Questa rassegna in http://pacs.unica.it/rassegna Indicizzata in http://www.pacs.unica.it/htdig/search.html Mailing list: medicina@pacs.unica.it UN ANNO IN PIÙ AGLI ATENEI PER ISTITUIRE LE NUOVE LAUREE USA: PER LA VALUTAZIONE DEI FUTURI MEDICI SARÀ UTILIZZATO "MODELLO TEATINO" L’UNIVERSITÀ DI CAGLIARI SCOPPIA: UN POSTO PER 23 STUDENTI CAGLIARI: IN FACOLTÀ NESSUN CONSIGLIO E DOCENTI POCO DISPONIBILI" UNIVERSITÀ DI CAGLIARI: TAGLIO AI FONDI PER LE BORSE DI STUDIO SCUOLA: IL GOVERNO VARA LA LEGGE DELEGA PROPOSTA MORATTI STARNONE: "PEGGIO NON SI POTEVA COSÌ SI RITORNA AGLI ANNI CINQUANTA" SCUOLA PREVISTI 8.500 DOCENTI IN MENO LO SCIENZIATO GIACOMO CAO GUIDA UN PROGETTO EUROPEO SARDEGNA, PRIMI UOMINI ARRIVATI 250 MILA ANNI FA SASSARI: UN'UNIVERSITÀ GRANDE QUANTO UNA CITTÀ ========================================================= SSN: PIÙ SPAZIO AL PRIVATO, RIMOZIONE DEI VINCOLI DELLA LIBERA PROFESSIONE ASSISTENZA INDIRETTA, È CAOS NELLE REGIONI SIRCHIA: FARMACI TROPPO CARI PER GLI ESAMI MEDICI L'ATTESA NON DOVRÀ SUPERARE I 15 GIORNI POLICLINICO: UNA COMMISSIONE ELIMINERÀ I DOPPIONI CON L’OSPEDALE (a Udine) ASSOCIAZIONE SARDA TRAPIANTI "SÌ A CONTU MA APRITE IL CENTRO PER IL FEGATO" SARDEGNA: RIANIMAZIONE AL COLLASSO EPATITE C E VIRUS RARI: A CAGLIARI RICERCA D'AVANGUARDIA BROTZU:IMPIANTATA UNA PROTESI PER UN ANEURISMA DELL'AORTA UN RENE IN PROVETTA DALLA MOSCA UN AIUTO PER SENTIRE MEGLIO IL PRIMO AUTOTRAPIANTO DI TESTICOLO PELICCI: “E’ INIZIATA L’ERA POST-GENOMICA” RETINA A RISCHIO, 3 MILIONI QUASI CIECHI DULBECCO: “Non si possono imporre solo libri sacri” MAI COSÌ BUONO LO STATO DI SALUTE DELLA TERRA: ========================================================= __________________________________________________________ Il Sole24Ore 1 feb. '02 UN ANNO IN PIÙ AGLI ATENEI PER ISTITUIRE LE NUOVE LAUREE ROMA - Il Governo prende posizione a favore dell'autonomia delle università. E con un decreto legge, approvato dal Consiglio dei ministri di ieri, riconosce che gli statuti non sono più ancorati alle previsioni del Dpr 382/80 che disciplina, insieme allo stato giuridico, gli assetti di potere interni. "Gli statuti delle università disciplinano l'elettorato attivo per le cariche accademiche e la composizione degli organi collegiali. Nel caso di indisponibilità di professori di ruolo di prima fascia - stabilisce il decreto legge - l'elettorato passivo per la carica di direttore di dipartimento è estesa" agli associati. Il provvedimento "licenziato" dal Consiglio dei ministri mette al riparo le "costituzioni" degli atenei dalle insidie dei ricorsi alla giustizia amministrativa, secondo cui il peso delle rappresentanze e il diritto di voto non rientrano nell'autonomia statutaria (introdotta nel 1989), ma sono questioni riservate alla legge sullo stato giuridico. In questo senso si è espresso lo scorso anno il Consiglio di Stato, cassando - tra l'altro - lo statuto dell'università La Sapienza di Roma. Dunque, in base al decreto legge gli atenei hanno libertà nel decidere gli statuti, allargando le rappresentanze dei ricercatori negli organi di governo ed estendendo il diritto di voto per i vertici accademici e delle strutture didattiche. Unico paletto - criticato dall'Andu, l'Associazione nazionale dei docenti universitari - è quello riferito alla carica di direttore di dipartimento: infatti gli associati possono concorrere solo se tutti gli ordinari si fanno da parte. La questione della legittimità degli statuti non poteva essere più ignorata dal ministro dell'Istruzione Letizia Moratti, dopo che - con lo stop imposto allo schema di Testo unico, approvato dal Governo Amato sul finire del mandato - è tramontata la soluzione là prospettata, che faceva riferimento non a norme inderogabili ma a quelle applicabili da parte di ciascuna università, "salvo diversa disposizione statutaria o regolamentare". Il decreto legge, inoltre, proroga di un anno il termine previsto dalla legge 370/99 per l'attuazione delle lauree e delle lauree specialistiche: ora gli atenei, per elaborare i curricula degli studi, avranno a disposizione 30 mesi a partire dalla pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale" dei decreti sui parametri "nazionali" per i corsi di primo e di secondo livello. Inoltre, per consentire l'esame dei regolamenti didattici relativi alle lauree specialistiche, i componenti del Consiglio universitario nazionale sono "prorogati" fino al 31 ottobre 2002. Queste due ultime proroghe sono contenute anche nel Ddl 761, che però rischia di essere approvato fuori tempo. M.C.D. __________________________________________________________ Il Messaggero 01 Feb '02 NELLE UNIVERSITÀ USA PER LA VALUTAZIONE DEI FUTURI MEDICI SARÀ UTILIZZATO "MODELLO TEATINO" Per la valutazione dei futuri medici sarà utilizzato l'esame della "d'Annunzio" Nelle università Usa spazio al "modello teatino" di SERGIO MUSSOLIN PESCARA - Ma chi lo ha detto che gli italiani sono influenzabili dai costumi e dai modelli americani? E' un luogo comune che lascia sempre maggiore spazio, invece. alla intraprendenza e professionalità italiana, che conquista cattedre e spinge gli scienziati a stelle e strisce tra i banchi delle matricole. Dalla facoltà di Medicina dell'università di Chieti arriva la prova, provata, di un trasferimento di compertenze altamente specializzato, dall'ateneo teatino direttamente ai blasonati college americani. Già dall'anno in corso le facoltà americane di Medicina introdurranno un esame per l'esercizio della professione (analogo all'esame di stato italiano) finora utilizzato esclusivamente a Chieti, alla "d'Annunzio", a Medicina. E' il professor Sergio Sensi, ordinario di Clinica medica dell'università teatina, a sottolineare l'aspetto innovativo di questa valutazione: a dargli lo spunto un articolo pubblicato su "Il Messaggero" del 5 ottobre 2001. Sensi, per quanto contesti la linea generale dell'esame di stato, difende "almeno i 400 medici che hanno sostenuto questo esame alla D'Annunzio". Il nuovo tipo di esame in questione, che al policlinico di Chieti è stato utilizzato per quei 400 medici, si attua mediante uno strumento di valutazione suddiviso in due "steps", che non lascia ombre sulla preparazione del futuro medico: la simulazione dei casi clinici secondo il modello decimologico, e l'utilizzo del cosiddetto "paziente standardizzato", cioé una persona allenata a simulare una determinata malattia. Gli atenei statunitensi, ben diversi nella struttura e nelle regole rispetto a quelli italiani, non si sono lasciati sfuggire il sistema di Chieti mostrando più di un interesse verso questo "uovo di Colombo" della medicina moderna. Dall'Abruzzo terra di antichi valori e di paesaggi mozzafiato direttamente nelle aule ipertecnologiche dell'insegnamento universitario mondiale, è dunque in arrivo il sistema verificatore che cancella ogni dubbio sulla preparazione dei futuri medici, anche fuori dai confini nazionali. Il professor Sensi insegna. __________________________________________________________ L'Unione Sarda 30 gen. '02 UNIVERSITÀ DI CAGLIARI SCOPPIA: UN POSTO PER 23 STUDENTI Record negativo a Scienze politiche: un posto per 23 studenti. Il rettore: "Chiederò ospitalità alle scuole" Allarme da un ateneo che scoppia Aule piccole e biblioteche inadeguate, lezioni ed esami nel caos Allarme da un ateneo che scoppia Aule piccole e biblioteche inadeguate, lezioni ed esami nel caos L'aula non c'è, e se c'è di solito è strapiena. Da Giurisprudenza a Lettere, da Psicologia a Ingegneria: stesse scene, stanze che scoppiano e studenti strizzati tra i banchi. E piuttosto nervosi: "Impossibile seguire i corsi in queste condizioni, molti smettono proprio per la carenza delle strutture. Ma anche per i limiti di molti docenti". E il rettore Pasquale Mistretta, per rimediare, lancia un sos alle scuole superiori della città. Voci da un ateneo che scoppia: per ora la riforma non ha portato benefici, almeno a Cagliari. Anzi. Attirati dai nuovi corsi triennali, che sembrano promettere una laurea in tempi più brevi (ma i programmi d'esame non si sono alleggeriti), in molti hanno preso d'assalto l'università ingolfando gli elenchi delle matricole. Ma le aule sono sempre le stesse, piccole e inadeguate. A Scienze politiche c'è un posto a sedere ogni 23 iscritti, record negativo. Malmesse Lingue straniere (un posto ogni 11 studenti) e Scienze della formazione (uno ogni 7). Ma anche Lettere e filosofia, che in teoria gode di un rapporto più basso, è in realtà penalizzata dal fatto di dover dividere le proprie aule con altri corsi di laurea. E non sono solo le matricole a subire disagi. L'episodio di lunedì pomeriggio a Psicologia lo dimostra. Settecento anime - del terzo, quarto e quinto anno - in una stanza che può ospitarne sì e no centocinquanta, docente e studenti che si attaccano al cellulare e chiamano polizia e vigili del fuoco. Caso estremo, ma non lontano dalla realtà di tutti i giorni. Alla lezione di Metodologia della ricerca psicosociale si sono trovati insieme studenti di corsi diversi, e vabbè, sarà un'eccezione. Invece no: "Per quanto riguarda le aule Psicologia è probabilmente il corso di laurea che sta peggio", giurano Sara Marredda e Sara Provenzano, rappresentanti degli studenti nel consiglio della facoltà di Scienze della formazione. Quasi 1200 matricole e solo quattro spazi a disposizione, il più ampio da appena 150 posti. Poi l'aula magna, non molto più grande, e da dividere con altri corsi. Guai inevitabili: ai nuovi iscritti, per esempio, tocca frequentare una sede staccata, i locali dei gesuiti in via Ospedale. "La nostra situazione è stata addirittura illustrata al ministro Letizia Moratti, quando è venuta a Cagliari Ñ sottolinea Sara Marredda Ñ come esempio dei disagi dell'università". La rappresentante, carattere deciso che tradisce l'origine del Goceano, le ha cantate chiare al rettore Pasquale Mistretta: "Se è per questo abbiamo anche partecipato a trasmissioni televisive su questi problemi. Finora però non è cambiato niente". A dire il vero si sta stretti in tutto il polo umanistico di piazza d'Armi. A Lettere e filosofia c'è folla soprattutto al corso di laurea per operatori culturali per il turismo, 227 matricole quest'anno. "Ma un po' tutti si lamentano", precisa Federica Demuru, rappresentante studentesca in Consiglio di facoltà: "Le nostre aule hanno una capienza di 70-100 posti, e tra l'altro le più grandi vengono utilizzate in prevalenza da quelli di Lingue. Siamo costretti a orari assurdi, anche per colpa di professori poco elastici: chi non fa lezione di pomeriggio, chi mai prima di una certa ora e così via. Per fortuna, dopo le nostre insistenze, qualcuno ci è venuto incontro". Spostandosi altrove si vede anche di peggio. Per esempio chi sogna di fare l'ingegnere deve dividersi in tre: ci sono lezioni ed esami nella facoltà di piazza d'Armi, alla clinica medica di piazza San Giorgio e all'istituto di Zoologia di ponte Vittorio. "Chi frequenta soprattutto nelle sedi distaccate si sente tagliato fuori", osserva Luigi Serra, rappresentante nel consiglio di facoltà di Ingegneria, "anche perché gli spostamenti non sono semplici. E in ogni caso queste soluzioni non evitano episodi gravi: come quando alle lezioni di Fisica tecnica, un fondamentale, vanno in seicento e l'aula è da duecento posti". L'agitazione non manca neppure in viale Fra Ignazio, tra Economia, Giurisprudenza e Scienze politiche. Problemi di aule, e ancor più di biblioteche: "Se cerchi un angolo per studiare devi arrivare entro le nove, se no resti in piedi", assicura Simona Abis. Nelle tre facoltà c'è un posto in biblioteca ogni 36 studenti (ma a Lettere e Scienze della formazione stanno addirittura peggio: rispettivamente uno ogni 80 e uno ogni 70). Questioni che incidono sulla qualità degli studi, e non sono neppure le più gravi. "Le strutture mancano Ñ conferma Samuela Mingoia, di Lettere, rappresentante nel consiglio d'amministrazione Ñ ma non vorrei che fosse un alibi per nascondere altre carenze, di tipo culturale. Mancano insegnanti di qualità, tranne qualche eccezione, e manca soprattutto la preoccupazione di fornire una didattica di alto livello". Per tanti motivi: "Con la riforma hanno aperto nuovi corsi, ma i docenti sono gli stessi e non ce la fanno", spiega Valentina Murgia, anche lei rappresentante degli studenti a Lettere. Una sua collega di Giurisprudenza, Silvia Corda, aggiunge: "Da noi quasi tutti i professori sono anche avvocati, e questo complica le cose. Poi capita che saltino gli orari di ricevimento degli allievi, o che fissino le date degli esami senza tener conto delle proposte di chi deve sostenerli". In generale il corpo docente non è al completo, e ancora una volta è Psicologia il caso limite: circa quattromila iscritti e solo diciassette nomi a spartirsi le cattedre. "E quasi tutti arrivano da fuori Ñ interviene ancora Sara Marredda Ñ mentre qui a Cagliari non si organizzano quasi mai dei dottorati di ricerca. Così i laureati sardi non potranno mai arrivare a insegnare, e il problema non si risolverà". Ma per il futuro il rettore Mistretta assicura: "Sto accelerando i tempi per scovare le soluzioni, su cui comunque lavoriamo da oltre un anno. Per trovare nuovi spazi c'è la massima disponibilità