UNIVERSITÀ, TORNANO DI MODA MEDICINA E BIOLOGIA I CAGLIARITANI DIFENDONO L'UNIVERSITÀ GIURISPRUDENZA, LA LAUREA BREVE NON INCANTA GLI STUDENTI POLICLINICO: IL TAR BOCCIA LA NOMINA DI SANTA CRUZ PER GLI INSEGNANTI SCONTRO MORATTI-SINDACATI SCUOLA, È GUERRA TRA I PRECARI LE SCUOLE SARDE PERDERANNO 316 INSEGNANTI ========================================================= TRAPIANTI DI MIDOLLO A PESARO PIEMONTE:ASSISTIAMO ALLO SMANTELLAMENTO DEL SISTEMA SANITARIO PUBBLICO POLICLINICO: SÌ ALL'AUMENTO, SCIOPERO REVOCATO (a Roma) POLICLINICO:IL CONSIGLIO DI FACOLTÀ DICE NO ALL’INTESA CON LA REGIONE E’ REALTA’ L’OSPEDALE VIRTUALE ITALIANO GLI OMEOPATI A SIRCHIA: "SIAMO MEDICI ANCHE NOI" MINELLI: L'OMEOPATIA MERITEREBBE ALTRI STUDI PIÙ APPROFONDITI" FUMATA NERA PER LO SVINCOLO DELLA CITTADELLA UNIVERSITARIA CAGLIARI: BIOOTECNOLOGIE, I CONFINI DELL'ETICA IN AMBULATORIO ARRIVANO I SALDI CONTRO IL CARO-SANITÀ MARTELLI: "ELIMINIAMO LE LISTE D'ATTESA" PIASTRINE A LUNGA CONSERVAZIONE CELLULE IN PROVETTA PER CANCELLARE LE RUGHE NEUROFISIOLOGIA DELL'EREZIONE RICERCA: UN “CASCO” PER LEGGERE I PENSIERI DEI DISABILI UN CEROTTO CONTRO IL PARKINSON AIDS: L’AFRICA UNISCE A ROMA GALLO E MONTAGNIER ========================================================= CAGLIARI: NON È UN REATO INVIARE E-MAIL DALL'UFFICIO INFORMATICA E POLITICA - NELLA PA SOLO SOFTWARE LIBERO ========================================================= _____________________________________________________________________ Corriere della Sera 17 mar. '02 UNIVERSITÀ, TORNANO DI MODA MEDICINA E BIOLOGIA Sondaggio tra i giovani maturandi: cala il gradimento per architettura e ingegneria. Resistono economia e giurisprudenza Voltattorni Claudia Meglio il medico, il biologo, il diplomatico. Passano di moda, gli architetti, gli ingegneri e gli psicologi. Tengono ancora gli avvocati e gli economisti. Prove di iscrizioni per le matricole universitarie del futuro anno accademico, che ieri hanno partecipato alla tredicesima edizione della Giornata di Orientamento Universitario (Gou), organizzata dalla Fondazione Rui e dall' Isu, all' università Statale, patrocinata da ministero dell' Istruzione, Ufficio scolastico di Milano, Comune, Provinci a e Assolombarda. Per tutta la mattina, i professori di tutte le università milanesi hanno spiegato a studenti provenienti da tutta la Lombardia corsi, indirizzi e facoltà offerte da ogni singolo ateneo. E da un sondaggio effettuato sui quasi quattro mila ragazzi presenti, i primi exit-poll hanno rivelato una predilezione per le facoltà di scienze politiche, medicina e scienze naturali. Rispetto allo scorso anno, infatti, le preferenze degli studenti che a giugno faranno l' esame di maturità e ch e poi si iscriveranno all' università sono aumentate per le scienze politiche e sociali dal 13 al 16,5 per cento, per la medicina dall' 8,6 al 12, e per le scienze naturali dall' 11 al 13,3. Meno successo riscuotono, per ora, quelle facoltà che invec e negli scorsi anni sono state molto gettonate. Anche se il calo di preferenze è piuttosto contenuto, il gradimento per architettura scende dal 7,2 al 6,9 per cento e ingegneria dal 12,2 all' 11. Un calo di iscrizioni è previsto anche per le scienze umane, che significa psicologia, sociologia e scienze della formazione, preferita dal 21 per cento degli intervistati, contro il 23,8 dello scorso anno. Resistono invece le facoltà di giurisprudenza ed economia e statistica, in leggero aumento rispet tivamente dell' 1 e dello 0,1 per cento. Per quanto riguarda la divisione delle preferenze per sesso, le ragazze si confermano più interessate alle materie umanistiche, alla medicina e alle scienze politiche. Solo l' 8 per cento dei ragazzi, ad esemp io, ha detto di voler diventare medico, e solo in 126, contro 640 studentesse, seguiranno i corsi di scienze umane. Per i ragazzi, ingegneria e scienze naturali rimangono le facoltà preferite. C. Vol. _____________________________________________________________________ L'Unione Sarda 23 mar. '02 I CAGLIARITANI DIFENDONO L'UNIVERSITÀ Niente problemi e un'organizzazione da far invidia ai grandi atenei: l'università oristanese funziona, eccome. Non hanno dubbi gli studenti cagliaritani che prendono le distanze dalle critiche mosse nei giorni scorsi dai colleghi sassaresi. Nessuna storica rivalità, solo una questione di diversa organizzazione tra i corsi, alcuni dei quali fanno capo all'ateneo cagliaritano, altri a quello di Sassari. "Noi non abbiamo tutti quei problemi, anzi non ci possiamo proprio lamentare", spiega Silvia Caocci, iscritta in Biotecnologie industriali. "Le proteste dei ragazzi delle facoltà di Sassari riguardano solo i loro corsi". Niente da ridire, quindi, su professori o tutor che assistono gli alunni. "I docenti sono disponibili, ci seguono e cercano di venire incontro alle nostre esigenze. E per noi questo rapporto è molto importante", sottolinea Claudia Dessì, trapiantata da 3 anni in città. Anche per i laboratori sembra filare tutto liscio. "Durante le esercitazioni non ci sono mai state difficoltà", precisa Sara Deriu. Valeria Pinna _____________________________________________________________________ Il Messaggero 19 mar. '02 GIURISPRUDENZA, LA LAUREA BREVE NON INCANTA GLI STUDENTI ROMANI La formula 3+2 è un flop, almeno per quanto riguarda gli studi giuridici: su 20mila iscritti alla facoltà di Giurisprudenza del più grande ateneo d'Europa, La Sapienza, solo in 12 hanno scelto la laurea breve, cui può far seguito il biennio di specializzazione. Ma non è solo perché poco apprezzata dagli studenti che gli esperti di diritto - nel corso di una tavola rotonda organizzata dall'Università di Tor Vergata e presieduta dal giudice costituzionale Annibale Marini - chiedono il riconoscimento permanente della libertà di scelta sul tipo di laurea che ciascuna Università, nell'ambito della propria autonomia, voglia adottare, se il 3+2 o il tradizionale corso quadriennale. La formula prevista dalla riforma Zecchino innanzitutto non piace per motivi culturali e professionali. Lo hanno detto a chiare lettere - alla presenza del capo di gabinetto del ministro dell'Istruzione Letizia Moratti - i presidi delle Facoltà di giurisprudenza della Sapienza e di Tor Vergata, e gli altri partecipanti al dibattito. _____________________________________________________________________ L'Unione Sarda 20 mar. '02 POLICLINICO: IL TAR BOCCIA LA NOMINA DI SANTA CRUZ: tutto da rifare per Medicina legale Giuseppe Santa Cruz non è più professore di Medicina legale. E nemmeno direttore del servizio al Policlinico universitario di Monserrato. Lo ha deciso il Tar, accogliendo il ricorso di Francesco De Stefano, 50 anni, originario di Marsala, da alcuni professore associato di Medicina legale in città. La sentenza del Tar (presidente Alberto Manlio Sassu, consiglieri Manfredo Atzeni e Francesco Scano) ha annullato il decreto con cui il rettore Pasquale Mistretta, l'11 ottobre 2001, aveva disposto il passaggio di Santa Cruz da un settore scientifico disciplinare (Anatomia patologica) a un altro (Medicina legale). Il Tar ha anche annullato alcuni atti del rettore e del direttore generale del Policlinico che, qualche mese fa, avevano portato alla nomina di Santa Cruz alla direzione di Medicina legale a Monserrato. Per la cattedra, l'Università (rappresentata in giudizio, col Policlinico, dall'Avvocatura dello Stato), potrebbe bandire un concorso, oppure ricorrere al trasferimento da un'altra sede di un docente. De Stefano, il ricorrente, non ha infatti i titoli (è professore di seconda fascia). Legittimamente, invece, può aspirare alla direzione di Medicina legale a Monserrato. Originario di Villanovafranca, 57 anni, Santa Cruz dal 1998 (l'anno della scomparsa del professor Sergio Montaldo) è direttore della scuola di specializzazione di Medicina legale dell'Università, dove ricopre l'incarico di docente in più insegnamenti. Perito in centinaia di casi giudiziari, penali e civili, di recente è stato negli Stati Uniti, a Philadelphia, per approfondire tematiche forensi. La notizia del ricorso al Tar aveva destato perplessità in alcuni ambienti accademici e non solo, come confermato da numerosi attestati di stima ricevuti da Santa Cruz. I giudici amministrativi, tuttavia, hanno accolto per intero il ricorso di De Stefano, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Contu e Matilde Mura. Il Tar, in particolare, evidenzia il parere negativo del Consiglio universitario nazionale sul passaggio di Santa Cruz dall'anatomia patologica alla medicina legale. L'avvocato dello Stato ha sostenuto che, in realtà, il Cun non ha espresso un parere "consapevolmente sfavorevole" sulle pubblicazioni scientifiche di Santa Cruz, ma avrebbe lamentato la mancata trasmissione. Ma nel caso - è la replica del Tar - il rettore avrebbe avuto tutto l'interesse ad ottenere un nuovo parere dal Cun, fornendo la documentazione mancante. Non l'ha fatto. E comunque, evidenzia il Tar, anche la posizione dell'Avvocatura "non è sostenuta da riscontri documentali". Quanto alla nomina per la direzione di Medicina legale a Monserrato, i giudici scrivono nella sentenza che, nel nominare Santa Cruz, non si era tenuto conto del fatto che aveva preso servizio, all'Università, un medico legale. De Stefano, appunto. Ma il legale di Santa Cruz, Roberto Candio, dà una lettura positiva alla sentenza. "I giudici", spiega l'avvocato Candio, "evidenziano come il decreto di nomina del rettore sia privo di motivazioni in ordine alla difformità di vedute con il Consiglio universitario. In pratica, anche senza richiedere un ulteriore parere al Cun, il rettore, nella sua sua autonomia decisionale, potrebbe con un nuovo decreto motivare la scelta del professor Santa Cruz per la cattedra di Medicina legale e, di conseguenza, per la direzione a Monserrato". Il Tar ha condannato Università e Policlinico, in solido, a pagare spese e onorari del giudizio a Francesco De Stefano. Tremilacinquecento euro. E. D. _____________________________________________________________________ Il sole24Ore 20 mar. '02 PER GLI INSEGNANTI SCONTRO MORATTI-SINDACATI No dei confederali alla proposta del ministro dell'Istruzione sul contratto separato per gli insegnanti Scontro Moratti-sindacati Riconosciuto il ruolo delle associazioni professionali dei docenti - Proteste contro i tagli agli organici (NOSTRO SERVIZIO) ROMA - Sindacati in rivolta contro Letizia Moratti. Domenica scorsa il ministro dell'Istruzione ha detto ufficialmente che intende fare un contratto per i docenti separato da quello del personale Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari). In questo modo, secondo il titolare di Viale Trastevere, "per gli insegnanti si potrà costruire un percorso basato sulla qualità, professionalità e responsabilità, a cui corrisponderanno anche ricadute sul piano economico". Di fronte a questo progetto Cgil, Cisl e Uil hanno scatenato una reazione rabbiosa. La Gilda, invece, che da sempre sostiene questa idea, ha esultato. E anche lo Snals non dovrebbe essere contrario: in passato, infatti, aveva espresso una certa disponibilità. La questione è molto delicata, perchè va a toccare il lato forte - o debole, a seconda dei casi - delle confederazioni. In pratica, mentre ora ciascuna sigla partecipa alla contrattazione unica del comparto scuola per il rinnovo del contratto dei docenti e dei non docenti, in caso di area separata ogni sindacato sarebbe chiamato a due trattative differenti. A quel punto, però, avrebbe titolo a