un equilibrio ancora difficile MILANO Dagli omaggi di piccolo taglio al turismo congressuale tra isole esotiche con vista su campi da golf. E’ solo la punta dell'iceberg di un rapporto divenuto sempre piu’ difficile tra medici, ricerca scientifica e industria. «La societa’ farmaceutica deve recuperare un suo codice etico, se non vorra’ fare nell'opinione dei piu’ la fine dell'industria del tabacco. Ma anche i medici siano meno succubi nei confronti dell'industria». Questa e’ la sfida lanciata da Alberto Malliani, nella sua introduzione al Forum su «Un nuovo rapporto tra Medicina e Industria», che si e’ aperto ieri e si concludera’ oggi a Milano ed e’ promosso dalla Societa’ italiana di medicina interna (Simi), di cui Malliani e’ presidente. Scienziati e industria devono lavorare assieme ma come ritrovare il margine di indipendenza di una cooperazione necessaria, quando i codici di autoregolamentazione non bastano piu’? Nessun tentativo di sfornare ricette per una questione, quella dell'etica, da anni al centro di dibattiti sulle piu’ prestigiose riviste scientifiche d'oltreoceano. Piuttosto, ha spiegato Malliani, «analizzare ricerca, formazione, informazione, prescrizione. Promuovere un esame critico dei meccanismi che collegano le parti in causa: industria, professionisti ma anche universita’, istituzioni sanitarie, economiche e politiche». AI convegno prendono parte, infatti, medici, farmacologi, amministratori regionali e manager dei principali gruppi farmaccutici. «Il progressivo rafforzamento del marketing delle industrie farmaceutiche - ha aggiunto Malliani - ha invaso l'indipendenza delle societa’ scientifiche con studi clinici controllati e un proliferare di eventi congressuali oltre ogni pudore». Replica Francesco De Santis, vice presidente di Farmindustria: «Le aziende si devono attenere a uno specifico codice deontologico, ancor piu’ restrittivo della legge in vigore, Condanniamo il turismo scientifico in localita’ esotiche, ma ricordo che ogni congresso internazionale viene preventivaniente avallato dal ministero della Sanita’». Mai come ora l'industria ha prodotto farmaci in grado di modificare il decorso di molte malattie e l'opinione pubblica e’ apparsa tanto consapevole e informata. «Le industrie farmaceutiche -- ha concluso Malliani - devono imparare a conquistare amici senza doverli comprare, e i medici imparare a valorizzare la credibilita’ della loro professione senza doverla vendere». L.CA. _______________________________________________________ Corriere della Sera 19giu. ’03 «I MALATI? NON DECIDE LA SANITA’ MA L' ECONOMIA» Medici e industriali a confronto sull' etica. Malliani: troppi conflitti d' interesse Cremonese Antonella Conflitto d' interesse. La sanita’, in Italia come altrove, e’ governata da un ristretto numero di addetti ai lavori che Alberto Malliani, clinico medico dell' universita’ di Milano, chiama l' «Accademia», e anche, piu’ aspramente, il «complesso medico-industriale». Non si tratta piu’ del medico di base che prende le mazzette dall' industria per prescrivere i medicinali, ma di un giro di alto livello, la comunita’ medico-scientifica che conta, che fa opinione: medici di primissimo piano che formano una ristretta rosa di consulenti dell' industria, e che riescono a guidare il mercato dei farmaci, degli strumenti da usare in sala operatoria, delle protesi (vedi il caso delle valvole cardiache «brasiliane» scoppiato alle Molinette di Torino) e che addirittura riescono ad influenzare le terapie. E' su questo conflitto d' interessi che si apre oggi pomeriggio alle 15, all' hotel Executive di viale don Sturzo 45 un Forum («Un nuovo rapporto tra medicina e industria. Etica per una cooperazione possibile») promosso dalla societa’ italiana di medicina interna, che Malliani presiede. Il 31 maggio scorso, il British Medical Journal ha dedicato l' intero numero a questo problema, e Malliani riporta le parole di Ray Moynihan, co-responsabile del numero speciale: «Le industrie farmaceutiche devono imparare a conquistare amici senza doverli comprare, e i medici devono imparare a valorizzare la credibilita’ della loro professione senza doverla vendere.» Ivan Cavicchi, gia’ direttore generale di Farmindustria e ora docente di sociologia sanitaria alla Sapienza di Roma, pensa che il controllo debba essere il compito della costituenda agenzia per i farmaci: «Non basta piu’ il codice deontologico dei medici, ne’ quello che l' industria si e’ dato. E la Guardia di Finanza serve a scoprire gli scandali ma non a raddrizzare il sistema. Ci vuole un controllo scientifico, e non burocratico.» Francesco De Santis, vicepresidente di Farmindustria, denuncia un aspetto poco noto: «Con una recente legge, l' autorizzazione ai nuovi farmaci la danno la Corte dei Conti e la Conferenza Stato-Regioni. Risultato? Per i malati non decide piu’ la sanita’, ma l' economia. E da 1 anno e mezzo in Italia non entrano farmaci di nuova concezione. Stiamo diventando un Paese del terzo mondo.» Antonella Cremonese _______________________________________________________ Corriere della Sera 15 giu. ’03 SIRCHIA: PACCHETTI ASSICURATIVI PER I SERVIZI SPECIALISTICI OSPEDALIERI La proposta del ministro della Salute. Critico il segretario della Cisl Pezzotta: no a una sanita’ a due velocita’ Cremonese Antonella MILANO - Gli ospedali pubblici, a corto di soldi, potrebbero dividersi subito piu’ di 5 milioni di euro all' anno se attirassero clienti privati con l' offerta di «pacchetti» assicurativi per accedere ai servizi specialistici intramoenia. L' ha proposto ieri il ministro della Salute Girolamo Sirchia nell' ambito di un dibattito dal titolo provocatorio («La politica sanitaria e’ solo economia?»), che ha concluso il congresso di «Medicina e Persona», un' associazione di medici e manager nata quattro anni fa nell' area della Compagnia delle Opere. Sirchia ha incassato subito il dissenso del segretario confederale della Cisl Savino Pezzotta («Siamo stati d' accordo con i fondi integrativi sanitari, ma nell' ottica del non profit. Sulle assicurazioni ho dei dubbi, e non vorrei una sanita’ a due velocita’»), ma Sirchia ha insistito: «Le polizze individuali di malattia ci sono gia’, e vanno dove capita. Canalizziamole verso gli ospedali, con vantaggio per il servizio sanitario». Il ministro ha ammesso che l' intramoenia (cioe’ i servizi a pagamento all' interno degli ospedali), e’ stato un fallimento: «Ha avuto un costo altissimo e non ha dato risultati. Perche’ non offrire alle compagnie assicurative, da parte degli ospedali pubblici, i reparti per solventi a prezzi calmierati?». Sirchia ha anche lanciato un allarme: «Se il primo pensiero e’ quello di contenere la spesa, il servizio sanitario perde la sua missione, viene sfiduciato. Rischiamo di curare i bilanci e non i malati». Antonella Cremonese _______________________________________________________ Corriere della Sera 20 giu. ’03 FARMACI, UN' AGENZIA PER TAGLIARE I PREZZI Pronto un decreto di Tremonti per diminuire la spesa. Dimezzati gli incentivi per i medici che seguono convegni sponsorizzati LA PROPOSTA E GLI EFFETTI Sensini Mario ROMA - Per il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, il problema e’ quello di trovare nuove fonti di finanziamento per la sanita’. Per il suo collega dell' Economia, Giulio Tremonti, all' inverso, il primo obiettivo e’ quello di risparmiare sulla spesa. Cosi’, mentre Sirchia presenta il Piano Sanitario del prossimo triennio, e annuncia che il conto da pagare e’ destinato a salire, il ministro Tremonti, spalleggiato dalle Regioni, stringe i tempi per mettere un freno alla spesa che corre. Cominciando da quella farmaceutica, che sebbene oggi non dia preoccupazioni presenta elementi di forte criticita’ e non garantisce sulla tenuta futura. Per questo i tecnici di Tremonti, insieme alle Regioni (che avrebbero voluto interventi anche piu’ incisivi) e al ministero della Sanita’ (che invece appare tutt' altro che convinto), hanno messo a punto un decreto legge da varare prima dell' estate, che attraverso l' istituzione dell' Agenzia Italiana del Farmaco rivoluziona il meccanismo di determinazione dei prezzi con lo scopo di ottenere gia’ entro quest' anno risparmi consistenti. Il decreto, ancora in bozza, prevede innanzitutto l' aumento del tetto della spesa farmaceutica dal 13 al 16% della spesa sanitaria complessiva. Tenendo conto, pero’, anche delle somme relative al trattamento dei pazienti in regime di ricovero ospedaliero. In caso di superamento del tetto i prezzi dei medicinali responsabili dello sforamento «vengono rideterminati in misura tale da