dell'amministrazione comunale, ma finora non è bastato". Ora si profila una nuova strategia: chiedere ospitalità alle scuole superiori, almeno per le lezioni pomeridiane. Già ieri sera Mistretta ha iniziato a sentire i vari presidi, per verificare le disponibilità. "Agli studenti Ñ prosegue il rettore Ñ dico di non sentirsi abbandonati: le loro esigenze mi hanno sempre guidato nel mio mandato, e siamo impegnatissimi su questi fronti. Sul caso specifico dei settecento studenti alla lezione di Psicologia, poi, c'è da dire che si tratta di un'emergenza nata da una serie di circostanze, che hanno riunito allievi di anni diversi. Eravamo preparati a rispondere alle esigenze di gruppi più piccoli. Ciò non toglie che ora sia nostro compito trovare una soluzione, e spero di riuscirci in tempi brevissimi". Giuseppe Meloni __________________________________________________________ L'Unione Sarda 30 gen. '02 CAGLIARI: IN FACOLTÀ NESSUN CONSIGLIO E DOCENTI POCO DISPONIBILI" Gli allievi del primo anno faticano a capire le regole del mondo accademico Matricole sempre più disorientate "In facoltà nessun consiglio e docenti poco disponibili" Non hai un parente, un amico, o qualcuno che ti consiglia? Matricola, preparati a soffrire. Il mondo universitario non fa sconti a nessuno e il primo impatto, se sbagliato, potrebbe tranquillamente mandare a monte sogni e illusioni covati con passione fin da bambini. Ecco che, puntuale, si ripresenta il problema di come i diciannovenni affrontano l'ingresso in questo nuovo mondo che, in cambio di sudore e denaro, propone soddisfazioni (forse) e posti di lavoro (forse). E allora, per non rischiare di perder tempo, euro e salute, è meglio conoscere qualcuno - magari dei navigati colleghi avanti negli anni - in grado di indicare la strada giusta e prevenire gli ostacoli da superare. Maria, primo anno in Psicologia, arriva da un piccolo centro a sessanta chilometri da Cagliari e non vuole svelare il suo cognome per paura di un "fastidioso comportamento" da parte di qualche professore permaloso. Ha deciso solo davanti alla segreteria della facoltà che la scelta dell'indirizzo di Lavoro e tecniche multimediali (una delle tre branche volute dalla riforma) sarebbe stata quella più utile al suo futuro professionale. "Assoluta disinformazione, inefficienza e consigli zero", dice Maria. Zero come il voto che dà all'organizzazione. È una dei tanti studenti arrivati in città senza un appoggio o una persona d'esperienza alle spalle. "Ho trovato casa quasi subito su un settimanale di annunci, poi è iniziato il calvario: mancanza di un piano di studi, orari delle lezioni inesistenti e professori che non ti degnano di uno sguardo", racconta mentre si martoria le mani. "Se ora mi sento meno abbandonata e più sicura è perché ho avuto un grosso aiuto dai rappresentanti degli studenti della facoltà. L'anno prossimo si iscriverà anche mia sorella: lei sarà più fortunata perché avrà qualcuno a cui appoggiarsi". Maria, in soli quattro mesi, ha capito l'antifona: la matricola deve superare degli esami che non prevedono la lode e non hanno nulla a che fare con quelli citati nei programmi ufficiali. Annamaria, cagliaritana, primo anno in Filosofia: stessa grinta e stessa voglia di emergere ma diversa maniera di affrontare l'ostacolo. "A fine febbraio mi trasferisco a Roma o Milano, sono troppo delusa. Le uniche informazioni sulla facoltà risalgono alle superiori, i docenti sono poco disponibili e non sono soddisfatta della qualità didattica. Datemi un solo motivo per continuare a restare in città". Aule troppo piccole, carenza di professori, tasse che crescono. Ma, tra le tante vecchie e ormai poco originali lamentele, ne spunta fuori una nuova. "La riforma sta aggiungendo disagi ai disagi", dice Manuela, di Quartu, primo anno in Lettere: "I corsi sono aumentati ma le risorse rimangono le stesse: i pochi docenti che abbiamo si devono sdoppiare in più materie. È inutile andare avanti così, bisogna prendere atto che le forze della facoltà sono quelle che sono". Di tutt'altro parere Carlo, cagliaritano, primo anno in Scienze giuridiche. "Il primo impatto non è stato male. Anche se il nuovo ordinamento è in fase di rodaggio, rispetto alla vecchia Giurisprudenza è tutto molto più semplice. Difetti? Ci vorrebbero più spazi, ricreativi e di studio, per vivere appieno la vita universitaria. Una maggiore informazione nelle scuole superiori non guasterebbe". Per Carlo, di Decimoputzu, matricola in Ingegneria ambientale, il passaggio all'università non è stato un dramma. "Ammetto che c'è stato un disorientamento iniziale ma sono difficoltà da mettere in conto. La facoltà è molto difficile e, a livello didattico, un po' macchinosa. Mi trovo bene e sono stato abbastanza fortunato ad aver trovato persone che mi hanno aiutato. Ci vorrebbe una migliore organizzazione degli orari delle lezioni". Ma la matricola, quella tosta, quella che nel più breve tempo possibile farà commuovere genitori, parenti e amici durante la discussione della tesi (ammesso che ci sia ancora) non si ferma di fronte a nulla. Emiliano Farina __________________________________________________________ La Nuova Sardegna 2 feb. '02 UNIVERSITÀ DI CAGLIARI: TAGLIO AI FONDI PER LE BORSE DI STUDIO Finanziati solo i tirocini formativi dei laureati CAGLIARI. Un miliardo e mezzo è il finanziamento arrivato all'Università di Cagliari da parte della Comunità europea per pagare i tirocini formativi attivati nel 2001. Troppo poco rispetto a quanto richiesto dall'Ufficio orientamento e formazione. Per poter attivare tutte le richieste dal 2001 al 2004 - ha precisato Fabrizia Biggio, responsabile del Centro orientamento dell'ateneo - avevamo chiesto un finanziamento di cinque miliardi e mezzo. Inoltre i tirocini sono stati attivati sia per laureandi che per laureati, ma il Pon (Programma operativo nazionale) per le regioni a "obiettivo 1" concede la borsa di studio solo ai laureati. Quindi, il miliardo e mezzo andrà ripartito solo tra questi. Verranno pagati per primi, veso la fine del mese, quelli che hanno presentato la domanda entro l'11 maggio (circa 550), data in cui era stato affisso un cartello che informava sulla incertezza dei fondi disponibili. Per gli altri (circa 400) si stabilirà una graduatoria in base ai meriti e i pagamenti verranno effettuati fino a esaurimento fondi. I criteri da adottare verranno comunicati attraverso una lettera a tutti i tirocinanti. Il Centro orientamento si sta, comunque, attivando per reperire anche fondi regionali. Fino a quando il pregresso non sarà sanato le borse resteranno bloccate. Per quanto riguarda gli studenti che hanno effettuato domanda prima dell'11 maggio, invece, il rettore porterà la pratica in consiglio di amministrazione per poter recuperare i fondi. A tutti gli altri studenti verrà data la possibilità di ripetere l'esperienza, ma in futuro solo i più meritevoli riceveranno la borsa di studio. __________________________________________________________ Il Sole24Ore 2 feb. '02 SCUOLA: IL GOVERNO VARA LA LEGGE DELEGA PROPOSTA DAL MINISTRO MORATTI Alla formazione professionale pari dignità con i liceiScuola, la riforma gioca d'anticipoAlle elementari già prima dei sei anni - Dopo le medie ci saranno otto indirizzi a disposizione (NOSTRO SERVIZIO) ROMA - Il Governo dice sì alla riforma dei cicli. E Berlusconi annuncia: "Daremo più soldi ai docenti, in base al merito". Ieri il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al disegno di legge delega che riforma la scuola pubblica. La proposta del ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, è stata approvata senza modifiche. Adesso la discussione si sposta in Parlamento, tra polemiche nella maggioranza, un'opposizione pronta a dare battaglia e i sindacati già sul piede di guerra. La scuola, ha detto il ministro dell'Istruzione nella conferenza stampa a Palazzo Chigi al termine del Consiglio dei ministri, sarà "più libera, flessibile, darà più opportunità a tutti i ragazzi di scegliere i percorsi più inerenti con le proprie vocazioni; sarà poi una scuola che valorizzerà la tradizione culturale del nostro Paese, ma anche una scuola proiettata sul futuro". Sicuramente, ha però precisato, sarà anche una scuola "più seria e più rigorosa". Vediamo come si sviluppa la nuova istruzione targata Moratti. La durata dei cicli scolastici rimane quella attuale: tre anni di materna, cinque per le elementari, tre per le medie, cinque per le superiori. Nasce però - ed è una delle vere novità - anche il canale dell'"istruzione e formazione professionale", alternativo a quello degli studi liceali e definito "di pari dignità". Il "secondo canale" dura almeno quattro anni e, con la frequenza di un anno integrativo e l'esame di Stato finale, consente l'accesso all'università. Torniamo all'inizio degli studi: con la riforma è possibile accedere prima ai corsi delle materne e delle elementari. Di norma, l'iscrizione rimane fissata rispettivamente a tre e sei anni di età. Ma nel prossimo anno scolastico potranno andare a scuola anche i bambini che faranno tre anni (e sei anni, per le elementari) entro il 28 febbraio 2003. Al ministero si sta studiando come fare per riaprire i termini delle iscrizioni, se la proposta sarà trasformata in legge. L'ulteriore anticipo dell'età di ingresso (per i bimbi che compiono 3 o 6 anni entro il 30 aprile dell'anno di riferimento) sarà deciso dopo una valutazione del primo anno di sperimentazione. Molte novità per le elementari e le medie. Obbligatoria una lingua straniera nella scuola primaria e due nel ciclo secondario. Scompare l'esame di quinta, rimane quello di terza media. Gli studi (fino alle superiori comprese) sono scanditi da bienni che, dalla media in poi, servono a valutare gli studenti: chi non ha raggiunto le condizioni per passare al biennio successivo, resta fermo un anno. La riforma prevede anche un potenziamento massiccio delle tecnologie informatiche. Finita la media, a 14 anni un ragazzo potrà scegliere tra otto diversi indirizzi di liceo (artistico, classico, economico, linguistico, scientifico, tecnologico, musicale e di scienze umane) o, in alternativa, optare per l'istruzione e la formazione professionale. "Sono comunque sempre garantiti i passaggi dall'uno all'altro canale" ha voluto assicurare Letizia Moratti. Un'altra innovazione di rilievo riguarda i cosiddetti periodi di alternanza "scuola-lavoro". In pratica, dopo i 15 anni, ogni studente (compresi i liceali) potrà svolgere un tirocinio presso un'impresa, un ente pubblico o no profit. Sono previste borse di studio e gli accordi con gli istituti saranno realizzati d'intesa con le associazioni imprenditoriali, l'amministrazione scolastica, i Comuni e le Province. La riforma Moratti introduce anche caratteri di "federalismo ". Alle Regioni, infatti, sarà assegnata una quota dei programmi di istruzione. La percentuale non è stata ancora definita e sarà fissata nella contrattazione con la Conferenza Stato-Regioni. Entro 90 giorni dall'approvazione della legge, il ministro dell'Istruzione presenterà un piano finanziario che descriverà dettagliatamente le voci di intervento e i costi relativi. Molti cambiamenti, infine, per i docenti. Viene unificata, innanzitutto, la formazione universitaria: necessaria la laurea quinquennale ("3+2"), più specializzazione e tirocinio, per insegnare dalle materne alle superiori. Sono previsti anche periodi di formazione e di aggiornamento dei docenti in servizio, per consentire agli insegnanti di ottenere nuove qualifiche e livelli professionali più elevati. Confermata, dunque, l'ipotesi di introdurre la "carriera". In questo senso, il presidente del Consiglio si è spinto anche oltre. Alla domanda se saranno previsti aumenti per i docenti con il prossimo contratto, già scaduto il 31 dicembre scorso, Berlusconi ha risposto: "Contiamo in uno sviluppo economico che ci consentirà di trovare le risorse necessarie, che destineremo ai docenti migliori in base alla carriera e al merito". Sarà una questione spinosa, sulla quale i sindacati certamente non staranno a guardare. Marco Ludovico __________________________________________________________ Repubblica 02 Feb. '02 STARNONE: "PEGGIO NON SI POTEVA COSÌ SI RITORNA AGLI ANNI CINQUANTA" Lo scrittore, per trent'anni insegnante alle superiori, boccia la riforma come al mercato Ho l'impressione che vogliono imporci un modello in cui l'istruzione possa diventare una merce MARIA NOVELLA DE LUCA ROMA - "Una riforma peggiore di questa non se la potevano inventare. La scuola che il Governo disegna ci riporta agli anni Cinquanta, alla scuola vuota e classista che ho fatto io, figlia del fascismo e dell'idea che istruzione volesse dire, soltanto, disciplina e nozionismo". Domenico Starnone, 59 anni, ex professore e oggi scrittore a tempo pieno, trent'anni di insegnamento alle superiori, boccia la riforma Moratti con severità e amarezza insieme. "Ho la sensazione che si siano seduti attorno ad un tavolo non per replicare la riforma Gentile, ma per imporci un modello in cui l'istruzione possa diventare una merce. Ci sono voluti anni ma ci sono riusciti...". Un giudizio duro quello di Starnone, a tratti ironico, che ricorda uno dei suoi primi libri, le corrosive "cronache scolastiche" di "Ex cattedra", racconti senza pietà di studenti e professori. Starnone, perché parla di un ritorno agli anni Cinquanta? "Perché mi sembra che il punto centrale di questa riforma sia quello di tornare a ratificare tra gli studenti le diseguaglianze della società. Esattamente come quando andavo a scuola io e al contrario di quanto in tanti anni di insegnamento si è cercato di fare, perché l'istruzione diventasse un prodotto culturale per tutti. Tante volte abbiamo fallito e tante abbiamo vinto. Adesso no. Chi nasce destinato a studiare studierà, gli altri a 13 anni dovranno già scegliersi il lavoro che faranno da grandi. E la crescita? E la formazione? E' un disastro. siamo tornati alla scuola di De Amicis". Cioè alla scuola di "Cuore", di Bottini, Franti e compagni? "Esattamente. In quella terza elementare c'erano cinquantaquattro allievi. Ma per tutto il libro noi sentiamo parlare soltanto delle imprese di una decina di bambini, perché sono soltanto dieci i bambini a cui il maestro si rivolge. Gli altri non esistono. Non ci sono. Forse non continueranno a studiare. Cancellati. Negli anni in cui ho fatto il professore, anni tormentati e confusi, insieme a tanti altri insegnanti noi abbiamo cercato di formare non solo quei dieci allievi del libro Cuore ma anche gli altri quarantaquattro. La differenza è qui. La scuola di Berlusconi invece darà un futuro soltanto a pochissimi. Che potranno pagarsi l'istruzione". Qui però parliamo di scuola pubblica. "No, questo è l'inizio di uno smantellamento progressivo della scuola pubblica a favore di scuole private dove le famiglie pagheranno qualunque cifra pur di assicurare una buona istruzione ai loro figli. All'inizio ci sarà la divisione tra studentistudenti e studentilavoratori. Poi via via anche l'istruzione non professionale sarà ridimensionata. Il processo è già iniziato: l'accorpamento delle classi, il taglio delle cattedre, aule sempre più piene di studenti, così che il dialogo con il professore diventa impossibile. Risultato: college, università private, e fuga degli insegnanti". Chi sceglierà l'avviamento professionale d'estate potrà lavorare nelle aziende. "Potrà cioè andare a fare il lavoro nero... La verità è che i "professionali" diventeranno le scuoleghetto per bianchi poveri e per immigrati. Ma in realtà la cosa peggiore di questa riforma è che si tratta di una nonriforma". Una nonriforma? "Sì, nel senso che non cambia nulla ma peggiora la situazione attuale. Il risultato è che la scuola continuerà a vivacchiare così, recuperando dal passato il sette in condotta e tagliando fuori tutti i ragazzi che non applicheranno le famose tre I di Internet, Inglese e Impresa". I ragazzi appunto. La riforma l'hanno già bocciata. "Una reazione naturale, ma non credo che la loro vita cambierà molto. Perché, appunto, nella sostanza la rivoluzione non c'è. Qualche professore magari applicherà il richiamo alla "serietà", aumentando interrogazioni e compiti scritti, e riducendo ancora di più lo spazio di dialogo con gli studenti". Starnone, ma qualcosa è cambiato da quando lei pubblicò le famose "cronache scolastiche" nel libro Ex cattedra? "No. La scuola è la stessa di diciassette anni fa, ma con qualche peggioramento, e la grande disillusione di quanti, come me, hanno creduto in un progetto diverso. Siamo tornati indietro. Ogni progetto di riforma si è arenato, compresa quella di Berlinguer che pure tra tanti difetti aveva degli elementi positivi". Il suo è un "no" senza appello "Credo veramente che questa riforma così come è stata annunciata sia un disastro per la scuola italiana che già è in cattive condizioni. Hanno ragione gli studenti quando dicono che l'istruzione non si può trasformare in merce. Ma forse anche questa riforma si fermerà a metà strada...". __________________________________________________________ Il Sole24Ore 30 gen. '02 SCUOLA PREVISTI 8.500 DOCENTI IN MENO al via la revisione delle cattedre ROMA - Il ministero del l'Istruzione "taglia" 8.500 cattedre e riduce l'area del precariato per il prossimo anno scolastico. Lo prevede il decreto che ridefinisce gli organici del personale, con cui viene data attuazione alla Finanziaria 2002. Dopo le circa 50mila "regolarizzazioni" completate lo scorso autunno per garantire l'avvio dell'anno scolastico, ora Viale Trastevere, sulla base delle nuove stime sul fabbisogno del personale, prevede una riduzione di 2.500 cattedre alle elementari, 2mila alle medie e 4mila alle superiori. Inoltre, secondo il testo ministeriale, che deve avere l'ok del dicastero dell'Economia, saranno istituiti gli organici "regionali". In pratica, ogni direttore regionale del ministero dell'Istruzione dovrà definire il fabbisogno degli insegnanti negli istituti, sulla base dei criteri previsti dallo stesso ministero e delle indicazioni fornite dai dirigenti scolastici. La riduzione del numero degli insegnanti è una linea della politica di Viale Trastevere, che intende valorizzare il personale di ruolo e ridurre l'area del precariato. Ulteriori riduzioni delle cattedre sono previste nei prossimi anni - sempre in base all'ultima manovra economica - e questo, secondo le intenzioni governative, dovrebbe liberare risorse per fare investimenti nel settore. Una scelta legata anche alla riforma dei cicli scolastici, che dovrebbe approdare venerdì prossimo al Consiglio dei ministri. Ieri è stata trovata un'intesa tra Letizia Moratti e i partiti della maggioranza. Definita, in particolare, la nuova articolazione dei gradi di istruzione, scandita in bienni senza "stravolgere" l'identità di elementari e medie. __________________________________________________________ L'Unione Sarda 27 gen. '02 LO SCIENZIATO GIACOMO CAO GUIDA UN PROGETTO EUROPEO La Sardegna va in orbita e non è un gioco di parole. A novembre uno shuttle porterà nello spazio alcuni reattori con lo stemma di Regione, Università di Cagliari e Crs4. L'importante progetto europeo è coordinato dallo scienziato cagliaritano Giacomo Cao. L'obiettivo è sperimentare una tecnica rivoluzionaria per rendere innocue le sostanze inquinanti. Non solo: si studierà la sintesi di materiali innovativi. C'è chi ipotizza addirittura una futura applicazione nel Sulcis, per rendere inerti i famigerati fanghi. "Cosmic è una sfida straordinaria per i sardi" ha detto il presidente della Giunta regionale Mauro Pili, presentando il progetto che si è piazzato settimo - primo tra quelli italiani - su 117 presentati all'agenzia spaziale europea. E ha aggiunto: "La Sardegna rimette in moto il suo più ricco giacimento minerario, la miniera di idee e di ingegno. Il Crs4 deve diventare il cuore di questa miniera, la politica, la società, la cultura devono unirsi perché questa scommessa sia tale per tutti i sardi". Sulla stessa lunghezza d'onda il rettore dell'università di Cagliari Pasquale Mistretta che ha confermato il "continuo impegno con centri internazionali, anche in Cina". Protagonista assoluto il professor Giacomo Cao. È stato lui ad anticipare che a Cagliari sta per nascere un centro di ricerca dedicato alla "chimica per l'ambiente". Poi ha spiegato le tappe del progetto "Cosmic" (Combustion Synthesis under Microgravity Conditions). Va detto che la tecnica messa a punto a Cagliari è "nata" negli anni '60 nell'ex Urss, poi si sono cimentati gli americani. La missione nello spazio sarà preceduta da una serie di test in programma il 12 marzo a Bordeaux, dove un Airbus della Novaspace compirà un volo parabolico, ripetuto una trentina di volte, per ricreare le "condizioni di microgravità indispensabili". Si tratta della stessa situazione che ci sarà nella stazione spaziale internazionale, dove gli esperimenti di Cosmic saranno effettuati nel segmento russo. Ne sono previsti una dozzina, ma solo il primo sarà seguito direttamente dall'equipe di Cao. Gli altri saranno affidati agli astronauti. Al progetto partecipano anche il Cnr di Milano, l'Università belga di Leuven, il centro di ricerca spagnolo Inasmet, l'Istituto di macrocinetica strutturale dell'Accademia delle scienze di Russia, l'Astrium tedesca, società ex Daimler Chrysler aerospace. Tutti coordinati dallo scienziato sardo, naturalmente. R. T __________________________________________________________ Corriere della Sera 27 gen. '02 SARDEGNA, PRIMI UOMINI ARRIVATI 250 MILA ANNI FA Erano cacciatori paleolitici, di taglia normale ma gracili. Il passaggio (forse) tra Toscana e Corsica L'analisi dei resti di un ominide trovati in una zona del sottosuolo non lontana da Sassari, retrocede l'epoca degli insediamenti avvenuti nell'isola I testi di storia concordano nell'attribuire alle fasi iniziali del Neolitico, circa 7 mila anni fa, la comparsa dell'uomo in Sardegna. Una data decisamente molto recente e al tempo stesso assai lontana dalle più antiche tracce umane individuate nella penisola. Pur in mancanza di prove inoppugnabili, la logica da una parte e alcuni rinvenimenti di strumenti lavorati di pietra dall'altra facevano ipotizzare un popolamento assai più vetusto, in età paleolitica, anche se una simile ipotesi si scontrava con la supposta mancanza di un collegamento terrestre tra l'isola e il continente durante il Pleistocene. Una recente scoperta sposta ora considerevolmente indietro nel tempo questa data, prospettando inediti scenari e ponendo nel contempo nuovi interrogativi che potranno essere risolti soltanto con ulteriori future acquisizioni. I resti di un ominide di oltre 250 mila anni, per l'esattezza una falange, a cui è stato dato il nome di Nur in memoria del mitico primo abitante sardo, sono stati scoperti in una grotta del Logudoro meridionale, nel nord-ovest della Sardegna non lontano da Sassari, come comunicato da studiosi delle università di Sassari e di Liegi durante il recente Congresso internazionale di preistoria e protostoria tenutosi in Belgio. Il reperto, secondo i ricercatori Jean Marie Cordy, Sergio Ginesu e Stefania Sias, si colloca nella scala evolutiva tra l' Homo erectus , nella sua fase finale, e l'uomo di Neanderthal. Le proporzioni dell'osso corrispondono ad una corporatura di taglia normale, ma con un allungamento marcato da cui è possibile intuire una certa gracilità fisica. Il reperto non proviene da un deposito stratigrafico, ma è stato rinvenuto da speleologi di Thiesi al termine di una serie di impegnative e pericolose esplorazioni nella Grotta di Nurighe, un budello orizzontale lungo oltre mezzo chilometro e largo non più di 50-60 centimetri, occupato sul pavimento da acqua e fango. Prima della frana finale il torrente sotterraneo ha convogliato e depositato resti ossei di animali preistorici, in ottimo stato di conservazione e alcuni ricoperti o inglobati in concrezioni di calcite, tra i quali era frammista la falange umana. Tra gli animali figurano cervidi di minuscola taglia, canidi, un logomorfo endemico, roditori, uccelli, batraci e gasteropodi. Una fauna tipica della fase finale del Pleistocene medio, convogliata sottoterra dalle acque attraverso un paleoinghiottitoio carsico, ostruito poi 200 mila anni fa da una colata vulcanica di basalto. La scoperta di Nur pone il problema su come abbia fatto l'uomo ad arrivare in Sardegna, in un'epoca in cui l'isola e la penisola erano separate dal mare. Ma lo stesso interrogativo riguarda anche la fauna fossile trovata assieme all'uomo, nonché tutta l'altra fauna coeva, che compare in Sardegna nella prima parte del Pleistocene medio, sostituendo o affiancando specie precedenti. Poiché la loro presenza risulta oggi indubitabile, occorre allora ipotizzare la possibile esistenza, se non proprio di un collegamento fisico, di un contatto facilitato attraverso la Corsica, l'arcipelago toscano e l'emersione di altre isole contigue, con brevi tratti di mare ove fosse possibile un trasporto accidentale e una navigazione a vista di coste. Giulio Badini __________________________________________________________ La Nuova Sardegna 2 feb. '02 SASSARI: UN'UNIVERSITÀ GRANDE QUANTO UNA CITTÀ Lunedì inaugurazione del nuovo anno accademico nel momento di maggiore "potenza" dell'ateneo SASSARI. I recuperi urbanistici di zone degradate sono tra quelle intenzioni vaghe che da trent'anni si agitano in campagna elettorale, per ritrovarle allo stato di intenzioni nella campagna successiva. Eppure alcuni indizi inducono a sperare che qualcosa ora si muova. Maida in questa intervista lo nega ma si dice che dipenda dal fatto che a muoversi, questa volta, sia anche l'università. Il rettore inaugura lunedì il suo nuovo anno accademico, stabilendo di fatto l'esistenza di un'era caratterizzata da una centralità senz'altro inconsueta nella storia dell'ateneo. La sensazione è che in molte zone della città l'interesse dell'ateneo per un recupero dei propri immobili o per la realizzazione di attività connesse stia esercitando stimoli decisivi nei confronti degli altri enti. Si pensi a esempio come la partecipazione apparentemente marginale di questa istituzione abbia finalmente dato via libera all'imponente operazione di via Coppino, destinata a ridonare ossigeno alla parte adiacente di città murata e all'antico quartiere operaio delle Conce. Ma l'università, più o meno direttamente, riveste ormai un ruolo fondamentale in tutto ciò che si costruisce in questi giorni