partecipare in base alla propria rappresentatività. Gilda, per esempio, fa il pieno degli iscritti tra gli insegnanti, mentre Uil e Cgil hanno molte tessere tra gli Ata. Se passa la proposta Moratti, dunque, il peso di ogni federazione nelle vertenze potrebbe cambiare, e anche di molto. Il ministro, inoltre, ha incontrato domenica a Bellaria una serie di associazioni professionali dei docenti (Diesse, Apef, Cnadsi, L'altra scuola, Snadir Milano, Unams scuola Milano, Disal, Adi, Aespi). E dopo la riunione ha detto: "Vedremo come realizzare le forme per valorizzare le associazioni degli insegnanti tenendo conto che anche i sindacati della scuola svolgono un ruolo importante". Per cultura e tradizione, molte associazioni di docenti sono portavoce di interessi diversi e a volte lontani da quelli dei sindacati. Letizia Moratti, in questo modo, rompe uno schema consolidato e apre scenari nuovi, in cui si fanno più verosimili progetti come il codice deontologico, il nuovo stato giuridico della categoria e - forse - i riconoscimenti per merito. Il presidente dell'Apef Sandro Gigliotti ritiene che "grazie all'impegno mostrato dal Ministro il traguardo, su questi punti, è ormai vicino". E Alessandro Ameli, coordinatore della Gilda, dice che "la separazione delle aree contrattuali è un passaggio obbligato se si intende procedere sulla strada della valorizzazione professionale degli insegnanti. L'unica area di contrattazione, docenti e non docenti, ai quali applicare gli stessi istituti contrattuali, come per anni è stato fatto, ha determinato l'appiattimento retributivo e la mortificazione professionale di entrambe le categorie". Il ministro dell'Istruzione ha ora intenzione di chiedere al titolare della Funzione Pubblica, Franco Frattini, di inserire questa proposta nella direttiva da inviare all'Aran (l'agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego) per il prossimo rinnovo del contratto. In diversi ambienti governativi e sindacali si ritiene tecnicamente difficile questo passaggio, ma un fatto è certo: il solco è ormai tracciato e la strada è aperta, al di là delle questioni formali. È anche vero, però, che la tensione dei confederali potrebbe allungare di molto i tempi della vertenza. Le dichiarazioni sono di fuoco: secondo Daniela Colturani (Cisl) si tratta di "scelte unilaterali che non condividiamo"; Enrico Panini e Michele Gentile (Cgil) affermano che "sono decisioni sconcertanti, parliamo piuttosto di retribuzioni europee"; Massimo Di Menna (Uil) sollecita invece "ad affrontare il tema delle risorse". Il conflitto si svolge anche a livello locale. Ieri si è svolta l'agitazione dei confederali in Lombardia, oggi si replica in Piemonte e in Veneto e le manifestazioni potrebbero proseguire. Marco Ludovico _____________________________________________________________________ Il sole24Ore 18 mar. '02 SCUOLA, È GUERRA TRA I PRECARI Graduatorie provinciali - Sono almeno 15mila i ricorsi raccolti contro le valutazioni per l'inserimento L'hanno definita una "guerra tra poveri", la battaglia che in questi giorni contrappone - a colpi di decine di migliaia di ricorsi singoli e collettivi al Tar - i precari vincitori di concorso e di "lunga durata" ai candidati in possesso di un diploma rilasciato dalle Ssis, scuole di specializzazione all'insegnamento secondario. La posta in gioco è l'inserimento nelle nuove graduatorie provinciali (le domande vanno presentate entro giovedì 21), utili per l'attribuzione dei posti in ruolo e delle supplenze annuali. Ai diplomati Ssis, infatti, sono stati attribuiti dalla tabella di valutazione (decreto n. 11 del ministero dell'Istruzione del 12 febbraio scorso), ben 30 punti aggiuntivi, oltre ai titoli valutabili, proprio per aver conseguito l'abilitazione nell'ambito delle Ssis. Inoltre, la tabella dà la possibilità a questi aspiranti di ottenere la valutazione del punteggio per il servizio di insegnamento prestato in contemporanea al periodo di frequenza nelle scuole di specializzazione. La protesta (si veda il servizio pubblicato sul Sole-24 Ore del lunedì il 25 febbraio scorso) è, dunque, cresciuta sempre più, sino a coinvolgere le organizzazioni sindacali della scuola che stanno preparando ricorsi individuali e di gruppo proprio contro i 30 punti della discordia attribuiti ai diplomati Ssis. Impossibile, per ora, conoscere l'esatto numero dei ricorsi, ma le stime parlano di almeno 15mila in complesso. "Lo Snals, come sindacato, sta preparando un ricorso contro il provvedimento - dichiara Fedele Ricciato, segretario nazionale del sindacato autonomo - e, tramite le sue sedi provinciali sta organizzando i ricorsi dei singoli interessati. E sono già migliaia le adesioni che arrivano da tutta Italia". Il problema, comunque, non nasce adesso bensì nel giugno del 2001 quando, con il decreto interministeriale n. 268, fu decisa l'attribuzione dei 30 punti in più. Allora nessuno battè ciglio forse perché non si intuì la portata del provvedimento e soprattutto perché nessuno poteva immaginare che i diplomati Siss sarebbero confluiti nella medesima fascia delle graduatorie permanenti dove si situano i precari anziani. "Tutto deriva dall'unificazione della III e IV fascia delle graduatorie prevista dalla legge 333/2001 che ha provocato una grande confusione di punteggi e posizioni nelle graduatorie permanenti - sostiene Enrico Panini segretario nazionale della Cgil Scuola -. Il nostro sindacato ha subito presentato ricorso contro l'unificazione delle fasce e la parificazione del punteggio tra scuole statali e scuole non statali: questo ricorso verrà esaminato in aprile". Non di meno, per far fronte alla massiccia richiesta dei precari penalizzati, anche la Cgil sta raccogliendo i ricorsi contro la supervalutazione delle Ssis ed è, finora, a quota 4.000. I diplomati delle scuole di specializzazione non stanno però a guardare. Hanno costituito un comitato nazionale e alcuni provinciali per salvaguardare i propri diritti e hanno stilato un documento nel quale si legge: "Le scuole di specializzazione per l'insegnamento non sono scuole per ricchi, facili... che regalano l'abilitazione. La Ssis è una scuola che non si limita ad abilitare ma specializza all'insegnamento; è una scuola di formazione altamente qualitativa, in adeguamento a quella parte di Europa più avanzata dove si accede ai vari settori lavorativi attraverso scuole di formazione specialistiche e specializzanti. È proprio questo, e tutti gli oneri che comporta, a giustificare il punteggio aggiuntivo". Daniela Girgenti _____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 22 mar. '02 LE SCUOLE SARDE PERDERANNO 316 INSEGNANTI TAGLI DEL MINISTERO CAGLIARI. Tagli agli organici nelle scuole sarde. Il ministero dell'Istruzione ha attribuito 24.391 posti per i docenti, con una riduzione di 316 unità. Lo precisa, in una nota, il direttore generale dell'Ufficio scolastico della Sardegna, Armando Pietrella, dopo il confronto con i sindacati della scuola sui problemi dell'organico e delle cattedre per il prossimo anno scolastico. Per il sostegno, sono previsti 1.662 posti, con la possibilità di un ampliamento di 201 unità. Alla scuola materna sono stati assegnati 2.883 docenti (1.165 in provincia di Cagliari, 825 a Sassari, 619 a Nuoro e 274 a Oristano), alle elementari 7.110 (di cui 3.024 a Cagliari, 2.118 a Sassari, 1.281 a Nuoro e 687 a Oristano). Per la scuola secondaria di primo grado sono previsti 5.585 insegnanti (2.668 in provincia di Cagliari, 1.487 a Sassari, 1.184 a Nuoro e 519 a Oristano), mentre 8.540 sono quelli stimati per la secondaria di secondo grado (di cui 4.069 a Cagliari, 2.254 a Sassari, 1.469 a Nuoro e 748 a Oristano). I criteri seguiti dal ministero, afferma Pietrella, sono non soltanto il numero degli iscritti, ma anche le situazioni socio-economiche degli alunni, l'eventuale disagio e l'insuccesso scolastico: «La riduzione dei posti «risulta inferiore al decremento che si sarebbe ottenuto attraverso un mero calcolo matematico proporzionale alla diminuzione della popolazione scolastico», che per l'anno 2002-2003 potrebbe essere di circa 10mila studenti. La contrazione, inoltre, non riguarda i posti della scuola materna e del sostegno, dove è stato confermato l'organico precedente. «Il contingente assegnato - precisa infine Pietrella - si riferisce all'organico previsionale (il cosiddetto organico di diritto) e le eventuali comparazioni non possono, pertanto, che essere fatte con il corrispondente organico dell'anno precedente e non con la situazione determinatasi di fatto». La Direzione regionale si riserva comunque la possibilità di procedere a compensazioni fra i vari ordini e gradi. ========================================================= _____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 22 mar. '02 TRAPIANTI DI MIDOLLO A PESARO Delusione per il microcitemico di Cagliari che si aspettava un riconoscimento (e aiuti economici) dal ministro della Sanità Nessun dramma tra i responsabili del centro: "Lucarelli comunque lo merita" di Mauro Lissia CAGLIARI. Ormai è andata: in base alla legge finanziaria i trenta milioni di euro destinati ai trapianti di midollo sono andati al San Salvatore di Pesaro, il centro diretto dal celebre ricercatore Guido Lucarelli. Picche, solo picche al Microcitemico di Cagliari, che sperava in un aiuto da Roma per crescere e acquisire una posizione centrale nello scacchiere della sanità pubblica nazionale. Neppure un euro, ma Antonio Cao - che ancora ci lavora per conto del Cnr - non protesta più di tanto. Preferisce sottolineare come lo smacco sia stato, tutto sommato, soltanto parziale: "Sembrava che il ministero della salute volesse indicare Pesaro come centro di riferimento per la ricerca nel campo delle talassemie, questo almeno non è avvenuto. Abbiamo perso i soldi, va detto però che sono andati a uno come Lucarelli, il primo a fare i trapianti di midollo in Italia e anche quello che ne ha fatto più di tutti. Insomma, se lo merita...". Dunque: nonostante lo 'scippo vergognoso' - come l'aveva definito a suo tempo Piergiorgio Massidda, parlamentare di Forza Italia - Cao evita di lasciarsi andare alle polemiche. Pacato come sempre, stempera la delusione: "Direi che a Lucarelli quel riconoscimento spetta. Sarebbe stato offensivo per noi se il suo centro fosse diventato il centro di riferimento generale per tutti i trapianti di midollo e per le talassemie. Questo non sarebbe stato accettabile. Così invece... si tratta di una decisione politica e io non sono abituato a contestare le decisioni se non ho a disposizione tutti gli elementi di valutazione". Evidentemente li aveva il ministro, se ha beneficato con un finanziamento ragguardevole proprio il centro 'rivale' di Cagliari, dove oggi dirige Renzo Garanello: "So che quel finanziamento è legato anche alla necessità di adeguare l'ospedale di Pesaro all'esigenza di estendere i trapianti ai pazienti di paesi terzi. Chi, da paesi extracomunitari, avrà bisogno di un intervento potrà rivolgersi a Lucarelli". Nessun giudizio da parte di Cao neppure su quest'aspetto: "Non so... Pesaro ha fatto cappotto, ha preso tutto e a noi non è arrivato nulla. Che dovrei dire? Ormai è andata così, serve a qualcosa lamentarsi?". Sembrava impossibile: nonostante la talassemia abbia proprio in Sardegna la sua più alta incidenza, il governo Berlusconi aveva subito manifestato con la finanziaria l'intenzione di premiare Pesaro lasciando a secco Cagliari, dove da decenni si fa ricerca di altissima qualità. Il