rispettare i tetti di spesa stabiliti». Un freno automatico, dunque, ma non solo. L' Agenzia del Farmaco (con un presidente e un direttore nominati dalla Salute, ma con un mandato legato al «mantenimento dell' equilibrio economico dell' assistenza farmaceutica»), adottera’ un nuovo sistema di prezzi per i medicinali immessi sul mercato. Per quelli che non comportano vantaggi terapeutici - in pratica dei «doppioni» di prodotti gia’ esistenti - arrivera’ il via libera solo se il costo sara’ «inferiore al prezzo piu’ basso dei medicinali della stessa categoria terapeutica omogenea». E si arriva a quella che per le grandi multinazionali farmaceutiche potrebbe essere una vera e propria batosta. Innanzitutto con il taglio immediato dei certificati complementari che in Italia allungano in media di 4 o 5 anni rispetto all' Europa, la copertura brevettuale dei farmaci. Dal primo settembre 2003 la copertura sara’ «allineata alla normativa comunitaria», con un risparmio di 1,8 miliardi di euro a regime. Anche se Sirchia, sul punto, non e’ affatto d' accordo, perche’ lo ritiene in contrasto con la finalita’ di promuovere la ricerca. Secondo il Tesoro, forte del parere dell' Antitrust, il regime privilegiato italiano in vigore da anni non ha avuto il minimo effetto sulla ricerca. C' e’ poi, nel decreto, il tentativo di spezzare il circolo, vizioso secondo Tremonti, che lega le case farmaceutiche ai medici. I crediti formativi, utili alla carriera dei medici, che si guadagnano partecipando ai convegni delle case farmaceutiche, vengono decurtati del 50%. E in parallelo vengono potenziati del 20% quelli ottenuti partecipando alle iniziative delle Regioni. Che potranno regolamentare autonomamente la pubblicita’ delle aziende presso i medici, dai campioni gratuiti, ai gadgets. Il decreto prevede infine un' immediata riduzione del prezzo del 10% per i farmaci che non hanno confezioni con dosi non adatte ai cicli terapeutici standard. Le imprese, poi, saranno tenute «al fine di garantire una miglior informazione al paziente» ad inserire nelle confezioni un secondo foglietto informativo, stavolta «ben leggibile e comprensibile», su indicazioni e controindicazioni del medicinale. Il 24 giugno il decreto arrivera’ alla stretta finale: Tremonti ha gia’ convocato al ministero i rappresentanti della Salute, delle Regioni, delle imprese del settore e i farmacisti. Il testo non e’ bloccato, ma al Tesoro interessa il risultato e si attende dall' industria, se non altro, proposte alternative ma dall' effetto equivalente. Mario Sensini la scheda I NUMERI Due milioni di cittadini fanno riferimento a fondi integrativi sanitari, gestiti da categorie o da aziende. Lo stesso numero si affida a compagnie di assicurazione. Piu’ di 400 mila hanno una cassa di mutuo soccorso I COSTI La spesa media annua per un malato di Alzheimer e’ di 15 mila euro, per uno di Parkinson 29 mila euro e per un disabile al 100% e’ 62 mila euro Nuovo decreto Il ministero dell' Economia, quello della Sanita’ e le Regioni hanno messo a punto un decreto legge che, attraverso l' istituzione dell' Agenzia Italiana del Farmaco, rivoluziona il meccanismo di determinazione dei prezzi. Primo punto: innalzamento del tetto di spesa farmaceutica dal 13 al 16% sulla spesa sanitaria complessiva Le multinazionali Il taglio immediato dei certificati complementari che in Italia, rispetto all' Europa, allungano in media di 4 o 5 anni la copertura brevettuale dei farmaci, potrebbe essere una «batosta» per le grandi multinazionali farmaceutiche. Secondo Sirchia, pero’, i brevetti europei contrastano la finalita’ di promuovere la ricerca Crediti formativi Il nuovo decreto si propone di rompere il «circolo vizioso» che lega le case farmaceutiche ai medici. I crediti formativi, che servono ai medici per far carriera e si guadagnano partecipando ai convegni delle case farmaceutiche, vengono tagliati del 50%. Piu’ crediti per chi partecipa ai corsi formativi regionali Piu' chiarezza Il decreto prevede anche la riduzione del 10% sul prezzo dei farmaci che non hanno confezioni adeguate agli standard, ovvero adatte ai cicli terapeutici. Ad esempio quando una scatola contiene sei pasticche, mentre la terapia ne prevede otto obbligando all' acquisto di due confezioni 16 % IL TETTO DELLA SPESA E' la quota di spesa farmaceutica sulla spesa sanitaria complessiva. In precedenza era il 13% 1,8 MILIARDI DI EURO A tanto potrebbe ammontare il «risparmio» per il taglio dei brevetti delle case farmaceutiche - 50 % I CREDITI FORMATIVI Saranno dimezzati i crediti che i medici guadagnano partecipando ai convegni delle case farmaceutiche + 20 % L' INCENTIVO Aumentano di un quinto i crediti ottenuti attraverso i programmi formativi delle Regioni _______________________________________________________ La Nuova Sardegna 16 giu. ’03 SENZA PROTOCOLLO LA MEDICINA SARDA RISCHIA LA SERIE B L’azienda mista con la Regione non decolla e i medici lanciano l’allarme: "Fate presto o sara’ retrocessione" Il sindacato ospedalieri Anaao sollecita i protocolli con l’Universita’ CAGLIARI. Era ora: i medici fanno sentire la loro voce sullo scottante argomento dell’azienda mista Universita’-Regione da costituire al piu’ presto pena la squalificazione permanente delle facolta’ di medicina della Sardegna. La voce non e’ comprensiva dell’intera categoria degli ospedalieri, ma la rappresenta largamente visto che e’ portata dall’Anaao-Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri autore di uno studio sulla proposta di razionalizzazione della rete ospedaliera sarda presentata dall’assessore, valutata dalla commissione sanita’ e in lista d’attesa per la discussione in consiglio regionale. E’ noto che la Sardegna sia quasi l’unica regione d’Italia a non aver "sistemato" le sue facolta’ di Medicina. Questo e altro denuncia l’Anaao-Assomed attraverso il segretario regionale Marcello Angius. Sei mesi fa le due facolta’ di Medicina per la prima volta nella loro storia hanno tenuto una riunione congiunta per arrivare compatti al tavolo che l’assessore prima o poi dovra’ convocare per il protocollo d’intesa. La facolta’ cagliaritana ha aggiunto anche il lavoro di una commissione ristretta che ha scritto un documento con quello che, secondo gli universitari, dovrebbe poter essere un’azienda mista che ha tre obbiettivi, nessuno subordinato agli altri: la didattica, la ricerca e l’assistenza. Per la verita’ ce n’e’ anche un quarto, da allineare agli altri tre: la formazione professionale di tutte le figure paramediche. L’alleanza col sistema sanitario regionale per le due universita’ e’ indispensabile: serve personale e servono i finanziamenti perche’ le facolta’ vengano potenziate come la riforma di Medicina chiede. Nel dettaglio, i due atenei vivono situazioni molto diverse e infatti il documento Anaao-Assomed dedica un ragionamento articolato a Sassari, ancora nel ciclone. Come e’ noto per Cagliari e’ pacifica la decisione che il San Giovanni di Dio entri nell’azienda mista (di fatto da sempre presidio con alta presenza universitaria), cosi’ il complesso della clinica pediatrica: assieme si sommeranno al Policlinico costruito dall’universita’ stessa a Monserrato. I vari insegnamenti universitari sparsi negli altri ospedali cittadini a poco a poco confluiranno nel "triangolo" riconosciuto azienda mista. Ne fara’ parte anche l’appena sgombrata clinica Aresu, ma restera’ a disposizione universitaria come centro culturale. Su Sassari e’ noto che era stato individuato l’ospedale Sant’Annunziata e che, in seguito alle proteste degli ospedalieri, si era preferito guardare ad Alghero. Ma il "riordino della rete ospedaliera" che la Regione si propone di fare non puo’ non fare scelte a proposito del Sant’Annunziata. Le strade, secondo Anaao-Assomed, sono due. La prima: "... il Sant’Annunziata deve diventare azienda ospedaliera autonoma di rilievo nazionale. Per cardiochirurgia, neurochirurgia e centro grandi ustionati deve esser fatta la nomina della dirigenza. In contemporanea deve essere istituita l’azienda ospedaliero-universitaria autonoma di tipo A individuata dal decreto legislativo 517 (a totale gestione universitaria). L’Asl 1 e le altre asl sarde comprano i servizi da queste due aziende che agiscono in competizione l’una con l’altra. Ovviamente, l’una e l’altra dovranno attrezzarsi dei servizi che oggi mancano". Quanto costera’ una scelta del genere? "Facciano i conti il gestore e il legislatore regionale - sollecita Anaao-Assomed - considerato il significativo deficit finanziario in cui versa la Usl 1 legato ad un eccesso di posti letto per acuti, al non decollo