intorno ai suoi poli tradizionali, da quelli del centro cittadino a quelli di certe importanti periferie. E per quanto riguarda gli interventi diretti di recupero e ampliamento degli immobili universitari, si impongono vincoli legati a qualità e cultura; superando, almeno sembra fino a ora, la politica delle frettolose distruzioni operata dall'ateneo durante certe passate gestioni. L'era Maida è quindi quella in cui questa istituzione, peraltro ben finanziata, svetta sugli enti territoriali, sul mondo del credito e sull'industria locale, tutti vittime di una contingenza negativa. - Professor Maida, è per questi motivi che l'anno scorso ha preferito continuare a fare il rettore anzichè il senatore? "Non mi sembra che questa alternativa si sia mai posta" - Comunque (perdoni la banalità) il rettore ora come ora conta più di qualsiasi parlamentare locale. "Più che banale la domanda mi sembra poco adeguata, almeno per quanto mi riguarda. Non è il desiderio di potere a determinare le mie scelte, ma la valutazione di propensioni, interessi, capacità e passioni". - E attualmente qual è il suo principale interesse? "Un'idea molto ambiziosa ma già in atto: un progetto globale per la città. L'università è a disposizione del territorio, con la certezza che questa scelta fondamentale farà crescere entrambi". - E' vero che l'ateneo è ormai presente nelle più importanti decisioni urbanistiche? "Questa è una città universitaria e l'università è sempre pronta a offrire il proprio contributo di stimolo culturale e anche finanziario. Naturalmente nel rispetto della reciproca autonomia. Ciascuno deve contribuire nell'ambito del proprio ruolo istituzionale: lo dico perchè lei non mi chieda se conti più il rettore, il sindaco, il presidente della Provincia, il direttore dell'Asl o chissà chi altri. Naturalmente non può che farci piacere partecipare a operazioni che coniughino e identifichino gli interessi dell'ateneo con quelli più generali del territorio". - Eppure, professore, negli scontri tra interessi diversi vince il più forte. "Vince chi ha idee realizzabili e fondate sull'interesse pubblico. Le assicuro che è difficile contrastare chi porta simili argomenti. Chiunque esso sia". - Fra un anno e mezzo si candiderà per la terza volta, visto che le nuove regole che lei ha voluto lo consentiranno? "Non ho personalmente voluto alcuna nuova regola e ora è un po' presto per porsi simili problemi. Ce ne sono di più immediati e importanti". ========================================================= __________________________________________________________ Il Sole24Ore 1 feb. '02 SSN: PIÙ SPAZIO AL PRIVATO, RIMOZIONE DEI VINCOLI DELLA LIBERA PROFESSIONE Consegnate a Regioni e sindacati le linee guida della riforma del Ssn preparata dal Governo Sanità, più spazio al privato Prevista la rimozione dei vincoli all'esercizio della libera professione da parte dei dipendenti pubblici ROMA - Nessun vincolo all'attività libero-professionale negli studi privati, con apertura di partita Iva e nessuna somma da versare all'azienda sanitaria di appartenenza. Ingresso negli ospedali di professionisti esterni con contratto a termine di natura coordinata e continuativa nel limite del 30% dell'organico dei dipendenti, destinati comunque a dimagrire di numero. Camici bianchi dipendenti con ruolo unico e rapporto di lavoro esclusivo. Neo assunti con contratto a tempo di cinque anni, salvo verifica dei risultati. Primari in pensione a 70 anni, sia negli ospedali che nelle Università. Prende sempre più forma il riordino del rapporto di lavoro dei medici del Ssn ai tempi della "Casa delle libertà". Dopo il decreto legge che approda oggi in Consiglio dei ministri e che tra l'altro proroga il tempo definito (poco più di 1.500 medici nel 1999), il Governo affiderà a un disegno di legge ad hoc la ben più corposa riforma della dirigenza sanitaria. Sirchia, per la verità, cerca di muoversi tra mille cautele. E non a caso ha appena consegnato a Regioni e sindacati di categoria quattro cartelle nelle quali riassume i contenuti dei cambiamenti che intende proporre. In attesa di ricevere suggerimenti, e le contestazioni già messe in preventivo, per arrivare, questo almeno è l'obiettivo, a un testo il più possibile condiviso da affidare poi ai marosi parlamentari. Un nuovo incontro col ministro ci sarà forse già la prossima settimana. Ma intanto gli stati generali delle Regioni e dei sindacati sono già all'opera per vivisezionare il documento loro affidato. Ben sapendo che la materia, come tante altre di carattere sanitario dopo la riforma del titolo V della Costituzione, potrebbe finire sotto le forche caudine dei poteri legislativi che qualcuno considera esclusivi da parte delle Regioni. I dipendenti. La dipendenza ha "natura esclusiva" e la dirigenza "è collocata in un unico ruolo", è la novità, e in un solo livello. Gli stipendi attuali non si toccano fino al prossimo contratto. Libera professione dei dipendenti nel Ssn. La libera professione intramuraria, quando richiesta esplicitamente dal paziente, sarà concessa dall'azienda sulla base di uno specifico programma, concordato con i sindacati, da adottare ogni anno entro il 31 dicembre. Ma attenzione: le aziende avranno l'obbligo di creare gli spazi per l'esercizio dell'attività libero professionale, rigorosamente "separati" da quelli impiegati per la normale attività istituzionale. Resta altrimenti in piedi la possibilità di ricorrere a cliniche private o appositamente convenzionate. Gli incassi di questa attività, da ripartire secondo criteri affidati alla contrattazione decentrata, dovranno garantire "in ogni caso" alle aziende il recupero dei costi sostenuti, aprendo forse in questo caso qualche spazio a maggiori incentivi per i medici. L'azienda, tuttavia, dovrà rigorosamente tenere una contabilità separata. L'"intramoenia d'azienda", quella richiesta dalla struttura di appartenenza, potrà essere affidata al di fuori del normale orario di lavoro anche a dipendenti di altre aziende sanitarie (ma con la necessaria autorizzazione) per far fronte a "carenza di specifiche professionalità". Il taglio delle liste d'attesa è, evidentemente, uno degli obiettivi principali. Libera professione negli studi. Porte aperte per i medici dipendenti all'attività libero-professionale nei propri studi. Ma con eccezioni: le attività di chirurgia, di radiologia e di diagnostica di laboratorio. Altra concessione: non dovranno versare una lire all'azienda dalla quale dipendono. I medici a tempo. È il rapporto di lavoro nuovo di zecca: coordinato e continuativo, entro il 30% della consistenza del personale medico dipendente. Il contratto dovrà essere a termine e rinnovabile, con orario settimanale da concordare. Porte aperte anche ai medici convenzionati col Ssn. Questi medici non dovranno di norma assumere responsabilità di struttura (né semplice, né complessa), e neppure fare libera professione intramuraria. Ma con eccezioni: una piccola quota (il 2% della dotazione organica dei medici dipendenti) potrà avere incarichi di livello, senza l'obbligo dell'esclusiva, ma col contratto della dipendenza di 5 anni. I neo assunti. Avranno un contratto di 5 anni, al termine dei quali saranno valutati: solo allora potranno essere assunti in piena regola e accedere alla dirigenza. Pensioni. Per i medici del Ssn la regola è quella dei 67 anni (65+2), a meno che l'azienda non li mantenga in servizio al massimo per altri 3 anni. L'età della pensione salirà invece a 70 anni per chi era già primario ai tempi in cui la legge 50/91 (poi cancellata dalla riforma ter) stabilì questa possibilità. Stessa regola vale per gli universitari. Roberto Turno __________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Gen. '02 ASSISTENZA INDIRETTA, È CAOS NELLE REGIONI Dall'inizio di gennaio, per una norma della Finanziaria, non è più possibile rivolgersi alle strutture private e poi ottenere un rimborso ART001 Liste d'attesa troppo lunghe? Strutture del Servizio sanitario pubblico impossibilitate a garantire le prestazioni necessarie? Dal l'inizio di quest'anno non è più scontata la possibilità per il cittadino di rivolgersi al privato non accreditato, ottenendo dalla Usl il rimborso parziale della spesa sostenuta. La Finanziaria per il 2002 non ha, infatti, prorogato la possibilità di ricorrere alla cosiddetta assistenza "indiretta". Ma l'"abolizione" non riguarderà tutti i cittadini: se già in passato la regolamentazione della materia era lasciata a un'ampia discrezionalità delle Regioni, in epoca di federalismo le differenze sono ancora più marcate. Alcune amministrazioni si stanno già muovendo per risolvere la questione con provvedimenti regionali, mentre altre hanno sospeso l'indiretta in attesa di più precise valutazioni di carattere economico (i rimborsi dovuti alle cliniche private non accreditate, in alcuni casi, rappresentano un'emorragia non indifferente per i bilanci sanitari, si veda la tabella in questa pagina), ma anche alla luce della prossima entrata a regime dei nuovi Livelli essenziali di assistenza. In ogni modo tutte le Giunte dovranno fare i conti con i princìpi sanciti dalla Cassazione e dalla Consulta, secondo cui in caso di necessità urgente di un trattamento sanitario, se le strutture pubbliche e private accreditate non sono in grado di rispondere alle esigenze improrogabili del paziente, questo potrà comunque rivolgersi a una clinica privata, per ottenere poi un rimborso, almeno parziale. Ecco una panoramica delle scelte adottate nelle Regioni. Liguria. La Regione aveva già da tempo abbandonato il ricorso all'indiretta. Sardegna. Sarebbe allo studio una regolamentazione regionale, anche se l'assistenza indiretta è poco utilizzata: nell'Isola le case di cura non accreditate sono pochissime. Abruzzo. Il recente annullamento delle elezioni regionali ha rinviato ogni decisione in materia.. Emilia Romagna. Il ricorso all'indiretta (già limitato) è stato abolito ufficialmente. Lombardia. È in corso il confronto, ma nuove proroghe sarebbero da escludere. La politica di accreditamento adottata dalla Lombardia (90% del privato accreditato) rende comunque decisamente marginale l'offerta del privato "puro". Puglia. Visto il grandissimo ricorso all'offerta del privato (50% delle spese sostenute per tutte le prestazioni), la Regione è corsa ai ripari a fine 2001 con una legge che proroga il ricorso all'indiretta per tutto il 2002. Veneto. Non è ancora stata presa una decisione, visto che il ricorso all'indiretta è limitatissimo: c'è una sola casa di cura non accreditata in tutta la Regione. Sicilia. L'indiretta è prorogata fino a fine febbraio. Sulla base dei dati di spesa dei primi due mesi e dopo la definizione delle procedure di accreditamento, si prenderà la decisione definitiva. Bolzano. L'ultima legge di riordino del sistema sanitario ha previsto la possibilità di continuare con l'indiretta: ora si stanno discutendo nuove modalità di rimborso anche in base ai Drg. Trento. La legislazione prevede precise modalità di rimborso dell'indiretta: la Provincia ha impugnato il Dlgs 229/1999 davanti alla Consulta per potere mantenere le proprie modalità di rimborso. Campania. L'indiretta è stata sospesa da un anno, tranne che per i centri di dialisi, per i quali la proroga "copre" i primi sei mesi del 2002, in attesa dell'accreditamento definitivo. Friuli Venezia Giulia. La Regione ha incaricato esperti della Bocconi di Milano di realizzare un'analisi sui livelli di assistenza, anche per individuare le prestazioni oggetto di cofinanziamento tramite fondi integrativi. Basilicata. La legge di proroga è già pronta e deve essere esaminata dalla Giunta. Toscana. L'assistenza indiretta è sospesa. FIR002Molise, Calabria, Valle d'Aosta, Piemonte, Lazio, Umbria, Marche. Il ricorso all'indiretta è sospeso dal 31 dicembre 2001 in attesa delle decisioni regionali. Chiara Bannella Barbara Gobbi __________________________________________________________ Il Sole24Ore 30 Gen. '02 SIRCHIA: FARMACI TROPPO CARI Per il ministro della Salute i prezzi superano del 5% la media Ue - Possibile un blocco dei listini Gli industriali contrattaccano: i numeri dicono l'opposto Roberto Turno ROMA - Il ministro della Salute dà l'ultimatum alle industrie farmaceutiche: i vostri prezzi superano del 5% la media europea e per questo "prenderemo le necessarie misure". Un intervento, quello annunciato ieri da Girolamo Sirchia, che dovrebbe tradursi, più che in un taglio secco dei prezzi, in un blocco per decreto legge dei prossimi adeguamenti al l'insù (luglio 2002 e gennaio 2003) dei listini di pillole e sciroppi a carico dello Stato. Ipotesi, quella del congelamento dei listini, che non ha preso in contropiede le aziende farmaceutiche. Che tuttavia contestano le valutazioni del Governo: i prezzi dei medicinali, sostengono, sono ancora inferiori del 6% alla media europea. Prima un telegramma del ministro a Farmindustria, poi la replica dell'associazione degli industriali: nel giro di poche ore s'è aperto ieri un nuovo motivo di confronto sui farmaci tra industrie e Governo, proprio a pochi mesi dal testa a testa che ha caratterizzato le vicende del patto di stabilità e della successiva legge "taglia-spesa". Tanto più che proprio oggi è in programma un