misfatto, dapprima annunciato, ora è stato compiuto. Ma almeno non è arrivata anche la beffa: il Microcitemico rivolterà le tasche ma terrà il 'grado'. A muoversi contro la scelta del governo erano stati Massidda, il presidente della Regione, l'assessore alla sanità e altri esponenti politici come Emanuele Sanna. Una sollevazione senza colore politico, legata a una realtà importante da difendere con le unghie e coi denti. Cao aveva parlato di "logiche di lobby regionali" e della necessità di affidare a una commissione qualificata il compito di stabilire quale dovesse essere il centro di riferimento nazionale per i trapianti. Anche perchè il merito di Pesaro sarebbe tutto nel progetto di avviare i trapianti di midollo: "L'assistenza alla talassemia non è solo trapianti di midollo - aveva detto Cao - c'è la diagosi prenatale, la diagnosi preimpianto, la ricerca della terapia genica, la consultazione genetica, la terapia tradizionale, l'uso di farmaci alternativi... insomma, è una cosa complessa. Il trapianto è una delle possibilità, che poi noi a Cagliari facciamo". In più il problema dell'incidenza della malattia: "In Sardegna abbiamo il record di talassemie, non vedo come si possa pensare a Pesaro...". Quando Cagliari, fra l'altro, è riconosciuto come 'Centro di riferimento dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per il controllo delle emoglobinopatie'. Un centro di rilevanza scientifica assoluta, a lungo considerato - e ancora oggi - come il fiore all'occhiello della sanità regionale, nonostante i ragionamenti ragionieristici che ispirano ormai i giudizi degli amministratori, anche quando si parla della salute e di malattie particolari, come la talassemia. Tutto inutile: il finanziamento ha preso il volo ed è atterrato nelle Marche. A Cao e ai ricercatori del Microcitemico la sola soddisfazione di non essere finiti in una sorta di serie B nazionale. Ma con le soddisfazioni la ricerca scientifica non a avanti. Conclusione inevitabile: comunque sia, per la sanità sarda è una sonora sconfitta. _____________________________________________________________________ La Stampa 23 mar. '02 PIEMONTE:ASSISTIAMO ALLO SMANTELLAMENTO DEL SISTEMA SANITARIO PUBBLICO La soppressione di alcune prestazioni sanitarie da parte del Ministro della salute (sic!) Sirchia, che ha cancellato molte prestazioni precedentemente garantite, è l´ennesimo, ma non purtroppo l´ultimo, capitolo sullo smantellamento in atto della legislazione sanitaria vigente avviato dal nuovo Governo e da alcuni Governi regionali. A Biella tutto ciò si aggiunge ad una situazione difficilissima caratterizzata da una scarsità di risorse che non ha eguali in Piemonte. In questi sette anni la Giunta regionale non ha fatto alcunché per riorganizzare un servizio essenziale che restituisse a territori penalizzati come il nostro le stesse opportunità di altri. Ora si aggiunge anche, da parte del Governo nazionale, l´eliminazione di molte prestazioni ritenute "inappropriate" che, in realtà, preconizzano l´eliminazione della Sanità come servizio garantito a tutti i cittadini come era negli scopi della legge 833/78 e della successiva riforma del ´92 (D.lg.vo 502/92) che, ricordo, non erano riforme volute dal "bieco" Governo dell´Ulivo, ma da un monocolore democristiano (la 833/78) e da una coalizione di pentapartito (la 502/92). La filosofia che guida i provvedimenti governativi è molto semplice: lo Stato deve garantire alcune essenziali (o, meglio, che il Governo ritiene tali) prestazioni, il resto uno se lo paga, come la massofisioterapia appunto, quasi che tutti possano permettersi cure di questo tipo o tutti siano coperti, all´americana, di polizze assicurative che non sempre poi coprono tutte le nostre "magagne". La filosofia della riforma del ´78 e di quella del ´92 (fatte da quei democristiani, socialisti, liberali, socialdemocratici e repubblicani di cui Berlusconi dice di essere l´erede) erano invece fondate su un altro principio: siccome tutti pagano le tasse in proporzione e in progressione al proprio reddito, a tutti deve essere garantito il diritto costituzionale alla salute che significa garantire, nei limiti di conoscenza e di capacità della struttura sanitaria, il ritorno della stessa alla situazione il più possibile vicina a quella ante?malattia. C´è una differenza copernicana tra le due concezioni; in quella di Sirchia la parola salute è rimasta solo più a indicare un Ministero che già non conta più nulla col passaggio delle competenze in materia alle Regioni con la recente riforma costituzionale. Mi auguro che la Conferenza dei sindaci dell´Asl 12, convocata per il 5 aprile, faccia sua, a livello istituzionale, il "grido di dolore" che da più parti si è levato contro decisioni di riorganizzazione della Sanità regionale e locale che già penalizzano importanti settori della nostra struttura sanitaria e che stanno riducendo il prestigio del nostro ospedale. _____________________________________________________________________ Corriere della Sera 22 mar. '02 POLICLINICO: SÌ ALL'AUMENTO, SCIOPERO REVOCATO (a Roma) Salirà la retribuzione dei dipendenti universitari. La Cisl non firma l'accordo E' stato revocato lo sciopero generale proclamato per oggi nel policlinico Umberto I. Al termine di una riunione durata sei ore, presieduta dal prefetto Emilio Del Mese, è stata trovata una intesa tra Giuseppe D'Ascenzo, rettore della Sapienza, Tommaso Longhi, direttore generale dell'ospedale e i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e Cisapuni. Il blocco dell'attività è stato scongiurato, spiega il prefetto, perché D'Ascenzo ha concesso un aumento alla retribuzione dei dipendenti universitari dell'Umberto I, a partire dal mese di aprile, in attesa che venga approvato il rinnovo del contratto nazionale di categoria per il biennio 2000-2001. "Questo provvedimento permetterà al policlinico - osserva Longhi - di riconoscere l'equiparazione del contratto degli universitari con quello degli ospedalieri, che rientrano nel Servizio sanitario nazionale". I vertici dell'ateneo si sono anche impegnati a aprire un tavolo di trattative con i sindacati sulle problematiche del personale universitario. L'accordo non è stato firmato dalla Cisl che ha comunque revocato lo sciopero visto il delicato momento alla luce dei fatti di Bologna e della grande manifestazione dei sindacati che invaderà domani la capitale. Sul protocollo d'intesa per la ristrutturazione dell'Umberto I, firmato il 20 febbraio dal rettore e da Francesco Storace, presidente della Regione, che è stato bocciato dal Consiglio della prima facoltà di Medicina della Sapienza, Longhi precisa: "Quel documento, fatto per rilanciare l'ospedale, si limita a applicare una legge dello Stato (la n.517 approvata dal Parlamento sotto il Governo D'Alema ndr) e non viola l'autonomia universitaria che è garantita dalla figura del rettore". Il manager non perde l'occasione per attaccare i professori: "Chi non approva il protocollo finisce solo per difendere la situazione di ingovernabilità e disservizi che c'è nel policlinico con 320 primari, molti dei quali non producono neanche in un anno i 130 milioni di lire che costano alla collettività: in tutta la California per 20 milioni di abitanti i primari sono solo 200...". F. D. F _____________________________________________________________________ Il Messaggero 20 mar. '02 POLICLINICO:IL CONSIGLIO DI FACOLTÀ DICE NO ALL’INTESA CON LA REGIONE Riunione animata a Medicina, il preside Frati: «Ha sbagliato il rettore, non Storace». Il direttore dell’ospedale: «Parere non vincolante» Il consiglio della facoltà di Medicina ha rigettato ieri il protocollo d'intesa sul policlinico Umberto I tra la Regione Lazio e l'università La Sapienza, mandando in scena l'ultimo atto di un'opposizione dei medici al progetto di ristrutturazione che assume sempre più i contorni di una guerra aperta. Con 432 voti favorevoli e 12 contrari, la facoltà ha approvato la mozione, presentata dalla giunta di facoltà, che boccia come «inaccettabile, e quindi da intendersi non approvato, il preliminare del protocollo d'intesa in quanto lesivo dei principi costituzionali sull'autonomia universitaria, delle conseguenti leggi di attuazione, delle sentenze interpretative della Corte Costituzionale e dello Statuto dell'università, risolvendosi di fatto in una superimposizione della normativa ospedaliera». La facoltà ritiene il protocollo «non idoneo a rilanciare il policlinico Umberto I, atteso che sono inconciliabili rilancio e la compressione dell'attività assistenziale al di là degli standard di legge con un piano economico- finanziario con voci di bilancio non corrispondenti a quanto certificato dall'università». L'esito della votazione è stato il colpo di scena di un consiglio che si annunciava infuocato. In realtà sembrava scontato che la spuntasse la mozione a favore del protocollo d'intesa, firmato da 170 medici e 19 su 30 direttori di dipartimento. La votazione ha però rovesciato le previsioni. «Il nostro attacco - afferma il preside di Medicina, Luigi Frati - è contro il rettore e non contro il presidente Storace perchè il protocollo cancella lo stato giuridico della facoltà e stabilisce la sudditanza del mondo ospedaliero all'ateneo. Mi dispiace di aver scoperto al termine del consiglio che molti professori avevano firmato a sostegno del protocollo perchè altrimenti avrebbero perso risorse e personale». Se nella mozione la facoltà afferma che «le trattative siano riaperte, di parere opposto il direttore generale del Umberto I, Tommaso Longhi: «Il parere della facoltà di medicina non è vincolante ed il protocollo è l'applicazione di una legge dello Stato, la 517/99. Noi vogliamo solo recuperare l'attività complessa del policlinico mentre chi ha paura dell'innovazione si rifugia nella difesa dello status quo». _____________________________________________________________________ Il sole24Ore 18 mar. '02 E’ REALTA’ L’OSPEDALE VIRTUALE ITALIANO Fase operativa per l'"ospedale virtuale" che farà da supporto ai centri italiani e di volontariato soprattutto nei Paesi del Terzo MondoLa diagnosi e la cura arrivano via Rete Non avrà corsie, letti e sale operatorie, eppure sarà in grado di fornire un'assistenza di alto livello arrivando negli angoli più lontani del pianeta. È l'"ospedale virtuale per l'assistenza sanitaria italiana all'estero": un ambizioso progetto che punta a sperimentare i servizi di telemedicina, tele- assistenza sanitaria via satellite e teledidattica a favore degli ospedali, dei centri italiani e di volontariato sparsi nel mondo. Soprattutto a quelli che si trovano nei Paesi in via di sviluppo che spesso hanno bisogno di competenze e professionalità altamente specializzate difficili da trovare sul posto. A dargli una mano ci proverà questo "ospedale virtuale della solidarietà" che, sfruttando i "centri di eccellenza" del nostro Paese, potrà fornire consulenze, diagnosi, terapie per aiutare la cura di pazienti italiani e non, anche a migliaia di chilometri di distanza. L'idea è nata circa un anno fa quando l'allora ministero dell'Università e della ricerca scientifica (Murst) - oggi ministero dell'Istruzione, del l'università e della ricerca (Miur) - mise in campo le risorse per verificare la particabilità, i mezzi e le tecnologie per dare vita a questo progetto innovativo. Oggi lo studio di fattibilità - messo a punto dal consorzio per le nuove tecnologie "E-form" (si veda anche "Il Sole 24 Ore Sanità" n. 11/2002) - è pronto e ha incassato un