delle strutture riabilitative e delle residenze sanitarie assistite, alla presenza di numerosi doppioni". Inoltre (altra sottolineatura), si valuti bene se questa scelta e’ il meglio per la formazione dei giovani. La seconda possibilita’, ritenuta valida anche per Cagliari, e’ quella dell’azienda mista ospedale-universita’ dove gli ospedalieri siano garantiti in ogni aspetto della professione: dalla progressione della carriera alla remunerazione adeguata anche al compito di insegnamento universitario che spesso viene assegnato agli ospedalieri ma senza compenso, dai turni di lavoro alla regolamentazione delle attivita’ di ricerca cui altrettanto spesso gli ospedalieri partecipano. A proposito di difesa dei diritti degli ospedalieri, il sindacato stigmatizza il silenzio delle usl e del sistema politico sulle istanze dei medici nei vari momenti istituzionali in cui si e’ parlato dei protocolli d’intesa. Anaao-Assomed ribadisce quel che la legge prevede quando parla di aziende di tipo B: la nomina del direttore generale da parte della regione senza vincolo ne’ formale ne’ sostanziale dell’universita’. Infine, un appello (di Pierpaolo Vargiu dei Riformatori in occasione della presentazione del documento): che il protocollo per le aziende miste si faccia subito, ci sono gli elementi di valutazione, le volonta’ sono mature. Se la legislatura finisce (un anno), senza protocollo, tra votazioni, elezioni, giunte ecc il rinvio rischia di non avere termine. (a. s.) _______________________________________________________ L’Unione Sarda 18 giu. ’03 POLICLINICO NEL MIRINO DELLA CORTE DEI CONTI le contestazioni Nel mirino il ricorso eccessivo al personale esterno e la gestione del patrimonio Eccessivo ricorso a personale esterno, peraltro assunto attraverso strumenti contrattuali inappropriati, mancanza di risposte chiare del rettore alle contestazioni sulla gestione del patrimonio. Sono alcuni dei rilievi emersi da un’indagine della sezione di controllo della Corte dei Conti sul Policlinico universitario. I magistrati contabili hanno messo l’accento su alcune inadempienze, tra le quali la mancanza di un Protocollo d’intesa con la Regione, strumento di programmazione indispensabile per la qualita’ dell’assistenza sanitaria soprattutto per la mancanza del Piano sanitario regionale. Soltanto recentemente - rileva la sezione di controllo della Corte dei conti - il Policlinico universitario ha adottato e consegnato agli organi regionali competenti una bozza del documento che, secondo il Rettore, dovrebbe avviare il problema a soluzione, salvo ulteriori intoppi. Riguardo la programmazione aziendale i e mezzi di finanziamento, l’assessorato alla Sanita’ ha richiesto il piano preventivo delle prestazioni erogate nel 2001 soltanto il 7 maggio dello stesso anno e cio’ ha comportato ritardi nell’erogazione delle risorse. Per il definitivo accreditamento delle strutture di Monserrato - aggiungono i magistrati contabili - invece e’ stata presentata alla Regione la documentazione necessaria. La relazione della Corte si sofferma sulla gestione finanziaria sottolineando che i problemi «dovrebbero essere risolti in sede di Protocollo d’intesa, con la precisazione del ruolo che il Policlinico dovra’ assumere nella rete ospedaliera regionale e la determinazione di un budget che tenga conto dei ricoveri e delle prestazioni ambulatoriali relativi all’intero territorio regionale. Per quanto riguarda il sistema di controlli viene raccomandata la necessita’ di sottoporre a reali verifiche l’efficienza e la qualita’ delle prestazioni erogate agli utenti. Per cio’ che riguarda, infine, il frequente ricorso alla trattativa privata in assenza dei presupposti richiesti, all’artificioso frazionamento delle forniture anche al di fuori delle procedure di gara rilevati nell’indagine, la sezione di controllo «valuta positivamente il progressivo adeguamento dell’amministrazione ai canoni di legittimita’ ed economicita’». _______________________________________________________ La Nuova Sardegna 20 giu. ’03 CORTE DEI CONTI AL POLICLINICO: TROPPE CONSULENZE ESTERNE Il controllo di gestione sulle amministrazioni pubbliche Corte dei conti al Policlinico: troppe consulenze esterne e troppe trattative private CAGLIARI. Autorevole sostegno alla necessita’ di firmare al piu’ presto un protocollo d'intesa Universita’-Regione per far funzionare il policlinico di Monserrato arriva dalla Corte dei Conti. Che gia’ nel 2000, avviato il controllo della gestione, di fatto ne aveva sollecitato la stesura. Nell'analisi condotta dalla magistratura contabile questa, per la struttura di Monserrato, e’ la madre di troppe evitabili carenze, diseconomie ecc. Come e’ noto, dal 1994 la Corte dei conti ha allargato i propri compiti. E' da allora, infatti, che periodicamente elabora un programma dove indica le amministrazioni pubbliche da "assoggettare al controllo". Spirito del controllo non e’ quello di smascherare colpevoli di chissa’ cosa, ma di "stimolare l'amministrazione ad autocorreggersi". Ed e’ questo uno dei motivi che rende lunga e articolata l'attivita’ di controllo. Sui problemi riscontrati, infatti, la Corte dei conti chiede spiegazioni ed eventualmente prende atto dell'impegno a risolverli. Cosi’ nel lavoro condotto sul policlinico, emerge che l'universita’ si e’ mobilitata per arrivare finalmente al protocollo, ma non molto ha fatto per rimediare ad alcune incongruenze gestionali e negativita’ vere e proprie. La Corte dei conti ha sottolineato alcuni aspetti che non vanno: si rimarca l'urgenza del protocollo d'intesa "soprattutto per la mancanza del piano sanitario regionale", si sottolinea un eccessivo ricorso a personale esterno non sanitario attraverso "strumenti contrattuali inappropriati" (in altre parole in questo campo si spende troppo e male), inoltre si esagera nel ricorrere alle trattative private "in assenza dei presupposti richiesti". Capitolo per capitolo, ecco le annotazioni della Corte dei conti. Attivita’ contrattuale. La sezione di controllo "valuta positivamente il progressivo adeguamento dell'amministrazione ai canoni di legittimita’ ed economicita’". Al policlinico si e’ fatto "frequente ricorso" alle trattative private senza che ce ne fosse bisogno, si sono frazionate "artificiosamente" le forniture "anche al di fuori delle procedure di gara rilevate nell'indagine. Sistema di controlli. "La sezione di controllo raccomanda la necessita’ di sottoporre a reali controlli e verifiche l'efficienza e la qualita’ delle prestazioni assistenziali erogate dal policlinico agli utenti del servizio sanitario nazionale". Gestione finanziaria. In qualche modo, il sistema dei controlli dovrebbe essere messo a punto assieme alla gestione finanziaria attraverso lo stesso documento: il protocollo d'intesa. Dice infatti la sezione controllo: "I problemi di natura finanziaria dovrebbero essere risolti in sede di protocollo d'intesa, con la precisazione del ruolo che il policlinico dovra’ assumere nella rete ospedaliera regionale e la determinazione di un budget che tenga conto dei ricoveri e delle prestazioni ambulatoriali relativi all'intero territorio della regione". Programmazione aziendale e mezzi di finanziamento. "L'assessorato alla sanita’ ha richiesto il piano preventivo delle prestazioni relative al 2001 soltanto il 7 maggio dello stesso anno e cio’ ha comportato ritardi nell'erogazione delle risorse". Gestione del patrimonio. "Il rettore non ha fornito alcuna significativa risposta riguardo alle problematiche evidenziate nell'indagine sulla gestione del patrimonio". Quando la sezione controllo rileva i problemi, questi vengono evidenziati alle amministrazioni, che possono dare spiegazioni oppure no. E infatti in qualche caso le spiegazioni arrivano, in altre no. La possibilita’ di non rispondere, ammessa dalla legge senza conseguenze, dimostra la veridicita’ dello spirito di collaborazione. Ma con quale spirito il rettore non ha risposto? (a. s.) _______________________________________________________ Corriere della Sera 16 giu. ’03 UNA VOLTA PENSAI DI SMETTERE MI APPARVERO I MIEI PAZIENTI IL RACCONTO Conconi Giorgio Poco prima delle quattro del pomeriggio uscii di casa incamminandomi verso l' ambulatorio. Quel giorno ero d' umore nero. Ritornai alla cena della sera precedente con alcuni colleghi, era stato messo in discussione il significato della professione. I tre piu’ giovani avevano ammesso di esercitare come medici di famiglia perche’ tagliati fuori da ogni altra possibilita’. Universita’, ospedale, scuola di specializzazione. Una scelta obbligata. Nulla di eccezionale. Cose