incontro a Roma tra una delegazione di assessori regionali alla Sanità e i vertici di Farmindustria: al centro della discussione la questione dei prezzi, ma anche il tetto di spesa, gli acquisti extra farmacia, il prezzo di riferimento che dovrebbe presto scattare sperimentalmente, la sostituibilità dei medicinali in farmacia. In sostanza, gran parte delle misure scattate a dicembre e che costituiscono la polpa della manovra farmaceutica messa in cantiere con la legge taglia-spesa. L'aut-aut lanciato da Sirchia prende le mosse da un confronto sull'andamento dei prezzi europei dei farmaci in corso al ministero della Salute. "Il prezzo europeo sembra essere mediamente inferiore del 5% rispetto a quello italiano", ha comunicato il ministro a Farmindustria. Aggiungendo che per poter risparmiare circa 516,4 milioni € (mille miliardi di lire) "pensiamo di non pagare le altre due tranche della media europea agli industriali". Eviteremo i ticket e assicureremo ai cittadini i farmaci innovativi, ha aggiunto Sirchia, non senza sottolineare che "naturalmente faremo tutti gli approfondimenti necessari". La replica di Farmindustria è stata di segno diametralmente opposto: i farmaci rimborsabili (quelli, cioè, a carico dello Stato) sono mediamente del 6% al di sotto della media Ue, dicono le industrie. Il presidente dell'associazione degli industriali del farmaco, Gian Pietro Leoni, mette sul piatto valori che non sono assolutamente in sintonia con quelli del Governo: su 290 confezioni immesse sul mercato dal 1997 ad agosto 2001 in seguito alla contrattazione, soltanto tre avrebbero prezzi superiori alla media europea; mentre da una rilevazione 1997-99 tra confezioni comparabili, appena sette avrebbero listini superiori a quelli europei. Va detto, peraltro, che i calcoli del ministero riguardano i farmaci con prezzi non negoziati. E che tra le ragioni dell'impennata dei listini, fanno premio almeno due cause: il forte calo dei prezzi dei generici in Europa e insieme i tagli operati in alcuni Paesi. "Non capisco, se i conti non quadravano, perché allora il Cipe ha dato il via libera alla tranche scattata in gennaio", ha aggiunto Leoni. Che tuttavia apre la porta al confronto che prenderà il via questa mattina: "Ribadiremo agli assessori la nostra disponibilità a trovare soluzioni che consentano il governo della spesa - afferma il presidente di Farmindustria -. Ma senza per questo ammazzare il nostro settore e garantendo l'uniformità di trattamento e una vera solidarietà "orizzontale"". __________________________________________________________ L'Unione Sarda 02 Feb. '02 PER GLI ESAMI MEDICI L'ATTESA NON DOVRÀ SUPERARE I 15 GIORNI ROMA Il governo di Silvio Berlusconi si appresta a lanciare un'offensiva per venire incontro alle esigenze della vita quotidiana dei cittadini, dalla sanità all'ordine pubblico. Ad indicare gli obiettivi prioritari di questo programma è stato ieri lo stesso presidente del Consiglio: accorciare le file negli ospedali, riducendo ad un massimo di quindici giorni le liste di attesa in particolare per gli esami medici; combattere la criminalità, soprattutto droga, furti e rapine; lotta alla prostituzione; giro di vite sull'immigrazione clandestina. L'offensiva pro-cittadini arriva, mentre l'economia dà segnali positivi. Nel 2001, ha detto Berlusconi, la crescita economica si attesterà intorno al 2%. Non solo: dal fronte dell'occupazione "sono in arrivo ottime notizie". Il premier si è anche concesso un piccolo sfogo sulle fatiche del governare. "Non ho mai lavorato così tanto in vita mia. La fatica è davvero tantissima. Speriamo di reggere". "C'è sempre una serie infinita di documenti da leggere. Sembra che le notti non siano sufficienti per arrivare in Consiglio dei ministri con una conoscenza approfondita di ciò che dobbiamo esaminare e approvare". D'altra parte "sono io che insisto a non far passare niente in Consiglio che non conosca in dettaglio". Ecco di seguito gli obiettivi indicati da Berlusconi per il programma in favore dei cittadini. Sanità: "È di oggi la notizia - ha detto il premier - che le Regioni hanno dato il loro consenso sull'impegno a ridurre a soli quindici giorni le liste di attesa nella sanità, in particolare per gli esami" medici. "Abbiamo trovato il modo affinchè questo possa realmente verificarsi". Lotta alla criminalità: "Stiamo ultimando alcune operazioni importanti per la lotta definitiva alla droga nelle scuole", ha fatto sapere Berlusconi, ricordando che ieri ha avuto un incontro con il vertice dei Carabinieri. Il governo, inoltre, sta lavorando alla "soluzione del problema della prostituzione dilagante; alla soluzione del problema dei furti, i cui autori sono ritrovati solo in quattro casi su cento". Quindi, ha osservato il premier, "dobbiamo andare addosso ai centri di ricettazione". Berlusconi ha poi parlato del "problema delle rapine nelle abitazioni". "Stiamo lavorando con successo. Abbiamo dislocato molti uomini". Ma in arrivo c'è "un programma ancora più efficace, che comincerà la prossima settimana". Economia: "C'è un clima di ritrovata fiducia", ha detto il premier. Nel 2001 "la crescita economica dovrebbe aggirarsi intorno al 2%.Questo ci induce all'ottimismo. Per quanto riguarda l'occupazione, aspettiamo i nuovi dati. Ma anche qui dovrebbero esserci ottime notizie". __________________________________________________________ Messaggero 30 Gen. '02 POLICLINICO: UNA COMMISSIONE ELIMINERÀ I DOPPIONI CON L’OSPEDALE (a Udine) Un organo tecnico istituzionale eliminerà i doppioni e delineerà il futuro del polo sanitario udinese (g.p.) Sarà una commissione tecnica a definire il futuro del polo sanitario udinese. In primo luogo i rappresentanti dell'Azienda ospedaliera Santa Maria della Misericordia, del Policlinico universitario e della Regione, chiamati a far parte dell'organo tecnico, cercheranno di sciogliere il nodo dei doppioni che interessa i reparti di Genetica medica, Radiologia, Materno infantile, Neurologia, Urologia, Reumatologia, Oncologia, Ematologia, Maxillo facciale e chirurgia plastica. I nove reparti sono presenti sia in ambito ospedaliero che in quello universitario. La decisione di istituire la commissione tecnica è maturata, ieri, nel corso dell'incontro chiarificatore tra l'assessore regionale alla Sanità, Valter Santarossa, il direttore generale dell'Azienda ospedaliera Santa Maria della Misericordia, Gilberto Bragonzi, e il magnifico rettore dell'Università degli studi di Udine, Furio Honsell, che nei giorni scorsi aveva detto: "Sarebbe gravissimo se in questa operazione a pagare fosse la struttura più efficiente, potrebbe avere conseguenze catastrofiche per la sanità dei prossimi anni". Chiariti questi punti, ieri, è stato deciso di affidare la ricerca delle soluzioni possibili a un pool di esperti rappresentativi di tutti i soggetti ubicati nel polo sanitario udinese. L'obiettivo resta quello di arrivare a un accordo comune evitando le soluzioni calate dall'alto. La commissione potrebbe anche decidere di mantenere alcuni doppioni: l'ultima parola sarà espressa entro la fine di marzo. E' questa la data fissata dalla Regione per elaborare il piano di ristrutturazione dell'ambito ospedaliero dove convive anche il policlinico universitario. L'assessore e il rettore dell'ateneo friulano si sono soffermati anche sull'utilizzo del lascito Melzi, il fondo che consentirà all'università di ampliare il reparto di Ematologia. L'ipotesi più accreditata è che il Centro trapianti di midollo venga trasferito nel padiglione Scrosoppi anche se la Regione non ha ancora assicurato i finanziamenti necessari per acquistare gli arredi, indispensabili per rendere operativa la struttura. Il quesito resta anche perché nel vertice di ieri non si è parlato dei possibili contributi straordinari da parte della Regione. Il direttore dell'azienda Santa Maria della Misericordia, Gilberto Bragonzi, invece, ha illustrato il programma già avviato per la costruzione del nuovo ospedale. __________________________________________________________ L'Unione Sarda 29 gen. '02 L'ASSOCIAZIONE SARDA TRAPIANTI "SÌ A LICINIO CONTU MA ADESSO APRITE IL CENTRO PER IL FEGATO" "La delibera della Giunta regionale può rappresentare un passo significativo nell'attuazione della legge nazionale che "regionalizza" le attività di donazione e trapianto d'organi". Entra in scena anche l'Associazione sarda trapianti nel dibattito che si è aperto all'indomani dell'istituzione del Centro regionale dei trapianti e della nomina del coordinatore Licinio Contu. In un comunicato - firmato dal presidente Giampiero Maccioni - si ricorda che l'attuazione delle direttive nazionali "ha sempre costituito parte integrante delle rivendicazioni della nostra associazione nei confronti della Regione, fin dal lontano aprile del 1988". Nel documento si sottolinea però che "rimangono ancora irrisolti alcuni nodi strutturali, che devono essere sciolti al solo scopo del bene dei pazienti". Da qui una serie di suggerimenti operativi: "Ha importanza fondamentale l'istituzione di un centro trapianti di fegato. Questo servizio eviterebbe i disagi e i costi dei viaggi della speranza nelle cliniche della Penisola e all'estero. Anche nel corso di un nostro recente convegno è stato dimostrato da parte di autorevoli esperti isolani e internazionali che esiste una forte richiesta d'interventi. Si giustifica quindi l'investimento, consentendo un cospicuo recupero di risorse economiche per la finanza pubblica regionale". L'Associazione sarda trapianti sollecita poi l'attivazione di un servizio psicopedacogico a sostegno dei trapiantati d'organo: "Spesso e volentieri il trapianto viene gestito "medicalmente", senza tenere conto della componente psicologica del paziente e dell'ambiente che lo circonda". Sono gli elementi "che poi risultano determinanti per il successo delle attività volte alla donazione e ai trapianti". In quest'ottica, continua Maccioni, "sin dal 1998 abbiamo predisposto un progetto articolato per rispondere a queste esigenze, richiedendo le indispensabili e modeste risorse alla Regione. Ma finora non c'è stata alcuna accoglienza". E, sempre nella speranza di dar gambe a questo progetto, "abbiamo anche cercato di offrire un primo embrionale servizio con uno "Sportello di accoglienza e consulenza" all'ospedale cagliaritano Brotzu e in quello Santa Maria Annunziata di Sassari. Ma ancora non abbiamo avuto possibilità di riuscita". L'Associazione sarda trapianti si sofferma poi sulla "cultura della donazione". Anche su questo versante "occorre un'azione capillare di sensibilizzazione nei confronti di scuole, famiglie e Chiesa". Si chiede poi la collaborazione delle istituzioni con le associazioni di volontariato: "Sin qui non c'è stata. Ci auguriamo che l'istituzione del Centro regionale trapianti apra le porte a una collaborazione sistematica". __________________________________________________________ L'Unione Sarda 31 gen. '02 SARDEGNA: RIANIMAZIONE AL COLLASSO Dopo il caso della paziente trasferita a Olbia: "Più coordinamento tra gli ospedali" Letti insufficienti nei reparti per le emergenze Tutto esaurito in Rianimazione: "Può capitare, purtroppo", allarga le braccia il medico al Brotzu, "guardi in che situazione dobbiamo lavorare". E indica stanze che esplodono, pazienti quasi uno sull'altro. Può capitare che in tutta Cagliari, o in tutta la provincia, non si trovi uno straccio di posto per un malato che ha urgente bisogno di cure. Perché non bastano i letti nei reparti specializzati degli ospedali, complici alcuni casi particolari: come al Brotzu, dove da otto mesi i lavori limitano la capacità della Rianimazione di accettare ricoverati. Otto e basta, un terzo in meno rispetto al normale. E "può capitare" che alla fine, nell'emergenza, il letto disponibile più vicino sia a Olbia, che anche viaggiando in elicottero non è dietro l'angolo. Cronaca di ieri: protagonista della disavventura una donna ricoverata in Chirurgia all'ospedale Sirai di Carbonia. Martedì pomeriggio una crisi respiratoria l'ha ridotta in coma, l'unica soluzione era il trasferimento immediato in un centro attrezzato per le urgenze. La richiesta partita dal Sirai si è scontrata con una lunga serie di no, "da noi tutto pieno". L'unica possibilità era appunto in Gallura. Il giorno dopo gli addetti ai lavori non si stupiscono: "Può capitare che tutti i posti letto siano occupati, in effetti", conferma Ugo Storelli, della direzione sanitaria del Brotzu. "Nel caso del nostro ospedale, in questo momento siamo in difficoltà per i lavori nel reparto di Rianimazione". Era necessario rimettere i locali in regola con le norme specifiche, e tra l'altro in corso d'opera sono saltate fuori altre esigenze. "Come quella dell'impianto di climatizzazione: inizialmente si era pensato di farne uno e basta, poi è apparso utile sdoppiarlo. Perché le stanze sono diversamente esposte al sole, e quindi è opportuno poter regolare separatamente la temperatura interna. Solo che certe variazioni allungano i tempi dei lavori". Che dovevano concludersi entro il 2001, e invece ci sarà da aspettare almeno fino al prossimo aprile, se non oltre. Nel frattempo i medici dell'emergenza vivono in una condizione di emergenza doppia. Nel sottopiano del Brotzu gli