primo parere favorevole dal ministro per l'Innovazione, Lucio Stanca, che nelle prossime settimane lo illustrerà al ministro per la Salute, Girolamo Sirchia. Ma come funzionerà concretamente l'"ospedale virtuale"? In sostanza si punterà a fornire servizi di telemedicina (trasmissione di immagini radiografiche, strumentazioni elettromedicali e così via), teleassistenza (visite e diagnosi a distanza) e teledidattica (formazione on line) in favore delle strutture presenti all'estero. Nel mondo esistono, infatti, 21 ospedali gestiti da comunità italiane e accanto a questi si contano anche una ventina di centri di cura, creati da organismi italiani (di missionari o volontari), nati per far fronte all'assistenza medica specialistica in favore delle delle popolazioni locali. In tutte queste strutture - a volte convenzionate col ministero della Salute - lavora, tra l'altro, anche personale medico e infermieristico italiano. Da qui l'idea di sfruttare questa presenza per venire incontro, almeno in parte, alla sempre maggiore richiesta di aiuto proveniente dai Paesi del Terzo e Quarto mondo. Ma anche per mettere alla prova - spiega lo studio - il grande sviluppo della tecnologia e dell'informatica applicata alla medicina "che sta rivoluzionando il mondo della Sanità" e che sta, allo stesso tempo, imponendo "un nuovo modo di essere medici, operatori sanitari e volontari". La proposta si basa sulla creazione in Italia di una "Reception telematica" - presidiata 24 ore al giorno - costantemente in contatto con gli ospedali e i centri di cura presenti nelle aree depresse. In questa vera e propria centrale operativa dovrà lavorare del personale "preparato, motivato e specializzato", che potrà essere affiancato anche dai volontari. Il suo compito principale sarà quello di smistare le richieste di aiuto e consulenza agli ospedali e ai centri specialistici italiani disposti a fornire adeguata consulenza a distanza per l'assistenza e la formazione. I beneficiari - dalle grandi strutture ai piccoli ospedali di "trincea" - dovranno ovviamente essere attrezzati con le strumentazioni necessarie (dalle apparecchiature elettromedicali al satellite) per poter interagire con l'"ospedale virtuale". Questo nuovo strumento potrà, inoltre, consentire di svolgere attività di formazione a distanza per chi opera nei Paesi meno sviluppati: "Trasferendo nelle "periferie del mondo" - è l'auspicio del progetto - le conoscenze, il sapere, i supporti strumentali e consulenziali delle società più evolute". E con l'"ospedale virtuale" nasceranno, infine, due nuove figure. La prima è quella del "paziente virtuale": chi sarà ricoverato in un ospedale italiano o in un centro di cura con assistenza italiana all'estero sarà, infatti, come se fosse virtualmente ricoverato in una struttura specializzata presente sul territorio italiano. E poi quella del "volontario virtuale": chi, cioè, dalla propria città, dal proprio ospedale o dal proprio posto di lavoro, potrà mettere a disposizione professionalità, tempo e consulenza. Marzio Bartoloni _____________________________________________________________________ Corriere della Sera 23 mar. '02 GLI OMEOPATI A SIRCHIA: "SIAMO MEDICI ANCHE NOI" MILANO - "Perché il ministro della Sanità Sirchia rifiuta ogni contatto con il mondo dell'omeopatia?". I medici omeopati italiani scrivono una lettera aperta per denunciare "l'indifferenza di questo ministro per una realtà che, solo in Italia, negli ultimi tre anni ha coinvolto nove milioni di persone". E per comunicare, almeno per iscritto, con lui, "visto che si rifiuta di incontrarci". Spiega Valentino Corradi Dell'Acqua, presidente dell'Anipro, l'associazione degli importatori e produttori di rimedi omeopatici: "Sirchia è contrario all'omeopatia, che ritiene non valida scientificamente . Rispettiamo la sua opinione di medico. Ma come ministro della Sanità dovrebbe occuparsi anche di chi sceglie la medicina non convenzionale". C. Volt. _____________________________________________________________________ La Repubblica 23 mar. '02 MINELLI: L'OMEOPATIA MERITEREBBE ALTRI STUDI PIÙ APPROFONDITI" Intervista al professor Emilio Minelli, del centro studi Oms dell'università di Milano DI ALESSANDRA MARGRETH "Omeopatia, una scelta inascoltata", è il titolo dell'incontro organizzato il 22 marzo prossimo dall'Anipro (l'associazione nazionale degli importatori e produttori di rimedi omeopatici) durante l'Exposalute a Milano. Tra i relatori c'è il professor Emilio Minelli, del centro studi Oms dell'Università degli Studi di Milano. Ecco che cosa pensa in merito alla ricerca in campo omeopatico. "Omeopatia medicina non dimostrabile scientificamente? C'è da fare una premessa. Tutte le medicine non convenzionali (l'omeopatia, ma anche l'agopuntura e la medicina ayurvedica) partono da presupposti diversi da quelli della medicina oggi definita convenzionale. Perché queste discipline sono tutte nate e cresciute in ambienti e saperi diversi da quelli attuali. (L'omeopatia in particolare nasce alla fine del 18º secolo). E oggi devono confrontarsi con il sapere scientifico moderno. Il vero problema è capire se il sistema di verifica oggi usato è comunque valido o se piuttosto richieda modalità di applicazione differenti. Ad esempio, si valuta se un certo farmaco è efficace nei confronti di un determinato sintomo. Ad esempio si verifica se un antiulcera diminuisce e di quanto la probabilità di formazione dell'ulcera allo stomaco. Questo per l'omeopatia non è possibile, perché questa disciplina ha un approccio globale verso l'organismo umano: considera l'uomo nella sua totalità". L'omeopatia potrebbe essere misurata piuttosto sulla base degli Indici di Qualità della Vita. Quelli usati, ad esempio, per valutare come un malato di tumore reagisce complessivamente alle cure. Questi "metri" di valutazione sembrano più vicini alla filosofia su cui si basa la medicina omeopatica. "Uno dei dubbi principali nei confronti della medicina omeopatica è che sia acqua fresca", spiega Minelli, "E' questa per la scienza una delle eresie di questa disciplina, perché anche per le diluizioni intermedie ci sono effetti terapeutici inspiegabili. Per la fitoterapia è diverso: i dosaggi dei principi attivi sono misurabili, quindi posso valutarne l'efficacia. Il problema con l'omeopatia è che le prove della sua efficacia, non sono ripetibili: si trovano in una ricerca clinica ma quando altri rifanno lo stesso esperimento non ottengono alcun risultato". Il fatto è che fare degli studi clinici, coinvolgendo centinaia di pazienti, costa. Ma l'industria omeopatica ha un giro di affare molto inferiore, anche se in grande espansione, rispetto alle industrie tradizionali. Inoltre il suo mercato non è molto influenzato dalla evidenza scientifica o meno dei suoi prodotti. "Non è vero comunque che non c'è ricerca", continua Minelli, "Il Consiglio d'Europa nel triennio '94'97, ha stanziato dei fondi per ricerche indipendenti sui risultati ottenuti da omeopatia, agopuntura e altre medicine non convenzionali. Un suo gruppo di esperti ha lavorato utilizzando la metanalisi, cioè uno strumento di indagine per valutare risultati non standardizzabili (viene usata per esempio in psicologia e psichiatria, dove la soggettività è importante). Con tale sistema è possibile accorpare ricerche differenti. Ne è risultato che gli studi compiuti in campo dell'omeopatia avevano un'alta probabilità di essere efficaci. Non basta per parlare di efficacia ma è un risultato che meriterebbe altre indagini". "Infine", conclude l'esperto, "ritengo che bisognerebbe tener conto dei pronunciamenti dell'Oms secondo cui le medicine tradizionali vanno custodite e migliorate. Comprese quindi le medicine tradizionali europee (cure con le erbe, cure termali e omeopatia). Medicine che hanno costi di esercizio e possibilità di diffusione migliori rispetto alla medicina convenzionale: una caratteristica che può renderle interessanti tra l'altro per un loro utilizzo anche nei Paesi più poveri". _____________________________________________________________________ L'Unione Sarda 23 mar. '02 FUMATA NERA PER LO SVINCOLO DELLA CITTADELLA UNIVERSITARIA Monserrato Il Comune in prima linea per le decisioni sulla bretella della 554. L'otto marzo il sindaco Antonio Vacca ha partecipato a una conferenza di servizi, organizzata dalla Provincia, per discutere dell'incrocio-svincolo della cittadella universitaria. All'incontro hanno partecipato anche il direttore del Ctm, l'Anas, e l'Università, ma le novità emerse al termine della discussione sono state decisamente poche sull'ormai fantomatico maxi svincolo che dovrebbe smaltire il traffico nell'incrocio che dalla città porta alla cittadella universitaria e al nuovo Policlinico. Una cosa è certa: l'amministrazione chiede il rispetto dell'accordo di programma siglato nel '99 con l'Università, l'Anas e la Regione e in seguito con la Provincia. E l'amministrazione non sembra disposta neanche a cedere la mano per la decisione sul da farsi riguardo alla realizzazione della bretella provvisoria per lo smaltimento della circolazione. Rimangono, però, un'incognita, i tempi per la realizzazione dei lavori. Un nuovo incontro tra gli enti valuterà il progetto della Provincia che però deve passare prima al giudizio del comitato tecnico regionale. E, nell'attesa, la corsia realizzata l'anno scorso dall'Anas giace sbarrata di fianco alla corsia che da Quartu conduce in direzione Cagliari. Serena Sequi _____________________________________________________________________ L'Unione Sarda 22 mar. '02 CAGLIARI: BIOOTECNOLOGIE, I CONFINI DELL'ETICA Umano e post umano. Cosa sono le biotecnologie, a cosa servono, quanto possono essere utili al prolungamento della vita e quanto invece possono aiutare a sconfiggere malattie, difformità. Quanto vale la morale cattolica che si oppone a qualsiasi ricerca scientifica e quanto invece si può credere all'estremismo laicista che non ammette alcun confini, neppure quelli della clonazione umana come sarebbe piaciuta a Hitler o Stalin? L'argomento è controverso, riunisce in un solo orizzonte etica, filosofia, scienza, anche se finora è stato un orizzonte frammentato spesso contrapposto. A Cagliari, tre seminari affrontano problemi che segneranno a lungo le strade del futuro. Tre docenti universitarie (Vanna Gessa della facoltà di Filosofia, Michela Morelli, del dipartimento di Tossicologia e Maria Del Zompo di Neuroscienze) hanno deciso di far incontrare insegnamenti che se non antitetici, negli anni sono stati spesso in discordia tra loro. Scienza e filosofia, il corpo e il pensiero, la materia e la spiritualità. Un primo incontro s'è tenuto il 13 marzo con una relazione di Vanna Gessa e una di Francesca Crasta. Un secondo si è svolto il 20 marzo con relazioni di Michela Morelli e Maria Del Zompo. Un terzo si svolgerà lunedì con Gian Luigi Gessa (che parlerà delle molecole delle emozioni), Alberto Oliverio (Individualità biologica e coscienza) e Remo Bodei (La logica del delirio). Il seminario si terrà alla Cittadella dei Musei, ore 16. E val la pena di non perderlo. _____________________________________________________________________ L'Unione Sarda 18 mar. '02 IN AMBULATORIO ARRIVANO I SALDI CONTRO IL CARO-SANITÀ Contro il caro-sanità terapie scontate nel centro privato Dopo l'abbigliamento e le calzature è la volta della sanità: ecco i saldi applicati al benessere fisico. Autunno inverno, primavera estate: le stagioni non fanno alcuna differenza se si tratta di star meglio