note. Pero’ quelle dichiarazioni mi avevano alterato. Un medico non poteva subire una condizione del genere. Avrebbe finito con il coinvolgere le centinaia di persone che si sarebbero rivolte a lui. All' universita’, in ospedale o fuori, poco importava. L' essenziale era essere medico, non fare il medico. Altrimenti il rischio era di finire bruciati in breve tempo. Mi appariva inoltre singolare che non poche delusioni e riserve venissero proprio dai giovani. Poi la discussione s' incanalo’ verso il nulla. La mattina dopo fui occupato dalle visite. Nel pomeriggio invece, redde rationem. Eccoli ritornare quei discorsi sulla strada verso l' ambulatorio. Anche per me c' erano stati momenti bui. Perche’ negarlo? Tutto era iniziato con quella strana benedetta legge. O forse anche prima. Quella fu il colpo di grazia. O dentro l' ospedale o fuori. Come hanno potuto i politici non capire che separare le due figure di medico significava, a distanza di dieci-quindici anni, instaurare un pericoloso divario culturale e tecnologico fra dentro e fuori, tale da creare due medicine. Come due linguaggi diversi, con grave danno per i pazienti. Anch' io mi trovai a dover scegliere. Obbedii al mio ideale di poter esercitare un rapporto umano e professionale con il malato, che durasse nel tempo. In ospedale era venuto a mancare per le degenze sempre piu’ brevi. Ma era stato quello il solo vero motivo?, mi tormentai ancora quel giorno. O avevo rincorso un guadagno maggiore? Domande di quel genere mi mettevano a disagio. Eppure ero ancora contento di quella decisione. All' inizio, pensando di dover lasciare per sempre l' ospedale, avevo previsto di non soffrirne. Anzi. Prendendo in considerazione invece l' eventualita’ di smettere come medico di famiglia mi si erano affollati nella mente i miei pazienti. I miei pazienti con le loro storie, a volte banali, a volte tragiche, la loro generosita’ e i loro egoismi, le lodi inattese e le denigrazioni talora immeritate, i loro giudizi e le loro richieste in piu’ di un' occasione sconcertanti. Ma gente comunque accanto a me nella meravigliosa avventura della vita. Tanto da poterne sentire in ogni momento un sincero calore umano. No. Non avrei potuto abbandonarli. La vita di medico di famiglia tuttavia non fu dal punto di vista professionale senza nubi. Medici ospedalieri ben presto iniziarono a scontrarsi con noi, ora colleghi fuori. Spesso senza motivi validi. Prima riuscivo a ricoverare il paziente nel mio reparto, lo trattenevo il meno possibile e alla dimissione continuavo a seguirlo a casa. Ne ero in grado perche’ lo conoscevo bene. E tutto con la massima soddisfazione mia, del paziente e il minor costo per la comunita’. Poi il grande cambiamento. Il paziente veniva ricoverato a discrezione del collega ospedaliero. In alcuni casi respinto dal Pronto Soccorso, senza una ragione. In altri inserito in una specie di catena di Sant' Antonio di visite specialistiche, delle quali non venivo a sapere che alla fine. Dio mio, che parto politico! (scrittore, ex viceprimario di Medicina e medico di famiglia) _______________________________________________________ L’Unione Sarda 21 giu. ’03 BROTZU: IL SERVIZIO DI DIALISI PER TRENTA TURISTI Al Brotzu e’ stato attivato un servizio di dialisi per i turisti. «E’ gia’ operativo», dice il direttore sanitario Roberto Sequi, «ed e’ rivolto a trenta turisti. Una disponibilita’ che dovrebbe essere sufficiente a soddisfare tutte le richieste». Perche’ in media i pazienti svolgono un ciclo di tre trattamenti alla settimana. «In media», precisa Sequi, «poi si deve considerare il singolo caso, ma pensiamo di riuscire a organizzarci». L’iniziativa regala un segnale positivo a un settore che per troppo tempo e’ stato penalizzato. Solo qualche settimana fa si parlava dei disagi per i dializzati che sceglievano la Sardegna come meta per le vacanze: nessun centro offriva un servizio specifico per loro, e l’unica possibilita’ era che qualche paziente cronico andasse a sua volta in vacanza, lasciando libero un posto. Finalmente arriva una risposta positiva dal Brotzu. Ora la dialisi non sara’ piu’ tabu’ per chi vuole passare qualche giorno di vacanza nell’Isola _______________________________________________________ L’Unione Sarda 19 giu. ’03 BROTZU: L’ODISSEA DI UN PAZIENTE AL PRONTO SOCCORSO «Nessun favoritismo, si tratta solo di calunnie» Una colica renale lo assale mentre, a bordo della sua auto, sta raggiungendo Senorbi’ per lavoro. Inizia cosi’ il calvario di Domenico Mele, residente a Nuoro, costretto a recarsi lunedi’ al pronto soccorso del Brotzu: «Sono arrivato alle 15 e 45, mi hanno visitato alle 20,06: e’ tutto documentato nel foglio che mi hanno rilasciato». Niente da ridire sulla professionalita’ dei medici e degli infermieri del reparto («Bravi e premurosi»): quello che Mele non ha sopportato sono stati i tempi di attesa: «Piu’ di quattro ore; inaccettabile per chi si contorce per il dolore di una colica, ma anche per i numerosi anziani che affollavano la piccola sala d’attesa». Oltre al loro gia’ precario stato di salute, si sono aggiunte altre sofferenze: «L’impianto di condizionamento guasto, le persone costrette a stare in piedi e personale insufficiente», rincara la dose Mele. «E’ l’emblema della situazione della sanita’», conclude il paziente nuorese, «non e’ proprio possibile assumere due medici in piu’ per accorciare i tempi? Quando e’ arrivato il mio turno mi hanno chiesto “Qual e’ il suo problema” e io ho risposto “Avevo una colica”». M. V. «Se qualcuno fosse a conoscenza di favoritismi ha il diritto, ma soprattutto il dovere, di segnalarli all’ufficio relazioni con il pubblico dell’azienda. In caso contrario si tratta solo di calunnie». Questo e’ il parere del direttore sanitario del Brotzu, Roberto Sequi, in risposta alle polemiche sui «presunti favoritismi» nel rispetto dei turni al Pronto soccorso. Una precisazione che arriva dopo le polemiche frutto di una giornata molto intensa, quella di lunedi’, quando c’e’ stato chi ha dovuto attendere anche cinque ore per essere visitato. Sequi pero’ non lascia dubbi sulla trasparenza della loro organizzazione: «Grazie al triage che determina la priorita’ di accesso alle visite, i pazienti sono garantiti e gli operatori sono tutelati dal punto di vista professionale e medico-legale». La conclusione e’ che «un’affermazione del genere e’ falsa, e in piu’ scredita l’immagine dell’azienda e la professionalita’ di chi lavora sodo per 365 giorni all’anno». M. V. _______________________________________________________ L’Unione Sarda 21 giu. ’03 LA FINANZA INDAGA SULLE SPESE SANITARIE Ieri mattina la festa delle Fiamme gialle al Porto Canale Non solo eurotruffe, lotta al traffico di droga e caccia agli evasori fiscali. Tra qualche settimana la Guardia di Finanza controllera’ anche le spese sanitarie con accertamenti negli ospedali, nelle farmacie e in tutte le strutture pubbliche private. Nei giorni scorsi e’ stato firmato un accordo tra il comando regionale delle Fiamme gialle e l’assessorato regionale alla Sanita’. «Verranno analizzate tutte le spese sanitarie in Sardegna», ha detto il generale Domenico Minervini ieri mattina durante la festa della Guardia di finanza. Il comandante regionale ha fatto capire che anche nell’ambito sanitario le Fiamme gialle indagheranno per evitare sprechi e ovviamente truffe, come quelle scoperte dai finanzieri nel settore dei contributi elargiti dall’Unione Europea e dall’amministrazione regionale. «Nell’anno appena trascorso Ñ ha detto Domenico Minervini Ñ abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi. La Guardia di finanza ha lottato contro l’evasione fiscale, l’economia sommersa, il lavoro nero e il traffico di droga. Affrontiamo il nuovo anno con lo stesso entusiasmo. Certo, dobbiamo affinare gli strumenti di indagine e per questo chiediamo il sostegno di tutte quelle istituzioni chiamate a garantire la sicurezza dei cittadini». _______________________________________________________ La Nuova Sardegna 18 giu. ’03 L'esperto "SIAMO INDIETRO NELLA LOTTA CONTRO LA DISTROFIA" "La ricerca in Inghilterra e’ piu’ avanti perche’ il sistema premia chi ottiene risultati. E’ ora che anche in Sardegna si affermi questo principio". E’ la ricetta di Francesco Muntoni, medico cagliaritano, da dieci anni trapiantato oltre la Manica, dove dirige il Dubowitz Neuromuscular Centre presso il Dipartimento di Pediatria dell'Hammersmith Hospital di Londra. Intervenendo a un incontro sulle distrofie muscolari congenite, organizzato dalla sezione cittadina della Uildm e dall'Istituto di Neuropsichiatria infantile