spazi sono assolutamente insufficienti: otto posti letto, sì, ma quasi accatastati uno sull'altro. Quello che consentono le stanzette in cui sono relegati medici e infermieri: anche i salti mortali del personale per assistere i malati non possono eliminare i disagi. Qualche volta, poi, da otto pazienti si sale a dieci, quando proprio l'urgenza lo richiede. Due giorni fa per esempio il reparto era già oltre la sua stessa capienza, quando è arrivata la telefonata da Carbonia. A Cagliari i posti in Rianimazione non sono pochissimi: a pieno regime dovrebbero essere una trentina, almeno negli ospedali dotati di pronto soccorso e collegati al circuito del 118 (oltre al Brotzu, il Santissima Trinità, il San Giovanni di Dio e il Marino). Però, ripete Ugo Storelli, "può capitare che non bastino. Ci sarebbero piccoli reparti anche al Binaghi e all'Oncologico, ma non avendo il pronto soccorso di fatto funzionano quasi solo come terapia intensiva post-operatoria per i pazienti interni. Ogni ospedale comunica al 118 se ha posti liberi, ma forse servirebbe un maggior raccordo per utilizzare al meglio le risorse che abbiamo". Al 118 il problema lo sperimentano direttamente: "Certo Ñ spiega Pietro Golino, responsabile della centrale operativa di Cagliari Ñ essere costretti a trasportare un paziente dall'altra parte dell'isola non è l'ideale, ma cosa le posso dire?". Forse che può capitare. "Appunto, è la verità. Non tutti i giorni, ma a volte bastano due o tre incidenti gravi per saturare i reparti. La situazione complessiva, comunque, non mi sembra drammatica. Alcuni casi eclatanti per fortuna sono abbastanza rari". Giuseppe Meloni __________________________________________________________ La Nuova Sardegna 30 gen. '02 EPATITE C E VIRUS RARI: A CAGLIARI RICERCA D'AVANGUARDIA di Roberto Paracchini CAGLIARI. Un milione e 900mila euro sono stati stanziati dall'Unione europea per un progetto di ricerca medico-scientifico internazionale (il "Flavitherapeutics") che coinvolge l'università di Cagliari nell'équipe del microbiologo Paolo La Colla. Lo studio è coordinato dal gruppo Novirio, una società biofarmaceutica americana che ha come obiettivi la scoperta, lo sviluppo e la commercializzazione di terapie innovative per le più gravi malattie da virus. Le ricerche finanziate interessano gli agenti dell'epatite "C", della febbre emorragica Dengue e delle encefaliti da West Nile. Con la Novirio, il gruppo di La Colla collabora da anni, tanto che ben dieci ricercatori del microbiologo cagliaritano sono attualmente pagati dalla multimazionale degli Usa. Come ha precisato il rettore Pasquale Mistretta, l'università sta acquisendo sempre più (nel settore della ricerca d'eccellenza) credibilità internazionale, con studi finanziati non solo dagli organismi nazionali e internazionali, ma anche dai privati: "Il che significa che i ricercatori stanno crescendo nella credibilità internazionale". Semmai, ha preseguito nella conferenza stampa di presentazione del progetto, "abbiamo problemi di stanziamento per la ricerca diffusa, quella che deve essere formata". I tagli dello Stato sulla ricerca diffusa sono, infatti, sempre più marcati, mentre quella di eccellenza è in continua crescita: "Ci stiamo avvicinando - ha precisato Mistretta - ai cento miliardi (50 milioni di euro) di finanziamenti ottenuti dai ricercatori grazie alla loro credibilità internazionale". Si va dal pediatra-genetista Antonio Cao al neurofarmacologo Gianluigi Gessa, dall'ingegnere chimico Giacomo Cao al geolgo manino Antonio Ulzega (solo per fare alcuni esempi). Allievo del microbiologo Bernardo Loddo (fu uno dei pionieri mondiali degli studi di virologia, ebbe anche una nomination per il Nobel), La Colla ha sviluppato importanti ricerche in questo settore (anche sull'Hiv dell'Aids e sul virus del raffreddore), sinchè il suo gruppo è stato 'individuato' dalla Novirio come uno dei più seri del settore. Per avere un'idea delle ricerche, basti dire: che nel mondo vi sono, oggi, circa 170 milioni di persone infettata da epatite "C", 8 milioni in Europa, 4 in Usa, 72 in Africa e 80 in Asia; che 500mila sono i casi annuali di febbre emorragica Dengue (ma secondo l'Oms due quinti della popolazione mondiale sono a rischio di infezione) - il prototipo del virus è il famigerato Ebola; e che la West Nile è l'agente infettante di numerose encafaliti, talvolta letali (prima diffuse solo in aree tropicali, oggi anche in Europa e America). Le tre malattie, prodotte da virus, hanno una strategia di replicazione sostanzialmente analoga. Ed è questo elemento, precisa La Colla, "che unifica le tre ricerche". La Novirio ha costituito un consorzio di ricerca formato, oltre che dall'equipe di Paolo La Colla, dall'università di Montpelier II e dal Cnrs-Afmb (l'analogo del nostro Cnr) di Marseille, in Francia; dall'università di Osnabruck, in Germania; dal Cnr di Pavia; e dalla Novirio Farmaceuticals, di Cambrige. La posta in gioco è molto alta: solo per le terapie sull'epatite "C" il mercato medio annuale mondiale è di 4-5 miliardi di dollari. Da qui l'interesse della multinazionali farmaceutiche per queste ricerche e le possibilità che si aprono nel settore della virologia. Oggi, ha sottolineato La Colla, "sia per via dei cambiamenti climatici, che per i riflessi della globalizzazione, virus un tempo sviluppati solo in climi tropicali, fanno la loro comparsa anche in Europa e in Usa. In Sardegna abbiamo l'esempio degli agenti infettanti del morbo della Lingua blu". Si tratta di ricerche applicate possibili, però, anche grazie a consistenti studi di base su tutti i meccanismi fondamentali della virologia: un esempio di rapporto continuo tra studi di base e applicati. Gli uni senza gli altri non potrebbero svilupparsi. __________________________________________________________ L'Unione Sarda 02 Feb. '02 BROTZU:IMPIANTATA UNA PROTESI PER UN ANEURISMA DELL'AORTA Intervento eseguito per la prima volta in Sardegna Per la prima volta in Sardegna è stata impiantata una endoprotesi per un aneurisma dell'aorta toracica discendente. L'intervento è stato eseguito il 23 gennaio, nella Divisione di Chirurgia toraco-vascolare dell'Ospedale Brotzu. Alla paziente, un'anziana di 72 anni, per motivi d'età i medici avevano preferito non sottoporla a un tradizionale intervento chirurgico. Ma non sono solo gli anni che hanno convinto gli specialisti a escludere il trattamento di chirurgia tradizionale: la donna è anche affetta da gravi problemi respiratori e cardiaci. La metodica applicata dal dottor Zanetti, primario della Divisione, consente anche a soggetti anziani con questo tipo di problemi di potersi avvalere della terapia più efficace, con dimissioni molto rapide, in un arco di tempo di tre - cinque giorni giorni. Il paziente affetto da aneurisma all'aorta toracica può infatti usufruire della procedura chirurgica o endoluminale a seconda dell'età e delle condizioni generali. Con l'intervento l'ospedale Brotzu, con le divisioni di Chirurgia toraco-vascolare e Radiologica, si propone come punto di riferimento per il trattamento delle patologie dell'aorta toracica. La presentazione ufficiale del caso clinico si terrà domani alle 9.30, nella sala biblioteca della Direzione sanitaria del Brotzu, in via Peretti. Gli aneurismi dell'aorta toracica sono tuttora una grave patologia, che pone a rischio la vita del paziente. La sopravvivenza varia, infatti, dal 7% al 20% al follow up dopo 5 anni dalla diagnosi (1,2). La terapia chirurgica di questa patologia influenza in modo positivo la storia naturale della malattia. La sopravvivenza a 5 anni dalla correzione chirurgica è, infatti, del 60% (3,4). __________________________________________________________ Le Scienze 1 feb. '02 UN RENE IN PROVETTA L'organo ottenuto può essere trapiantato senza rischio di rigetto Usando la clonazione, presso l'Avanced Cell Technology, una ditta privata del Massachussets, sono stati realizzati i primi reni in provetta completamente funzionanti, partendo da cellule prelevate dall'orecchio di una mucca. Gli organi ottenuti in questo modo possono essere trapiantati nell'animale senza rischio di rigetto. La speranza dei ricercatori è di poter arrivare a risolvere il problema della perenne scarsità di organi per i trapianti, che costringe molti pazienti a sopportare anni di dialisi. I reni sono stati creati partendo da una singola cellula della pelle dell'orecchio di una mucca adulta, cellula che è stata poi fusa con un ovulo di mucca privato del suo materiale genetico. La cellula risultante è stata poi stimolata elettricamente affinché diventasse realmente un embrione, che è risultato ricco di cellule staminali. Alcune di queste cellule sono state trattate con un processo chimico, per ora mantenuto segreto, che le ha fatte trasformare in cellule renali mature. Queste cellule sono poi state fatte crescere in una struttura biodegradabile a forma di rene presso la Harvard Medical School. In questo modo sono stati prodotto numerosi piccoli reni, lunghi circa cinque centimetri, che i ricercatori hanno trapiantato nell'animale, dove hanno iniziato a produrre urina, dimostrando di essere funzionali. __________________________________________________________ Corriere della Sera 27 feb. '02 DALLA MOSCA UN AIUTO PER SENTIRE MEGLIO Belloni Lanfranco NUOVE TECNOLOGIE 2 Dalla mosca un aiuto per sentire meglio Piccolissimi microfoni direzionali sono stati realizzati da ingegneri dell' Università di Stato di New York a Binghamton, copiando le orecchie di una microscopica mosca. Si tratta della Ormia ochracea, mosca parassitaria che riesce ad individuare il grillo che la ospita anche di notte, rilevando la direzione da cui proviene il debole cri-cri e riuscendo a distinguere anche una differenza di soli due gradi nella direzione di provenienza d el suono. Sotto la direzione di Ronald Miles, gli scienziati di Binghamton hanno costruito un prototipo di diaframma di microfono fatto di nitruro di silicio. Investito da un' onda sonora, il diaframma vibra e le sue oscillazioni sono poi tramutate i n segnali elettrici. Una prima parte della ricerca è stata finanziata dall' Istituto nazionale della sanità americano e punta allo sviluppo di microfoni direzionali come ausili acustici. Grazie alla tecnica copiata dalle mosche, risulta infatti possi bile ridurre il rumore di fondo che in genere ostacola e infastidisce chi deve servirsi appunto di un apparecchio acustico per orientarsi in un ambiente pieno di rumori. Con i nuovi microfoni si potrebbero sentire i rumori provenienti soltanto dalla direzione che sta in fronte a chi utilizza l' apparecchio acustico. La possibilità di localizzare sorgenti di rumore con precisione altissima riveste ovviamente anche un grande interesse militare. Di qui un ulteriore progetto diretto sempre da Miles e finanziato dalla Darpa, l' agenzia per i progetti avanzati per la difesa. Lanfranco Belloni __________________________________________________________ Le Scienze 30 Gen. '02 IL PRIMO AUTOTRAPIANTO DI TESTICOLO Il trapianto è riuscito in un solo caso su sette Diventerà padre il paziente del primo trapianto di testicolo mai tentato per ripristinare la fertilità. L'uomo era diventato sterile dopo aver subito un trattamento chemioterapico per curare un linfoma di Hodgkin, un particolare tipo di tumore dei globuli bianchi. L'intervento fu eseguito nel 1998 presso il Christie Hospital di Manchester. In realtà, l'operazione fu un autotrapianto, poiché il tessuto dei testicoli fu prelevato dal paziente prima dell'inizio della chemioterapia e conservato in azoto liquido. Due anni dopo, una volta curato il tumore, il tessuto è stato reimpiantato dal professor John Radford. Lo stesso autore dell'intervento invita però alla prudenza. "I risultati sono incoraggianti, ma non conclusivi. Non è infatti chiaro se il recupero del paziente è stato causato dall'operazione." Molti uomini diventano sterili dopo una chemioterapia, ma una piccola parte recupera la fertilità spontaneamente. La tecnica è stata però dimostrata al di la di ogni ragionevole dubbio sugli animali, per cui è probabile che possa funzionare anche sugli esseri umani. Ma va anche notato che il trapianto fu eseguito su sette pazienti, ma solo uno è ritornato in grado di procreare. __________________________________________________________ La Stampa 30 Gen. '02 PELICCI: “E’ INIZIATA L’ERA POST-GENOMICA” RISPONDE PIER GIUSEPPE PELICCI, 45 ANNI, DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI ONCOLOGIA SPERIMENTALE DELL´IEO E AUTORE DI DECINE DI IMPORTANTI PUBBLICAZIONI DI ONCOLOGIA. TRA I SUOI CONTRIBUTI, LA SCOPERTA DEL GENE "SHC", DETTO "IL GENE DELLA VITA" PERCHE´ REGOLA I PROCESSI DI INVECCHIAMENTO DELLA CELLULA, E LA SCOPERTA DEL MECCANISMO MOLECOLARE DELLA LEUCEMIA PROMIELOCITICA PROFESSOR Pelicci, un anno fa le riviste "Nature" e "Science" pubblicavano la mappa del Genoma Umano, ottenuta in modo indipendente da un consorzio pubblico e dall´azienda privata Celera di Craig Venter. Si concludeva così una grande impresa scientifica che apre nuove possibilità anche per la cura delle varie forme di cancro in quanto ci permette di conoscere i meccanismi molecolari che possono trasformare una cellula normale in una cellula cancerosa. Lei dirige il