e, possibilmente, spendere meno. La nuova frontiera del "tutto scontato" si trova presso lo "Studio medico Labate" di fisioterapia e riabilitazione (convenzionato con la Asl): da un paio di settimane sono scattati i saldi per le prestazioni con più terapie a pagamento. Si va dal 5 per cento sino a un massimo del 25. Le nuove proposte sono apparse in seguito alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto del presidente del Consiglio che definisce i Livelli essenziali di assistenza. Ebbene, dai cosiddetti "Lea" sono totalmente escluse determinate prestazioni non più garantite dal Servizio sanitario nazionale e diventate, quindi, a completo carico del cittadino. Ricco o povero che sia. Un mazzata, ovviamente, per chi non naviga nell'oro, ma anche i professionisti convenzionati con l'Asl hanno dovuto prendere le contromisure per fronteggiare l'inizio della prevedibile crisi. "È ancora presto stabilirne l'entità ma di sicuro c'è stato un calo soprattutto fra i pensionati - afferma Angelo Labate, responsabile dello Studio - così abbiamo pensato che mantenere i prezzi standard non sarebbe stato logico". Di conseguenza ecco gli sconti. Che non riguardano, però, tutte le prestazioni. È vero che il decreto legge taglia fuori, ad esempio, la chirurgia estetica e le medicine "alternative". Ma qualcosa si salva: basti pensare alla rieducazione funzionale e da palestra, alle manipolazioni (tanto amate da chi ha i muscoli in disordine), agli esercizi respiratori, alle elettrostimolazioni e a varie altre pratiche ancora garantite a convenzione. Il discorso cambia radicalmente per la tipologia di terapie a pagamento che, tra l'altro, sono fra le più richieste. La laserterapia o la ionoforesi, le irradiazioni a raggi infrarossi o ultravioletti, i trattamenti a ultrasuoni e via dicendo costeranno da un minimo di venti a un massimo di cento euro, a seconda del tempo necessario per le sedute. Attenzione però: la novità sta adesso nello sconto crescente per il numero di terapie. Non si tratta, naturalmente, di un "paghi due, prendi tre". Tuttavia, fino a un massimo di un ciclo di cinque terapie il "risparmio" per il cliente-paziente è del 25 per cento, a conti fatti un quarto dell'intera parcella per lo Studio. Una sorta di "offerta speciale" che potrebbe tornare a convincere soprattutto gli anziani a riprenotare le prestazioni alle quali, da qualche tempo, hanno deciso di rinunciare. Andrea Scano _____________________________________________________________________ L'Unione Sarda 20 mar. '02 MARTELLI: "ELIMINIAMO LE LISTE D'ATTESA" In seguito alla pubblicazione della lettera di un cardiopatico in attesa da quasi due anni per un intervento al cuore qui a Cagliari, ritengo doveroso da parte mia, in qualità di Direttore del Dipartimento Cardiovascolare, di fare alcune precisazioni. Innanzi tutto il paziente, di cui all'articolo del 22 febbraio, ha tutte le ragioni di essere indignato che nel 2000, nonostante i solleciti del Ministro della salute ad eliminare le liste d'attesa, si debba attendere quasi due anni per un intervento al cuore e circa 3 mesi per un intervento di Angioplastica. Nel 2002 i Sardi non dovrebbero ancora ricorrere ai viaggi della speranza. Quando nel 1988 si aprì il Centro di Cardiochirurgia al Brotzu di Cagliari, tutti noi medici e i cardiopatici eravamo convinti che i viaggi della speranza, almeno per le malattie cardiopatiche, fossero finiti. Nel 1989 si iniziò pure a fare il trapianto di cuore, senza autorizzazione ministeriale, pur di fare quanto possibile per il paziente.Negli anni a seguire si è arrivati a fare oltre 550 interventi a cuore aperto. Ciononostante le liste di attesa per un intervento che talora non hanno potuto avere in quanto deceduti improvvisamente (circa il 10% dei pazienti in lista muore nei 2 anni di attesa).. Da quando ho ripreso servizio al Brotzu, circa un anno fa, ho proposto ai responsabili regionali della sanità di risolvere il problema delle liste d'attesa con due semplicissimi provvedimenti.In tal modo il paziente non si sentirà più dire "ripassi tra due anni". Quando tali semplici provvedimenti che descriverò in seguito, verranno adottati, questo Ospedale potrà portare il numero degli interventi al cuore a circa 1000 all'anno riducendo in maniera drastica le liste d'attesa per un intervento ed evitando i viaggi della speranza nel Continente con un notevole risparmio economico per la nostra Regione. Il primo provvedimento è quello di trasformare 15 o 20 posti letti per acuti inutilizzati in letti di Riabilitazione Cardiologica. Questo è necessario poiché il Reparto di Cardiochirurgia dispone di soli 20 letti di degenza (al tempo dell'apertura si prevedevano circa 40 interventi) e per arrivare a 1000 interventi occorrono altri posti letto di supporto e quelli della riabilitazione Cardiologica risolverebbero tale problema. Problema secondo è la clamorosa sperequazione tra i rimborsi per un intervento di By Pass o di Angioplastica per questo Ospedale rispetto a quello che viene rimborsato agli Ospedali del Nord Italia. A causa dell'annoso ed irrisolvibile problema della continuità territoriale della nostra isola, qualunque essere benpensante dovrebbe ritenere che se le tariffe per un intervento a Milano sono di circa 25 milioni, qui in Sardegna dovrebbero essere le stesse o meglio il 10% in più visto il nostro "isolamento". Invece le tariffe sarde sono di 12 milioni (metà di quello che rimborsano a Milano a cui, come diceva il paziente dell'articolo, vanno aggiunte spese di viaggio, accompagnatori, riabilitazione etc., per diversi ulteriori milioni) per un intervento di By Pass fatto in questo Ospedale. Quel che mi fa indignare è che i nostri tariffari fanno riferimento ancora a quelli nazionali del 1994 a loro volta ridotti del 20% e non sono mai stati aggiornati a quelli del 1997. Il giorno che tali tariffari saranno allineati a quelli Nazionali, i cittadini Sardi si potrebbero sentire come "quelli del continente"; i medici, gli infermieri e gli ausiliari potrebbero essere incentivati (come avviene negli ospedali del "continente") e le liste d'attesa drasticamente ridotte rieliminando i viaggi della speranza. L'assessore alla Sanità ha promesso e dichiarato alla stampa che tutto si sarebbe fatto in tempi rapidi. Ci dicono che rimborseranno sino al 95% di quelli nazionali. Per il problema della continuità territoriale mi sarei aspettato almeno il 5% in più di quelli Nazionali, ma meglio che niente andrebbe bene anche il 95%. É assurdo che per gli oltre 200 sardi che vanno a farsi operare nel Nord Italia la Regione Sarda deve rimborsare oltre 30 milioni a paziente. Pensate a quello che si risparmierebbe se fossero operati qui coi tariffari regionali e Nazionali (24 milioni); oltretutto si risparmierebbe la brutta figura dei viaggi della speranza; ma quel che più ci avvilisce è che nel Continente vanno quei pazienti con le patologie più semplici ed a noi restano solo le urgenze ed i casi più complicati che non possono viaggiare. Vorrei che fosse chiaro questo concetto: Se non si investe nelle strutture esistenti della nostra Isola non solo non si risparmia ma addirittura si perdono soldi, posti di lavoro etc. Spero che questo mio sfogo possa servire ad avere più considerazione per i pazienti Sardi e a far capire che non è giusto che oltre alla sofferenza di dover subire un intervento debbono aspettare mesi o anni o subire l'onta ed i disagi di essere obbligati ad andare a farsi operare nel "Continente". Valentino Martelli (Direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell'ospedale Brotzu) _____________________________________________________________________ Le Scienze 21 mar. '02 PIASTRINE A LUNGA CONSERVAZIONE E' il trealosio, uno zucchero, che permette di proteggerle fino al momento dell'utilizzo Le piastrine, frammenti cellulari presenti nel sangue che hanno il compito di fermare le emorragie, vengono richieste alle banche del sangue in grande quantità, ma purtroppo possono essere conservate per tempi molto brevi. Ora però, usando un nuovo processo scoperto presso l'Università della California a Davis, le piastrine possono essere disidratate a freddo e conservate a temperatura ambiente per almeno un anno, prima di essere ricostituite semplicemente con l'aggiunta di acqua. Le banche del sangue mantengono le piastrine a temperatura ambiente, perché esse vengono facilmente danneggiate dal freddo. Negli Stati Uniti, la legge obbliga a utilizzare queste cellule entro cinque giorni, un tempo talmente breve che esse spesso finiscono nella spazzatura prima di poter essere usate. Normalmente, la disidratazione uccide le cellule umane, ma Wim Wolkers, con alcuni colleghi, ha usato il trealosio, uno zucchero, per proteggere le piastrine durante il processo di disidratazione a freddo. Molti animali e piante che presentano una grande resistenza al freddo fanno uso dello stesso zucchero, che rimpiazza l'acqua nel guscio che spesso si trova attorno alle proteine e alle grandi molecole presenti nelle cellule. Wolkers ha scoperto un semplice metodo per far sì che le piastrine assorbano il trealosio e ha mostrato che in questo modo è possibile disidratarle in un congelatore. Le piastrine disidratate possono riprendere la loro funzionalità dopo periodi anche superiori all'anno semplicemente aggiungendo dell'acqua. Il metodo ha già raggiunto la fase della sperimentazione clinica e i ricercatori si sono messi al lavoro per vedere se è possibile applicarlo anche ad altre cellule più complesse. _____________________________________________________________________ Corriere della Sera 19 mar. '02 CELLULE IN PROVETTA PER CANCELLARE LE RUGHE L' annuncio di due italiani: possibile il lifting con la pelle prelevata dietro l' orecchio De Bac Margherita ROMA - Bellezza perenne e corpo che sembra non invecchiare mai. Una delle sfide prioritarie della scienza, assieme alla lotta alle malattie. Tra le tecniche innovative, quella che Pierantonio Bacci, docente di chirurgia estetica all' università di Siena, non esita a definire "rivoluzionaria". Rughe e inestetismi della cute del viso vengono corretti senza l' impiego del bisturi, con una sostanza coltivata in laboratorio a partire da cellule prelevate dalla zona dietro l' orecchio e moltiplicate c on un siero naturale. Collagene ed acido ialuronico addio? È la speranza dei ricercatori che stanno lavorando su questa terapia anti-invecchiamento. Non solo. Secondo Bacci, che ieri ha presentato le novità al fianco di Eugenia Brambilla, dipartimento di dietologia ad Harvard, la biocosmesi sta per vincere una scommessa decisiva. Ottenere creme biotech personalizzate, costituite dalla pelle del singolo paziente che, depositando un minuscolo campione di cellule, si assicurerà un rifornimento cont inuo. Anziché acquistarlo in farmacia o profumeria, gli basterà chiedere di volta in volta al laboratorio di coltivare il suo prodotto. "Gli studi antiaging vanno avanti veloci - dice Bacci -. Non c' è da sorprendersi. Nei prossimi anni saremo capaci di nascondere i segni del tempo che passa con soluzioni sempre più accettate dal nostro organismo e capaci di dare ottimi risultati sul piano estetico. Tra 3 o 4 anni credo che il lipofilling personalizzato potrà sostituire anche il silicone". Lo stimolo a cercare filler sempre più naturali e compatibili con i tessuti umani e ricavati dalla stessa zona che si deve riempire è dovuto al fatto che quelli oggi adoperati (presi ad esempio dall' addome o dai glutei), vengono riassorbiti