dell'ateneo sassarese, Muntoni ha illustrato i progressi compiuti a livello internazionale dalla ricerca contro le malattie neuromuscolari. Stabilitosi a Londra nel 1993, Francesco Muntoni e’ diventato professore ordinario nel 1998. "Nel giro di pochi anni ho completato un percorso che qui avrebbe richiesto chissa’ quanto tempo - commenta - Il segreto? Mi sono dato da fare, in un posto dove questa e’ la sola cosa che conta". Ultimamente, il suo gruppo di ricercatori ha concentrato la propria attenzione sui meccanismi che determinano le distrofie sui bambini molto piccoli. "Su venti cause oggi note, la maggior parte le ha individuate il mio gruppo - spiega - e questo ora ci permette di dedicarci all'individuazione di possibili terapie". Prima di ripartire per Londra, Muntoni ha indicato i possibili sviluppi per la ricerca sarda. "Nell'isola ci sono realta’ che funzionano e grandi competenze. Si tratta di non disperdere quanto c'e’ di buono". Gian Mario Sias _______________________________________________________ La Nuova Sardegna 19 giu. ’03 CONGRESSO IGLESIAS:CHIRURGIA IN DIRETTA VIDEO Oggi a casa Marras la giornata sulla laparoscopia In Sardegna il metodo e’ utilizzato solo nel 20 per cento dei casi IGLESIAS. Un intervento chirurgico, il bisturi che incide sulla pelle, i punti di sutura, la convalescenza, spesso i segni incancellabili che rimangono a ricordare quanto la mente vorrebbe rimuovere. La chirurgia e’ andata avanti e oggi propone, per alcuni interventi, la laparoscopia. E' un sistema 'leggero', che permette di operare attraverso piccolissime aperture che poi si rimarginano rapidamente. Il settore e’ quello della ginecologia, un settore delicatissimo per molti motivi. Se ne parlera’ oggi alle 9 a casa Marras nella 'Giornata di chirurgia ginecologica laparoscopica', imperniata su una serie di interventi chirurgici endoscopici in diretta e su una tavola rotonda legata al confronto Francia- Italia. I lavori sono promossi dall'azienda Usl 7 e dall'Unita’ operativa d'ostetricia e ginecologia del presidio ospedaliero Santa Barbara, diretto da Giuseppe Santeufemia. Il patrocinio e’ della Societa’ sarda di ostetricia e ginecologia, dell'Ordine dei medici di Cagliari, dell'Associazione ostetrici ginecologici ospedalieri italiani e della Societa’ di endoscopia ginecologica. Il 'Live Surgery' - in sostanza un saggio in diretta - con Luca Mannelli e Arnaud Wattiez apre nella giornata un mondo certamente non nuovo ma in notevole crescita. I chirurghi, entrambi esperti e riconosciuti in campo internazionale, eseguiranno cinque interventi ginecologici, ripresi nelle sale operatorie del Santa Barbara e trasmessi a circuito chiuso in una sala attrezzata di Casa Corrias: "Il loro operato - spiega Santeufemia, accreditato al secondo livello dalla Segi e coordinatore tra sale operatorie e sala congresso - consentira’ di mettere a confronto esperienze diverse nel campo della chirurgia endoscopica". Una metodica di crescente interesse nell'area degli interventi chiamati di 'mini-invasione', che grazie all'uso di strumenti ad alta tecnologia, permette di affrontare un numero sempre maggiore di patologie ginecologiche, con ottimi risultati e vantaggi superiori rispetto alla chirurgia tradizionale. "Oggi - commenta Santeufemia - la laparoscopia riveste un ruolo primario in ginecologia. I dati riportati da alcuni anni dalle diverse scuole europee ed americane, confermano la validita’ e i vantaggi di questo tipo di chirurgia". La laparoscopia operativa e’ il metodo chirurgico scelto nelle neoformazioni ovariche benigne, con risultati ottimali senza i disagi generali degli interventi in laparotomia, ovvero intervenendo direttamente con l'apertura dell'addome: "La validita’ e i vantaggi di questo tipo di chirurgia si traduce in termini di sicurezza - va avanti lo specialista - con la riduzione del dolore e il rischio d'infezioni da contaminazioni esterne. Il decorso operatorio e la degenza post-operatoria sono brevi e la ripresa della normale attivita’ lavorativa piu’ veloce". Attualmente in Sardegna, la laparoscopia e’ utilizzata dal venti per cento delle strutture sanitarie. Un rapporto minimo quello isolano, se raffrontato alla regione Lombardia che gia’ nel 1997 interveniva in laparoscopia sul 52 per cento dei pazienti. A livello locale invece, si registra una percentuale del 90 per cento di pazienti trattati con l'impiego di questa via chirurgica. "Questa giornata di chirurgia - conclude Santeufemia - sara’ occasione d'arricchimento professionale e culturale per quanti gia’ praticano questo tipo di chirurgia, per coloro che ne sono estimatori e soprattutto per i colleghi che vogliono familiarizzare con questa tecnica". Presidenti del congresso saranno Gianbenedetto Melis, direttore della clinica ostetrica dell'Universita’ di Cagliari e Gianfranco Marongiu, primario del Civile di Oristano. Silvia Cossu _______________________________________________________ Il GIornale 18 giu. ’03 DAGLI USA LA PILLOLA PER SMETTERE DI FUMARE da Milano La Pfizer ha alzato ieri il sipario su una pillola sperimentale per smettere di fumare che secondo gli analisti potrebbe rappresentare per la casa farmaceutica americana un bis del successo del Viagra. La medicina, chiamata verenidina, soddisfa il bisogno di nicotina senza creare dipendenza. I primi test clinici sono incoraggianti. Agli esperimenti, durati dalle 7 alle 12 settimane, hanno partecipato centinaia di fumatori: meta’ di quanti hanno preso due pillole al giorno si sono liberati in meno di due mesi del vizio del fumo. Nello stesso esperimento, solo il 19% di quanti hanno ricevuto pillole placebo allo zucchero e’ riuscito a smettere di fumare mentre il 30% di quanti hanno assunto lo Zyban, un farmaco anti-depressione della Glaxo in commercio anche sotto il nome di Wellbutrin, ha dato ugualmente l'addio alle sigarette. Gli effetti collaterali della pillola sono stati finora trascurabili. «La varenidina si e’ mostrata straordinariamente sicura», ha detto un portavoce della Pfizer. Un farmaco anti-fumo e’ allo studio dal 1993 negli stabilimenti della Pfizer a Groton, nel Connecticut, e il mercato negli Usa sarebbe enorme se si pensa che ogni anno meta’ dei fumatori americani cercano di smettere ma solo il 3-5% di quanti ci provano da un giorno afi'altro hanno veramente successo. Anche con l'ausilio di sussidi come il cerotto anti-fumo o la gomma da masticare alla nicotina, il tasso di riuscita dopo un anno dall'ultima sigaretta e’ del 15-25%. «La varenidina agisce invece sui recettori presi di mira dalla nicotina come un interruttore che gradualmente riduce la luce», ha spiegato Steve Sands, lo scienziato che ha guidato il progetto della pillola anti-fumo _______________________________________________________ La Nuova Sardegna 17 giu. ’03 LA MALATTIA CHE CAUSA GENIO, SREGOLATEZZA E MANIE SUICIDE Scienziati americani scoprono il gene responsabile delle forme maniaco- depressive LONDRA. E’ stato individuato il gene che causa le forme maniaco-depressive, facendo sperare che si possa in futuro individuare la cura per una delle piu’ devastanti forme di malattia mentale. Quella che ha colpito anche Vincent van Gogh, Charles Dickens ed Ernest Hamingway, alimentandone allo stesso tempo la geniale creativita’. Un singolo gene anomalo e’ responsabile direttamente del 10% dei casi di questa malattia conosciuta anche piu’ propriamente come disordine bipolare, che porta a estremi cambi di umore e colpisce in media una persona su 200. La mutazione del gene in questione rende le cellule cerebrali particolarmente sensibili ai segnali dei neutrasmettitori che controllano l’umore, scatenando eccitazione e depressione. La ricerca, fatta da studiosi dell’University of California di San Diego, e’ stata pubblicata in parte sulla rivista specializzata Journal Molecular Psychiatry e ripresa poi dal quotidiano britannico Times. Il gene chiamato «G proteina receptochinase 3» (Grk3) e’ stato individuato nel corso dell’analisi del Dna di 400 persone appartenenti a famiglie con casi di disordine bipolare. I ricercatori hanno anche trovato che una specifica mutazione - definita P-5 - compariva tre volte piu’ frequentemente nel caso di persone malate. Il Grk3 controlla la sensibilita’ del cervello ai segnali chimici e in particolare quelli forniti dalla dopamina, neurotrasmettitore che controlla l’umore. Poiche’ P-5 si trova nella zona del Grk3 da cui dipende l’attivazione del gene, un’anomalia della componente P-5 interessa tutta la funzionalita’ del gene, che puo’ attivarsi e disattivarsi in momenti sbagliati. Come conseguenza, il cervello risponde