Dipartimento di oncologia sperimentale dell´Istituto Europeo per gli studi sui tumori. Chiusa l´era del Genoma, come procede l´era post-genomica iniziata un anno fa? "Procede a vari livelli. Tra i più importanti c´è il completamento delle informazioni sul Genoma Umano. Questo è un compito sottovalutato ma di estrema importanza. In sintesi: la pubblicazione del Genoma ha significato, sostanzialmente, la messa on-line di tutti i dati di sequenza del genoma disponibili. I problemi della "sequenza disponibile" sono due: a) le sequenze sono ancora disordinate (non sono, cioè, organizzate in maniera completa e allineata, cromosoma per cromosoma; b) più importante, le sequenze non sono ancora state interpretate. Cioè non sono ancora stati identificati tutti i geni in esse contenuti. Attualmente, quindi, è in atto uno sforzo gigantesco per identificare tutti i geni contenuti nel genoma. Ciò si fa al computer, utilizzando programmi capaci di identificare i geni nella lunghissima sequenza del DNA. Non dimentichi che la percentuale di DNA che contiene geni è minima rispetto al totale, intorno al 5 per cento, e quindi cercare i geni nel DNA è come cercare un ago in un pagliaio!" In pratica, che cosa si sta facendo? "Le faccio un esempio. Il genoma sequenziato da Celera contiene 39 mila geni, quello dal consorzio pubblico 35 mila. Questi sono i numeri apparsi nel febbraio 2000 sui giornali quando fu data la notizia che i geni umani non erano, come si riteneva, 100 mila ma, più o meno, 30 mila. Nelle ultime settimane ci si è preoccupati di confrontare i 39 mila geni di Celera con i 35 mila del consorzio pubblico. Sorpresa! Solo il 20 per cento dei geni sono in comune! Si è guardato se il rimanente 80 per cento dei geni identificati da Celera o dal consorzio pubblico fossero "veri", e sono veri. Conclusione: i software che usiamo per identificare i geni nel genoma sono ancora imperfetti; e i geni del genoma umano sono ben più di trentamila. Come vede, c'è ancora molta strada da fare per passare dalla sequenza del genoma alla lista dei geni umani". E poi dai geni occorre risalire alle loro funzioni... "Di più: dobbiamo lavorare per capire tutte le informazioni contenute nel genoma umano. Come le dicevo, i geni occupano una minima parte del DNA. A che serve il resto (il 95 per cento)? E' mai possibile che ci portiamo dietro un 95 per cento del DNA che è inutile? Non dimentichi che questo 95 per cento è sede di "ricombinazioni" (cioè di alterazioni) e quindi è responsabile di malattie! A che serve? Buio pesto! Ma grandi aspettative... Comunque, mentre si procede mediante la bioinformatica a interpretare le informazioni di sequenza, parellalamente si cerca di rispondere alla domanda successiva: qual è la funzione di ciascun gene? Questa è la post-genomica propriamente detta. Qui è veramente difficile, in poche parole, sintetizzare tutto quello che si sta facendo. Per il semplice motivo che si procede a vari livelli, su differenti linee, e non si ha ancora "the best approach". In generale, il problema è quello di trasformare l'approccio scientifico fino ad ora usato per un gene in un approccio applicabile su gruppi di geni (idealmente tutti i geni). In altre parole, fino a prima dell'era genomica, ci chiedevamo quale fosse la funzione del gene A o del gene B. Ora vorremmo simultaneamente porre la stessa domanda per migliaia di geni contemporaneamente" Come si può affrontare un´impresa così complessa? "Lo sforzo è essenzialmente tecnologico e le parole chiave sono: miniaturizzazione, robotizzazione, informatizzazione. Il metodo più avanzato utilizza la nanotecnologia. In pratica: siamo capaci di depositare sessantamila geni su un piccolo chip (un centimetro quadrato di superficie) e chiedere, simultaneamente, quali di quei sessantamila geni sono espressi nel tessuto A o nella cellula B e così via. I problemi qui sono: la tecnologia del deposito (nanotecnologia), la tecnologia dell'acquisizione del risultato, l'interpretazione simultanea (cioè di sessantamila segnali per ogni campione), la gestione dei dati (centinaia di migliaia di dati per gli esperimenti più elementari)". Quali sono i prossimi obiettivi in relazione alla cura del cancro? "Molti. Il primo che io indicherei è la "personalizzazione" del paziente con cancro. Ogni cancro è diverso dall'altro (geneticamente), e ogni individuo è diverso dall'altro (di nuovo geneticamente). Queste differenze genetiche condizionano fortemente la risposta al trattamento: ogni cancro ha la sua caratteristica di risposta ai farmaci; ogni individuo ha la sua caratteristica di tolleranza ai farmaci. Idealmente, ogni paziente dovrebbe avere il trattamento personalizzato. A tale scopo, dovremmo definire il profilo genetico di quel cancro e di quell'individuo. Fino ad oggi abbiamo descritto una decina di profili genetici di cancro e nessun profilo genetico di paziente. Cioè non abbiamo fatto nulla. La post-genomica si pone questo obiettivo. Un secondo obiettivo è la scoperta di tanti farmaci antineoplastici. Da quanto le dicevo emerge chiaramente che c'è bisogno di tanti farmaci antineoplastici, tanti quante sono le lesioni genetiche (idealmente). La genomica sta offrendo un nuovo approccio alla identificazione di nuovi target (bersagli) per nuovi farmaci. Questo è un campo in rapida espansione che richiederebbe una discussione a parte". La proteomica vede impegnati i laboratori italiani? "Sì. Uno in particolare, l'IFOM, l'istituto per l´oncologia molecolare recentemente fondato dalla FIRC. In quell'istituto, in collaborazione con l'IEO (Istituto Europeo di Oncologia) e l'HSR (l'Ospedale San Raffaele) c'è il laboratorio di proteomica più avanzato d'Italia". Quali tecniche basate sulle recenti acquisizioni genetiche hanno particolare interesse nella cura del cancro? "La novità dell'ultimo decennio nel campo dei nuovi farmaci anti-tumore è quella di disegnare farmaci specifici a partire da specifici bersagli (target). I target sono quelle proteine che sono alterate nei tumori (i prodotti, cioè, delle lesioni genetiche). Quindi, in sostanza, si cerca prima di identificare i target e poi di disegnare i farmaci adatti per quei target. Precedentemente si cercavano farmaci che interferissero con particolari funzioni della cellula tumorale (per esempio farmaci anti-proliferativi, che sono gli attuali chemioterapici). I target quindi sono proteine responsabili della trasformazione neoplastica. Ovviamente, tali proteine regolano funzioni importanti per la cellula neoplastica o per il tumore in generale (per definizione). Tali funzioni sono: apoptosi, crescita, angiogenesi, differenziamento. La genomica faciliterà questo processo perché accelera sia la scoperta delle lesioni genetiche, sia dei target, sia dei farmaci che interferiscono con i target". Sono possibili, e quando, nuovi test molecolari per la diagnosi precoce dei tumori o quei "vaccini" di cui ogni tanto si parla? "Quanto ai test molecolari, alcuni sono già disponibili (per esempio quelli per identificare la familiarità nel cancro della mammella). Altri saranno disponibili in un prossimo futuro. Quanto ai tempi, ci aspettiamo una vera rivoluzione nella capacità di identificare marcatori precoci di cancro, o rischio di cancro, nel prossimo decennio". Quali sono gli obiettivi concreti che si pone l´Istituto per l´oncologia molecolare? "E' semplice. La post-genomica richiede concentrazione di cervelli, risorse, competenze. L'obiettivo principale dell'Ifom è quello di coagulare tutto ciò. In due modi: mettendoci proprie risorse e raccogliendo il meglio dei cervelli e delle risorse degli altri istituti dell'area milanese. Sta ad essi, ora, accogliere questa sfida". Quanto ci si attende da questa "ultima buona azione della lira"? Riuscirà Sophia Loren a convincere gli italiani che questa è una battaglia decisiva per l´umanità? "La domanda può essere riformulata così: quanto saranno generosi e sensibili a questi problemi gli italiani? La mia aspettativa è altissima...". Piero Bianucci __________________________________________________________ Il Messaggero 30 Gen. '02 RETINA A RISCHIO, 3 MILIONI QUASI CIECHI INTERNET NELL´ERA FOTONICA Tre anziani su 10 non riescono neppure a leggere: le nuove terapie e la prevenzione ROMA - L'American Academy of Ophthalmology gli ha appena dato il riconoscimento di "ospite d'onore" del comitato scientifico. Un riconoscimento al lavoro ma anche una sorta di "corteggiamento" a chi ha sempre rifiutato di trasferirsi Oltroceano. Ama l'Italia, adora Roma Mario Stirpe, oculista di fama e Presidente della Fondazione "G.B.Bietti". A lui è stato dato l'incarico di coordinare a livello europeo la ricerca sulla terapia fotodinamica per curare la degenerazione maculare. Sono queste, dunque, le conseguenze dell'allungamento dell'età sull'occhio? "Sicuramente questa è una delle patologie più gravi e più invalidanti. Magari avremo un anziano assolutamente in grado, perché le gambe funzionano bene, di uscire e muoversi ma totalmente inabile a fare qualsiasi cosa da solo perché quasi privo di vista. Per questo, in tutto il mondo, si sta accelerando le ricerca in questa direzione". Appunto la ricerca, lei è voluto restare in Italia a lavorare. Ma oggi lo rifarebbe? "Amo troppo questo paese. Sì lo rifarei anche se, per lavorare bene, ho deciso, insieme al professor Massimo Bucci, di creare una Fondazione. Così si può davvero puntare sulla ricerca, si possono valorizzare le persone che valgono, si può collaborare in modo fattivo anche con il pubblico". Si possono valorizzare le persone che valgono... "Il giovane ricercatore che opera in ambiente universitario, desideroso di fare una giusta e meritoria carriera ha visto fino ad oggi privilegiare nei concorsi universitari, non la qualità, ma quantità della ricerca scientifica. Conseguentemente ricerche di scarso o nullo valore scientifico pubblicate su riviste prive di qualsiasi controllo e di qualsiasi notorietà internazionale avevano lo stesso valore di pubblicazioni apparse su riviste internazionali, altamente selettive e lette in tutto il mondo. Mi sono spiegato?" Ritorniamo alla ricerca, è concreta l'ipotesi di un centro tumori solo per gli occhi? "Pensare alla ricerca significa anche pensare ai fondi. Ai sostegni che in questo paese sono sempre mancati. Noi come Fondazione, preciso non abbiamo mai avuto un sostegno economico dallo Stato. Dobbiamo molto della nostra produzione scientifica all'Ente Cassa di Risparmio di Roma. Che, fortunatamente, non è stata inclusa dalla nuova legge sulle fondazioni bancarie. Continuando tutte le iniziative attribuite dalla legge Ciampi. Tra queste, la ricerca scientifica. Una premessa per annunciare che è molto vicina l'istituzione di un centro per lo studio dei tumori degli occhi presso l'università di Padova". Quindi, cooperazione con il pubblico? "Il centro di Padova deve ancora nascere mentre i frutti della collaborazione tra il pubblico e la Fondazione li stiamo già raccogliendo a Roma. All'ospedale oftalmico e al San Giovanni dove lavoriamo con la banca degli occhi". C.Ma. __________________________________________________________ Repubblica 02 Feb. '02 DULBECCO: “Non si possono imporre solo libri sacri” La produzione di cellule staminali apre speranze per malattie finora incurabili La scimmia senza padre RENATO DULBECCO LA NOTIZIA che un embrione di scimmia ottenuto senza fecondazione ha prodotto cellule staminali, è destinata ad accrescere il già enorme interesse sulla produzione di questo tipo di cellule che potrebbero portare a nuove terapie per malattie finora incurabili, quali il morbo di Parkinson o le conseguenze di infarti cardiaci. Molto lavoro sperimentale, usando cellule di topo, dimostra che queste cellule possono essere molto utili. L'estensione di questi risultati alla terapia di malattie umane presenta insuperabili difficoltà etiche dovute all'origine delle cellule staminali da usare. L'uso delle cellule più adatte, le cellule staminali embrionali, che sono derivate da embrioni dopo pochi giorni di sviluppo, è reso impossibile da insormontabili problemi etici, lasciando solo la possibilità di usare cellule staminali adulte, che sono meno adatte, sebbene anche utili. Una ditta americana ora propone un nuovo metodo per la produzione di cellule staminali umane, che potrebbe suscitare meno obiezioni dal punto di vista etico: l'idea è di partire da cellule uovo non fecondate. Vediamo di che cosa si tratta. Durante lo sviluppo delle cellule uovo, si parte da cellule che, come tutte le altre cellule del nostro corpo, contengono due complete copie dei cromosomi. Durante la maturazione si attua un meccanismo per cui la cellula uovo matura contiene solo una copia dei cromosomi: un'altra copia è presente in un corpicciolo attaccato alla cellula uovo. Quando avviene la fecondazione attraverso l'unione con uno spermatozoo, che contribuisce una copia dei cromosomi, il corpicciolo viene eliminato. Così l'uovo fecondato contiene due copie dei cromosomi, una derivante dalla madre, l'altra dal padre. Già da tempo alcuni scienziati hanno pensato alla possibilità di ottenere un embrione direttamente da una cellula uovo, un fenomeno noto come partenogenesi, inducendo la cellula in via di maturazione a ritenere entrambe