o non tollera ti. Le nuove tecniche sono applicate da tre centri italiani ma secondo Bacci saranno presto disponibili ovunque. Esprime un commento di attesa Fabio Claudio Fasulo, perito del Tribunale di Milano per la chirurgia estetica: "Già 15 anni fa si parlava di collagene naturale, ma poi la procedura si è rivelata così costosa da decidere di abbandonarla. Oggi il collagene non si usa più, al suo posto riempitivi sicuri, prodotti in laboratorio e che non contengono sostanze derivate dagli animali". Fasulo elenca tra i vantaggi il fatto che un filler sia transitorio e non permanente: "Un giorno il paziente potrebbe non volerlo più, oppure andare incontro ad episodi di rifiuto da parte dell' organismo". Margherita De Bac mdebac@corriere.it La scheda LA TECNICA Vengono prelevate delle cellule dalla zona dietro l' orecchio per poi coltivarle e moltiplicarle con un siero naturale IL PRODOTTO Si otterranno così creme biotech "personalizzate", costituite dalla pelle del singolo paziente che, depositando un minuscolo campione di cellule, si assicurerà un rifornimento QUANDO I ricercatori italiani prevedono che entro 3 o 4 anni il "lipofilling" personalizzato potrà sostituire le alte tecniche, dal silicone al collagene, all' acido ialuronico _____________________________________________________________________ Le Scienze 19 mar. '02 NEUROFISIOLOGIA DELL'EREZIONE Sono le stesse cellule endoteliali dei vasi sanguigni a rilasciare nuovo ossido di azoto Un gruppo di biologi delle Johns Hopkins Medical Institutions ha compiuto un grande progresso nella conoscenza dei meccanismi neurofisiologici che regolano l'erezione del pene, mostrando per la prima volta il meccanismo della produzione continua dell'ossido d'azoto, che permette all'erezione di durare nel tempo. La scoperta è stata descritta in un articolo pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences". Altri ricercatori dello stesso centro scoprirono dieci anni fa che l'erezione viene causata dal rilascio di ossido d'azoto da parte delle terminazioni nervose del pene. Questo neurotrasmettitore permane solo alcuni secondi e non può quindi spiegare come l'erezione venga naturalmente mantenuta nel tempo. Lavorando con topi modificati geneticamente, i ricercatori hanno scoperto che dopo una prima emissione di ossido d'azoto da parte dei nervi, i vasi sanguigni continuano a rilasciare questa sostanza. "Una volta che il sangue inizia a fluire nel pene - ha spiegato Arthur Burnett esso attiva in continuazione nei vasi sanguigni la sorgente di ossido d'azoto, che viene rilasciato in quantità sempre maggiori." L'ossido d'azoto è una molecola che permette ai vasi sanguigni di dilatarsi, aumentando il flusso sanguigno e provocando il rigonfiamento dei tessuti. Ma il flusso sanguigno provoca anche un piccolo stress nei vasi sanguigni, stress che attiva il rilascio di altro ossido d'azoto, questa volta da parte delle cellule endoteliali dei vasi stessi, e non dei nervi. Un elemento chiave nel raggiungimento dell'erezione, secondo Burnett, è l'attivazione continua della sorgente di ossido di azoto dei vasi sanguigni. Aver trovato questa sorgente, una forma speciali di un enzima chiamato sintasi endoteliale dell'ossido d'azoto, oltre alla scoperta che l'aumento della pressione sanguigna sulla parete dei vasi provoca la produzione di ossido, ha permesso finalmente di avere una visione completa della fisiologia dell'erezione. _____________________________________________________________________ Il Messaggero 22 mar. '02 RICERCA: UN “CASCO” PER LEGGERE I PENSIERI DEI DISABILI Si chiama Adaptative Brain Interface o più semplicemente Abi, ed è un casco in grado di "leggere il pensiero" e di tradurlo in impulsi elettrici. La straordinaria invenzione, che potrà aiutare i disabili a comunicare, è in corso di sperimentazione presso i laboratori di bioingegneria della Fondazione Santa Lucia, istituto sull’Ardeatina specializzato in riabilitazione neuromotoria. Il progetto è stato presentato nel corso della manifestazione Handylab - Laboratorio dei diritti del disabile, organizzato dalla Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish), che si svolge fino al 24 marzo al PalaParioli. Lo studio che i ricercatori romani hanno condotto in collaborazione con l’università di Helsinki, il Joint Reserch Centre della Commissione europea di Ispra (Varese) e l’azienda Fase Sistemi vuole migliorare la qualità di vita dei disabili. _____________________________________________________________________ Corriere della Sera 17 mar. '02 UN CEROTTO CONTRO IL PARKINSON Serve per facilitare l' assunzione dei medicinali. Cellule staminali, negativi i primi test Il nuovo metodo dovrebbe essere disponibile entro un anno. Interessati 500 mila pazienti De Bac Margherita ROMA - Si sono riuniti ieri mattina nella Protomoteca del Campidoglio, per celebrare la loro Giornata Mondiale. Uomini, donne, la maggior parte oltre i 50 anni, ma anche più giovani. Lucidi, coraggiosi, sorretti dal pensiero che contro la malattia si può e si deve lottare. "Vede, il nostro dramma consiste nel fatto che dietro i tremori, le difficoltà a muoversi e la rigidità ci sono menti reattive e intatte dal punto di vista cognitivo", si racconta Carmen Atzori, vicepresidente di Parkinson Italia, la confederazione delle associazioni. Ci sono motivi per avere coraggio e speranza. Oggi l' armamentario terapeutico mette a disposizione armi capaci di tenere a bada i sintomi per diversi anni. Ed è quasi pronto un cerotto che faciliterà la somministrazione dei farmaci più efficaci, gli stimolatori della dopamina, aumentando l' autonomia dei pazienti. Se ne è parlato ieri a Roma, in un convegno nazionale. MESSAGGIO - Il Papa attraverso il cardinale Angelo Sodano ha inviato un messaggio di incoraggiamento, unito alla benedizione apostolica: "Esprimo apprezzamento per la generosa attività svolta dall' associazione Azione Parkinson, auspico che l' incontro serva ad accrescere l' impegno in favore della promozione della dignità della persona umana". Un intervento speciale da un malato speciale. Da alcuni anni Giovanni Paolo II soffre di "parkinsonismo", come testimonia il tremore delle sue mani. CURE - Le cure già disponibili sono buone, in prospettiva l' arrivo imminente (forse un a nno) di un cerotto che permetterà di assicurare in modo continuato e costante la quantità di farmaco necessaria per contrastare i sintomi. Le sostanze più efficaci attualmente sono quelle che stimolano la produzione di dopamina. Ora sono somministrate per via orale o attraverso una scomoda pompa da portarsi dietro. Sono in avanzata fase di sperimentazione dei cerotti, sul tipo di quelli usati per contrastare i sintomi della menopausa. "Si applicano sulla pelle e rilasciano lentamente sostanze che potenziano la produzione della dopamina, il mediatore chimico che viene a mancare in alcune zone del cervello, la substantia nigra. La concentrazione dei farmaci nel sangue resta costante, eliminando quindi quegli sbalzi di comportamento che contraddistinguono i malati", spiega Stefano Ruggieri, neurologo dell' università La Sapienza di Roma. In corso diverse ricerche innovative. Soddisfacente la risposta dei trapianti di cellule embrionali, 40 casi al mondo. Le cellule deputate alla ricostruzione dei tessuti nervosi degenerati hanno attecchito, ha detto al convegno la neurologa Mariangela Pierantozzi, ma non sempre ne è seguito un miglioramento clinico negli individui con più di 60 anni. Meno incoraggianti, invece, i risultati dei test c on le cellule staminali. Secondo Ruggieri sono falliti i tentativi di riparare i tessuti morti, utilizzando le cellule bambine prelevate dal mesencefalo. Quest'ultime non si sarebbero moltiplicate. La Atzori però ha grande speranza nelle staminali: "Di sicuro non sarò io a trarne giovamento ma le persone sotto i 40 anni". CRISI - Per facilitare il soccorso ai malati in crisi, l' associazione Parkinson Italia sta distribuendo un piccolo pieghevole, da infilare nel taschino che i pazienti porteranno con sé e dovranno consegnare a chi si trova vicino quando vengono sorpresi da blocchi motori. Informazioni: parkinsoitalia@parkinson-italia.it. Margherita De Bac mdebac@corriere.it DOMANDE & RISPOSTE 1 Cos' è il Parkinson? E' una malattia del sistema nervoso centrale. Una particolare area del cervello, la substantia nigra, va incontro ad un processo degenerativo che determina la progressiva perdita delle cellule che la compongono. Queste cellule contengono la dopamina, il neurotrasmettitore indispensabile per un' attività motoria armonica e rapida. 2 Quali sono i sintomi? Quando si verifica una grave carenza di dopamina si presentano i sintomi tipici del Parkinson: notevole riduzione dell' attività motoria automatica, rigidità muscolare , lentezza nell' esecuzione dei movimenti volontari, tremore. Un quadro clinico presente in altre patologie neurodegenerative, i "parkinsonismi". 3 Qual è la causa della malattia? La scienza medica non ha ancora scoperto le cause di questa malattia che probabilmente è riconducibile a problemi genetici. CURE E RICERCHE I farmaci già in vendita Con i farmaci oggi disponibili in farmacia è possibile neutralizzare i sintomi del Parkinson in modo soddisfacente per diversi anni La novità è un cerotto Le sostanze più efficaci sono gli stimolatori della dopamina, per via orale o con una pompa di infusione. Presto tramite un cerotto a lento rilascio Le ricerche con le staminali Sono in corso ricerche sulle cellule staminali per riuscire a ricostruir e i tessuti degenerati. Non c' è ancora evidenza di efficacia I malati in Italia Quasi 500 mila In Italia sono 250-500 mila i malati di Parkinson. Non c' è differenza numerica tra uomini e donne, età media 40-70 anni, ma anche più giovani _____________________________________________________________________ Il Messaggero 19 mar. '02 AIDS: L’AFRICA UNISCE A ROMA GALLO E MONTAGNIER La storica collaborazione siglata all’Università di Tor Vergata. La ricerca italiana sta puntando sui vaccini Lo scopo comune dei due scienziati: debellare l’Aids dal Terzo Mondo di FEDERICO UNGARO ROMA - Scoppia la pace tra i due pionieri della lotta all'Aids, l'americano Robert Gallo e il francese Luc Montagnier. I due ricercatori infatti hanno deciso di collaborare per rendere più accessibili le cure per i malati del Terzo Mondo e per sviluppare un vaccino efficace per combattere la malattia che ormai colpisce 40 milioni di persone al mondo. Diventati famosi negli anni Ottanta per la disputa su chi avesse isolato per primo il virus dell'Hiv, dopo una lunga inimicizia i due ricercatori si erano già riavvicinati nel febbraio scorso a Baltimora, dove Gallo aveva accettato di collaborare con la Fondazione mondiale dell'Unesco per la ricerca e la prevenzione dell'Aids diretta dallo scienziato francese. La stretta di mano si è ripetuta in questi giorni a Roma, dove grazie agli sforzi del professor Vittorio Colizzi, patologo all'Università di Tor Vergata, i due ex nemici si sono riconciliati definitivamente e hanno fatto il punto su un progetto che vedrà coinvolti anche laboratori italiani. Montagnier e Gallo hanno definito la loro collaborazione un «sogno comune». Per il primo, l'obiettivo principale è favorire «lo scambio di tecnologie tra Nord e Sud, in modo da eradicare completamente la malattia», mentre per il secondo si deve «rendere la terapia anti Aids accessibile a tutti i paesi del mondo». «Per ottenere questi risultati - ha continuato il francese - si deve agire in modo tale da abbassare il costo dei farmaci nei paesi in via di sviluppo, sia con la collaborazione delle multinazionali farmaceutiche, che con quella dei governi locali». Nel corso del convegno di ieri a Tor Vergata si è parlato soprattutto del progetto che vede coinvolta la Seconda Università romana e l'Istituto Spallanzani, per lo sviluppo di un nuovo vaccino contro l'Aids. «Il progetto - spiega Pierluigi Vagliani, segretario generale della Fondazione - vuole cercare di prevenire la diffusione del virus dell'Hiv da madre a figlio. E' un problema che si può sconfiggere sia grazie ai farmaci attualmente disponibili, sia ricorrendo a un nuovo vaccino preventivo». Quest'ultimo è frutto di una ricerca condotta da Colizzi e dai ricercatori del laboratorio dell'Unesco dell'Istituto per malattie infettive Spallanzani che stanno mettendo a punto un vaccino basato su peptidi artificiali (proteine più piccole e semplici) dell'Hiv, che potrà essere somministrato assieme a un vaccino già usato per proteggere i neonati dalla tubercolosi. Spiega Colizzi: «In Africa ci sono circa 600 mila neonati ogni anno che vengono infettati dalla madre». Per sperimentare il vaccino è stato costruito ad Abidjan, la capitale ivoriese, un laboratorio che è costato circa 500 mila dollari, mentre altri 250 mila dollari l'anno sono necessari per la sua gestione. I fondi provengono da vari governi africani e da benefattori privati, mentre l'Unesco mette a disposizione uffici e segretariato. Accanto a Colizzi lavoreranno altre due ricercatrici italiane, Giulia Cappelli e Cristiana Cairo, e altri 20 ricercatori locali. Montagnier e Gallo puntano anche a realizzare una rete di quattro centri di ricerca in Costa d'Avorio, Nigeria, Camerun e Honduras collegati all'Istituto di virologia umana di Baltimora, all'Istituto Pasteur di Parigi, all'Ospedale Spallanzani e all'Università di Tor Vergata. «Il primo obiettivo di questa collaborazione e della Fondazione dell'Unesco - ha spiegato Vagliani - è l'abbassamento dei costi delle terapie anti Aids. Non basta abbassare semplicemente i prezzi, occorre affiancare terapie complementari che rafforzino il sistema immunitario delle popolazioni colpite. Il secondo obiettivo - continua Vagliani - è un vaccino preventivo, che richiede un grande sforzo di collaborazione». A questo proposito, ci sono quattro progetti in corso. Il primo è quello già citato del professor Colizzi. Gallo sta cercando di sviluppare due nuovi vaccini. Il primo usa come vettore il batterio della salmonella, mentre il secondo cerca di stimolare la risposta immunitaria dell'organismo, agendo sulla proteina tat del virus che riesce a bloccare le difese dei soggetti colpiti. Montagnier, invece, sta collaborando anche con ricercatori canadesi per realizzare un altro vaccino basato su una proteina del virus geneticamente modificata. «Se riuniremo i nostri sforzi in un progetto comune - ha detto - saremo più credibili anche per la raccolta di fondi». LUC MONTAGNIER CHI E’ Compirà 70 anni il prossimo 18 agosto. Laureato all’Università di Poitiers, ha lavorato prima alla Sorbona poi all’Istituto di virologia di Parigi. Ha lasciato l’Istituto Pasteur per dedicarsi alla ricerca sull’Aids. LA RICERCA Il primo successo scientifico di Montagnier è la descrizione del modo con cui si replicano i virus basati sull’RNA, a cui seguirono altre ricerche che portarono all’isolamento del virus Hiv 1 (quello che scatenò la polemica con Gallo) e della variante Hiv 2, tipica degli abitanti dell’Africa Occidentale. Nel 1988 denunciò il disinteresse dei paesi sviluppati verso l’epidemia di Aids che aveva colpito il Terzo Mondo. Guida la fondazione per la ricerca sull’Aids. ROBERT GALLO CHI E’ Ha 64 anni ed è il direttore dell’Istituto di virologia umana della scuola di Medicina dell’Università di Baltimora. LA RICERCA Nel 1984 Gallo annunciò ad una affollatissima conferenza di aver individuato la possibile causa dell’Aids. Ma il virus era già stato isolato un anno prima dai ricercatori dell’Istituto Pasteur di Parigi che però non erano riusciti a farlo replicare in laboratorio, né a provare il suo legame con la sindrome dell’Hiv. Il testardo rifiuto di Gallo di riconoscere il contributo francese gli costò probabilmente il premio Nobel. Premio che sarebbe stato il coronamento di una grandissima carriera, culminata con l’ottenimento di 79 brevetti che hanno portato alle multinazionali del farmaco entrate per un miliardo di dollari. ================================================== _____________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 22 mar. '02 CAGLIARI: NON È UN REATO INVIARE E-MAIL DALL'UFFICIO Impiegato assolto dall'accusa di peculato CAGLIARI. Era finito nei guai per aver usato Internet, inviando alcune e-mail ad una serie di destinazioni che qualche volta non erano collegate a quelle del suo posto di lavoro. V. C., 45 anni, romano da tempo residente in città, impiegato all'università, è comparso ieri mattina davanti al giudici della seconda sezione del tribunale per rispondere di peculato ma al termine del processo il collegio giudicante presieduto da Michele Jacono lo ha assolto da tutte le accuse. Al termine di una breve camera di consiglio il collegio giudicante non ha accolto le tesi della pubblica accusa, sostenuta dal sostituto procuratore Daniele Caria, che al termine della requisitoria aveva sollecitato la condanna dell'imputato. Di diverso avviso il legale dell'impiegato, l'avvocato Guido Manca Bitti, che ha sostenuto in aula "l'assoluta buona fede del suo assistito". In pillole: il tribunale ha deciso che l'utilizzo di internet e l'invio di e mail dal computer "non comportava buchi nell'orario di lavoro dell'impiegato". La vicenda rievocata in aula risale al Duemila ed era venuta alla luce in seguito ad un esposto denuncia presentato da un collega dell'impiegato. Secondo il rapporto degli investigatori l'impiegato si sarebbe collegato ad Internet da suo computer, inviando anche delle e mail ad altre destinazioni, spesso non direttamente collegate al lavoro dell'università. Era scattata un'inchiesta interna e V. C. al termine delle indagini coordinate dal sostituto procuratore Daniele Caria, si era visto recapitare un'accusa di peculato. E al processo, il giudice per l'udienza preliminare Ermengarda Ferrarese - accogliendo la richieste del PM - aveva deciso per il rinvio a giudizio. In tribunale l'imputato ha sostenuto sempre la sua buona fede e l'altro giorno il tribunale gli ha dato ragione, mandandolo assolto. _____________________________________________________________________ Il Sole24Ore 21 mar. '02 INFORMATICA E POLITICA NELLA PA SOLO SOFTWARE LIBERO Presentato un ddl in cui si fa obbligo alla Pubblica Amministrazione di pubblicare solo materiale elettronico in formato libero e adottare "programmi free". di Nicoletta Cottone Software libero nella pubblica amministrazione. L'iniziativa è contenuta nel disegno di legge presentato a palazzo Madama dal senatore verde Fiorello Cortiana. Il Ddl prevede da una parte l'obbligo per la pubblica amministrazione di adottare free software, dall'altra quello di pubblicare solo materiale elettronico in formato libero. Il software libero è un programma per il quale l'utente può avere permesso d'uso, copia, distribuzione, studio e modifica, realizzando anche programmi derivati. Software nei quali, dunque, sia disponibile il codice sorgente da studiare e modificare. Sono già molti i free sotfware esistenti: dal più noto sistema operativo Gnu/Linux a varie applicazioni: Open office (ambito applicativo), Apache (server). Gimp (grafico e multimediale), Perl e Python (linguaggi di programmazione). "Nella società della comunicazione - sottolinea Fiorello Cortiana - gli alfabeti devono avere una disponibilità universale. E' necessario abbassare, fino ad annullare, la soglia di accesso all'innovazione". Nel Ddl, visto che le amministrazioni devono garantire a tutti l'accesso a documenti e informazioni pubbliche, è previsto anche il formato libero che consenta l'accesso agli utenti e ai cittadini indipendentemente dal sistema utilizzato. "In pratica - sottolinea Cortiana - l'uso di formati proprietari discrimina i cittadini sulla base delle loro scelte informatiche e si traduce in un sostegno della pubblica amministrazione ai produttori di programmi in grado di leggere quei formati, costringendo i cittadini a diventare clienti di quei prodotti". Anche le grandi multinazionali dell'informatica lavorano su queste tematiche. L'Ibm ha approvato all'inizio del 2001 un miliardo di dollari di investimenti per promuovere e supportare ricerca, sviluppo, vendite, marketing e servizi legati alla piattaforma Linux. Aziende piccole e grandi studiano modelli di business da coniugare con l'open source, puntando non solo al sotfware ma ai servizi connessi. "Il modello di software libero - sottolinea Marco Presi di Linux - è un'occasione di crescita culturale nel campo dell'informatica". L'interesse verso questo tipo di programmi cresce anche in Europa. In Francia esiste un'agenzia che incoraggia le amministrazioni all'utilizzo dei programmi liberi, in Gran Bretagna è già prevista l'introduzione obbligatoria di questi programmi nel settore pubblico. Lo sviluppo di sotfware sicuro con codice liberamente accessibile è anche il punto centrale dell'attività di e-government della Commissione europea. Intanto nel mondo si sta sviluppando un movimento anti copyright, il copyleft, che contrappone al diritto d'autore remunerato la copia libera, a disposizione di tutti. Nel 1984 Richard Stallman ha dato vita alla Free Software Foundation e al movimento dell'open source, per promuovere la diffusione gratuita dei codici che sono il cuore del funzionamento di un programma. Secondo molti informatici il software aperto facilita e velocizza il perfezionamento dei programmi, aprendo nuove frontiere dell'informatica. Proprio da queste idee ha preso vita Linux, lanciato dal finlandese Linus Torvalds. In pochi anni Linux, un sistema operativo gratuito che si contrappone a Windows di Microsoft ha preso piede ed è utilizzato in 18 milioni di computer nel mondo. Sono persino previsti riconoscimenti accademici per chi introduce modifiche interessanti nel programma. E c'è anche una legge a tutela del copyleft: la General public licence è una normativa che prevede che un prodotto copyleft possa essere copiato e distribuito gratuitamente. Insomma, libertà di copiare. DISEGNO DI LEGGE d'iniziativa dei senatori: FIORELLO CORTIANA, STEFANO BOCO, ROMUALDO COVIELLO, ANTONELLO FALOMI, LIVIO TOGNI, ANNA DONATI, NUCCIO IOVENE, MONICA BETTONI, ANGELO MUZIO, WALTER VITALI, TINO BEDIN Recante: "Norme in materia di pluralismo informatico, sulla adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilita' dei documenti informatici nella Pubblica Amministrazione". Onorevoli Colleghi, Provate ad immaginare come sarà la casa di tutti i cittadini del mondo (almeno della parte che se lo potrà permettere) fra - poniamo - 5 o 10 anni. Ogni famiglia avrà il proprio computer collegato ad internet, rendendo possibile un'era di comunicazione e di scambio di informazione come mai prima. La nostra economia e il nostro sistema di vivere sociale si sta profondamente modificando per questi motivi: si pensi solo alla nascita della cosiddetta New Economy. Ebbene. Dalle attuali indicazioni di mercato è legittimo ritenere che quasi tutti questi computer funzioneranno con lo stesso sistema operativo (Windows o qualche successore) di