in modo eccessivo alla dopamina, inducendo stati di eccitazione o depressione. Secondo un ricercatore, il Grk3 puo’ rendere una persona tanto sensibile alla dopamina da farla comportare come se fosse nata nella cocaina, ovvero con un costante bisogno di stimoli per non cadere nella depressione. Gli studiosi hanno anche fatto una ricerca parallela su topi; hanno notato che dopo averli trattati con anfetamine, lo stesso gene mostrava modalita’ insolite di risposta ai neurotrasmettitori, mostrando livelli molto elevati di modificazione, indicando cosi’ che il Grk3 gioca un ruolo essenziale nella risposta del cervello alla dopamina e possibilmente ad altri neurotrasmettitori. Attualmente la malattia puo’ essere curata con antipsicotici ma una quota compresa tra il 30 e il 50% dei malati non trae benefici da questi medicinali. Inoltre in molti casi si presentano effetti collaterali negativi come tremori. La malattia non ha nulla a che fare con la depressione propriamente detta ed e’ invece in qualche modo collegata con la schizofrenia. _______________________________________________________ Repubblica 19giu. ’03 ORTOPEDIA: BASTA UNA VITE CHE POI SCOMPARE La tecnica e’ tutta italiana, messa a punto nel ’90 da Sandro Giannini, direttore della clinica ortopedica dell’universita’ di Bologna. Oggi questo intervento dopo tredici anni di continue messe a punto e controlli a distanza dei risultati viene effettuato in quasi tutti gli ospedali ed universita’ italiane. Una incisione di un centimetro sotto il malleolo esterno del piede permette di introdurre una vite di calibro adeguata tra astragalo e calcagno. Sono queste due ossa articolate tra loro a determinare il piede piatto quando si angolano eccessivamente. La vite ha la funzione di arrestare lo scivolamento tra le due ossa oltre un certo angolo. Tanto basta a correggere in maniera definitiva il piede piatto. Terminato l’intervento basta un punto di sutura sulla pelle a chiusura della piccola ferita. Il paziente con uno stivaletto gessato puo’ ricamminare subito e caricare sull’arto appena operato. Dopo due settimane il gesso viene rimosso e un breve ciclo di fisioterapia riabilita piede e caviglia. A due mesi dall’intervento si torna alla vita normale. La vite non deve essere rimossa: realizzata in acido polilattico dopo 34 anni, esaurita la sua funzione, viene riassorbita dai tessuti. I risultati statistici sono eccellenti nel 9697% dei casi e non sono state in pratica osservate reazioni avverse al prodotto o mobilizzazioni dell’impianto che hanno richiesto la rimozione. Ben altra cosa la chirurgia tradizionale: la correzione si otteneva sopprimendo alcune articolazioni del piede che viene irrigidito fondendo tra loro certe ossa del piede. Risultato: piede si’ corretto, ma al prezzo del sacrificio della naturale anatomia ed elasticita’ del piede e con un decorso post operatorio piu’ lungo e difficile. La vite riassorbibile e’ indicata nei bambini in fase di sviluppo tra gli 8 e i 12 anni, ma anche i giovani adulti possono essere sottoposti a questo intervento. Ma i piedi piatti non sintomatici o piatti che si correggono spontaneamente nel passo non necessitano di nessuna correzione. _______________________________________________________ Il Messaggero 21 giu. ’03 FRATTURE RIPARATE DALLE CELLULE STAMINALI ORTOPEDIA ALL’AVANGUARDIA Pescara, il trattamento a poche ore dall’incidente: l’osso si riforma. Dimezzati i tempi di immobilita’ di CARLA MASSI ROMA - Frattura ad una gamba: intervento, immobilita’ e lenta riabilitazione. Tempo medio di ripresa, 4 mesi. L’obiettivo di chi, in laboratorio e in camera operatoria, sta lavorando con le cellule staminali applicate all’ortopedia, e’ quello di riparare le ossa (necrosi della testa del femore, pseudo-artrosi, fratture) e accorciare i tempi che occorrono per tornare a camminare. All’ospedale di Pescara, da meno di un anno, stanno sperimentando la tecnica e, sabato prossimo, organizzeranno un incontro per illustrare l’esito dei casi trattati. Per ora si tratta di una decina, ma i risultati sono stati cosi’ soddisfacenti da convincere l’e’quipe guidata dal professor Emilio Manes, direttore dell’Unita’ operativa di ortopedia e traumatologia, ad andare avanti. Utilizzando le “armi” che l’ingegneria molecolare e’ riuscita a mettere a disposizione. Le cellule staminali, capaci di far ricrescere nell’organismo altre cellule dove sono state danneggiate o dove sono morte, vengono prelevate dal paziente stesso. «Eliminando cosi’ - spiega il professor Manes - ogni dubbio etico. Il giorno prima dell’intervento preleviamo il plasma per ottenere i fattori di crescita. Il giorno stesso dell’operazione, invece, dalla cresta iliaca aspiriamo una quantita’ di midollo osseo e, da questo, le cellule staminali. Tempo un’ora di lavoro in laboratorio per separare il materiale e tutto e’ pronto. Quindi, una volta preparato l’osso, facciamo l’iniezione di 5-6 cc. di cellule staminali e poi ricopriamo con il gel di fattori di crescita». Il mix, per esempio nei casi di necrosi della testa del femore (in persone tra i 40 e i 45 anni) ha dimostrato che, tolta la parte danneggiata, si forma un osso nuovo. Il trattamento e’ indicato anche per i pazienti che soffrono di pseudo artrosi, mancata consolidazione di fratture. E, per il futuro prossimo venturo, si pensa a quelle rotture fresche che non hanno bisogno dell’intervento chirurgico. «I bambini riescono a riparare la rottura di un osso molto piu’ velocemente di un adulto - aggiunge Manes -. Il trattamento e’ in grado di dare ad una persona grande la stessa potenzialita’, favorendo la ripresa e dimezzando i tempi di immobilita’. Da quattro si puo’ passare anche a due». A beneficiare dei buoni risultati della ricerca saranno soprattutto gli anziani di domani: l’allungamento dell’eta’ significa, infatti, grave fragilita’ ossea. Riuscire a riparare le fratture, prima tra tutte quella del femore, senza dover ricorrere all’operazione e’ il sogno degli ortopedici che si incontreranno sabato a Pescara. _______________________________________________________ Repubblica 19giu. ’03 COME "RIPULIRE" IL SANGUE DALLE CELLULE CANCEROSE Convegno scientifico alla Ematologia del Policlinico San Matteo di Pavia DI SILVIA BAGLIONI Pavia Le nuove possibilita’ di cura per i linfomi maligni, e in generale per i tumori del sangue, sono state oggetto di un incontro che si e’ svolto recentemente a Pavia, organizzato dalla Clinica Ematologica del Policlinico San Matteo, Universita’ di Pavia, diretta dal professor Mario Lazzarino. Anticorpi monoclonali, immunochemioterapia, autotrapianto di cellule staminali, farmaci molecolari e terapie che interferiscono con la crescita tumorale, sono le nuove armi messe a punto soprattutto grazie ai progressi della biologia molecolare. «Fino a pochi anni fa», spiega Lazzarino, «il trattamento dei linfomi si basava solo sulla chemioterapia, che per sua natura e’ poco specifica e piuttosto tossica. I progressi dell’ingegneria genetica permettono oggi la produzione di anticorpi monoclonali, farmaci capaci di colpire selettivamente le cellule tumorali senza danneggiare ne altre cellule del corpo ne, soprattutto le cellule staminali, cioe’ le progenitrici che poi danno origine alle piastrine e ai globuli bianchi e a quelli rossi. Inoltre, immunoterapia e chemioterapia possono essere somministrate in combinazione con eccellenti risultati: l’immunochemioterapia sta diventando lo standard di cura per i linfomi maligni e per alcune forme di leucemia linfatica». «Altra novita’ e’ che oggi», continua Lazzarino, «grazie alla specificita’ degli anticorpi monoclonali, e’ possibile costruire farmaci detti radioimmunoconiugati: un composto radioattivo viene legato all’anticorpo monoclonale che funziona quindi come un missile di precisione capace di portare la sua carica radioattiva sulla cellula maligna e di irradiare al contempo le cellule tumorali circostanti con una specie di fuoco incrociato». Gli studi di controllo su questi farmaci stanno verificando la maggiore efficacia rispetto alla terapia standard. Il loro uso e’ pero’ sconsigliato quando il linfoma interessa il midollo osseo, poiche’ i radioisotopi concentrandosi in tale organo potrebbero danneggiare le cellule staminali. I farmaci radioimmunoconiugati sono in sperimentazione e saranno disponibili nel prossimo anno. Lo sviluppo degli anticorpi monoclonali permette di migliorare anche le tecniche di purificazione delle cellule staminali, utilizzate in quella altra tecnica terapeutica rivoluzionaria che e’ l’autotrapianto. Secondo una procedura ormai ben consolidata, le