le copie dei cromosomi. Un avvenimento raro, che può accadere in alcune specie, ma l'embrione prodotto non arriva mai a termine. Nel nuovo metodo per ottenere cellule staminali, si parte dallo stadio finale della formazione della cellula uovo, inducendo la cellula a reincorporare il corpicciolo contenente l'altra copia dei cromosomi: in questo modo si ricostituisce una cellula con entrambe le copie dei cromosomi. Poi questa cellula viene indotta a moltiplicarsi stimolandone la superficie con sostanze chimiche, anziché col contatto con lo spermatozoo, come avviene normalmente. Perciò si ha un uovo "autofecondato" che comincia a moltiplicarsi, seguendo uno sviluppo simile a quello normale. Per isolare le cellule staminali embrionarie, lo sviluppo viene arrestato quando raggiunge la formazione della blastocisti, che contiene nel suo interno appunto le cellule staminali embrionali; questo avviene pochi giorni dopo l'attivazione della cellula autofecondata. I ricercatori hanno dimostrato che le cellule ottenute da tale blastocisti si comportano come le cellule staminali normali, producendo, durante la coltivazione in vitro, vari tipi di cellule presenti nel corpo adulto. Questo dimostra che le cellule hanno veramente proprietà di cellule staminali. Questa procedura, sviluppata nelle scimmie, sembrerebbe un buon metodo per ottenere cellule staminali embrionali umane senza incorrere in problemi etici, perché l'uovo autofecondato non può svilupparsi in un essere umano. Però su questo punto ci sono opinioni molto diverse; alcuni eticisti sono d'accordo con questa conclusione, altri no, perché l'uovo autofecondato segue l'inizio della strada di sviluppo di un embrione normale. Ma ci sono altri problemi. Questi esperimenti sono stati fatti in scimmie: il risultato sarebbe lo stesso usando cellule umane? Le due specie sono molto vicine, ma tuttavia differiscono in molti modi; non si può asserire che le cellule umane si comporterebbero nello stesso modo finché non c'è una verifica sperimentale. Poi ci sono altri problemi: uno è che questo metodo permetterebbe la produzione di cellule staminali soltanto femminili: i maschi sarebbero esclusi dai possibili benefici. Ci sarebbe perciò discriminazione. Un altro problema è che l'embrione così ottenuto è incapace di arrivare a termine. Perché? Questo non si sa, ma ci sono delle possibili ragioni. Quella più verosimile è la perturbazione di un meccanismo genetico importante, noto come "imprinting". Questo meccanismo regola l'espressione, cioè l'attività, di certi geni a seconda che vengano ereditati dal padre o dalla madre. Producendo un embrione con due copie di geni materni, e senza geni paterni, i geni che normalmente sono ereditati solo dalla madre sarebbero attivi, ma ce ne sarebbero due copie attive, invece di una, come sarebbe normale. Questo causerebbe uno sbilancio dell'attività del genoma. Ancora più seria sarebbe la mancata attività dei geni che normalmente sono attivi se di origine paterna. Gli squilibri che ne risultano probabilmente spiegano perché questi embrioni non arrivano a termine. Si potrebbe pensare che questi problemi concernono stadi successivi nello sviluppo embrionale, ma non la formazione delle cellule staminali. Infatti queste cellule sono prodotte, e, come si è visto, si comporterebbero come ci si aspetterebbe. Però c'è un'incognita: come si comporterebbero quando dovrebbero funzionare a tutti gli effetti come cellule normali? Probabilmente il difetto di "imprinting" non menomerebbe la funzione di ogni tipo di cellule generato da queste cellule staminali, ma è molto probabile che alcuni lo saranno. Non si può sapere quale sarà il risultato finale finché non c'è una verifica sperimentale. Bisogna anche riconoscere che avere una cellula staminale totipotente non vuol dire che i problemi collegati col suo uso in terapia umana spariscano: essa avrà tutti i problemi che assillano la ricerca con tutte le cellule staminali, cioè come farle moltiplicare senza alterazione delle loro caratteristiche, in modo da ottenerne numeri sufficienti per scopi terapeutici, e come dirigerne lo sviluppo nella direzione voluta. Considerando l'associazione di questi problemi con quelli specifici di questo nuovo tipo di cellule staminali, non sembra che esse rappresentino un progresso; anzi esse introducono nuovi problemi e nuovi interrogativi. __________________________________________________________ La Stampa 2 feb. '02 MAI COSÌ BUONO LO STATO DI SALUTE DELLA TERRA: LO SOSTIENE UN "AMBIENTALISTA SCETTICO", E SULLA STAMPA SCIENTIFICA È GUERRA APERTA corrispondente da LONDRA IL numero di gennaio dello Scientific American consacra ben 12 pagine alla demolizione di un libro, The Skeptical Environmentalist, l´ambientalista scettico, del professore di statistica danese Bjorn Lomborg. Ben quattro scienziati scendono in campo per "difendere la scienza" contro un libro che offre "una fuorviante matematica sulla terra". À la guerre comme à la guerre: il nemico deve essere malvagio e potente. Tuttavia l´Economist sia nello scorso settembre sia adesso saluta "L´ambientalista scettico" come "un trionfo" e lo segnala come uno dei migliori libri dell´anno. C´è un altro aspetto, abbastanza curioso, di questo dibattito. Anche le Scienze, edizione italiana dello Scientific American, si era occupata del libro e lo aveva fatto già nel fascicolo di novembre per la penna del prof. Gilberto Corbellini, dell´Università di Roma, secondo il quale "non esagera chi ha scritto che d´ora in poi il dibattito politico sui rischi ambientali non potrà prescindere dalle rigorose analisi statistiche contenute nel libro di Lomborg". [TITF]Esagerazioni da smontare Come la mettiamo? L´italiano Scienze contro il fratello maggiore d´oltre oceano? Certo, di fronte a tanto dispiegamento di forze da parte della rivista scientifica americana, si sarebbe tentati di concludere al buio che il libro di Lomborg è una "bufala". E´ davvero così? Innanzitutto, ecco la tesi centrale di Lomborg riassunta con le sue stesse parole: per quanto riguarda lo stato del mondo dal punto di vista ambientale "le cose sono molto migliorate rispetto al passato, anche se non sono necessariamente soddisfacenti". La seconda proposizione è importante quanto la prima. Lomborg, che oltre a professore di statistica è anche un ex-dirigente di Greenpeace, rifà i conti, usando perlopiù le stesse fonti citate dai movimenti ambientalisti (prevalentemente fonti delle Nazioni Unite o della Fao), per dimostrare l´infondatezza di quella che lui chiama "la litania" sulla terra che sta morendo. Lomborg, in pratica, si impegna in un "debunk", uno smascheramento, di quelli che considera i falsi e le esagerazioni alla base del "mantra" catastrofistico sullo stato del mondo soprattutto da parte di Lester Brown e del suo "World Watch Institute". Ma qual è dunque, secondo Lomborg, lo stato reale del mondo nei suoi diversi aspetti? Cominciamo dallo stato della natura e, in particolare, dalla qualità dell´aria, di cui tutti parlano in questi giorni di targhe alterne nelle nostre città. Dai dati di Lomborg emerge che "l´aria nell´Occidente non è mai stata così pulita da secoli", mentre anche nei paesi in via di sviluppo si notano segni di miglioramento. Dei sei componenti nell´aria che possono danneggiare la salute, quello che in tempi recenti viene considerato più pericoloso sono le "particelle sottili", che appunto provocano le note misure sul traffico. L´emissione di pm10 negli Stati Uniti è calata in 40 anni del 95%. Si è ridotta di 22 volte a Londra, la cui aria è oggi pulita come prima del 1300. Sono disponibili numeri anche per il Giappone (-14%), Canada (-46%), Germania (-48,5%), Atene (-43%), Parigi (-66%), Spagna (-34%). Non c´è una cifra precisa per l´Italia, che non dovrebbe però distaccarsi troppo dalla media europea. In corrispondenza sono calate anche le concentrazioni degli altri elementi nocivi: biossido di zolfo, ozono, piombo, monossido di carbonio, ossido di azoto. In pratica, la qualità dell´aria è uno dei campi nei quali l´ambiente è più migliorato, e questo grazie a scelte giuste dell´uomo, dal cambiamento del combustibile per riscaldamento alle marmitte catalitiche. Le targhe alterne, almeno come filosofia se non come misura in sé, fanno quindi parte di una politica che è stata premiata dal successo. Ma forse non è necessario che chi lascia a casa la macchina creda anche di essere sul punto di morire soffocato. Il benessere umano. L´ aspettativa di vita, nel corso dell´ultimo secolo, è raddoppiata nelle società avanzate (nel 1950 era 41 anni, nel 1998 era 65) e aumentata del 50% nei paesi sottosviluppati. E´ un dato rilevante, se si considera che per gran parte della storia dell´umanità l´aspettativa media di vita è stata di poco superiore ai vent´anni (22 all´epoca dell´Impero Romano), rimanendo attorno ai 35 anni fino al 1800. Nel frattempo, sebbene la popolazione mondiale, negli ultimi 40 anni soltanto, sia raddoppiata (da 3 a 6 miliardi di individui), la proporzione di persone che soffrono la fame è stata ridotta dal 35% al 18% e le calorie per persona sono aumentate del 38%. Alcuni dati sullo stato della natura. Non vale forse la pena citare il problema del mai dimostrato rapporto tra incremento delle piogge acide a deforestazione, del quale, peraltro, non si parla quasi più. Il punto è lo stato delle foreste, che, secondo un rapporto del Wwf, "stanno scomparendo a un ritmo allarmante". Il "ritmo allarmante", secondo l´ultimo studio della Fao, è dello 0,46% all´anno. In pratica, nella seconda metà del 20° secolo, la copertura forestale mondiale è rimasta sostanzialmente stabile, con un lieve incremento dovuto alle riforestazioni. Dalla nascita dell´agricoltura alcuni millenni fa (fenomeno che ha consentito lo sviluppo della civiltà) le foreste del mondo si sono ridotte solo del 20%. L´Europa continentale ha più verde oggi che nel Rinascimento e la Gran Bretagna più che ai tempi di Robin Hood. Il libro di Lomborg tocca sistematicamente tutti i temi, dall´energia ai pesticidi, dalla qualità delle acque alla biodiversità. Più o meno le conclusioni sono ovunque simili e cioè che il miglioramento è stato rilevante anche se occorre mantenere la guardia alta. Effetto serra vera minaccia? Su un tema l´autore assume un atteggiamento più preoccupato, e si tratta del "global warming" o "effetto serra". Ma, anche qui, Lomborg, pur ammettendo la possibilità di un riscaldamento di 2° C entro il 2100, introduce due distinguo. Primo: nella storia della Terra vi sono stati cambiamenti di temperatura dovuti a fattori non umani (movimenti del pianeta) e non si sa in quale misura il comportamento dell´uomo sia responsabile delle variazioni, pur essendo giusto impegnarsi a ridurre le emissioni nocive. Secondo: dal momento che l´"effetto serra" costituisce più una minaccia economica che un rischio per la salute dell´umanità, Lomborg suggerisce anche di valutare attentamente le priorità, dal momento che, "con la metà dei 150 miliardi di dollari l´anno che costa l´applicazione degli accordi di Kyoto (con i quali si otterrà una riduzione molto modesta di emissioni), si potrebbe per esempio provvedere ai bisogni fondamentali (salute, educazione, acqua e sanità) di tutto il Terzo Mondo per un anno". Per non parlare degli investimenti in ricerche su energie alternative, che in prospettiva potrebbero risolvere il problema. Sotto un certo profilo è strano che il libro abbia provocato una tale furia, poiché il proposito di Lomborg non è quello di demolire le politiche per la difesa dell´ambiente, ma il contrario. Vale a dire: primo, dimostrare che l´intervento ben diretto dell´uomo è riuscito ad ottenere risultati importanti; secondo, contrastare il senso di impotenza generato da un eccessivo catastrofismo; terzo, definire in modo più proficuo le priorità sulla base di un´analisi reale dello stato delle cose. Uno dei quattro interventi sullo Scientific American affronta la questione del "global warming", mentre gli altri tre si dedicano a problemi importanti ma meno centrali, come l´energia, la sovrapopolazione e la biodiversità. Questo sorprende, ma è ancora più strano che, a dispetto del linguaggio e della titolazione sprezzanti, nessuno dei quattro articoli, pur segnalando qua e là degli errori, contesti la tesi di fondo di Lomborg, che cioè negli ultimi decenni l´ambiente mondiale è migliorato sensibilmente invece che peggiorare. Eppure si tratta di scienziati impegnati in attività ambientaliste, due dei quali in istituzioni espressamente criticate da Lomborg. Ma tutti, nei loro rispettivi campi, ne sottoscrivono apertamente la tesi centrale. Allora, da dove viene tanto furore? Un intervento lo lascia intuire: un atteggiamento critico, da "sgonfiatore di miti" come quello di Lomborg può contribuire a disarmare il movimento per l´ambiente. La drammatizzazione mobilita (e lanciare allarmi rende popolari anche gli scienziati). Se Lomborg ha certamente commesso qualche errore tecnico, la sua colpa più grave sembra dunque essere stata la "scorrettezza politica". Ma, forse anche per questo e grazie alle 12 pagine dello Scientific American, il suo libro si è ormai conquistato un posto centrale nel dibattito sull´ambiente. Paolo Passarini