proprietà di una sola azienda, tra l'altro non europea. Di questo sistema operativo non sarà possibile sapere esattamente cosa farà e come (per mancata messa a disposizione del codice sorgente). Attualmente è esattamente così. Questo è il punto di partenza per capire l'importanza di una futura diffusione di uno o più sistemi operativi liberi, cioè la cui proprietà non sia di una singola azienda ma governata da una licenza d'uso che ne garantisca la possibilità del libero utilizzo, scambio, studio e modificabilità (GPL= General Public Licence). Questa alternativa è già esistente da alcuni anni e la punta più avanzata è rappresentata dal sistema operativo Linux e dalle applicazione che girano su di esso. Non ci riferiamo ad un sistema di quella o quest'altra azienda, ci riferiamo ad un sistema operativo efficace e molto più sicuro dei sistemi proprietari, costruito da una comunità globale di programmatori, intorno al quale comincia a svilupparsi una nuova economia. Il software proprietario è prodotto con un codice sorgente ignoto agli utenti, con la conseguenza che non è permesso sapere esattamente cosa faccia (ad esempio non vi è certezza che non abbia una funzione che invii informazioni sull'utente verso qualcun altro, ipotesi già verificata su alcuni software proprietari). Se tutto ciò può essere inquietante per l'utente casalingo e fa pensare a possibili futuri scenari orwelliani di controllo sulle nostre vite, è addirittura essenziale per la Pubblica Amministrazione che ha il dovere di difendere la sicurezza e la riservatezza dei propri dati. Al contrario computers con dati essenziali di ministeri, polizia, banche, anagrafi ecc. girano tranquillamente con sistemi operativi proprietari. L'assunzione di questo sistema operativo, più economico, più efficace, più sicuro nell'ambito della Pubblica Amministrazione non è una scelta amministrativa, ma una scelta eminentemente politica, capace di modificare la dinamica dello sviluppo del nostro Paese. Infine è estremamente interessante osservare come il software libero sia una delle più imponenti opere di ingegno (parliamo di migliaia di applicazioni!) mai prodotte: un sistema operativo e software collegato interamente prodotto da migliaia di programmatori volontari in rete al servizio di un grande progetto ideale. E questo sforzo è in atto tuttora. CAPO I- PRINCIPI GENERALI Art. 1 (finalità della legge) 1. Lo Stato favorisce il pluralismo informatico, garantendo l'accesso e la liberta' di scelta nella realizzazione di piattaforme informatiche, eliminando altresi' ogni barriera dovuta a diversita' di standard. 2. È favorita la diffusione e lo sviluppo del software libero, quali programmi per elaboratore rispondenti ai requisiti di cui ai punti a), b), c), e) dell'art.2 della presente legge, in considerazione delle sue positive ricadute sull'economia pubblica, sulla concorrenza e la trasparenza del mercato, sullo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica. La Pubblica Amministrazione, nel rispetto del principio costituzionale di buon andamento e di quello di economicità dell'attività amministrativa, di cui all'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, predilige l'uso di software libero. 3. Alla cessione di software libero non si applica quanto stabilito dall'articolo 171-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, così come modificato dalla legge 18 agosto 2000, n. 248. Art. 2 (Definizioni) Ai fini della presente legge si intende per: a) licenza di software libero: una licenza di diritto di utilizzo di un programma per elaboratore elettronico, che renda possibile all'utente, oltre all'uso del programma medesimo: la possibilità di accedere al codice sorgente completo e il diritto di studiare le sue funzionalità; il diritto di diffondere copie del programma e del codice sorgente; il diritto di apportare modifiche al codice sorgente; il diritto di distribuire pubblicamente il programma ed il codice sorgente modificato. Una licenza di software libero non puo' impedire che chiunque riceva una copia del programma per elaboratore possa usufruire degli stessi diritti e possibilita' di chi fornisce la copia. b) software libero: ogni programma per elaboratore elettronico distribuito con una licenza di software libero come definita nell'articolo 2, comma 1 del presente testo di legge. c) programma per elaboratore a codice sorgente aperto: ogni programma per elaboratore elettronico il cui codice sorgente completo sia disponibile all'utente, indipendentemente dalla sua licenza di utilizzo. d) software proprietario: un programma per elaboratore, rilasciato con licenza d'uso che non soddisfi i requisiti descritti nell'articolo 2 comma 1 della presente legge. e) formati di dati liberi: i formati di salvataggio ed interscambio di dati informatici le cui specifiche complete di implementazione siano note, a disposizione di ogni utente e liberamente utilizzabili per tutti gli usi consentiti dalla legge; siano documentati in modo completo e approfondito in modo che sia possibile scrivere un programma per elaboratore in grado di leggere e/o scrivere dati in tali formati sfruttando tutte le strutture e le specifiche descritte nella documentazione; non siano presenti restrizioni di alcun tipo all'uso di tali formati di dati. CAPO II PORTABILITA', ACCESSIBILITA' E SICUREZZA Art. 3 (Diritto allo sviluppo portabile) Chiunque ha il diritto di sviluppare, pubblicare e utilizzare un software originale compatibile con gli standard di comunicazione e formati di salvataggio di un altro software, anche proprietario. Art. 4 (Documenti) 1. Chiunque, nell'ambito di una attività lecita, effettui la pubblicizzazione di dati in formato elettronico è tenuto a garantirne l'accesso, ricorrendo a standard di comunicazione aperti e a formati liberi. 2. Per la diffusione in formato elettronico di documenti di cui debba essere garantita la pubblicità, nonché l'adempimento, mediante scambio di dati in forma elettronica del diritto di accesso di cui all'art. 22 e successivi della Legge 7 agosto 1990, n. 241, agli Uffici della Pubblica Amministrazione si applica quanto disposto al comma 1 del presente articolo e nel rispetto dell'Art. 4 della Legge 7 agosto 1990, n. 241. 3. Qualora si renda necessario, l'uso di formati non liberi, la Pubblica Amministrazione è tenuta a motivare analiticamente tale esigenza, attraverso il responsabile del procedimento di cui all'art. 4 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, dettagliando i motivi per cui è impossibile convertire gli stessi dati in formati liberi. La Pubblica Amministrazione è tenuta a rendere disponibile, anche una versione più vicina possibile agli stessi dati, in formato libero. Art. 5 (Trattazione di dati personali o relativi alla pubblica sicurezza) 1. Chiunque effettui la trattazione di dati personali mediante l'ausilio di mezzi elettronici, secondo la disciplina della Legge 31 dicembre 1996, n. 675 o di dati la cui diffusione o comunicazione a terzi non autorizzati possa comportare pregiudizio per la pubblica sicurezza, è tenuto, in questa attività, ad utilizzare programmi per elaboratore a sorgente aperto. 2. I codici sorgenti dei programmi per elaboratore elettronico utilizzati da parte della Pubblica Amministrazione per il trattamento di dati personali e sensibili secondo la legge legge n. 675 del 31 dicembre 1996 devono essere conservati dalla Pubblica Amministrazione stessa per permetterne future verifiche riguardo il controllo degli standard di sicurezza. 3. Le denominazioni e le modalità di reperimento del codice sorgente dei vari software utilizzati nell'ambito del trattamento di dati personali mediante l'ausilio di mezzi elettronici rientrano nelle informazioni da rendersi all'interessato ai sensi dell'Art. 10 comma 1 della Legge 31 dicembre 1996, n. 675. CAPO III - SOFTWARE LIBERO Art. 6 (Obblighi per la pubblica amministrazione) 1. La Pubblica Amministrazione è tenuta ad utilizzare, nella propria attività, programmi per elaboratore elettronico dei quali detenga il codice sorgente. 2La Pubblica Amministrazione, nella scelta dei programmi per elaboratore elettronico necessari alla propria attività, privilegia programmi appartenenti alla categoria del software libero o, in alternativa, a codice sorgente aperto. Qualora venga privilegiato software a codice sorgente aperto, il fornitore dove necessariamente e senza costi aggiuntivi per l'amministrazione consentire la modificabilita' del sorgente. La disponibilità del codice sorgente è posta in relazione anche alla opportunità per la Pubblica Amministrazione di poter modificare i programmi per elaboratore in modo da poterli adattare alle proprie esigenze. 3. La Pubblica Amministrazione che intenda avvalersi di un software non libero, deve motivare analiticamente la ragione della scelta. 4. Della eventuale maggior spesa, derivante da una scelta in senso contrario non appropriata, risponde patrimonialmente il responsabile del procedimento di cui all'Art. 4 della Legge 7 agosto 1990, n. 241. CAPO IV - PUBBLICA ISTRUZIONE, RICERCA E SVILUPPO Art. 7 (Incentivazione alla ricerca e allo sviluppo) 1. Il Ministero dell'Istruzione, Università e della Ricerca Scientifica elabora annualmente un programma di ricerca specifico sul software libero per progetti di ricerca da parte di enti pubblici o privati per lo sviluppo di programmi per elaboratore da rilasciare sotto licenza di software libero. Art. 8 (Istruzione scolastica) 1. Il Ministero della Pubblica Istruzione è tenuto a recepire il contenuto ed i principi della presente legge nell'ordinamento scolastico e nei programmi didattici all'interno della progressiva informatizzazione della scuola. Gli ordinamenti didattici nazionali riconoscono il particolare valore formativo del software libero e lo privilegiano nell'insegnamento. CAPO V - DISPOSIZIONI FINALI Art. 9 (Regolamenti attuativi) 1. ai sensi dell'articolo 17, della legge 23 agosto 1988, n. 400 entro 180 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Governo, sentite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, è tenuto ad emanare i regolamenti attuativi necessari. 2. ai sensi dell'articolo 17, della legge 23 agosto 1988, n. 400 entro 180 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Governo è tenuto ad emanare un regolamento che definisca gli indirizzi per l'impiego ottimale del software libero nella pubblica amministrazione; i programmi di valutazione tecnica ed economica dei progetti in corso e di quelli da adottare relativi alla progressiva adozione di soluzioni di software libero, da parte delle amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo e degli enti pubblici non economici nazionali. Le norme regolamentari non hanno impegni di spesa. Art. 10 (Norma transitoria) 1. Entro anni tre dall'approvazione della presente legge gli enti della Pubblica Amministrazione adeguano le proprie strutture e i propri programmi di formazione del personale secondo quanto previsto all'art. 6 della presente legge. 2. Entro mesi dodici dall'approvazione della presente legge gli enti della Pubblica Amministrazione adeguano le proprie strutture secondo quanto previsto all'articolo 5. 3. Entro mesi sei dall'approvazione della presente legge gli enti della Pubblica Amministrazione adeguano le proprie strutture secondo quanto previsto all'articolo 4. 4. E' costituito un gruppo di lavoro interministeriale per monitorare l'attuazione della presente legge nel corso dei primi tre anni dalla sua approvazione.