cellule staminali del paziente stesso possono essere raccolte dal sangue periferico e congelate conservando vitalita’ e funzione. Queste cellule progenitrici consentono al paziente di ricostituire tutte le componenti del sangue evitando le conseguenze negative sul midollo osseo della chemioterapia ad alte dosi che consente di uccidere un altissimo numero di cellule cancerose. Solo dopo vengono riportate immesse nel paziente le sue cellule staminali che riprendono tranquillamente a funzionare. E’ questo l’autotrapianto. Grazie a questa tecnica, linfomi, leucemie e mielomi possono essere curati efficacemente con alte dosi di farmaci senza privare il malato dei suo sistema di produzione di cellula del sangue. Ma e’ possibile che il paziente incorra in ricadute, perche’ con le staminali possono essere reinfuse anche alcune cellule del tumore. Gli anticorpi monoclonali possono annullare questo rischio. Infatti, somministrati al paziente prima del prelievo delle staminali, eliminano le cellule del linfoma presenti in circolo, in modo che il materiale raccolto sia privo di cellule tumorali. Questa "purificazione" delle cellule staminali potra’ risultare utile anche in altre neoplasie. Le nuove frontiere della terapia nelle malattie del sangue si basano anche su farmaci capaci di interferire con i meccanismi molecolari che provocano le malattie (per esempio nel caso della leucemia mieloide cronica o della leucemia acuta promielocitica), o su agenti immunomodulatori che agiscono sulla rete di molecole e fattori di crescita che il tumore organizza attorno a se stesso per garantirsi la sopravvivenza. «Alcuni di questi farmaci immunomodulatori, come per esempio i derivati della talidomide per il mieloma, sono gia’ entrati o stanno per entrare nella pratica clinica», conclude Lazzarino, «ed aumenteranno sostanzialmente le armi di cui disponiamo contro i tumori del sangue. Per queste malattie e’ oggi possibile non solo puntare ad una lunga sopravvivenza e ad una buona qualita’ di vita, ma mirare ad obiettivi piu’ ambiziosi: eliminare il tumore e impedire le recidive». _______________________________________________________ Repubblica 19giu. ’03 MAMMOGRAFIA VIA SATELLITE Pronto un progetto per 40 mila donne Le "rivoluzioni" mediche e diagnostiche viste ai congressi ENDOS, di Roma, e TIMED, di Genova DI DANIELE DIENA Forse un giorno anche le donne che abitano nei posti piu’ fuori mano, dalle borgate delle vallate alpine ai villaggi di quelle isole mezze disabitate dove non c’e’ neppure il medico condotto, potranno fare la mammografia di rito, per la prevenzione del tumore al seno. Quel giorno, forse non lontano, sara’ sicuramente piu’ facile per tutte accedere a quest’esame, oggi effettuato solo dall’810 per cento di coloro che dovrebbero sottoporsi allo screening. Una carenza della prevenzione con un alto costo umano: il cancro al seno rappresenta il 25% dei tumori femminili e ogni anno conta, in Italia, 30 mila nuovi casi (8 mila le "under 50") con 300 mila donne viventi colpite dalla malattia. La speranza di ridurre l’incidenza del cancro del seno viene da un progetto che, per quanto avveniristico nell’idea di fondo, potrebbe divenire realta’ gia’ tra 6 mesi per 40 mila donne a rischio. L’idea, come dice Enrico Saggese, di Telespazio, partner del progetto "DI.MA.S" insieme ad ANDOS (Associazione nazionale donne operate al seno), Lega italiana per la lotta ai tumori, ITS, Laben, Universita’ La Sapienza e Policlinico S. Andrea di Roma, Policlinico di Napoli e Radiologia senologica del Policlinico di Bari, e’ di "portare la mammografia alla donna perche’ non debba piu’ cercarsi l’apparecchiatura". Il progetto e’ stato presentato il 6 giugno a Roma, al XXI Congresso nazionale ANDOS, a poca distanza da un altro congresso tutto proiettato sul futuro incominciato: il "TIMED" di Genova, che, in questi giorni, fa il punto sulla telemedicina e l’ "information technology" in sanita’. Cardini del "DI.MA.S." sono la mammografia digitale e il satellite per telecomunicazioni usato da Alenia Spazio per la telemedicina. Gli altri "nodi" sono unita’ mobili per le mammografie sul territorio, un centro di supercalcolo che elabora e archivia i dati ricevuti via satellite, i centri medici di senologia che chiedono il teleconsulto. Il sistema, oltre a consentire uno screening epidemiologico su larga scala (si pensa di proporlo inizialmente alle 40 mila donne dell’ANDOS), offre i vantaggi di una metodica diagnostica piu’ raffinata della tradizionale. La tecnica digitale, come ha detto Vincenzo Lattanzio, direttore della radiologia senologica del Policlinico di Bari, ha una precisione superiore alla tradizionale che consente d’individuare anche tumori microscopici, inoltre riduce dal 20 all’80 per cento l’esposizione alle radiazioni. E’ stata approvata dalla FDA americana solo tre anni fa per l’utilizzo abbinato a quella tradizionale ed e’ ancora poco diffusa: in Italia e’ usata in una decina di centri, tra cui quelli di Roma e Bari che hanno aderito al progetto. La validazione la fara’ proprio il progetto che, come ha detto Francesco Maria Fazio, presidente ANDOS, «sara’ presentato ad addetti ai lavori e istituzioni che, se raccoglieranno la sfida, contribuiranno al miglioramento dei servizi sanitari». _______________________________________________________ Repubblica 19giu. ’03 STAMINALI RIDANNO LA VISTA Presentati i dati su oltre 70 pazienti Al meeting sulle biotecnologie Bionova le novita’ di una tecnica che pone l’Italia all’avanguardia nel mondo DAL NOSTRO INVIATO ELVIRA NASELLI Padova I pazienti operati sono gia’ una settantina, per 35 di loro c’e’ gia’ un follow up lungo con una percentuale di successo dell’85 per cento. La tecnica e’ tutta italiana e fa del nostro paese uno dei piu’ avanzati al mondo per "riparare" gli occhi resi ciechi dalle lesioni del tessuto che riveste la cornea, l’epitelio, dal quale dipende la capacita’ visiva dell’occhio. Neanche il trapianto di cornea e’ sufficiente in questi casi, perche’ la parte bianca dell’occhio, l’epitelio congiuntivale, prende il sopravvento e l’occhio diventa cieco. Si ricorre allora a un piccolo prelievo di cellule staminali nell’epitelio corneale dell’occhio sano, si lasciano riprodurre in laboratorio, infine si trapiantano con un intervento delicato ma a basso rischio. Senza rischi di rigetto poiche’ le cellule sono dello stesso paziente. I risultati aggiornati sono stati presentati a Padova alla rassegna Bionova dal professor Michele De Luca, direttore scientifico della Fondazione Banca degli Occhi del Veneto (unica in Europa accreditata negli Usa) e del Centro regionale per la ricerca sulle cellule staminali epiteliali (direttrice del laboratorio, Graziella Pellegrini). Finora la tecnica e’ stata utilizzata (prevalentemente da Paolo Rama del San Raffaele di Milano, circa 40 pazienti, e da Alessandro Lambiase del Campus Biomedico di Roma) soprattutto per ustioni da agenti chimici e per lesioni considerate irreversibili ma potra’ essere usata anche nei casi di cornee danneggiate per infezioni microbiche, uso di farmaci o patologie. Il primo al mondo ad eseguire questo intervento, in collaborazione con i ricercatori veneziani, e’ stato Carlo Traverso, della Clinica Oculistica dell’universita’ di Genova. «Siamo stati i primi», racconta Traverso, «ad usare la terapia cellulare in oftalmologia, e allora le staminali non erano di moda. Oggi pero’ non siamo ancora in grado di dire se tra dieci anni potremo utilizzare la tecnica su ampia scala. Per ora la tecnica si e’ rivelata efficace nei casi di incidenti sul lavoro o domestici da agenti chimici come soda caustica o ammoniaca che "fulminano" il limbus (la corona di cellule che circondano la cornea, ndr). Adesso aspettiamo i risultati di un grosso trial clinico, che si concludera’ in autunno». E veniamo al futuro della ricerca: in caso di danni a tutte e due gli occhi, esiste la possibilita’ di utilizzare le staminali da donatore vicino (con terapia immunosoppressiva per evitare il rigetto) o di "addestrare" le staminali di un altro tessuto a svolgere un compito diverso. Inoltre ci sono gia’ studi per uno stroma e poi una cornea artificiale. _______________________________________________________ La Stampa 18 giu. ’03 SI TORNA A CREDERE NEL VACCINO ANTI-ALZHEIMER QUALCHE PROGRESSO NELLA LOTTA ALLA DEMENZA SENILE LA SPERIMENTAZIONE ERA STATA INTERROTTA NEL NOVEMBRE 2001: ORA UN ATTENTO ESAME DEI RISULTATI PRELIMINARI SEMBRA DIMOSTRARNE L’EFFICACIA, MENTRE VIENE MESSA IN DUBBIO UNA REALE PERICOLOSITA’ LA notizia del novembre 2001 che 17 pazienti Alzheimer tra i 375 che avevano partecipato ad uno studio multinazionale di immunizzazione mediante il peptide A-42 (parte del precursore della sostanza amiloide cerebrale presente nel cervello del malato) avevano sviluppato una meningo-encefalite fu una doccia fredda sui ricercatori e sulle famiglie. La maggior parte dei pazienti coinvolti nello studio e i famigliari chiesero ad alta voce di poter continuare lo studio malgrado fossero consci dell'alto rischio. Alcuni famigliari minacciarono addirittura di fare causa all’industria farmaceutica che aveva voluto sospendere lo studio per ovvie ragioni di sicurezza. Non si poteva piu’ sostenere un intervento potenzialmente cosi pericoloso per altri 12 mesi come previsto nel protocollo. Fortunatamente non vi furono casi mortali in questo particolare gruppo di pazienti e uno solo nel gruppo precedente di Fase 1, e neppure chiaramente attribuibile al trattamento. I gruppi di ricercatori svizzeri di Ginevra e Zurigo che avevano partecipato allo studio internazionale (non l'Italia ) ebbero la buona intuizione di continuare a seguire da vicino tutti i pazienti trattati (solo due volte) anche dopo la sospensione dello studio per un anno. I primissimi risultati pubblicati due mesi fa dal gruppo di Zurigo (Hock e altri) dimostravano che la maggior parte dei pazienti trattati per iniezione con l'antigene A-beta 42 avevano sviluppato nel cervello degli anticorpi selettivi non solo contro i vari tipi di beta-amiloide presenti nel cervello dei malati di Alzheimer ma perfino contro quella presente nei vasi cerebrali. Rimaneva in sospeso il grande quesito: gli anticorpi generati nel cervello mediante la immunizzazione avevano un effetto sulla malattia? La risposta e’ giunta adesso: l'immunizzazione, anche se ridotta a due soli trattamenti, e’ probabilmente gia’ in grado di rallentare alcuni aspetti della malattia. Dei 30 pazienti seguiti in Svizzera almeno 20 dimostrano una stabilizzazione dei sintomi cognitivi caratteristici della malattia, non solo quelli rilevabili con il test piu’ comunemente usato (chiamato mini-mentale, MSE) che risultavano essere inalterati dopo 12 mesi (non dimentichiamo che l'Alzheimer e’ malattia fortemente progressiva!) ma anche la capacita’ del paziente di svolgere attivita’ come mangiare, fare il bagno, vestirsi etc. risultava inalterata rispetto a quella misurata dodici mesi prima. Una complessa batteria di test cognitivi e comportamentali segnala anch’essa un arresto della malattia, almeno dal punto di vista sintomatico. I risultati appaiono direttamente correlati al tasso di anticorpi-anti-amiloide presenti nel sangue e nel liquor cefalo-rachidiano del paziente, dimostrando un rapporto dose di anticorpi / effetto clinico. Rimane ancora pero’ una difficile interpretazione. Per ragioni etiche tutti pazienti sottoposti alla vaccinazione erano stati simultaneamente trattati con gli inibitori della colinesterasi. Tali farmaci, diffusi anche in Italia, hanno come effetto di stabilizzare il paziente per 6 mesi/un anno, e in certi casi anche per due anni o piu’. La stabilizzazione non e’ costante in tutti pazienti ma solo in un gruppo definito come "responders". La presenza degli inibitori pone ora in questione l'effetto della vaccinazione. Era tale effetto dovuto solo alla vaccinazione, solo agli inibitori delle colinesterasi o a un potenziamento tra i due? La risposta non arrivera’ prima di un anno o due, quando saranno compiuti nuovi studi che tengano in considerazione vari gruppi di pazienti trattati diversamente (solo vaccinazione, vaccinazione piu’ inibitori, solo inibitori). In ogni caso l'effetto dei dati positivi e’ incoraggiante e determinera’ (se confermato da altri gruppi di pazienti) un ritorno alla sperimentazione mediante immunizzazione. Il nuovo vaccino sara’ molto diverso dal precedente e, si spera, molto piu’ sicuro. Ezio Giacobini _______________________________________________________ Le Scienze 20 giu. ’03 LE ORIGINI GENETICHE DEL VIRUS HIV Il SIV sarebbe un ibrido generatosi quando due virus hanno scambiato i propri geni Prendete due virus delle scimmie, trasmetteteli agli scimpanze’, incubate per diversi anni... e servite in tavola. Questa, secondo un nuovo studio pubblicato sul numero del 13 giugno della rivista “Science”, sarebbe la ricetta per creare il virus HIV. Da tempo si ritiene che l’HIV-1, la varieta’ predominante del virus che provoca l’AIDS, sia stato trasmesso agli esseri umani dagli scimpanze’ africani, forse dopo che alcune persone si sono nutrite di carne infetta. Ma da dove provenisse il SIV, la versione degli scimpanze’, e’ ancora un mistero. Ora un gruppo di biologi guidato da Paul Sharp, dell’Universita’ di Nottingham, avrebbe scoperto che gli scimpanze’ hanno probabilmente ricevuto il virus dopo essersi cibati di altre scimmie nell’Africa centro-occidentale. Confrontando le sequenze genetiche dei virus, e in particolare le sequenze di amminoacidi di quattro proteine, i ricercatori hanno stabilito che il SIV degli scimpanze’ e’ un incrocio fra ceppi di virus trovati nel cercocebo dal collare (Cercocebus torquatus) e nel cercopiteco dal naso bianco maggiore (Cercopithecus nictitans). L’ibrido e’ probabilmente nato quando negli scimpanze’ i due virus si sono scambiati alcuni geni. Lo studio analizza anche la possibilita’ che negli scimpanze’ possano esistere altri tipi di SIV, ereditati da altre scimmie, che potrebbero generare in futuro nuovi tipi di HIV negli esseri umani. Bailes, E. et al. Hybrid origin of SIV in chimpanzees. Science, 300, 1713, (2003). _______________________________________________________ Le Scienze 17 giu. ’03 UNA CAUSA CHIMICA PER LA FIBROSI CISTICA La malattia e’ dovuta a un’anormalita’ nelle ghiandole che secernono soluzione salina e muco Ricercatori della Scuola di Medicina dell’Universita’ della California di San Diego (UCSD) hanno identificato le componenti biochimiche che provocano una grave forma di fibrosi cistica. In un articolo pubblicato sul numero del 12 giugno 2003 della rivista “Nature”, gli scienziati affermano che i casi piu’ gravi di fibrosi cistica si verificano quando le cellule epiteliali di intestino, polmoni, pancreas e ghiandole sudoripare non sono piu’ in grado di trasportare bicarbonato attraverso la propria membrana cellulare. Inoltre i ricercatori hanno scoperto che il glutammato, un aminoacido noto come neurotrasmettitore cerebrale, controlla il movimento del bicarbonato e di un’altra importante sostanza chimica, il cloruro, dentro e fuori le cellule epiteliali. Le due sostanze sembrano agire indipendentemente, ma si ritiene che il loro movimento attraverso le membrane cellulari porti acqua al muco che protegge le cellule, mantenendo lubrificati i tessuti. Gli scienziati credono comunque che il loro contributo alla salute possa essere anche piu’ complesso. La fibrosi cistica, una malattia cronica, progressiva e spesso letale delle ghiandole del corpo responsabili per la secrezione o l’assorbimento di soluzione elettrolitica, colpisce sia i bambini sia gli adulti e affligge soprattutto il sistema respiratorio e quello digestivo. _______________________________________________________ Le Scienze 17 giu. ’03 TASTIERA E MOUSE NON DANNEGGIANO IL POLSO L’uso eccessivo del computer non provoca danni ai nervi della mano Secondo uno studio danese, pubblicato sulla rivista “Journal of the American Medical Association”, l’utilizzo del computer non sembra essere fra le cause dell’indisposizione del polso e della mano nota come sindrome del tunnel carpale. Questa malattia, un grave disturbo caratterizzato da prurito e intorpidimento del palmo della mano e delle dita, si verifica quando il nervo mediano nel polso viene schiacciato o compresso. “L’uso del computer - affermano gli autori - non costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo dei sintomi”. I ricercatori hanno esaminato quasi 7000 soggetti che lavoravano in 3500 diversi siti. I pazienti sono stati inizialmente interrogati a proposito di eventuali sintomi e 5568 di loro sono stati esaminati anche un anno piu’ tardi. Anche se in passato altri studi avevano fornito prove evidenti che le attivita’ industriali pesanti contribuiscono al problema, il ruolo del lavoro con tastiera e mouse non era ancora chiaro. “Dai nostri risultati - spiegano i ricercatori - sembra improbabile che lavorare al computer rappresenti un rischio occupazionale di sviluppare la sindrome. Tuttavia, basandoci su altri studi, non possiamo escludere la possibilita’ che l’uso molto intensivo e ripetitivo della tastiera possa costituire un fattore di rischio, anche se non molto importante”.